"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofano: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". SCIENZA (di Cristo): è il complesso delle cognizioni che Cristo ebbe come Dio e come Uomo.
Come Dio il Verbo ha comune col Padre e con lo Spirito Santo quell'atto d'intellezione divina, che s'identifica con la divina essenza e per cui Dio Uno-Trino conosce se stesso e tutte le cose possibili e reali (passate. presenti e future). Questa verità poggia sulla vera divinità e consostanzialità del Verbo incarnato (Conc. di Nicea) e sull'integrità della sua natura divina (Conc. Calcedonese). La negano i Monofisiti, gli Agnoeti, i Kenotici (cfr. queste voci).
Questa scienza divina del Verbo, essendo infinita, non poteva essere comunicata formalmente all'anima umana assunta, la quale invece doveva avere quella specie di cognizioni, che sono possibili alla creatura intellettuale, cioè la visione beatifica, la scienza infusa e la scienza acquisita. a) Visione beatifica è propria dei beati; non poteva mancare in Cristo, neppure durante la vita terrena, attesa l'unione ipostatica, che è molto più della visione; b) Scienza infusa è dono di Dio, che infonde nell'intelletto le specie intelligibili delle cose, per cui si conosce senza il concorso dei sensi: questa scienza accompagna nei beati e negli Angeli la visione beatifica e quindi fu anche in Cristo, capo degli Angeli e re dei beati; c) Scienza acquisita è quella che si attua in ogni uomo per mezzo dell'astrazione dai fantasmi della cognizione sensitiva: Cristo, Uomo perfetto, doveva naturalmente avere anche questa scienza, in cui solo poteva progredire, secondo il Vangelo (Lc. 2, 52). Queste tre scienze avendo diverso carattere, possono stare insieme nella stessa anima e Cristo si serve ora dell'una ora dell'altra, né sono superflue, perché hanno diversa gradazione di luminosità.
La scienza divina e la multiforme scienza umana di Cristo esclude da lui qualsiasi ignoranza; se Gesù dice (Mc. 13, 32) di non conoscere n giorno del giudizio finale, l'espressione va intesa nel senso che Gesù non può manifestare quel giorno (così i Padri). Cfr. Decr. S. Uffizio, 1918 (DB, 2183-2185).
"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofano: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". SCETTICISMO (dal gr. = guardo, considero): è una dottrina e una tendenza, che pone in discussione e nega parzialmente o interamente il valore oggettivo della conoscenza umana e quindi la sua certezza.
Lo scetticismo ebbe origine dai Sofisti, che a scopo oratorio e politico insegnavano a dimostrare con speciose argomentazioni la verità d'una tesi e insieme della rispettiva antitesi. Contro questi perturbatori dello spirito combatté energicamente Socrate, mettendo in evidenza la forza dei concetti universali, che sono una solida base di verità e di certezza. Ma il fondatore dello Scetticismo come sistema di dubbio universale fu Pirrone di Elide (+275 a. C.): da lui lo Scetticismo prese il nome di Pirronismo e si oppose al dogmatismo stoico. I Platonici, che svalutavano la cognizione sperimentale riducendola alla sfera di semplici opinioni. subirono l'influsso scettico nella media e nella nuova Accademia (Arcesilao +241 a. C. e Carneade + nel 126 a. C.). Ma lo Scetticismo sistematico ebbe validi continuatori nei due filosofi Enesidemo di Creta (+130 d. C.) e Sesto Empirico (seconda metà del II secolo d. C.), che scrisse le celebri Ipotiposi in difesa dei due principi pirroniani. Lo Scetticismo affiora qua e là col suo dubbio dissolvente attraverso i secoli, come nella dottrina di Cartesio (dubbio metodico non sistematico), nel sistema fenomenistico e anche nel Kantismo (v. questa voce), che comprometteva il valore oggettivo della cognizione, negando alla ragione la capacità di attingere la cosa in sé, il noumeno. Tutti i sistemi antintellettualistici sono intinti di scetticismo: così il fideismo del Jacobi, il Volontarismo pessimistico di Schopenhauer, il Prammatismo di James. Lo Scetticismo ha un peccato di origine, che ne avvelena tutta la struttura: esso mette in dubbio la capacità della ragione a raggiungere la verità e la certezza e nega il valore della cognizione. Ma logicamente ne risulta che nessuna verità, nessuna teoria è certa e sicura, neppure quella degli Scettici! L'intelletto umano fatto naturalmente per la verità, come l'occhio per la luce, può ingannarsi qualche volta, per accidens, ma non sempre per se, altrimenti la natura sarebbe un assurdo. La filosofia moderna, che da Cartesio a Kant, ha attentato alla dignità della natura e alle capacità naturali dello spirito umano è caduta in uno smarrimento scettico, che l'Idealismo ha cercato invano di superare. L'unico rimedio è il realismo moderato della filosofia cristiana. che. insieme con la migliore filosofia greca, costruisce la scienza e la metafisica sul postulato d'un naturale rapporto tra essere e pensiero, tra natura e spirito.
"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofano: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". SANTITÀ (di Cristo): santo in genere è ciò che ha attinenza con la divinità. In senso concreto e cristiano la santità importa nell'uomo una certa partecipazione della natura divina per mezzo della grazia, una figliolanza adottiva e l'immunità dalla colpa.
L'Umanità di Cristo è santissima in forza dell'unione ipostatica e della grazia di cui fu arricchita senza limiti. a) Per l'unione ipostatica l'Umanità assunta sussiste per l'essere stesso del Verbo e però nessuna unione più stretta con Dio è pensa bile né alcuna cosa creata che appartenga più propriamente a Dio di quella Umanità. Per la stessa unione Cristo Uomo è Figlio non adottivo, ma naturale di Dio e perciò impeccabile (v. Impeccabilità). b) Oltre a questa santità di carattere sostanziale, l'Umanità di Cristo ha la santità di ordine accidentale in virtù della grazia e dei doni soprannaturali. Per l'unione ipostatica la Umanità di Cristo è santa; per la grazia e i doni opera santamente, cioè in modo deiforme. E la grazia di Cristo è così piena che, come dice S. Giovanni, «tutti riceviamo dalla sua pienezza». Così l'Umanità del Salvatore è la fonte inesauribile d'ogni santità: gli splendori della Chiesa una e santa sono una irradiazione di quella sacrosanta Umanità.
L'Evangelo (Lc., 2, 52) parla d'un progresso di Gesù nella sapienza e nella grazia: in verità Egli fu pieno di tutta la sapienza e di tutta la grazia fin dal primo istante dell'Incarnazione. Quel progresso quindi va inteso, come suggeriscono i Padri, non in senso reale, ma in senso manifestativo.
Santità di Maria: concepita senza macchia (v. Immacolata) fu immune dal fomite della concupiscenza e da ogni peccato anche veniale (Conc. di Trento); fu pertanto ripiena d'una grazia perfetta, superiore a quella dei Santi e degli Angeli, non infinita in senso assoluto, ma proporzionatamente alla sublime dignità di Madre di Dio.