Un ricordo a tredici anni dalla morte del sacerdote domenicano

Padre Tomáš Týn:
una vita vissuta per la Verità e l’Eucaristia

di Paolo Risso
(L’Osservatore Romano, sabato 19 luglio 2003, p. 4)

Il 1° gennaio 2003, si sono compiuti 13 anni dalla santa morte del sacerdote domenicano P. Tomáš Týn e ora ci siamo trovati tra le mani la sua immagine che contiene la preghiera per la devozione privata che chiede a Dio la sua glorificazione, muovendosi i primi passi per la sua causa di canonizzazione.

Sacerdote e Ostia con Gesù

Nato il 3 maggio 1950 a Brno (Cecoslovacchia), venne educato nella fede cattolica, nonostante l’ostilità del regime comunista allora al potere nella sua patria. Avvinto dall’ideale di s. Domenico di Guzman di consacrarsi a Dio nella preghiera, nello studio e nella contemplazione, nella predicazione della Verità, a Warburg, in Westfalia, il 28 settembre 1969, vestì l’abito domenicano e, dopo il noviziato, seguì il corso filosofico-teologico completando a Bologna gli studi e conseguendo la Licenza in Teologia. A Roma, all’"Angelicum", ottenne il dottorato in Teologia e, il 29 giugno 1975, fu ordinato sacerdote in "S. Pietro" da Papa Paolo VI.

Il giorno della sua ordinazione, P. Tomáš offrì a Dio la vita per la libertà della Chiesa perseguitata dal comunismo nella sua terra d’origine.

Rientrato a Bologna, si dedica con grande impegno all’insegnamento come professore di Teologia Morale presso lo "Studium" domenicano con diverse prestigiose incombenze. Un vero intellettuale e docente, e prima di tutto un grande innamorato di Gesù Cristo, un apostolo appassionato della verità, un sacerdote che svolse un’ampia opera di apostolato, di istruzione e di direzione spirituale. Penetrato a fondo il mistero della Verità di Dio, la ama come l’unico Bene e la distribuisce a piene mani in modo mite, pieno di frutti senza numero.

Alla fine del 1989, Dio accetta la sua offerta vittimale per la libertà della Chiesa nella sua patria: colpito da un male improvviso a inesorabile, a Nekargemund (Germania), presso i suoi genitori,

il 1° gennaio 1990, alle ore 10.30, va incontro a Dio, dopo aver visto, dal suo letto di dolore, il crollo delle dittature nell’Est europeo, Cecoslovacchia compresa

Non l’apparenza, ma Dio

La sua opera è stata pubblicata con il titolo "Metafisica della sostanza. Partecipazione e analogia entis" (Ed. Studio Domenicano, Bologna 1991). In essa, nella nostra epoca che dichiara superata "la filosofia dell’essere", cioè l’unica filosofia vera, capace di dare accesso alla verità e non solo a delle opinioni, P. Tomáš, dopo aver seguito, nella prima parte, il triste cammino del pensiero umano fino alla dissoluzione della ragione, presenta, nella seconda parte, una vigorosa sintesi della metafisica, della "filosofia dell’essere", quindi il ruolo fondamentale dell’analogia e del concetto di partecipazione: davvero lo splendore della Verità.

Nella prima parte, impressionano profondamente soprattutto le pagine dedicate alla "fenomenologia" rappresentata da Edmund Husserl, che ha dato a molti l’illusione che essa costituisca una riscoperta della stessa filosofia dell’essere e dell’analogia.

P. Tomáš, con lucidità e sicurezza, dimostra che nella fenomenologia — che ha ingannato molti per la sua ambiguità — "le cose alle quali si voleva ridiventare fedeli in opposizione agli arbitrii della dialettica idealistica, sono ben altro che realtà obiettive, il cerchio magico del soggettivismo non vi è stato spezzato e l’essere, messo sempre in disparte, non essendo fatto oggetto del pensiero, non permette nemmeno il ritorno alla partecipazione e all’analogia" (p. 366).

Lo spiega chiaramente il nostro Autore: "La volontà di tornare alle cose fondando una scienza rigorosa del reale potrebbe far pensare che tale reale sia un che di oggettivamente esistente. Nulla di più falso. Husserl si pone decisamente sulla posizione di Cartesio, affermando che l’unica assoluta certezza a quella dell’"io penso". Il cerchio si chiude senza eccezioni nell’ambito dell’io, della "mia" esperienza che sola è certa, a differenza delle esperienze esterne che non hanno alcuna garanzia di verità" (p. 371).

