Con l’autorizzazione del destinatario, trascriviamo di seguito una lettera del Dottor Plinio a un giovane cooperatore della TFP, con alcuni consigli sulla vita intellettuale.
Ci auspichiamo che questi consigli possano essere utili a tutti coloro che lottano per la difesa della verità.
Mio caro amico,
Salve Maria,
Ho letto con molta simpatia la lettera che mi hai inviato.
Non prendertela a male se ti dico che non ho potuto fare a meno di sorridere, vedendo che tu vorresti essere un uomo come me. Ti garantisco, con grande sincerità, che non ci guadagneresti nulla, anzi. Se potessi augurarti qualcosa di buono, sarebbe proprio che ciò non accadesse. Inoltre, ognuno di noi possiede una personalità unica e inconfondibile, ed è chiamato da Dio per realizzare un proprio ideale di perfezione. Da noi viene richiesta una fedeltà alla verità che c’è in noi, e che è l’unico cammino per attingere la verità di tutti noi.
Solo la passione della verità giustifica l’esistenza dei filosofi e degli scrittori
Parlando di verità, arriviamo proprio al punto cruciale di tutto ciò che mi dici nella tua lettera. Infatti, il mondo abbonda di filosofi e scrittori, ma c’è una sola cosa che giustifichi l’esistenza degli uni e degli altri: la passione della verità. Senza questa passione, libri e filosofie non sono altro che vanità, pericolosissime vanità che incendiano la Terra e aizzano le fiamme dell’Inferno.
Chi ha la passione della verità è disposto a spogliarsi di sé stesso, senza la pur minima restrizione. Sacrificherà le più seducenti idee, i più ingegnosi sistemi, le più profonde e luminose elucubrazioni, le più care intuizioni, le soddisfazioni più elevate dell’intelligenza, e infine le formulazioni più avvincenti e le immagini più esteticamente favorevoli, per cercare austeramente e palesare la verità, solo la verità, che è sempre ardua per la nostra condizione umana, a causa della sua essenziale trascendenza.
Chi ha la passione della verità si espone all’antipatia degli uomini
E non è solo questo. La verità non è mai stata molto apprezzata dagli uomini, essendo effettivamente disprezzata ai nostri giorni. La verità è una e immutabile, ma gli uomini amano lo spettacolo variegato delle apparenze che si susseguono; la verità è eterna, ma gli uomini seguono le mode; la verità è seria e gli uomini sono frivoli; la verità indica il dovere, mentre gli uomini vogliono i piaceri; insomma, la verità è rigida e gli uomini non hanno tempra.
Quindi, chi ha la passione della verità si espone, necessariamente, all’antipatia degli uomini, ma preferirà la verità ai beni temporali, alla carriera, alla fama e alla propria reputazione. Sarà perseguitato e accusato da quelli che prostituiscono la verità e fanno di essa un semplice strumento della loro infatuazione e cupidigia.
Ma non è ancora tutto. La passione della verità può portarlo a tacere per anni, mentre gli altri si elevano di fronte all’opinione generale ed alla critica, con la loro produzione di opere letterarie e filosofiche. Egli, nel frattempo, rimarrà in silenzio, fino a quando spunti l’unico motivo che lo indurrà a manifestarsi: dare testimonianza della verità. Dinanzi a quel che ho appena detto, tu potresti replicare che io, invece di segnalare la via della filosofia, ho indicato quella della santità. È vero. Voglio soltanto sottolineare che, per chi ha la vocazione agli studi filosofici, la perfezione spirituale si chiama passione della verità. Per noi, cattolici, la verità non è solo una questione epistemologica o metafisica, è la Seconda Persona della Santissima Trinità, il Verbo di Dio che si è incarnato per salvarci.
Adesso che siamo arrivati a questo punto, possiamo dedurre le conclusioni, per rispondere alle questioni particolari che mi proponi nella tua lettera.
La vita intellettuale è intimamente unita alla spirituale, e da essa dipende
La prima questione è che non ci deve essere una distinzione tra la tua vita spirituale e la tua vita intellettuale. Giacché dici di voler fare tutto secondo la volontà di Dio, e ti ritieni con vocazione agli studi filosofici, allora non preoccuparti del futuro, né come farai a guadagnarti la vita: adempi coscienziosamente i tuoi doveri e spera nella Provvidenza. Abbi fiducia, Dio non si dimentica di coloro che Lo servono.
Tuttavia, Egli suole mettere alla prova la fiducia dei suoi servi. Quando questo ti capiterà, non supporre di essere abbandonato: questi sono i cammini normali della Provvidenza. Quando tutto sembrerà perduto o compromesso, allora arriverà la soluzione. Però, non aspettarti soluzioni definitive. Rimarrà sempre un certo margine di incertezza e di rischio. Anche questo è necessario, perché Dio vuole che abbiamo fiducia solo in Lui, e non nelle sistemazioni umane.
D’altra parte, non possiamo perdere di vista che siamo esiliati in questo mondo, e che la vita presente è provvisoria e precaria. Perciò non c’è, ne dobbiamo desiderare, situazioni definitive in questa Terra. Dobbiamo vivere di fede, e la fede è necessariamente oscura, poiché ha come oggetto ciò che è invisibile e inaccessibile alla ragione naturale. San Pietro, camminando sul mare in tempesta, è l’immagine della vita cristiana. So bene che questo cammino è difficile. È lo stretto cammino della salvezza, indicato da Gesù. Non esiste un altro.
