Trascrizione dell’omelia di p. Tomas Tyn
Santa Maria della Mercede - 24 Settembre

Oggi celebriamo la Vergine Maria sia per il fatto del giorno di sabato, tradizionalmente a Lei consacrato; alla sua incrollabile fede nella Resurrezione del Figlio suo Gesù Cristo, a quella attesa in cui Maria soprannaturalmente sostenuta dalla Divina Grazia, con quell’attesa con la quale Maria aspettava il trionfo di Cristo nel momento stesso della sua prostrazione, nel momento stesso della sua umiliazione e della sua morte; ma c’è un altro motivo ancora per celebrare la festa della beata Vergine Maria e cioè per il giorno 24 di Settembre nel quale cade proprio una bella festa, la festa di Santa Maria detta "della Mercede".

Che cosa significa questa "mercede", che costituisce un titolo particolare della beata e gloriosa Vergine Maria? Bisogna tradurre questa parola "merces" come "riscatto per i prigionieri", che di fatto la beata Vergine Maria che già si è degnata per la misericordia di Dio di cui Lei è un eccelso strumento, la beata Vergine Maria si è già degnata tante volte nella storia della Chiesa suscitare famiglie religiose dedite e consacrate a particolari opere di carità, così anche nell’anno di grazia 1218 la beata Vergine miracolosamente ispirò ai Santi Pietro Nolasco e Raimondo di Penafort, illustre nostro confratello dell’ordine domenicano, ispirò l’idea di una nuova fondazione religiosa, un istituto religioso tutto dedito al riscatto dei prigionieri dalla umiliante schiavitù dei pagani.

Tanto è vero che c’erano dei cristiani così dediti a questa opera del riscatto dei prigionieri che addirittura un Santo esemplare di questo ordine, S. Raimondo Nonnato, ebbene questo Santo addirittura vendette sé stesso per riscattare un fratello cristiano dalla schiavitù dei pagani.

Vedete cari fratelli, in lui proprio si realizzava la parola del Signore: nessuno ha un amore più grande di quello di dare la sua vita per i propri fratelli. Così vedete questo capitolo della fondazione dei così detti "mercedari", cioè di Santa Maria della Mercede, la fondazione di questo illustre e glorioso ordine, molto attuale anche nei nostri tempi, cari fratelli, come avremo occasione di vedere, perché le schiavitù, le prigionie per la Santa Chiesa sono tutt’altro che finite, anche se hanno assunto modalità diverse. Quindi è un ordine che ha un carisma, come si suol dire, estremamente attuale al giorno di oggi. Un ordine illustre, questo, però la cui esistenza, la cui fondazione ci richiama alla verità storica.

Vedete, cari fratelli, in varie occasioni vi parlai di quella disonestà della storiografia attuale manipolata da alcuni storici che per un odio veramente irrazionale, che trova la sua logicità nelle sfere infernali, ebbene costoro tendono in qualche modo, con ogni mezzo, a discreditare la santa Chiesa di Dio. Vedete, sembrerebbe quasi che c’erano i cattivi crociati tutti animati da nefasti propositi, mentre c’erano quegli agnellini pacifici, capite cari fratelli, quegli agnellini senza colpa e senza macchia che erano i fratelli musulmani. Poi, guarda caso, c’era la schiavitù dei cristiani che erano costretti come ben sappiamo anche dalla battaglia di Lepanto, a remare sulle galere ad uso dei pagani, ecco questi poveri cristiani, per fortuna poi nella battaglia di Lepanto perché proprio questa è la salvezza della nazioni cristiane dal giogo degli infedeli.

