PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

Istruzione Pastorale
" AETATIS NOVAE"
sulle Comunicazioni Sociali
nel 20° Anniversario della
Communio et Progressio

Introduzione

UNA RIVOLUZIONE NELLA COMUNICAZIONE

1. All'approssimarsi di una nuova era, la comunicazione conosce una considerevole espansione che influenza profondamente le culture del mondo nel suo insieme. Le rivoluzioni tecnologiche rappresentano solo un aspetto di questo fenomeno. Non c'è luogo in cui l'impatto dei media non si faccia sentire sugli atteggiamenti religiosi e morali, sui sistemi politici e sociali, sull'educazione.

Nessuno ignora, per esempio, il ruolo della comunicazione, che le frontiere geografiche e politiche non hanno potuto arrestare, nei capovolgimenti che si sono verificati nel corso degli anni 1989 e 1990, e di cui il Papa ha sottolineato la portata storica. (1)

"Il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione, che sta unificando l'umanità, rendendola - come si suol dire - " un villaggio globale ". I mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali. (2)

Più di un quarto di secolo dopo la promulgazione del Decreto del Concilio Vaticano II sulle comunicazioni sociali, Inter mirifica, e due decenni dopo l'Istruzione pastorale Communio et progressio, il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali desidera riflettere sulle conseguenze pastorali di questa nuova situazione. Lo fa nello spirito della conclusione di Communio et progressio: "Il Popolo di Dio, avanzando nei tempi in cui si svolge la storia umana, ... già scorge con immensa fiducia e caldo amore le meraviglie che a piene mani gli promette la già iniziata epoca spaziale della comunicazione sociale ". (3)

Ritenendo che i principi e le idee di questi documenti conciliari e postconciliari abbiano valore durevole, desideriamo applicarli al contesto attuale. Non pretendiamo di pronunciare parole definitive su una situazione complessa, in movimento e in continua evoluzione ma soltanto offrire uno strumento di lavoro e degli incoraggiamenti a coloro, uomini e donne, che si trovano di fronte alle conseguenze pastorali di queste nuove realtà.

2. Durante gli anni successivi alla pubblicazione di Inter mirifica e di Communio et progressio, ci si è abituati ad espressioni come "società di informazione", "cultura dei media" e "generazione dei media". Questo tipo di espressione è da mettere in evidenza: essa sottolinea che ciò che gli uomini e le donne dei nostri tempi sanno e pensano della vita è in parte condizionato dai media; l'esperienza umana in quanto tale è diventata una esperienza mediatica.

Gli ultimi decenni sono stati anche teatro di spettacolari novità nel campo delle tecnologie della comunicazione. Ciò ha comportato sia una rapida evoluzione delle vecchie tecnologie, sia la comparsa di nuove tecnologie della comunicazione tra le quali figurano i satelliti, la televisione via cavo, le fibre ottiche, le videocassette, i compact disc, la creazione di immagini con il calcolatore ed altre tecnologie digitali ed informatiche. L'utilizzazione di nuovi media ha dato origine a ciò che si è potuto chiamare "nuovi linguaggi", ed ha suscitato, da un lato, ulteriori possibilità per la missione della Chiesa, e dall'altro, nuovi problemi pastorali.

3. In questo contesto, incoraggiamo i Pastori e il Popolo di Dio ad approfondire il senso di tutto ciò che attiene alla comunicazione ed ai media, ed a tradurlo in progetti concreti e realizzabili.

"I Padri del Concilio, nel guardare al futuro e nel cercare di discernere il contesto nel quale la Chiesa sarebbe stata chiamata a compiere la sua missione, poterono chiaramente vedere che il progresso della tecnologia stava già "trasformando la faccia della terra" arrivando perfino a conquistare lo spazio (cf Gaudium et spes, n. 5). Essi riconobbero che gli sviluppi nella tecnologia delle comunicazioni, in particolare, erano di proporzioni tali da provocare reazioni a catena con conseguenze inattese". (4)

"Lungi dal suggerire che la Chiesa debba mantenersi a distanza o cercare di isolarsi dal flusso di questi eventi, i Padri conciliari videro la Chiesa essere nel cuore del progresso umano, partecipe delle esperienze del resto dell'umanità, per cercare di capirle ed interpretarle alla luce della fede. E proprio dei fedeli del Popolo di Dio il compito di fare uso creativo delle nuove scoperte e tecnologie per il bene dell'umanità e la realizzazione del disegno di Dio per il mondo ... perché le potenzialità "dell'era del computer" siano utilizzate al servizio della vocazione umana e trascendente dell'uomo, così da glorificare il Padre dal quale hanno origine tutte le cose buone". (5)

Teniamo ad esprimere la nostra riconoscenza nei confronti di tutti coloro che hanno permesso la costituzione nella Chiesa di una rete creativa di comunicazione. A dispetto delle difficoltà - dovute alle risorse limitate, agli ostacoli posti talvolta alla Chiesa nel suo accesso ai media, al rimodellamento costante della cultura, dei valori e degli atteggiamenti provocato dalla onnipresenza dei media - molto è già stato fatto e continua ad esserlo. I vescovi, il clero, i religiosi e i laici che si consacrano a questo apostolato fondamentale meritano la gratitudine di tutti.

Occorre anche che esprimiamo la nostra soddisfazione sia per tutti quegli sforzi positivi di collaborazione ecumenica nel campo dei media in cui sono implicati dei cattolici e i loro fratelli e sorelle di altre Chiese e Comunità ecclesiali, sia per la collaborazione inter-religiosa con i membri delle altre religioni dell'umanità. E non solo auspicabile ma necessario "impegnare i cristiani ad unirsi ancor più strettamente nella loro azione di comunicazione e ad accordarsi più direttamente con le altre religioni dell'umanità in vista di una comune presenza nelle comunicazioni" (6)

I

CONTESTO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

A. Contesto culturale e sociale

4. Lo sconvolgimento che si verifica oggi nella comunicazione presuppone, più che una semplice rivoluzione tecnologica, il rimaneggiamento completo di ciò attraverso cui l'umanità apprende il mondo che la circonda, e ne verifica ed esprime la percezione. La disponibilità costante di immagini e di idee, così come la loro rapida trasmissione, anche da un continente all'altro, hanno delle conseguenze, positive e negative insieme, sullo sviluppo psicologico, morale e sociale delle persone, sulla struttura e sul funzionamento delle società, sugli scambi fra una cultura e l'altra, sulla percezione e la trasmissione dei valori, sulle idee del mondo, sulle ideologie e le convinzioni religiose. La rivoluzione della comunicazione influisce anche sulla percezione che si può avere della Chiesa e contribuisce a modellarne le strutture e il loro funzionamento.