Evitare qualsiasi divorzio tra il pensiero e la vita
In secondo posto, per quel che riguarda più direttamente ai tuoi studi, sarà necessario evitare diligentemente qualsiasi divorzio tra il pensiero e la vita. La filosofia non può essere trattata come chi risolve un teorema di geometria. In altre parole, il filosofo non può situarsi confortevolmente “fuori” dalla filosofia, e poi costruirla con eleganza e distacco. Al contrario, lui, la sua vita, il suo destino, il destino dell’umanità, sono visceralmente coinvolti dal corso che avranno preso le questioni filosofiche. Il filosofo stesso deve essere il primo problema filosofico in gioco, perché è attraverso il suo essere di carne ed ossa che il filosofo ha i piedi nella realtà.
Essendo così, il filosofo non deve solo possedere un’intelligenza acuta e sviluppata, ma è indispensabile che abbia una personalità ricca, possente, vigorosa, nella quale tutta la realtà possa ripercuotere ampiamente. Per ottenere questo spessore e profondità di personalità, mi sembra utile che, oltre agli studi propriamente filosofici, sui quali parlerò dopo, tu coltivi il tuo spirito nel contatto con le grandi opere, in cui si esprimono certe caratteristiche fondamentali dell’anima umana, e la cui frequentazione produce un insuperabile allargamento della visione di tutti i problemi. Virgilio, Dante, Shakespeare, i classici francesi, sono in questa linea. Non perché sono irreprensibili, nota bene. Ma in tutti loro spira il soffio magnifico, che ingrandisce l’uomo.
Non ti dico neanche di fare uno studio sistematico di queste opere. Ben lungi da questo. Non si tratta di studiare, di fare un compito, ma di compiacersi, di assaporare. Tra queste sceglierai quella che più ti gradisce. Come pure potrai variare, trattenendoti sia in un brano di una, sia in un passaggio di un’altra. La libertà è totale. L’importante è che siano lette dall’originale.
Non è soltanto la lettura delle grandi opere letterarie che conduce all’obiettivo mirato, ma pure la contemplazione della grande pittura e l’audizione della musica dei grandi maestri, come Bach o Haendel. In tutto ciò, ognuno deve seguire la propria inclinazione, ed io desidero più suggerire che influire.
San Tommaso è più chiaro di non pochi tra i suoi commentatori
Ritornando, quindi, ai tuoi studi, devo dire che capisco perfettamente l’insoddisfazione e la perplessità che ti causano certi autori contemporanei che si presentano come tomisti. Questi autori non sono né veramente dei filosofi né tomisti, e la miglior cosa che tu possa fare, per adesso, è metterli da parte. Potranno solo confonderti lo spirito e spingerlo verso sentieri pericolosi.
Quanto a Maritain, non è altro che un divulgatore dotato di qualità letterarie e di nessuna serietà scientifica. Coloro che lo seguono sono delle mentalità superficiali, che si soddisfano e si cullano con le sue formule lirico-metafisiche, le quali non reggono a un’analisi più accurata, perché subito evidenziano inesattezze, dubbiosità ed equivoci, di cui sono impregnate. Quando avevo la tua età, confesso che me ne lasciai sedurre, poiché esaltavano la mia sensibilità. Dio, però, mi ha fatto la grazia di vedere, in tempo, il veleno che contenevano.
Quando si viene a conoscenza dei veri filosofi, ci si vergogna delle divagazioni vuote, inconseguenti, sciocche e pretenziose di certi filosofi pseudo tomisti dei nostri giorni, che non fanno altro che deformare il tomismo, adattandolo a tutte le ultime mode (che non riescono nemmeno a capire), mentre scavalcano i più profondi pensieri di San Tommaso con la più candida delle incompetenze.
Vai direttamente alla fonte. Cerca di familiarizzarti con i testi di San Tommaso. Non temere, il Dottore Angelico è più chiaro di non pochi dei suoi commentatori. Tutto dipende dall’abituarci al suo stile e, ciò che è più importante, alla sua disciplina. Questo, però, non sarà difficile, purché abbiamo diligenza e umiltà.
Per iniziare, ti raccomanderei la Prima, della Somma, e il De Veritate. Dalla Prima, lascia da parte le questioni 2ª, 23ª e 24ª. Quanto al De Veritate, per adesso andare oltre alla 3ª questione. Ancora per iniziare, non dedicarti a uno studio sistematico, ma fai come ti ho raccomandato a riguardo delle opere classiche. Ricordati che non si tratta ancora di imparare San Tommaso, bensì, di familiarizzarsi con lui. Perciò, quando qualche testo presenterà una maggiore resistenza alla tua intelligenza, non insistere, ma cerca qualcosa di più facile.
E adesso ti farò un’osservazione di maggior rilevanza: la meditazione e la riflessione valgono più della lettura. Quindi, cerca, quanto potrai, di risolvere trovare le soluzioni da te stesso, invece di cercarle già pronte. Soprattutto, limitati esclusivamente ai testi di San Tommaso, e non cercare di leggere le note esplicative che vengono a piè di pagina. Quando ti sarai così ambientato allo spirito di San Tommaso, allora si potrà pensare a qualcos’altro.
Vita spirituale autentica: unico alimento dell’intelligenza
Giungiamo, infine, all’ultima conclusione, che è quella di maggior peso. Il vero filosofo solo può alimentare il suo pensiero e la sua personalità con una vita spirituale autentica. A mio avviso, la miglior base sono ancora gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, con il complemento naturale dell’Imitazione di Cristo. Secondo gli orientamenti che do a questi miei suggerimenti, cerca, preferibilmente, solo i testi originali; soltanto i testi, senza alcun commento. Dato che la devozione cattolica è fondamentalmente di ispirazione mariana, abbi sempre a portata di mano le eccellenti opere di San Luigi Maria Grignion da Montfort; tutte quante, se ti sarà possibile.