Però vedete cari fratelli di che cosa si trattava, si trattava sì di difendere la nostra fede, ma prima ancora di difendere la fede si trattava di difendere semplicemente la dignità umana, come si dice oggi, quelli che si dicono i diritti umani, parola alquanto equivoca, voi mi capite bene, alludo non già ai vaneggiamenti illuministici di robesperriana memoria, alludo ai diritti umani nel contesto della lex naturalis come ce lo ha insegnato l’illustre S. Tommaso D’Aquino. Ecco, cari fratelli, si trattava in sostanza di salvaguardare lo ius gentium, il diritto delle nazioni, calpestato dai pagani. Certo talora calpestato anche dai cristiani, non c’è nessun dubbio capite, sono delle eccezioni poco buone, ma quello che bisogna vedere nel contesto storico è appunto come sono andate le cose: cristiani tratti in schiavitù dai pagani, schiavitù diciamo così illegittima tramite i pirati saraceni che infestavano il mare mediterraneo, ma anche schiavitù per così dire legittimata dai governi musulmani islamici.

Ecco, cari fratelli, allora si trattava di riscattare i prigionieri dei pagani da questa umiliante, avvilente schiavitù perché questi facevano sì del proselitismo anche violento, cioè chi non si convertiva, non si può dire convertirsi, non apostatava cari fratelli dalla fede cristiana per abbracciare la superstizione musulmana era considerato schiavo a vita. Vedete l’unica possibilità di essere trattati con un minimo di dignità era quella appunto di abiurare alla fede cattolica. Quindi sono successe delle cose enormi, non solo sul piano della fede soprannaturale, come ci viene sempre rimproverato: "voi siete dei fanatici, voi per la vostra fede siete in grado di ammazzare il prossimo…", non si trattava di quello, si trattava semplicemente di rispettare la dignità della persona, cristiana o altro che sia, diritto che è stato calpestato dagli infedeli, diritto per il quale i crociati, come per una causa sacrosanta hanno tratto la spada per difendere la cristianità.

Tale è cari fratelli la verità storica, capite, non si può falsificare. Allora in questo contesto storico fu fondato per ispirazione della beata Vergine Maria questo ordine dei Mercedari per il riscatto dei prigionieri. Cosa interessante che appunto la preghiera — la "colletta" di oggi — parla di questa originaria destinazione, finalità dell’ordine dei Mercedari, cioè il riscatto dei prigionieri, però nel contempo allarga la prospettiva e dice pressappoco così: "Signore, tu che hai ispirato ai Santi Pietro Nolasco e Raimondo di Penafort la fondazione dell’ordine dei Mercedari per il riscatto dei cristiani dalla schiavitù dei pagani, ebbene Signore liberaci tu dalla schiavitù del demonio".

Come è bello, cari fratelli, leggere ancora i testi della santa Messa tridentina, che non hanno questi strani pudori, per i quali la parola dèmone è stata epurata — sembra quasi una epurazione come succede all’Est — dalla liturgia contemporanea: di Satana, del demonio non se ne parla più. Quale pericolo per le anime invece cari fratelli! Guai a noi a non avere la salutare paura dell’inferno, ecco miei cari.

Allora bisogna sempre vedere questo: noi tutti, non il contesto storico, non ha importanza se ci sono i saraceni o no, questa è una espressione particolare della schiavitù, c’è però un’espressione strutturale, insita in noi uomini, della vera schiavitù, la più tremenda, spaventosa schiavitù, nei confronti della quale la schiavitù politica è qualcosa per così dire da ridere, anche se qualche volta è tragica, ma è la schiavitù interiore, il peccato che è il travaglio dell’anima. Il peccato è l’unica vera schiavitù, sorgente di altre schiavitù.

Vedete, quando poi si calpesta la legge di Dio, la legge naturale, la dignità dell’uomo come si suol dire, tutto questo scaturisce non già come vaneggia la superficiale, superstiziosa, perché tutta falsa nei suoi intenti teologici, la "teologia della liberazione": non si tratta del peccato nelle strutture, è una banale infantile proiezione delle nostre colpe all’esterno, "non ho colpa io, hanno colpa i capitalisti sfruttatori" e via dicendo, no, lo sfruttatore, il demonio sta nell’anima mia, di me che sono nato nel peccato e che sono stato liberato dal peccato delle origini solo grazie a Cristo che mi ha lavato nel santo Battesimo.