Tutto ciò ha importanti conseguenze pastorali. Si può, infatti, ricorrere ai media, tanto per proclamare il Vangelo, quanto per allontanarlo dal cuore dell'uomo. L'intrecciarsi sempre più serrato dei media nella vita quotidiana influenza la comprensione che si può avere del senso della vita.

I media hanno la capacità di pesare non solo sulle modalità, ma anche sui contenuti del pensiero. Per molte persone, la realtà corrisponde a ciò che i media definiscono come tale; ciò che i media non riconoscono esplicitamente appare insignificante. Il silenzio può anche essere imposto de facto a individui o a gruppi che i media ignorano; la voce del Vangelo può, così anch'essa, ritrovarsi ridotta al silenzio, senza essere tuttavia interamente soffocata.

E' dunque importante che i cristiani siano capaci di fornire un'informazione che "crea le notizie", dando la parola a coloro che non hanno voce.

Il potere che hanno i media di rafforzare o di distruggere i punti di riferimento tradizionali in materia di religione, di cultura e di famiglia sottolinea bene la pertinente attualità delle parole del Concilio: "Per usare rettamente questi strumenti è assolutamente necessario che coloro i quali se ne servono conoscano le norme della legge morale e le osservino fedelmente in questo settore". (7)

B. Contesto politico ed economico

5. Le strutture economiche delle nazioni sono fortemente dipendenti dai sistemi di comunicazione contemporanei. Si ritiene generalmente necessario allo sviluppo economico e politico che lo Stato investa in una efficace infrastruttura di comunicazioni. Il rialzo del costo di questo investimento ha d'altronde costituito un fattore di primaria importanza che ha indotto i governi di numerosi Paesi ad adottare politiche tendenti ad aumentare la concorrenza.

E' in particolare per questa ragione che, in molti casi, i sistemi pubblici di telecomunicazioni e di diffusione sono stati sottoposti a delle politiche di deregolamentazione e di privatizzazione.

Così come il cattivo uso del servizio pubblico può portare alla manipolazione ideologica e politica, ugualmente la commercializzazione non regolamentata e la privatizzazione della diffusione hanno profonde conseguenze. In pratica, e spesso in modo ufficiale, la responsabilità pubblica dell'emittenza si trova svalutata. E' in funzione del profitto, e non del servizio, che si tende a valutare il suo successo. I motivi di profitto e gli interessi dei pubblicitari esercitano una influenza anormale sul contenuto dei media: si preferisce la popolarità alla qualità e ci si allinea sul denominatore comune più piccolo. I pubblicitari oltrepassano il loro ruolo legittimo, consistente nell'identificare i bisogni reali e nel rispondervi, e, spinti da motivi di mercato, si sforzano di creare bisogni e modelli artificiali di consumo.

Le pressioni commerciali si esercitano anche al di là delle frontiere nazionali, a spese di alcuni popoli e della loro cultura. Di fronte all'aumento della concorrenza ed alla necessità di trovare nuovi mercati, le imprese di comunicazioni rivestono un carattere sempre più "multinazionale"; nello stesso tempo la mancanza di possibilità locali di produzione rende alcuni Paesi più dipendenti dalle nazioni straniere. E' così che le realizzazioni di certi media popolari, caratteristici di una cultura, si diffondono in un'altra cultura, spesso a detrimento delle forme artistiche e mediatiche che vi si trovano e dei valori che esse contengono.

La soluzione dei problemi nati da questa commercializzazione e da questa privatizzazione non regolamentate non consiste tuttavia in un controllo dello Stato sui media, ma in una regolamentazione più importante, conforme alle norme del servizio pubblico, così come in una maggiore responsabilità pubblica. Bisogna sottolineare a questo proposito che, se i quadri di riferimento giuridico e politico all'interno dei quali funzionano i media di alcuni Paesi sono attualmente in netto miglioramento, vi sono altri luoghi in cui l'intervento governativo rimane uno strumento d'oppressione e di esclusione.

II

COMPITO DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE

6. Communio et progressio si fonda sulla descrizione della comunicazione come via verso la comunione. Il testo dice che "comunicare comporta qualcosa di più della semplice espressione e manifestazione di idee e di sentimenti. Infatti, la comunicazione è piena quando realizza la donazione di sé stessi nell'amore" (8) La comunicazione è, in questo senso, il riflesso della comunione ecclesiale e può contribuirvi.

La comunicazione della verità può avere veramente una potenza redentrice che emana dalla persona del Cristo. Egli è il Verbo di Dio fatto carne e l'immagine del Dio invisibile. In lui e per lui, la vita di Dio si comunica all'umanità per l'azione dello Spirito. "Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità". (9) Ed ora, "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità". (10)

Nel Verbo fatto carne, Dio si comunica definitivamente. Nella predicazione e nell'azione di Gesù, la Parola si fa liberatrice e redentrice per tutta l'umanità. Questo atto d'amore attraverso il quale Dio si rivela, unito alla risposta di fede dell'umanità, genera un dialogo profondo.

La storia umana e l'insieme delle relazioni tra gli uomini si sviluppano nel quadro di questa comunicazione di Dio nel Cristo. La storia stessa è destinata a divenire una sorta di parola e di immagine di Dio, e la vocazione dell'uomo è di contribuirvi vivendo, in modo creativo, questa comunicazione costante ed illimitata dell'amore riconciliatore di Dio. Noi siamo chiamati a tradurre ciò in parole di speranza ed in atti d'amore, cioè attraverso il nostro modo di vita. La comunicazione deve, di conseguenza, collocarsi nel cuore della comunità ecclesiale.