Il demonio pesca nelle acque torbide del nervosismo
Credo così di aver risposto nella miglior forma a mia portata – e dopo aver chiesto a Dio luci per un compito di tale responsabilità – alle difficoltà, che mi hai presentato nella tua lettera. Certamente troverai in questa mia risposta, molte lacune: è la parte umana. Dio, però, le supplirà, quando ricorrerai a Lui con fiducia.
Innanzitutto, stai calmo e in pace. Cerca di non perturbarti. Il nervosismo è l’acqua torbida in cui il demonio fa la sua pesca; ed è maestro nell’irritare i nervi e tormentare le coscienze, per mezzo di immaginazioni, suggestioni, istigazioni, ed anche agendo direttamente sul corpo, dove provoca le sensazioni fisiche di malessere, angoscia, ripugnanza, palpitazioni, e quant’altro. Non lasciarti impressionare da nulla di tutto ciò. Guarda in avanti, ai Cuori di Gesù e di Maria, e cammina sulle onde agitate con piena fiducia.
Qui siamo, io e i miei amici, alla tua disposizione, per quel che avrai bisogno. Non fare cerimonie. E non dimenticarti di me nelle tue preghiere.
Tuo in Gesù e Maria,
Plinio Corrêa de Oliveira
(“Circolare ai soci e militanti della TFP”, anni ’60 – I sottotitoli ed i grassetti sono nostri tratta da: [www.pliniocorreadeoliveira.it]
L'articolo Plinio Correa de Oliveira: Per una spiritualità militante proviene da Pagine Cattoliche.
]]>Smascherare l’ideologia favorevole al trasessualismo:
CHE MALE C?È A CAMBIARE SESSO?
di Tommaso Scandroglio
(dal Dizionario dei luoghi comuni, qui)
È un dato di fatto che vi sono alcune persone che si sentono a disagio nel loro corpo e dunque esprimono il desiderio di ?cambiare sesso?. Si sente spesso affermare che negare a costoro di diventare transessuali appare una crudeltà ingiustificata.
Infatti, essere maschi o femmine non è una condizione moralmente riprovevole, dunque non si comprende il motivo per cui condannare la transizione da un sesso a un altro.
Analisi
In via preliminare è opportuno fornire qualche definizione. Per identità sessuale si intende l?appartenenza a un sesso biologico, maschile o femminile, appartenenza indicata dai geni maschili o femminili.
Siamo nella sfera biologico-genetica della persona. Accanto all?espressione ?identità sessuale?, da un po? di tempo si è affiancata anche l?espressione ?identità di genere? che, almeno limitatamente alla sua genesi, è affetta da una connotazione fortemente ideologica perché sottintende il principio che è lecito ?cambiare sesso?. È dunque preferibile usare l?espressione ?identità psicologica sessuale? che significa il riconoscimento di sé come appartenente al mondo maschile o a quello femminile al di là dell?identità sessuale, ossia al di là del fatto biologico di essere maschi o femmine. L?identità psicologica sessuale si incardina sugli aspetti relazionali, culturali, psicologici, di costume, cognitivi, etc. che caratterizzano il mondo maschile e quello femminile, intendendo come ?mondo maschile e femminile? le infinite modalità attraverso cui il maschio o la femmina generalmente si relazionano, pensano, si comportano, etc. Quando parliamo di ?identità psicologica sessuale? o di ?identità di genere? ci riferiamo alla sfera psicologica comportamentale della persona. Nel caso in cui identità sessuale e identità psicologica sessuale non coincidano, può accadere che la persona decida di diventare transessuale.
Ma in realtà tali espressioni sono erronee perché la persona, anche dopo tali interventi, rimane uomo o donna, infatti i suoi cromosomi rimarranno XY (maschio) oppure XX (femmina). Dunque tali interventi mascherano, ad esempio, un uomo da donna, lo travestono da donna non usando abiti femminili, ma intervenendo solo sui caratteri sessuali primari (gli organi genitali e riproduttivi) e su quelli secondari (la distribuzione dell?adipe, i peli, il tono della voce, etc.). In altre parole, non basta dal punto di vista fisico avere delle protesi in silicone che mimano il seno femminile per essere biologicamente una donna. Così come non basta tingersi il corpo di nero per diventare una persona di colore.
Ossia, in ogni nostra cellula ? e un corpo umano è formato mediamente da quasi 40mila miliardi di cellule ? è impressa la nostra appartenenza sessuale: ogni nostra cellula è maschile o femminile. Questo per dire che l?appartenenza sessuale è strutturalmente parte di noi, innerva e permea totalmente il nostro corpo. Dicevamo che il sesso è anche fattore individuante: infatti, quando l?essere umano viene a esistenza si distingue immediatamente dagli altri: è grazie alla materia ? e dunque grazie a una materia (anche) sessuata ? la quale viene informata dall?anima razionale che l?essere umano si individua, ossia diventa quell?uomo particolare e irripetibile (identità).
È innegabile che per aversi un essere umano questo debba essere sessuato, ma chi lo dice che per Marco il suo sesso identitario debba essere necessariamente maschile? In altri termini, è sufficiente che ci sia un sesso perché esista un essere umano e perché si distingua dagli altri, ma non è necessario che quel sesso identitario sia quello genetico. È ciò che accade per il peso: è necessario che l?essere umano abbia un peso, anche infinitesimale, per esistere, ma non è necessario ai fini della sua esistenza che tale essere umano sia magro o grasso.