Ecco, cari fratelli, schiavitù ci sarà anche nelle strutture, ma parte dal cuore dell’uomo che inquina quello che esce dal cuore dell’uomo, a sua volta inquinato. Il Salvatore ce lo dice con estrema chiarezza che non dobbiamo cercare come i farisei, la "teologia della liberazione" è più meschina e primitiva del fariseismo, non dobbiamo cercare il male e il bene nelle esteriorità, nelle strutture, nelle colpe addossate ad altri: il male sta nell’anima.

Meditiamo spesso, cari fratelli, su questo fatto della schiavitù interiore, schiavitù avvilente, schiavitù umiliante, pensiamoci ancora in chiave dell’insegnamento di S. Tommaso d’Aquino rispetto alla pace dell’uomo con Dio e con sé stesso. S. Tommaso dice sempre che l’uomo non può essere in pace con sé se non è più a monte ancora in pace con Dio. Vedete la pace con Dio garantisce la pace interiore dell’uomo, è inutile cercare la pace per l’uomo o addirittura per tutta l’umanità se l’uomo e la società non è riconciliata con Dio. Vedete, cari fratelli, quindi anzitutto riconciliazione con Dio per avere la pace interiore. Perduta la pace con Dio, l’ordine interiore dell’uomo, il regno di Dio nell’uomo perché Dio ha creato l’uomo come ordine, questo regno di Dio nell’uomo è crollato, si è sfasciato, ecco la schiavitù. Schiavitù che consiste nel fatto che l’uomo creato a immagine e somiglianza del suo creatore, padrone di se stesso delle sue forze inferiori, della sua affettività, della sua sensibilità, della sua istintualità, padrone di tutto il creato, l’uomo è divenuto schiavo di se stesso, schiavo degli istinti, schiavo degli affetti, schiavo dei sentimenti, schiavo persino delle cose esterne, così che l’uomo non possedeva più le cose, ma le cose possedevano lui.

Ecco, miei cari, come già dicevano gli antichi stoici: possedere le cose senza esserne posseduti. Nella nostra stessa anima si radica la tendenza non a possedere, a dominare, ma ad essere posseduti dalle cose. Pensate, cari fratelli, come l’invidia sociale, che è l’anima delle nostre forze politiche di sinistra, come l’invidia sociale si radica proprio in questo, cioè nell’essere posseduti dalle cose. Vedete, la proprietà significa affermare la dignità dell’uomo padrone delle cose, l’invidia significa essere schiavi delle cose. Quindi guardiamoci da questa vera schiavitù che consiste nell’assoggettare l’uomo alle cose esterne e nell’ambito dell’uomo stesso la parte superiore, egemonica, cioè dominante come dicevano già gli stoici, la parte egemonica alla parte inferiore, la parte istintuale, la parte somatica. Non cattiva, cari fratelli, capitemi bene, ché a questo punto si leva sempre la voce: "ecco i cattolici che sono dei manichei". Non siamo dei manichei, il Signore ha creato tutte le passioni, la concupiscenza e l’irascibilità, anche l’irascibilità, sia detto con buona pace dei nostri pacifisti che sono molto manichei nella sfera dell’irascibilità, mentre non lo sono in genere per nulla in quell’altra sfera ancor più pericolosa che è quella della concupiscenza, strane quelle parzialità, cari fratelli. Allora bisogna dire che tutte le passioni del concupiscibile o dell’irascibile sono buone, ma si sono rivoltate contro l’uomo. Che cosa si tratta allora di fare? Di ricondurre l’uomo all’ordine.

Chi restaurerà, cari fratelli? Mi piace quella parola usata anche dal cardinale Ratzinger per quanto concerne la Santa Chiesa di Dio, la restaurazione ci vuole, non solo della Chiesa devastata dal modernismo, ma ci vuole anche la restaurazione delle nostre anime, del regno di Dio e della monarchia di Dio nelle nostre anime tramite la grazia santificante, vedete cari fratelli, la restaurazione dell’ordine, cioè la liberazione dell’uomo dalla schiavitù del peccato.