Il Cristo è nello stesso tempo il contenuto e la fonte di ciò che comunica la Chiesa quando proclama il Vangelo. La Chiesa non è altro che il "Corpo mistico di Cristo, la pienezza... del Cristo glorificato che riempie tutta la creazione" (11) Di conseguenza noi siamo in cammino, nella Chiesa, attraverso la Parola ed i sacramenti, verso la speranza dell'unità definitiva in cui "Dio sarà tutto in tutti". (12)

A. I media al servizio delle persone e delle culture

7. Parallelamente a tutto il bene che fanno e sono capaci di fare, i mezzi di comunicazione che "possono essere effettivi strumenti di unità e di mutua comprensione, d'altro canto, possono farsi veicoli di una visione deformata dell'esistenza, della famiglia, dei valori religiosi ed etici; di una visione non rispettosa dell'autentica dignità e del destino della persona umana". (13) E' imperativo che i media rispettino e partecipino allo sviluppo integrale della persona, che comporta "le dimensioni culturali, trascendenti e religiose dell'uomo e della società". (14)

La fonte di alcuni problemi individuali e sociali risiede anche nel fatto che alle relazioni interpersonali si è sostituito l'uso sempre più importante dei media e nel notevole attaccamento affettivo che viene accordato ai personaggi mediatici di finzione. I media non possono sostituire né il contatto personale immediato né i rapporti tra membri di una famiglia o tra amici. Ma possono dare il loro contributo alla soluzione di questa difficoltà: attraverso gruppi di discussione, dibattiti su films o trasmissioni, stimolando la comunicazione interpersonale, piuttosto che sostituendosi ad essa.

B. I media al servizio del dialogo con il mondo attuale

8. Il Concilio Vaticano II ha sottolineato che "il popolo di Dio e l'umanità, entro la quale esso è inserito, si rendono reciproco servizio, così che la missione della Chiesa si mostra di natura religiosa e per ciò stesso profondamente umana" (15) Coloro che proclamano la Parola di Dio hanno il dovere di prendere in considerazione e di cercare di comprendere le "parole" dei popoli e delle culture diverse non solo allo scopo di informarsi su di essi, ma anche di aiutarli a riconoscere e ad accettare la Parola di Dio. (16) La Chiesa deve dunque conservare una presenza attiva ed attenta nel mondo, in modo da alimentare la comunità e da sostenere coloro, uomini e donne, che cercano delle soluzioni accettabili ai problemi personali e sociali.

Inoltre, se la Chiesa deve sempre comunicare il suo messaggio in modo adeguato a ciascuna epoca ed alle culture delle nazioni e dei popoli specifici, deve farlo soprattutto oggi nella cultura e per la cultura dei nuovi media. (17) Si tratta di una condizione fondamentale se si vuol dare risposta ad una delle preoccupazioni essenziali del Concilio Vaticano II: la comparsa di "vincoli sociali, tecnici, culturali" che uniscono gli uomini sempre più strettamente costituisce per la Chiesa "una nuova urgenza": raccoglierli tutti nella "piena unità in Cristo" (18) Considerando il ruolo importante che i mezzi di comunicazione possono giocare nei suoi sforzi per favorire questa unità, la Chiesa li considera strumenti "concepiti dalla Divina Provvidenza" per lo sviluppo della comunicazione e della comunione tra gli uomini durante il loro pellegrinaggio sulla terra. (19)

La Chiesa, che cerca di dialogare con il mondo moderno, desidera poter condurre un dialogo onesto e rispettoso con i responsabili dei media. Questo dialogo implica che la Chiesa faccia uno sforzo per comprendere i media - i loro obiettivi, i loro metodi, le loro regole di lavoro, le loro strutture interne e le loro modalità - e che sostenga ed incoraggi coloro che vi lavorano. Basandosi su questa comprensione e su questo sostegno diventa possibile fare delle proposte significative per poter allontanare gli ostacoli che si oppongono al progresso umano ed alla proclamazione del Vangelo.

Per un tale dialogo è necessario che la Chiesa si preoccupi attivamente dei media profani, e in particolare dell'elaborazione della politica che li riguarda. I cristiani infatti hanno il dovere di far sentire la loro voce in seno a tutti i media. Il loro compito non si limita alla trasmissione di notizie ecclesiastiche. Questo dialogo richiede inoltre che essa sostenga i professionisti dei media, che elabori un'antropologia ed una vera teologia della comunicazione affinché la teologia stessa si faccia più comunicativa, più efficace nel rivelare i valori evangelici e nell'applicarli alle realtà contemporanee della condizione umana; è necessario inoltre che i responsabili della Chiesa e gli agenti pastorali rispondano con buona volontà e prudenza alle domande dei media, cercando di stabilire, anche con quelli che non condividono la nostra fede, dei rapporti di fiducia e di reciproco rispetto, fondati su valori comuni.

C. I media al servizio della comunità umana e del progresso sociale

9. La comunicazione che avviene nella Chiesa e attraverso la Chiesa consiste essenzialmente nell'annuncio della Buona Novella di Gesù Cristo. E la proclamazione del Vangelo come parola profetica e liberatrice rivolta agli uomini ed alle donne del nostro tempo; è la testimonianza resa, di fronte ad una secolarizzazione radicale, alla verità divina ed al destino trascendente della persona umana; è, di fronte ai conflitti ed alle divisioni, la scelta della giustizia, in solidarietà con tutti i credenti, al servizio della comunione tra i popoli, le nazioni e le culture.

Il senso dato così dalla Chiesa alla comunicazione illumina in maniera eccezionale i mezzi di comunicazione ed il ruolo che essi debbono giocare, secondo il piano provvidenziale di Dio, nella promozione dello sviluppo integrale delle persone e delle società umane.

D. I media al servizio della comunione ecclesiale

10. A tutto ciò che è stato appena detto, non può non aggiungersi il richiamo importante del diritto fondamentale al dialogo ed all'informazione in seno alla Chiesa, così come è affermato da Communio et progressio, (20) e la necessità di continuare a ricercare quali siano i modi efficaci per favorire e proteggere questo diritto, in particolare con un'utilizzazione responsabile dei mezzi di comunicazione. Pensiamo, tra le altre, alle affermazioni del Codice di Diritto Canonico secondo cui, pur manifestando la loro obbedienza verso i pastori della Chiesa, i fedeli "hanno il diritto di manifestare ... le proprie necessità, soprattutto spirituali, ed i propri desideri", (21) e in funzione della loro scienza, competenza e prestigio, hanno "il diritto, e anzi talvolta anche il dovere , di esprimere ai loro pastori la propria opinione sulle questioni riguardanti il bene della Chiesa. (22)

Vi è qui un mezzo per mantenere e rafforzare la credibilità e l'efficacia della Chiesa. In modo ancor più fondamentale, questo può essere il mezzo per realizzare concretamente il carattere di "comunione" della Chiesa, che trova il suo fondamento nella comunione intima della Trinità di cui è un riflesso. Tra i membri di questa comunità che costituisce la Chiesa, esiste una innata uguaglianza di dignità e di missione che proviene dal battesimo e che è alla base della struttura gerarchica e della diversità delle mansioni. Questa uguaglianza si esprimerà in uno scambio onesto e rispettoso dell'informazione e delle opinioni.