È il peso a essere elemento identitario della materia umana, non la quantità di peso. E dunque se il sesso maschile e quello femminile non sono aspetti identitari, io potrò lecitamente passare da uno all?altro non negando così la mia identità personale: sia maschio che femmina io rimarrò sempre ?io?. Il fattore fondamentale, perché imprescindibile, sta nel fatto che appartenga a un sesso, non a quale sesso io appartenga. Parimenti io posso passare dall?essere magro all?essere grasso e rimarrò sempre ?io?. Il fattore fondamentale, perché imprescindibile, sta nel fatto che abbia un peso, non a quale peso io appartenga.
Estensione, dimensione, peso, sesso, etc. sono fattori identitari, ma in senso attenuato, perché da una parte, come spiegato sopra, sono condicio sine qua non per l?esistenza dell?ente. E su altro fronte individuano l?ente rispetto agli altri enti (più correttamente questo vale solo per l?estensione, dato che tutte le altre caratteristiche ? peso, densità, sesso, etc. ? esistono perché esiste un qualcosa di esteso): fanno sì che quel Marco si distingua da quell?altro Marco. Ma la vera nostra identità si trova principalmente nell?anima razionale, è lei a essere soprattutto il nostro vero io, creato così direttamente da Dio: è Lui che informa la nostra materia umana con la nostra irripetibile anima. La persona umana è infatti sinolo di materia e forma, ossia è l?unione strettissima di due principi, uno materiale ? il corpo ? e uno immateriale ? l?anima razionale (cfr. Aristotele [384-322 a.C.], Metafisica, VIII, cap. 1, 1042a 29; Tommaso d?Aquino [1225/1226-1274], De ente et essentia, 2). Il nostro autentico ?io?, la nostra identità (il fatto che Marco è Marco e quel ?Marco? lì) riposa nell?anima razionale (cfr. T. Scandroglio, Identità, normatività della persona e diritto, in G. Gambino [a cura di], Patologie dell?identità e ipotesi di terapia filosofica, Jus quia iustum Edizioni, Roma 2017, pp. 224-251). Ora secondo il principio di materia adeguata, la materia umana (il corpo umano) è materia adeguata per ricevere l?anima razionale. Dunque, non solo la persona umana è sinolo di materia e forma, ma la materia umana è, potremmo dire così, la ?custodia? adatta per ricevere l?anima razionale (si tratta solo di un esempio perché il corpo non contiene l?anima, ma ne è profondamento compenetrato).
Da ciò consegue che quella particolarissima e unica anima (Marco) esige una materia adeguata alla sua unicità, chiede un corpo umano altrettanto unico e irripetibile (e infatti non esiste organismo umano uguale all?altro). La singolarità dell?anima, che con una espressione tecnica si chiama forma predicamentale, esige una materia altrettanto singolare.
In breve, l?aspetto identitario dell?anima (quel Marco lì irripetibile) esige un corpo adeguato a tale identità. Ciò significa che l?anima di Marco ? il suo irripetibile modo di avere l?essere (identità) ? non poteva che informare quel corpo che ha avuto al momento del concepimento, quella precisissima e irripetibile materia umana, con tutte le sue peculiari e uniche caratteristiche costitutive ed essenziali tra cui il sesso maschile. Se dunque la nostra materia umana è l?unica materia a essere adeguata alla nostra anima, e se l?anima esprime la nostra identità, ciò significa che quel corpo, con tutte le sue caratteristiche costitutive (peso, volume, densità, etc. tra cui il sesso) è l?unica risposta adeguata alla nostra identità. E dunque la particolare consonanza della materia all?anima andrebbe ricercata anche nel sesso genetico. In questo senso, il sesso maschile e quello femminile sono identitari, perché caratteristiche di un corpo che è, potremmo così dire, ?copia? materiale della nostra identità (un?anima poi non più cangiante dato che il particolare modo di essere di una persona ? la sua identità ? non può mutare). Non che l?anima abbia sesso, ma l?anima di Marco ha il suo modo di essere immutabile che, tra gli altri aspetti, è adatto solo a un corpo maschile, a quel corpo maschile: l?identità di Marco espressa dall?anima razionale non può che reclamare un corpo maschile.
La materia maschile è la risposta empirica adeguata a quella particolare forma d?essere, è la precisa traduzione empirica della singolarità di quell?anima.
In altri termini, quell?anima informa maschilmente la materia e la materia ne riceve passivamente il suo modo di essere e la sua ricezione significa in quel caso ?sesso maschile?. Ecco perché il sesso maschile e il sesso femminile sono identitari, perché rispecchiano fedelmente nella materia l?identità espressa dall?anima razionale. L?anima di Marco dunque non poteva che incontrare un corpo sessuato maschile, perché la mascolinità, e quella precisa mascolinità così come declinata nel corpo di Marco, è un aspetto fisico che risponde esattamente all?identità dell?anima di Marco. Marco non poteva che essere maschio perché solo nella mascolinità troviamo espressa la sua identità.
La tesi che predica la possibilità di scegliere di diventare uomini o donne o di custodire nella propria persona quote differenti di mascolinità e femminilità, oppure di non essere caratterizzati da nessun sesso, prende il nome di fluidità di genere ed è uno dei tratti peculiari della cosiddetta gender theory (cfr. Famiglia Domani – Mevd, La teoria del gender: per l?uomo o contro l?uomo?, Solfanelli, Chieti 2014; R. de Mattei, Gender diktat. Origini e conseguenze di una ideologia totalitaria, Solfanelli, Chieti 2014; Idem,- Dalla sodomia all?omosessualità. Storia di una normalizzazione, Solfanelli, Chieti 2016, pp. 75-90).