Voi mi direte: "Ma padre, come è possibile che il peccato costituisca schiavitù se il demonio non può essere schiavo della sua carnalità dato che non ha carne, né istinto, né passioni, né niente? Il demonio è forse libero nonostante il suo peccato?". Eh no, cari fratelli, cosa interessantissima, non voglio abbandonarmi a speculazioni plotiniane neoplatoniche, ma capite che c’è una specie di affinità partecipata tra la superbia e i peccati carnali. La superbia è un peccato eminentemente spirituale, cosa interessante, con intelletto acutissimo, quando cade in quel tranello della superbia è come se si materializzasse, capite cari fratelli, o meglio non è che si materializza nel senso vero e proprio della parola, ma si particolarizza, decade nel concreto. Al giorno di oggi, non mi sorprende perché la stoltezza al giorno di oggi viene lodata ed esaltata, viene sempre esaltata la concretezza, gli stolti sono sempre concreti perché non hanno quell’ampio respiro dell’intellettualità che abbraccia nel concetto l’universalità delle cose, in fondo il demonio con la sua pretesa di sapere tutto, potendo anche fare a meno di Dio, proprio con questo, quello che si chiama in greco "idiozia", scusate cari fratelli, cioè particolarità, ripiegò su se stesso, sostituì all’universalità ontologica di Dio, che abbraccia in se tutte le idee, tutte le essenze, sostituì all’infinità di Dio la finitezza del suo essere. Ecco la sua superbia ed ecco la sua schiavitù.

Cari fratelli, vedete che il peccato a volte invero anche in creature non materiali, anche in creature puramente intellettuali, il peccato induce sempre ad una aspra, spaventosa, spesso irriducibile schiavitù. Così, cari fratelli, chi ci libererà da questo stato di uomo che geme sotto i vincoli del peccato e della concupiscenza che contro di lui si è scatenata? Pensate, cari fratelli, al realismo cristiano, anche quello al giorno d’oggi non più di moda, pensate con quale realismo cristiano san Paolo geme e supplica Dio, descrivendo proprio questo stato del peccato delle origini: "Io vedo ciò che è buono e lo desidero, però poi quando si tratta di compierlo, non riesco a compierlo, ma anzi faccio del male. Chi mi libererà da questa schiavitù?". Un’anima che non geme e non grida con Paolo: "Chi mi libererà da questa schiavitù?" è un’anima che non ha capito l’opera della redenzione di Cristo. Da una grande schiavitù siamo stati redenti, tramite la vittoria di Gesù, la sua morte e la sua resurrezione.

Così, cari fratelli, chiediamo alla Madre di Dio, la liberatrice dei prigionieri, Santa Maria della Mercede, Santa Maria del riscatto degli schiavi, chiediamo alla beata Vergine questa grazia di partecipare alla passione di Gesù per essere partecipi anche del suo trionfo, della sua vittoria sul peccato e sulla morte per essere liberati da Gesù, l’unico vero liberatore, da quella unica vera schiavitù che non sono le schiavitù esterne, le schiavitù sociali, anche quello, ma primariamente la schiavitù interiore, individuale, la schiavitù morale del peccato.

Ecco, cari fratelli, Maria la liberatrice dei prigionieri, non a caso, perché la gloriosa Madre del Signore è proprio la datrice, la elargitrice della vita nuova. Vorrei concludere proprio con questo pensiero, vedete a Maria Iddio ha affidato il compito di ispirare tante fondazioni religiose, anche il nostro Santo padre Domenico, vedete la beata Vergine al centro della sua tomba, non a caso perché San Domenico riteneva sempre la beata Vergine fondatrice dell’ordine dei domenicani, dall’altro lato vedete il beato Reginaldo di Orleans che riceve dalla mano di Maria che lo guarisce dalla sua malattia, riceve l’abito dell’ordine con lo scapolare, il soave giogo della vera schiavitù, quella liberante schiavitù, capite, la schiavitù di Dio per mezzo di Maria.