In caso di disaccordo, però, è importante sapere che "non è esercitando ... una pressione sull'opinione pubblica che si può contribuire alla chiarificazione dei problemi dottrinali e servire la verità" (23) Infatti, "le idee dei fedeli non possono essere puramente e semplicemente identificate con il sensus fidei". (24)

Perché la Chiesa insiste tanto sul diritto che ha la gente di avere una informazione corretta? Perché sottolinea il proprio diritto ad annunciare l'autentica verità evangelica? Perché insiste sulla responsabilità che hanno i suoi pastori di comunicare la verità e di educare i fedeli a fare altrettanto? E per motivo che, nella Chiesa, una completa comprensione della comunicazione si basa sul fatto che il Verbo di Dio comunica se stesso.

E. I media al servizio di una nuova evangelizzazione

11. Oltre i numerosi mezzi tradizionali in vigore, come la testimonianza di vita, l'insegnamento del catechismo, il contatto personale, la pietà popolare, la liturgia ed altre celebrazioni simili, l'utilizzazione dei media è diventata essenziale all'evangelizzazione ed alla catechesi. Infatti "la Chiesa si sentirebbe colpevole davanti al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi, che l'intelligenza umana rende ogni giorno più perfezionati". (25) I mezzi di comunicazione sociale possono e devono essere strumenti al servizio del programma di ri-evangelizzazione e di nuova evangelizzazione della Chiesa nel mondo contemporaneo. In vista della nuova evangelizzazione, un'attenzione particolare dovrà essere data all'impatto audiovisivo dei mezzi di comunicazione, secondo l'aforisma "vedere, valutare, agire".

Così, per l'atteggiamento che la Chiesa deve adottare verso i media e la cultura che essi contribuiscono ad elaborare, è molto importante avere sempre presente che "non basta usarli (i media) per diffondere il messaggio cristiano e il magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso nella "nuova cultura" creata dalla comunicazione moderna ... con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici". (26) L'evangelizzazione attuale dovrebbe trovare delle risorse nella presenza attiva ed aperta della Chiesa in seno al mondo delle comunicazioni.

III

SFIDE ATTUALI

A. Necessità di una valutazione critica

12. Se la Chiesa adotta un atteggiamento positivo ed aperto verso i media, cercando di penetrare la nuova cultura creata dalla comunicazione allo scopo di evangelizzarla, è necessario che essa proponga anche una valutazione critica dei media e del loro impatto sulla cultura.

Come è già stato detto altre volte, la tecnologia della comunicazione costituisce una meravigliosa espressione del genio umano ed i media giovano considerevolmente alla società. Ma, come è stato ugualmente sottolineato, l'applicazione della tecnologia della comunicazione è stata solo in parte un beneficio, e la sua utilizzazione consapevole necessita di valori sani e di scelte avvedute da parte degli individui, del settore privato, dei governi e dell'insieme della società. La Chiesa non pretende di imporre queste decisioni e queste scelte, ma cerca di dare un aiuto reale indicando i criteri etici e morali applicabili in questo campo, criteri che si troveranno sia nei valori umani che nei valori cristiani.

B. Solidarietà e sviluppo integrale

13. Nella situazione attuale, accade che i media aggravino gli ostacoli individuali e sociali che impediscono la solidarietà e lo sviluppo integrale della persona umana. Tali ostacoli sono, in particolare, il secolarismo, il consumismo, il materialismo, la disumanizzazione e l'assenza di interesse per la condizione dei poveri e degli svantaggiati. (27)

In questa situazione, la Chiesa, che riconosce negli strumenti della comunicazione "la via attualmente privilegiata per la creazione e la trasmissione della cultura", (28) si fa un dovere di proporre ai professionisti delle comunicazioni ed al pubblico una formazione che li conduca a considerare i media con "senso critico, animato dalla passione per la verità"; essa ritiene anche suo dovere intraprendere "un'opera di difesa della libertà, del rispetto alla dignità personale, dell'elevazione dell'autentica cultura dei popoli, mediante il rifiuto fermo e coraggioso di ogni forma di monopolizzazione e di manipolazione". (29)

C. Politiche e strutture

14. E chiaro che alcuni problemi a questo riguardo sono frutto di determinate politiche e strutture dei media: citiamo a titolo di esempio il fatto che taluni gruppi o classi si vedano rifiutare l'accesso ai mezzi di comunicazione, la riduzione sistematica in certi luoghi del diritto fondamentale all'informazione, l'accrescimento del controllo che alcuni gruppi economici, sociali e politici esercitano sui media.

Tutto ciò è contrario agli obiettivi fondamentali ed alla natura stessa dei media il cui ruolo sociale specifico e necessario è di contribuire a garantire il diritto dell'uomo all'informazione, a promuovere la giustizia nella ricerca del bene comune, ad assistere gli individui, i gruppi ed i popoli nella loro ricerca della verità. I media esercitano queste funzioni fondamentali quando favoriscono lo scambio di idee e di informazioni tra tutte le classi ed i settori della società ed offrono a tutte le opinioni responsabili l'occasione di farsi ascoltare.

D. Difesa del diritto all'informazione ed alla comunicazione

15. Non si può accettare che l'esercizio della libertà di comunicazione dipenda dalla fortuna, dall'educazione o dal potere politico. Il diritto di comunicare è il diritto di tutti.

Questo richiede degli specifici sforzi a livelli nazionale ed internazionale, non solo per dare ai meno abbienti ed ai meno potenti accesso all'informazione di cui hanno bisogno per il loro sviluppo individuale e sociale, ma anche per fare in modo che essi giochino un ruolo effettivo e responsabile nelle decisioni circa il contenuto dei media e nella definizione delle strutture e delle politiche in seno alle istituzioni di comunicazione dei loro Paesi.