E così il peso può variare di grado (più o meno grassi), ma non entra in conflitto con l?identità della persona (un Mario grasso e un Mario magro non entrano, in linea generale, in contraddizione con la propria identità: abbiamo scritto ?in linea generale? perché ad esempio l?obesità non risponde in nessun modo al perfezionamento, anche fisico, richiesto dalla propria identità ? Nessuno è perfetto).
Al contrario, il sesso non può variare di grado (ad esempio, esistono geneticamente femmine con cromosomi XXX, ma non sono iperfemmine, bensì sono femmine con un cromosoma in più. Altrimenti il soggetto affetto da trisomia 21 sarebbe un iperuomo dato che ha un cromosoma in più. Anche l?umanità non è soggetta a gradazioni: o sei persona umana o non lo sei). Mutare sesso quindi non sarebbe come mutare peso, una modifica di grado, ma sarebbe una modifica di genus, di qualità. Esiste perciò un unico insieme (genere) ?Peso? in cui posso trovare come sottoinsiemi (specie) sia gli obesi sia gli anoressici. Ma non esiste un insieme ?Sesso? in cui posso trovare il sottoinsieme ?sesso maschile? e quello ?sesso femminile? (esiste logicamente, cioè posso pensarlo, ma non esiste ontologicamente).
Bensì esiste un insieme ?Maschio? e un insieme ?Femmina? dicotomici.
Maschio e femmina sono tra loro in relazione non di grado, ma di genere.
Ce lo conferma anche la genetica: il sesso maschile e femminile non sono due rami provenienti dal medesimo tronco, ma sono due piante differenti.
In questo documento si afferma che «la sessualità umana è un carattere oggettivo, biologicamente binario: ?XY? e ?XX? sono indicatori genetici del maschio e della femmina, rispettivamente ? non marcatori genetici di un disordine. [?] I rari e marginali disordini nello sviluppo sessuale (DSD) [?] sono tutte deviazioni, medicalmente identificabili, dalla norma della duplicità sessuale e sono correttamente riconosciuti come disordine rispetto al disegno umano (01). [?]
Nessuno nasce con la consapevolezza di essere maschio o femmina: questa consapevolezza si sviluppa nel tempo e come tutti i processi di sviluppo può essere distorto dalle percezioni soggettive del bambino, dalle sue relazioni ed esperienze negative, dall?infanzia in avanti. Le persone che si identificano come se ?si sentissero di un sesso opposto? o ?tra un sesso e l?altro? non costituiscono un terzo sesso. Esse restano biologicamente maschi o femmine (02). [?] Quando un ragazzo altrimenti sano crede di essere una ragazza esiste un problema oggettivo che sta nella testa, non nel corpo, e dovrebbe essere trattato come tale. Questi bambini soffrono di disforia di genere.
La disforia di genere (GD), in passato annoverata quale Disordine dell?Identità di Genere (GID), è un disordine mentale riconosciuto nella più recente edizione del Diagnostic and Statistic Manua of the American Psychiatric Association (DSM-V) (03)» (il documento è rinvenibile sul sito www.acpeds.org).
In sintesi
L'articolo Risposta a luogo comune: Che male c’è a cambiar sesso? proviene da Pagine Cattoliche.
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L'articolo Morte di Mons. Casaldáliga: La teologia marxista della liberazione perde un suo araldo proviene da Pagine Cattoliche.
]]>Maria Montessori, una vita fra massoni, modernisti e femministe
di Cristina Siccardi
Le miriadi di donne cristiane d?Europa, più o meno celebri, portatrici di valori inossidabili ed eterni, che hanno contribuito in maniera determinante al bene della società, del continente, del mondo intero, oggi non vengono più considerate, sono volutamente dimenticate e nessuno parla di loro, né in famiglia, né nelle scuole, né nelle parrocchie, né sui media.
In questi giorni la televisione sta martellando i telespettatori con la pubblicità di una collana dedicata alle Grandi donne. Tenaci, creative, coraggiose, uniche, libere (Gruppo di comunicazione RBA). La gran parte delle figure proposte non è portatrice dei valori evangelici (su 60 figure proposte, solo tre sono cattoliche: santa Giovanna d?Arco, Isabella di Castiglia, Agatha Christie), quei valori che hanno costruito l?Europa, quella della civiltà e del progresso, nel vero senso dei termini.
È ora, quindi, di sfatare e smascherare le eroine laiche delle femministe, parlando proprio di quelle donne che hanno, con i propri pensieri, le proprie opere e le proprie azioni rivoluzionarie causato distorsioni e confusioni tali da ledere i principi imprescindibili della natura umana, provocando le drammatiche conseguenze che oggi viviamo.
«Hanno tracciato una nuova via e oggi beneficiamo della loro eredità raccogliendone il testimone» recita uno slogan promozionale della collezione biografica. Il primo ritratto è dedicato a Maria Montessori. La donna che rivoluzionò per sempre il mondo dell?educazione.
Proprio di lei andremo quindi a parlare guardando storicamente, senza diaframmi rivoluzionari e lenti femministe, che depistano il corretto giudizio, chi era e cosa fece questa ?maestra dei bambini?, distante anni luce dalla straordinaria pedagogia salesiana, fondata da san Giovanni Bosco, quella che si basa sulla ragione, sulla religione e sull?amorevolezza.
Maria Montessori nacque a Chiaravalle, in provincia di Ancona il 31 agosto del 1870. Era figlia unica di genitori liberal-cattolici, dalle simpatie risorgimentali. Il padre Alessandro (1832-1915), ferrarese, fu funzionario al ministero delle Finanze. La madre, Renilde Stoppani (1840-1912), marchigiana, proveniva da una famiglia di piccoli proprietari terrieri ed era parente dell?abate Antonio Stoppani (1824-1891), geologo, paleontologo, patriota risorgimentale, sacerdote rosminiano, figura di rilievo del Cattolicesimo che voleva conciliare Stato e Chiesa in Italia e figura di primo piano nella formazione della giovane Montessori.