Cosi P. Tomáš disvela l’esito ateo della fenomenologia e, senza illusione di sorta, annota: "Per la fenomenologia l’io è l’essere assoluto, ogni altro pensabile esterno all’io è semmai un essere contingente. L’antropocentrismo a l’immanentismo soggettivistico non potrebbero trovare un’espressione più pregnante e più significativa" (p. 371). La conclusione è chiara e evidente: "Messa in parentesi la realtà dell’ente, non ci si stupisce di veder finire nella medesima parentesi, con la stessa disinvoltura, anche l’Ente supremo, cioè Dio" (p. 374).

"La luce del Sommo Vero"

Nominalismo soggettivistico e ateismo sono il risultato della fenomenologia che certamente non aiuta gli uomini a cercare e tanto meno a trovare la Verità, ma li confonde con prospettive inconsistenti e ingannatrici. Nominalismo e ateismo — le cose come flatus vocis, come inane vacum, di cui non possiamo dire altro che "nuda nomina tenemus" — sono appunto ciò che caratterizza grandissima parte del pensiero contemporaneo.

A questo pensiero — fenomenologia compresa — fatto di nomi vuoti e di somma confusione, P. Tomáš nella sua citata opera, risponde con la Verità dell’essere — dell’uomo, di Dio, di Gesù Cristo, la metafisica della sostanza appunto — che, anche oggi, essendo la filosofia perenne, è l’unica risposta alla ricerca della Verità che agita anche l’uomo contemporaneo. Al termine della sua opera, egli scrive:

"L’oblio della metafisica coincide con quello dell’analogia ed è un oblio in cui una cupa notte è scesa sull’uomo, che creato com’è, a immagine del suo Creatore, non trova luce se non nell’intelligenza del Sommo Vero. Un’umanità perversamente compiaciuta del suo spirito anti-metafisico è un’umanità che, per quanto si ritenga vigorosa e gioviale, di fatto è rimasta tragicamente mutilata nel suo stesso essere umano (...). Bella cosa è conoscere gli enti nella loro particolarità, ma infinitamente più bello ancora è meditare l’essere stesso che solo ci apre l’unica strada rimasta all’umanità, quella che conduce in Alto, perché accomuna la terra al Cielo, l’uomo a Dio" (p. 955).

In difesa dell’Eucaristia

Immanentismo, soggettivismo, relativismo, nominalismo, questi gravissimi errori, condotti alle estreme conseguenze anche dalla fenomenologia, P. Tomáš li ha visti invadere, come un veleno subdolo, molta riflessione teologica contemporanea, portando alla negazione della Verità, in particolare riguardo alla SS.ma Eucaristia, Presenza reale e Sacrificio del Cristo, il più sublime Tesoro che abbiamo.

Alla scuola del suo confratello s. Tommaso d’Aquino, sommo teologo e cantore dell’"Eucaristia", P. Tomáš ha visto che questo pensiero soggettivistico, "fenomenologico", relativistico e negatore della sostanza, ha altresì "desostanzializzato" l’Eucaristia, riducendo il dogma della transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo, a transignificazione e transfinalizzazione, da realtà vera e sostanziale del Cristo presente e immolato, a puro simbolo e spoglia memoria di Lui. Ciò che svuota lo stesso sacerdozio cattolico (il sacerdote è solo "propter Eucaristiam" e senza l’Eucaristia è un disoccupato e un fallito) e scardina completamente la dottrina e la realtà della nostra fede.

Contro questa negazione, P. Tomáš Týn è insorto con la luce e la forza della verità e della sua vita sacerdotale esemplare, offrendo — nell’estate 1989 — la sua vita anche in difesa dell’Eucaristia contro ogni profanazione e sacrilegio che potesse colpire in essa la Presenza adorabile del Signore. Maestro di metafisica — la "metafisica della sostanza" — P. Tomáš ha risposto all’errore e al sacrilegio con l’affermazione dell’Eucaristia così come Gesù l’ha voluta e stabilita fin dal suo primo annuncio a Cafarnao (Gv 6, 22-58); difensore e apostolo dell’Eucaristia, secondo il perenne immutabile Magistero di Cristo e della Chiesa, così come insegna S.S. Giovanni Paolo II nella recente magistrale Enciclica Ecclesia de Eucaristia.