Là dove le strutture giuridiche e politiche favoriscono il dominio dei media da parte di gruppi di pressione, la Chiesa deve insistere sul rispetto del diritto a comunicare, e in particolare sul rispetto del proprio diritto di accesso ai media, cercando nello stesso tempo altri modelli di comunicazioni per i suoi membri e per l'insieme della popolazione. Il diritto alla comunicazione fa parte d'altronde del diritto alla libertà religiosa, il quale non dovrebbe essere limitato alla libertà di culto.

IV

PRIORITA' PASTORALI E MEZZI PER RISPONDERVI

A. Difesa delle culture umane

16. Data la situazione che esiste in numerosi luoghi, la sensibilità per i diritti e per gli interessi degli individui può spesso indurre la Chiesa a favorire altri mezzi di comunicazione. Nel campo dell'evangelizzazione e della catechesi, la Chiesa dovrà spesso prendere delle misure miranti a preservare ed a favorire i "media popolari" ed altre forme tradizionali di espressione, riconoscendo che, in certe società, possono essere più efficaci per la diffusione del Vangelo che non i media più recenti, perché rendono possibile una maggiore partecipazione personale e possono toccare livelli più profondi di sensibilità umana e di motivazione.

L'onnipresenza dei mass-media nel mondo contemporaneo non diminuisce in nulla l'importanza di altri media che permettono alle persone di impegnarsi e di avere una parte attiva nella produzione ed anche nella concezione della comunicazione. I media popolari e tradizionali, infatti, non rappresentano soltanto un importante crocevia d'espressione della cultura locale, ma permettono anche di sviluppare competenza nella creazione e nella utilizzazione attiva dei media.

Allo stesso modo consideriamo positivamente il desiderio di numerosi popoli e gruppi umani di disporre di sistemi di comunicazione e di informazione più giusti e più equi, per garantirsi dalla dominazione, o dalla manipolazione, sia da parte dello straniero che dai propri compatrioti. I Paesi in via di sviluppo hanno questo timore di fronte ai Paesi sviluppati; così come vivono la stessa preoccupazione le minoranze di certe nazioni sviluppate o in via di sviluppo. Qualunque sia la situazione, i cittadini debbono poter avere una parte attiva, autonoma e responsabile nei processi di comunicazione, poiché essi influenzano in molti modi le loro condizioni di vita.

B. Sviluppo e promozione dei mezzi di comunicazione della Chiesa

17. Pur continuando ad impegnarsi in diversi modi nel campo della comunicazione e dei media, malgrado le numerose difficoltà che incontra, la Chiesa deve continuare a sviluppare, conservare e favorire i propri strumenti e programmi cattolici di comunicazione. Questi comprendono la stampa e le pubblicazioni cattoliche, la radio e la televisione cattoliche, gli uffici di informazione e di relazioni pubbliche, gli istituti ed i programmi di formazione alla pratica e alle problematiche dei media, la ricerca mediatica, gli organismi di professionisti della comunicazione legati alla Chiesa - in particolare le organizzazioni cattoliche internazionali di comunicazioni -, i cui membri sono collaboratori qualificati e competenti delle conferenze episcopali e anche dei singoli vescovi.

Il lavoro dei media cattolici non è soltanto un'attività supplementare che si aggiunge a tutte quelle della Chiesa: le comunicazioni sociali hanno infatti un ruolo da giocare in tutti gli aspetti della missione della Chiesa. Così non ci si deve accontentare di avere un piano pastorale per la comunicazione, ma è necessario che la comunicazione sia parte integrante di ogni piano pastorale perché esse di fatto ha un contributo da dare ad ogni altro apostolato, ministero o programma.

C. Formazione dei cristiani incaricati delle comunicazioni sociali

18. L'educazione e la formazione alla comunicazione devono far parte integrante della formazione degli operatori pastorali e dei sacerdoti. (30) Numerosi elementi ed aspetti specifici sono da tener presenti per questa educazione e per questa formazione.

Nel mondo di oggi, così fortemente influenzato dai media, è necessario, per esempio, che gli operatori pastorali abbiano almeno una buona visione di insieme dell'impatto che le nuove tecnologie dell'informazione e dei media esercitano sugli individui e sulle società. Devono inoltre essere pronti a dispensare il loro ministero sia a coloro che sono "ricchi di informazione" sia a coloro che sono "poveri di informazione". E necessario che sappiano come invitare al dialogo, evitando uno stile di comunicazione che faccia pensare al dominio, alla manipolazione o al profitto personale. Coloro che saranno impegnati attivamente nel lavoro dei media per la Chiesa debbono acquisire sia competenza professionale in materia sia una formazione dottrinale e spirituale.

D. Pastorale degli operatori delle comunicazioni sociali

19. Il lavoro nei mezzi di comunicazione implica pressioni psicologiche e dilemmi etici particolari. Se si considera l'importanza del ruolo giocato dai media nella formazione della cultura contemporanea e nell'organizzazione della vita di innumerevoli individui e società, appare essenziale che coloro che sono impegnati professionalmente nei media profani e nelle industrie della comunicazione considerino le loro responsabilità con una forte carica ideale e il proposito di servire l'umanità.

Ciò comporta per la Chiesa una responsabilità corrispondente che la impegna ad elaborare e a proporre programmi pastorali che rispondano con precisione alle condizioni particolari di lavoro e alle sfide etiche di fronte alle quali sono messi i professionisti della comunicazione; programmi pastorali in grado di garantire una formazione permanente capace di aiutare questi uomini e donne - molti dei quali sono sinceramente desiderosi di sapere e di praticare ciò che è giusto in campo etico e morale - ad essere sempre più compenetrati da criteri morali tanto nella loro vita professionale che in quella privata.

V

NECESSITA DI UNA PROGRAMMAZIONE PASTORALE

A. Responsabilità dei Vescovi

20. Riconoscendo il valore ed anche l'urgenza delle esigenze suscitate dall'attività mediatica, i vescovi e le persone cui spetta di decidere circa la distribuzione delle risorse della Chiesa, che sono limitate sul piano umano come su quello materiale, dovrebbero adoperarsi per accordare una giusta priorità a questo settore, tenendo conto delle situazioni particolari della loro nazione, della loro regione e della loro diocesi.