La famiglia si trasferì dapprima a Firenze e poi a Roma nel 1875. Dal 1883 Maria studiò alla scuola tecnica Michelangelo Buonarroti, in seguito, dal 1886 al 1890, all?Istituto tecnico Leonardo da Vinci. Si iscrisse quindi alla facoltà di Scienze nel 1890, per passare, nel 1892, alla facoltà di Medicina, divenendo una delle prime donne laureate in tale settore. Nel 1894 vinse un premio di studio elargito dalla Fondazione Rolli e l?anno dopo conobbe il collega Giuseppe Montesano (1868-1961), con cui fu ammessa nella clinica psichiatrica dell?Università di Roma, diretta da Ezio Sciamanna, nella quale, insieme a un altro collega, Sante De Sanctis (1862-1935), condusse per la tesi di laurea una ricerca su Le allucinazioni a contenuto antagonistico, laureandosi nel luglio 1896.
Come assistente di Montesano, del quale divenne l?amante, entrò nell?ospedale di San Giovanni, continuando la ricerca nella clinica psichiatrica. Nel frattempo si interessò dei bambini handicappati, attraverso lo studio delle opere di Jean-Marc-Gaspard Itard e di Edouard Séguin e prese ad interessarsi dell?emancipazione femminile, partecipando nel 1896 al primo Congresso dell? International Council of Women di Berlino, sui diritti delle donne. Fra il 1897 e il 1898 soggiornò a Parigi per studiare le opere di Séguin e nel sobborgo di Bicètre per conoscere i metodi educativi elaborati da Désiré-Magloire Bourneville.
Il 31 marzo 1898, diede segretamente alla luce il figlio Mario (1898-1982), nato dalla relazione con Montesano. Il bambino, che sarebbe stato di inciampo per la carriera dei genitori, venne abbandonato: fu allevato da una famiglia estranea e poi da un collegio. «Niente impediva ai due medici di sposarsi o quantomeno di riconoscerlo, ma il bambino, partorito di nascosto, venne registrato allo stato civile come ?figlio di ignoti? [?] Così l?educatrice dei bambini, a ventotto anni, abbandonò il figlio, come aveva fatto un altro celebre pedagogo, Jean -Jacques Rousseau»[1].
Nel settembre 1898, Montessori partecipò al Congresso pedagogico di Torino e qui tenne una relazione sul rapporto tra medicina e pedagogia e proponendo un?educazione specifica e mirata per i bambini anormali, il discorso ebbe ampia eco. Nel dicembre 1898 venne costituito il Comitato provvisorio della Lega nazionale per la protezione dei fanciulli deficienti, nel cui direttivo c?era Montesano. Maria Montessori, impegnata a tenere conferenze in diverse città, s?impegno a sensibilizzare l?opinione pubblica sulla «carità moderna», dove emergeva il tema della «donna nuova». Divenne paladina dell?emancipazione femminile e di ideali di pace. Nel marzo 1896, divenne confondatrice e vicesegretaria di un?associazione femminile romana e nel 1899 entrò a far parte dell?Unione materna. Fece sua la questione femminile nei consessi internazionali, come nel Congresso femminile di Londra del 1899, interpellata da Guido Baccelli (1830-1916), che aveva fatto esperienza, nel 1849, delle barriccate che avevano difeso la Repubblica Romana dall?assalto delle truppe francesi, e fu sette volte Ministro della Pubblica Istruzione. Sempre nel 1899 la Montessori aderì alla Theosophical Society, fondata nel 1875 a New York per lo studio e la divulgazione della teosofia (sapienza divina) e delle scienze esoteriche. Aderendo al principio della «fratellanza universale» di stampo massonico, la teosofia si basava sul motto «non c?è religione più alta della verità». Ai suoi membri non era richiesta alcuna specifica professione di fede. Questa istituzione e il suo organo ufficiale, il «The Theosophist» (1879) furono fondati da Helena Blavatsky (1831-1891), filosofa, teosofa, saggista occultista e medium russa naturalizzata statunitense e dal colonnello Henry Steel Olcott (1832-1907).
Le sue frequentazioni le portarono sempre più prestigio. Nel 1900, insieme a Montesano, assunse la direzione della Scuola magistrale ortofrenica, avviata a Roma per iniziativa degli accademici di sua conoscenza e dalla quale nacque l?anno dopo l?Istituto medico-pedagogico. I suoi studi, Riassunto delle lezioni di didattica e L?autoeducazione nelle scuole elementari la resero celebre nell?intervento al II Congresso pedagogico italiano (Napoli nel 1901) sulle Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi speciali di educazione.