Ecco, cari fratelli, come Maria è la liberatrice per volontà di Dio e lo è perché è la creatura eminentemente libera. Pensateci spesso, fratelli cari, Maria è liberatrice perché è Lei, in virtù della sua immacolata Concezione, in virtù della sua illibata Verginità, della sua castissima purezza, Maria è proprio per questo, per questa sua bellezza, per questo suo splendore interiore, perfettamente libera è liberatrice. Cari fratelli, che dolore vedere tutta l’umanità, come dice sant’Agostino — anche queste sono parole che al giorno di oggi non si odono molto spesso, ma quanto sono vere, sant’Agostino le dice con realismo, ovvero pessimismo rispetto all’uomo peccatore —: ebbene sant’Agostino dice che l’umanità al Cuore di Cristo è una massa perditionis, una massa incamminata verso la condanna eterna. In questa massa perditionis, avvolta nelle tenebre come dice la Scrittura, da questa massa emergono solo due persone, la Persona divina del Salvatore che si è rivestita della nostra umanità e la persona umana piena di grazia della Madre gloriosa di Dio.

Ecco, cari fratelli, solo tramite Maria che ci conduce a Gesù possiamo anche noi rivestirci di Cristo, rivestirci della luce, essere veramente liberi, perché alla libertà, cari fratelli, siamo chiamati. Non abbiamo ricevuto uno spirito di pusillanimità e di timore, ma lo Spirito di Dio che grida: Abbà, Padre! Ecco, cari fratelli, uno spirito di libertà, non di schiavitù. Meditiamoci spesso, cari fratelli, sulla vera libertà.

Ce ne sono due di libertà, vedete, non c’è dubbio, sempre una libertà si oppone a quell’altra. Dice san Paolo: "Voi fratelli che prima eravate schiavi del peccato, ora, liberi dal peccato, siete divenuti schiavi della giustizia" e viceversa, vedete cari fratelli, chi si libera della giustizia diventa immancabilmente schiavo del peccato. Quindi il problema non è di essere liberi o non liberi, notate anche qui il tranello del demonio, cari fratelli, all’origine di tutto il soggettivismo, l’esaltazione superba della umana soggettività. Il demonio ci insinua, fratelli, siate liberi, coraggio, godetevi la vita, non lasciatevi così legare da quello che vi insegnano i preti, da quello che dice la Chiesa, il magistero opprimente e nevrotizzante della chiesa preconciliare, ecco cari fratelli, quante volte ho sentito dire queste cose. Che cosa invece bisogna dire? Non c’è la vera libertà senza la vera schiavitù, il problema non è essere liberi o schiavi, saremo sempre e liberi e schiavi, si tratta solo di sapere di che cosa o rispetto a che cosa siamo liberi e rispetto a che cosa siamo schiavi, ecco il problema.

Il demonio con il suo fumo cerca di nascondere, ma il vero problema è quello, mi viene quasi da ridere, ma ci sarebbe tanto da piangere quando sento da per tutto: l’uomo moderno che si è liberato, che è libero, sembra che il problema sia la libertà, ma non è quello, si tratta di sapere: fratello, da che cosa sei libero e da chi sei libero? Questo è il punto, l’oggetto, non la libertà soggettiva. Vedete, anche i demoni sono liberi dalla legge di Dio, però sono costretti e legati all’inferno e gemono in ogni momento della loro esistenza. Che libertà che è quella, miei cari, vedete!

Allora torniamo alla santa schiavitù, alla schiavitù che ci insegna Maria tramite tanti Santi, vedete, la schiavitù dolce di Dio, dell’amore della sua santa legge, dell’amore del Signore, perché chi ama la legge di Dio ama la stessa volontà del legislatore, ama Dio stesso, perché la volontà di Dio è la stessa essenza di Dio. Così cari fratelli abbracciamo questa santa schiavitù per liberarci della schiavitù misera, della schiavitù infernale, della schiavitù della nostra superbia e della schiavitù della nostra carnalità e così sia.