E' possibile che questa esigenza si faccia sentire in modo più acuto adesso più che in passato proprio perché, almeno in parte, il grande "Areopago" contemporaneo dei media è stato finora più o meno trascurato dalla Chiesa. (31) Come fa notare il Santo Padre: "Si privilegiano generalmente altri strumenti per l'annunzio evangelico e per la formazione, mentre i mass-media sono lasciati all'iniziativa dei singoli o di piccoli gruppi che entrano nella programmazione pastorale in linea secondaria" (32) Questa situazione richiede delle correzioni.

B. Urgenza di un piano pastorale per le comunicazioni sociali

21. Raccomandiamo dunque particolarmente che le diocesi e le Conferenze o le Assemblee episcopali veglino affinché il problema dei media sia affrontato in ogni piano pastorale. Spetta a loro, inoltre, redigere piani pastorali particolari riguardanti le comunicazioni sociali, oppure rivedere e aggiornare i piani già esistenti in modo da garantire un processo di riesame e di aggiornamento periodici. Per far questo i vescovi ricerchino la collaborazione di professionisti che lavorano nei media secolari o negli organismi della Chiesa legati al campo della comunicazione, e specialmente delle organizzazioni nazionali e internazionali del cinema, della radio, della televisione e della stampa.

Ci sono Conferenze episcopali che hanno già ricevuto profitto da piani pastorali adeguati nel delineare concretamente i bisogni esistenti e gli obiettivi da raggiungere, e nell'incoraggiare il coordinamento degli sforzi. I risultati dello studio, così come le valutazioni e le consultazioni che hanno permesso la redazione di questi documenti, potrebbero e dovrebbero circolare a tutti i livelli della Chiesa, perché in grado di fornire dati utili per la pastorale. E possibile anche adattare piani realistici e pratici ai bisogni delle Chiese locali. Dovrebbero essere fatti permanentemente oggetto di revisione e adeguamenti in rapporto all'evoluzione delle esigenze.

In appendice a questo documento suggeriamo elementi per un piano pastorale e argomenti che potrebbero essere oggetto di lettere pastorali o dichiarazioni episcopali, sia a livello nazionale che diocesano. Sono elementi tratti da proposte di Conferenze episcopali e di professionisti dei media.

CONCLUSIONI

22. Concludiamo riaffermando che la Chiesa "considera questi strumenti (della Comunicazione Sociale) "doni di Dio", in quanto essi, nel disegno della Provvidenza, sono ordinati ad unire gli uomini in vincoli fraterni, cosicché collaborino nel suo piano di salvezza". (33) Lo Spirito, così come ha aiutato gli antichi profeti a comprendere il piano di Dio attraverso i segni del loro tempo, aiuta oggi la Chiesa a interpretare i segni del nostro tempo e a realizzare il proprio compito profetico con lo studio, la valutazione e il buon uso, diventati ormai fondamentali, delle tecnologie e dei mezzi di comunicazione.

APPENDICE

ELEMENTI DI UN PIANO PASTORALE
PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI

23. Le condizioni dei media e le opportunità che si offrono alla Chiesa nel campo delle comunicazioni sociali sono differenti da nazione a nazione e anche da diocesi a diocesi di uno stesso Paese. Ne consegue naturalmente che l'approccio della Chiesa ai media e all'ambiente culturale che essi contribuiscono a formare saranno differenti da luogo a luogo, e che i progetti e la partecipazione della Chiesa dovranno essere adattati alle situazioni locali.

Ogni Conferenza episcopale e ogni diocesi dovrebbe perciò sviluppare un piano pastorale integrato per la comunicazione, preferibilmente con la consulenza sia dei rappresentanti delle organizzazioni cattoliche, internazionali e nazionali, che si occupano di comunicazione, sia dei professionisti dei media locali. Il tema della comunicazione dovrebbe inoltre essere tenuto presente nella formulazione e nella realizzazione di tutti gli altri piani pastorali, compresi quelli relativi al servizio sociale, alla didattica, e alla evangelizzazione. Un certo numero di Conferenze episcopali e di diocesi hanno già piani di questo tipo che identificano le esigenze della comunicazione, definiscono gli obiettivi, fanno previsioni realistiche di finanziamento e coordinano i diversi impegni del settore.

Proponiamo le seguenti linee per aiutare coloro che elaborano nuovi piani pastorali o sono incaricati di aggiornare i piani già esistenti.

Direttive per l'elaborazione di piani pastorali per le comunicazioni sociali in una diocesi, Conferenza episcopale o Sinodo patriarcale

24. Un piano pastorale per le comunicazioni sociali dovrebbe comprendere i seguenti elementi:

a) una presentazione d'insieme a partire da una consultazione ampia che descriva, per tutti i ministeri della Chiesa, una strategia della comunicazione rispondente ai problemi ed alle esigenze del nostro tempo;

b) un inventario o un accertamento che descriva il mondo dei media nel territorio preso in considerazione, comprendente il pubblico, i produttori e i direttori dei media pubblici e privati, le risorse finanziarie e tecniche, i sistemi di distribuzione, le risorse ecumeniche e didattiche, il personale delle organizzazioni cattoliche di comunicazione, compreso quello delle comunità religiose;

c) una proposta di strutturazione dei mezzi di comunicazione sociale della Chiesa destinati ad appoggiare l'evangelizzazione, la catechesi e l'educazione, il servizio sociale e la collaborazione ecumenica, e comprendente se possibile le relazioni pubbliche, la stampa, la radio, la televisione, il cinema, le videocassette, le reti informatiche, i servizi in facsimile ed analoghe forme di telecomunicazione;

d) una educazione ai media con speciale sottolineatura al rapporto fra i media e i valori;

e) un'apertura pastorale di dialogo con i professionisti dei media, con attenzione particolare allo sviluppo della loro fede e della loro crescita spirituale;

f) indicazioni circa le possibilità di ottenere risorse finanziarie e di assicurare le modalità di finanziamento di questa pastorale.