Nel 1901 ruppe la sua relazione con Montesano, mentre fra il 1900 e il 1906 insegnò antropologia e igiene all?Istituto superiore di magistero femminile di Roma. In quel momento approfondiva studi filosofici, pedagogici e antropologici, si iscriveva nel 1903 alla facoltà di filosofia, avviava più significativi rapporti con Giuseppe Sergi, ma si confrontava anche con: Luigi Credaro (1860-1939), che pubblicò numerosi libri, in particolare sui filosofi tedeschi Immanuel Kant e Johann Friedrich Herbart; Giacomo Barzellotti (1844-1917), allievo di Terenzio Mamiani e di Augusto Conti, entrambi filosofi spiritualisti, si professò seguace del neokantismo e fu iniziato alla Massoneria nella loggia Concordia di Firenze, affiliata al Grande Oriente d?Italia; Antonio Labriola (1843-1904), filosofo con particolari interessi per il marxismo. Nel 1887 Labriola ottenne la cattedra di Filosofia della Storia all?Università di Roma e diede inizio ad un corso di storia del socialismo. A seguito di notizie che davano imminente la stipula del Concordato con il Vaticano, Labriola tenne all?Università una conferenza, Della Chiesa e dello Stato a proposito della conciliazione, dove sostenne una minaccia per la libertà di pensiero ogni accordo con la Chiesa, temendone l?ingerenza nella vita pubblica italiana. Il 18 novembre 1887 il quotidiano romano «La Tribuna» pubblicò una sua lettera in cui, fra l?altro, scriveva di essere «teoricamente socialista ed avversario esplicito delle dottrine cattoliche» e il 22 gennaio 1888, nella conferenza Della scuola popolare, auspicò l?abolizione dell?insegnamento della religione cattolica.
Maria Montessori, ormai impregnata di idee secolariste, materialiste e postpositiviste dell?inizio del XX secolo, posò la sua attenzione anche sul pensiero nietzschiano, come fece la scrittrice e suffragetta svedese (nella foto a fianco) Ellen Key (1849-1926), che si occupò di educazione dell?infanzia, di eticità e di femminismo, ella fu un importante esponente del Det moderna genombrottet, movimento letterario svedese ispirato al naturalismo. Divenne fra i primi sostenitori dell?approccio educativo incentrato intorno al bambino, tutto doveva concentrarsi sulla libertà del fanciullo, proprio come farà la Montessori. La sua opera più nota è Il secolo dei fanciulli pubblicato per la prima volta nel 1900. Key si formò al liberalismo: era repubblicana, con l?idea di libertà come punto di riferimento assoluto. Dal 1879 studiò Charles Darwin, Herbert Spencer (1820-1903), teorico del darwinismo sociale, e Thomas Henry Huxley (1825-1895), convinto sostenitore dell?evoluzionismo darwiniano (anticreazionista), tanto da essere soprannominato il «mastino di Darwin». Il suo pensiero è materialistico ed agnostico, ed è una diretta conseguenza delle sue ricerche ed esperienze di biologo alla luce della teoria evoluzionistica. Egli era nonno di Aldous Leonard Huxley (1894-1963), poi autore de Il mondo nuovo e di Julian (1887-1975), che diverrà primo Direttore dell?UNESCO e membro fondatore del WWF. Thomas Henry si batté con forza per il superamento del fissismo teologico e nell?autunno di quell?anno la Key incontrò sia Huxley che Ernst Haeckel (1834-1919), il biologo e filosofo tedesco che promosse e rese popolare le teorie di Darwin. Il principio di evoluzione, in cui Ellen Key aveva iniziato a credere, ebbe un?influenza anche sulla sua visione educativa. Dal 1890 iniziò a leggere i testi della letteratura socialista e divenne socialista. La sua opera più conosciuta è Il secolo dei fanciulli pubblicato per la prima volta nel 1900.
La Montessori rientra a pieno titolo fra i disgregatori dell?ordine naturale, come dimostrano le sue amicizie e le sue frequentazioni in Europa; ella entrò anche a far parte del Centre d?Etudes des Problèmes Humains. «La Sinarchia, soprattutto sul piano culturale, non disdegna la collaborazione di tutte quelle forze che possono agevolare il suo piano di disgregazione dell?ordine naturale e si fa promotrice di una grande alleanza informale e, a volte, nemmeno consapevole tra tutti coloro che, a vario titolo ed in qualunque modo, possono collaborare a questo disegno. A tale scopo, grande importanza riveste il Centre d?Etudes des Problèmes Humains, dove si trovano personaggi molto diversi tra loro, ma tutti utili, ciascuno per il suo verso, a quest?opera di sovvertimento: nessun settore del pensiero umano è tralasciato e nessuna forma di ?superamento? del mondo naturale viene esclusa; ciò è reso possibile dalla mancanza di un?ideologia stringente e definita, cui tutti i partecipanti debbano o anche solo siano invitati ad aderire: il clima di apparente libertà dà a ciascuno l?illusione di potervi trovare l?ambiente idoneo ad esprimere se stesso, anche se la prospettiva è chiarissima, quantunque sottaciuta»[2].
Dal 1904 al 1910 fu libera docente in antropologia nella facoltà di scienze. Insegnò nella Scuola pedagogica di Roma e pubblicò le Lezioni di antropologia pedagogica dell?anno accademico 1906-07. Idee moderniste (condannate da san Pio X con la Pascendi Dominici gregis del 1907) andavano poi a intaccare la sua cattolicità: coniugava scienza neopositivista e attenzione alla spiritualità[3]. Contemporaneamente intavolò una discussione critica con la femminista laica Anna Maria Mozzoni, che parlava di «Eva moderna», alla quale la Montessori contrapponeva un?anticattolica «maternità sociale» di Maria di Nazareth.
Nel 1906 l?ingegnere Edoardo Talamo, Presidente dell?Istituto romano dei beni stabili, le chiese di organizzare, con criteri moderni, un asilo infantile per i figli degli operai, residenti nei nuovi e popolari caseggiati romani, in particolare nel quartiere di San Lorenzo: sorsero le prime Case dei bambini, prima esperienza educativa montessoriana. La prima Casa fu aperta il 6 gennaio 1907 e la seconda il 7 aprile dello stesso anno. Il discorso pronunciato da Montessori in occasione dell?avvio di questa iniziativa venne pubblicato su Vita femminile italiana (La Casa dei Bambini dell?Istituto Romano dei Beni Stabili, sett. 1907, pp. 983-1001). La visione sociale e palingeneticamente libera della «donna nuova» emergeva nella conclusione del discorso, dove l?idea femminista si legava strettamente al rivoluzionario ideale educativo.