Processo per l'elaborazione di un piano pastorale per le comunicazioni sociali

25. Il piano dovrebbe offrire direttive e suggerimenti utili ai comunicatori della Chiesa per stabilire finalità e priorità realistiche al loro lavoro. Si raccomanda che un gruppo di lavoro comprendente rappresentanti del mondo ecclesiale e professionisti dei media sia associato a questo processo, le cui due fasi dovrebbero essere: 1. ricerca, e 2. progettazione.

Fase di ricerca

26. Elementi propri di questa fase sono: una valutazione delle esigenze, la raccolta di informazioni, e la ricerca di possibili modelli di piani pastorali. Tutto ciò comporta una analisi del contesto in cui si situa la comunicazione, in particolare gli elementi di forza e di debolezza delle strutture e dei programmi ecclesiali di comunicazione esistenti come pure delle possibilità che si offrono e delle difficoltà che si possono incontrare.

Tre tipi di esame possono essere di aiuto nella raccolta delle informazioni necessarie: un accertamento delle esigenze, un'indagine sui mezzi di comunicazione e un inventario delle risorse. Il primo esame consisterà nel catalogare i settori pastorali che necessitano di una particolare attenzione da parte della Conferenza episcopale o da parte della diocesi. Il secondo riguarderà i metodi in vigore con una valutazione della loro efficacia per identificare le forze e le debolezze delle strutture e delle procedure già esistenti. Il terzo dovrà individuare le risorse, le tecnologie e il personale di cui la Chiesa può disporre nel settore della comunicazione, senza limitarsi alle risorse proprie della Chiesa, cioè tenendo conto anche di quelle eventualmente disponibili nel mondo degli affari, nelle industrie dei media e nelle organizzazioni ecumeniche.

Fase di progettazione

27. Dopo questa raccolta e analisi di dati, l'équipe che elaborerà il piano dovrà interessarsi agli obiettivi ed alle priorità della Conferenza episcopale o della diocesi nell'ambito della comunicazione. Si entrerà allora nella fase di progettazione. Tenendo conto delle circostanze locali l'équipe dovrà poi trattare dei problemi seguenti.

28. L'educazione: le questioni della comunicazione e della comunicazione di massa interessano tutti i livelli del ministero pastorale, compreso quello dell'educazione. Un piano pastorale di comunicazione dovrà sforzarsi:

a) di proporre alcune possibilità di educazione in materia di comunicazione, presentandole come componenti essenziali della formazione di tutti coloro che sono impegnati nell'azione della Chiesa, sia che si tratti di seminaristi, sacerdoti, religiosi e religiose oppure di animatori laici;

b) di incoraggiare le scuole e le università cattoliche a proporre programmi e corsi in vista delle necessità della Chiesa e della società in materia di comunicazione;

c) di proporre dei corsi, laboratori e seminari di tecnologia, di gestione, d'etica e di politica della comunicazione, destinati ai responsabili della Chiesa in questa materia, ai seminaristi, ai religiosi ed al clero;

d) di prevedere e di mettere in opera dei programmi di educazione e d'intelligenza dei media da proporre all'attenzione degli insegnanti, dei genitori e degli studenti;

e) di incoraggiare gli artisti e gli scrittori a preoccuparsi di trasmettere i valori evangelici nella utilizzazione che essi fanno dei loro talenti per la stampa, il teatro, la radio, le trasmissioni televisive e i film ricreativi ed educativi;

f) di trovare nuove strategie di evangelizzazione e di catechesi rese possibili dall'applicazione delle tecnologie della comunicazione e dei mezzi di comunicazione.

29. Formazione spirituale e assistenza pastorale. I professionisti cattolici laici e le altre persone che lavorano nell'apostolato ecclesiale delle comunicazioni sociali, o nei media profani, attendono spesso dalla Chiesa un orientamento spirituale ed un sostegno pastorale. Un piano pastorale di comunicazione dovrebbe dunque cercare:

a) di proporre ai laici cattolici ed agli altri professionisti delle comunicazioni qualche occasione di arricchire la loro esperienza professionale attraverso giornate di meditazione, ritiri, seminari e gruppi di sostegno professionale;

b) di proporre un'assistenza pastorale che procuri il sostegno necessario per nutrire la fede dei responsabili della comunicazione e appoggiare il loro impegno in questo difficile compito che consiste nel comunicare al mondo i valori del Vangelo e gli autentici valori umani.

30. Collaborazione. La collaborazione comprende la divisione delle risorse tra le conferenze e le diocesi, come anche tra le diocesi e le altre istituzioni, come le comunità religiose, le università e gli organismi della sanità. Un piano pastorale dovrebbe mirare:

a) a rafforzare le relazioni e incoraggiare la consultazione reciproca tra i rappresentanti della Chiesa e i professionisti dei media che possono offrire molto alla Chiesa in materia di utilizzazione dei media;

b) a cercare mezzi di produzione in collaborazione con i centri regionali e centri nazionali, e a favorire lo sviluppo delle reti comuni di promozione, di commercializzazione e di distribuzione;

c) a favorire la collaborazione con le congregazioni religiose che lavorano nel settore delle comunicazioni sociali;

d) a collaborare con gli organismi ecumenici e con le altre Chiese e gruppi religiosi per tutto quanto concerne la sicurezza e la garanzia di accesso della religione ai media, come anche "nel campo dei nuovi media: soprattutto per ciò che concerne l'uso comune dei satelliti, delle banche dati, delle reti cablo e, generalmente, dell'informatica, a cominciare dalla compatibilità dei sistemi. (nota 34)

e) a collaborare con i media profani, in particolare per quanto riguarda le preoccupazioni comuni sulle questioni religiose, morali, etiche, culturali, educative e sociali;

31. Relazioni pubbliche. Le relazioni pubbliche necessitano da parte della Chiesa, di una comunicazione attiva con la comunità per il tramite dei media, sia profani che religiosi. Queste relazioni, che implicano la disponibilità della Chiesa a comunicare i valori evangelici e a fare conoscere i suoi ministeri ed i suoi programmi, richiedono da parte sua che essa faccia tutto il possibile per verificare che è veramente ad immagine di Cristo. Un piano pastorale di comunicazione dovrebbe tendere:

a) a organizzare degli uffici di relazioni pubbliche dotati di risorse umane e materiali sufficienti a rendere possibile una vera comunicazione tra la Chiesa e l'insieme della comunità;

b) alla produzione di pubblicazioni e programmi radio, di televisione e video di qualità eccellente, tali da rendere visibili il messaggio del Vangelo e la missione della Chiesa;

c) a promuovere dei premi ed altri modi di riconoscenza destinati a incoraggiare e sostenere i professionisti dei media;

d) a celebrare la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali come un mezzo per promuovere la presa di coscienza dell'importanza della comunicazione e per appoggiare le iniziative prese della Chiesa in materia di comunicazione.

32. Ricerca. Le strategie della Chiesa nell'ambito della comunicazione sociale dovrebbero fondarsi sui risultati di una ricerca seria in tale materia, che implichi una analisi ed una valutazione fatte con conoscenza di causa. Occorre che lo studio della comunicazione faccia posto alle questioni ed ai problemi maggiori ai quali deve far fronte la missione della Chiesa in seno alla nazione o alla regione interessata. Un piano pastorale della comunicazione dovrebbe mirare:

a) a incoraggiare gli istituti di studi superiori, i centri di ricerca e le università a intraprendere ricerche fondamentali insieme ed applicate, sui bisogni e le preoccupazioni della Chiesa e della società in materia di comunicazione;

b) a determinare le modalità pratiche per l'interpretazione della ricerca fatta sulle comunicazioni sociali e sulla sua applicazione alla missione della Chiesa;

c) a sostenere una riflessione teologica permanente sui processi e gli strumenti della comunicazione sociale e sul loro ruolo nella Chiesa e nella società.

33. Comunicazione e sviluppo dei popoli. Comunicazioni e media realmente accessibili possono permettere a molte persone di partecipare all'economia del mondo moderno, di esperimentare una libertà di espressione e di contribuire alla crescita della pace e della giustizia nel mondo. Un piano pastorale delle comunicazioni sociali dovrebbe mirare:

a) che i valori evangelici esercitino una influenza sul largo ventaglio delle attività dei media contemporanei - dall'edizione alle comunicazioni via satellite - in modo che esse contribuiscano alla crescita della solidarietà internazionale;

b) a difendere l'interesse pubblico e salvaguardare l'accesso delle religioni ai media prendendo una posizione documentata e responsabile sulle questioni di legislazione e di politica della comunicazione e sullo sviluppo dei sistemi di comunicazione;

c) ad analizzare l'impatto sociale delle tecnologie avanzate di comunicazione ed a contribuire ad evitare inutili rotture sociali e destabilitazioni culturali;

d) ad aiutare i professionisti della comunicazione a definire ed osservare delle regole etiche, soprattutto nei riguardi dell'equità, della verità, della giustizia, della decenza e del rispetto della vita;

e) a elaborare delle strategie che incoraggino un accesso più esteso, più rappresentativo e responsabile ai media;

f) a esercitare un ruolo profetico prendendo la parola al momento giusto, allorché si tratta di sostenere il punto di vista del Vangelo in rapporto alle dimensioni morali di importanti questioni d'interesse pubblico.

Città del Vaticano, 22 febbraio 1992, Festa della Cattedra di San Pietro Apostolo.

+ JOHN P. FOLEY,
Presidente

Mons. PIERFRANCO PASTORE,
Segretario


(1) Cf GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, nn. 12-23, in AAS, LXXXIII (1991), pp. 807-821.

(2) GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris missio, n. 37, in AAS, LXXXIII (1991), p. 285.

(3) Communio et progressio, n. 187, in AAS, LXIII (1971), pp. 655-656.

(4) GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per la XXIV Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, in L'Osservatore Romano, 25-1-1990, p. 6.

(5) Ibid.

(6) Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Criteri di collaborazione ecumenica ed interreligiosa nel campo delle comunicazioni sociali, n. 1, Città del Vaticano, 1989.

(7) Inter mirifica, n. 4, in AAS, LVI (1964), p. 146.

(8) Communio et progressio, n. 11, in AAS, LXIII (1971), p. 598.

(9) Rm 1, 20.

(10) Jn 1, 14.

(11) Ef 1, 23; 4, 10.

(12) 1 Cor 15, 28; Communio et progressio, n. 11, in AAS, LXIII (1971), p. 598.

(13) Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Pornografia e violenza nei mezzi di comunicazione sociale: una risposta pastorale, n. 7, Città del Vaticano, 1989.

(14) GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis, n. 46, in AAS, LXXX (1988), p. 579.

(15) Gaudium et spes, n. 11, in AAS, LVIII (1966), p. 1034.

(16) Cf PAOLO VI, Evangelii nuntiandi, n. 20, in AAS, LXVIII (1976), pp. 18-19.

(17) Cf Inter mirifica, n. 3, in AAS, LVI (1964), p. 146.

(18) Lumen gentium, n. 1, in AAS, LVII (1965), p. 5

(19) Cf Communio et progressio, n. 12, in AAS, LXIII (1971), p. 598.

(20) Ibid, nn. 114-121, in AAS, LXIII (1971), pp. 634-636.

(21) Cf Can. 212.2, in AAS, LXXV, 2 (1983), p. 34.

(22) Cf Can. 212.3, in AAS, LXXV, 2 (1983), p. 34.

(23) Congregazione per la Dottrina de]la Fede, Instruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, n. 30, in AAS, LXXXII (1990), P. 1562.

(24) Cf ibid., n. 35, in AAS, LXXXII (1990), p. 1565.

(25) PAOLO VI, Evangelii nuntiandi, n. 45, in AAS, LXVIII (1976), p. 35.

(26) GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris missio, n. 37, in AAS, LXXXIII (1991), p. 285.

(27) Cf GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, n. 41, in AAS, LXXXXII (1991), p. 841.

(28) GIOVANNI PAOLO II, Christifideles laici, n. 44, in AAS, LXXXI (1989), p. 480.

(29) Ibid. p. 481.

(30) Cf Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per la formazione dei futuri sacerdoti circa gli strumenti delle comunicazioni sociali, Città del Vaticano, 1986.

(31) Cf GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris missio, n. 37, c, in AAS, LXXXIII (1991), p. 285.

(32) Ibid.

(33) Communio et progressio, n. 2, in AAS, LXIII (1971), pp. 593-594.

(34) Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Criteri di collaborazione ecumenica ed interreligiosa nel campo delle comunicazioni sociali, n. 14, Città del Vaticano, 1989.