Nel maggio 1908 Montessori partecipò al primo Congresso delle donne italiane, tenutosi a Roma, e al Congresso di attività pratica femminile, promosso dall?Unione femminile nazionale a Milano. Qui ebbe modo di conoscere da vicino donne moderniste o modernizzanti.
Frequentò quindi (nella foto di destra) Felicitas Büchner ? una bavarese istitutrice dei figli del cognato dello scrittore modernista Antonio Fogazzaro (1842-1911), fautore di un rinnovamento delle istituzioni ecclesiali che le rendessero aperte alle esigenze dello spirito moderno e autore de Il Santo (1905), che sarà sua amante per una decina di anni ? e divenne amica della statunitense (nella foto di sinistra) Alice Hallgarten (1874-1911), moglie del noto economista, filantropo e senatore Leopoldo Franchetti (1847 ? 1917), amica di Paul Sabatier (1858-1928), l?iniziatore della moderna storiografia francescana, nonché pastore calvinista, che nel 1902 fondò ad Assisi la Società Internazionale di Studi Francescani e nel 1919 divenne professore di teologia protestante all?Università di Strasburgo. La vicinanza alla teologia liberale del fratello, anch?egli pastore, Louis Auguste Sabatier, e la familiarità con gli ambienti cattolici italiani e francesi lo portarono a partecipare al movimento modernista
I baroni Franchetti convinsero Maria Montessori a scrivere, nel 1909, nella loro dimora romana, la sua opera fondamentale, Il metodo della pedagogia scientifica applicato all?educazione infantile nelle Case dei bambini. Finanziarono la pubblicazione per l?editore Lapi di Città di Castello (1909). L?autrice, dedicando il volume ai Franchetti e accettando il loro appoggio, si collocò pubblicamente nell?area modernista condannata da san Pio X. Alice Hallgarten cercò pure di mettere in contatto Montessori con Paul Sabatier. Al primo Corso di pedagogia scientifica, tenuto da Montessori a Città di Castello, nel 1909, sotto il patrocinio dei Franchetti, partecipò anche Felicitas Büchner. Sofia Bisi Albini, amica di Fogazzaro, dedicò alla Montessori, nel 1910, un articolo di grande appoggio sulla sua rivista Vita femminile italiana (1910, nr. 5), per la quale lei stessa collaborò.
Nel libro sul Metodo, destinato ad un grande e duraturo successo mondiale, il disegno pedagogico partiva dall?educazione sensoriale per svilupparsi verso l?educazione intellettuale: il bambino doveva crescere in piena libertà, senza premi e senza castighi; tutto doveva ruotare in torno a lui ed essere a sua misura istintuale. Sostenitrici del metodo montessoriano erano alcune donne romane dell?alta borghesia e della nobiltà, come Maria Maraini Guerrieri Gonzaga. Il Metodo, nel 1910, fu introdotto nella scuola elementare della Villa Montesca, a Città di Castello, dei Franchetti: la prospettiva pedagogica montessoriana compiva un ulteriore sviluppo di successo, passando dalle scuole dell?infanzia alle scuole primarie. La pedagogia della libertà e della laicità, contraria agli indirizzi cattolici, alla sana disciplina e alle sane regole per uno sviluppo equilibrato e di autocontrollo dell?allievo, aveva avviato il suo corso e con esso l?Italia prese a farneticare sempre più nell?innovazione educativa.
Maria Montessori, fra le prime donne a laurearsi in Medicina in Italia e da annoverarsi fra le pioniere del femminismo, è stata un?antesignana dell?ideologia gender. Interessante leggere ciò che pensava di lei la cattolica e attiva Principessa Maria Cristina Giustiniani Bandini (1866-1959), la quale, proprio perché cattolica, è stata messa sotto chiave dall?intellighenzia laica:
«Le vestali del femminismo frequentano gli ambienti modernisti, a cominciare dalla presidente del Consiglio Nazionale delle Donne, la contessa Gabriella Spalletti e dalla vice presidente, Dora Melegari [?] Ma tra tutte queste signore, la più pericolosa è Maria Montessori [?] La trovo una donna presuntuosa ed esibizionista, dalle idee assolutamente eversive. [?] ha sostenuto che il miglior modo per aiutare la famiglia in Italia è l?educazione sessuale dell?infanzia, e per spiegarlo ha usato un linguaggio crudo e inaccettabile» [4].
La Montessori voleva rivoluzionare l?umanità:
«Ognuno, nella vita, ha una funzione che non sa d?avere e che è in rapporto col bene degli altri. Lo scopo dell?individuo non è di vivere meglio, ma di sviluppare certe circostanze che sono utili per altri. La grande legge che regola la vita nel cosmo è quella della collaborazione tra tutti gli esseri. Approfondire lo studio di questa legge significa lavorare per il trionfo della unione fra i vari popoli, e quindi, per il trionfo della civiltà umana»[5].
Divenne una femminista militante. Nel 1899 il massone Guido Baccelli, sette volte Ministro della Pubblica Istruzione, la nominò rappresentante dell?Italia al Congresso Internazionale delle donne, tenuto a Londra. Appoggiata dal sindaco di Roma Ernesto Nathan, ebreo di origini anglo-italiane, repubblicano nella linea di Mazzini e Saffi, massone dal 1887 (Gran maestro del Grande Oriente d?Italia dal 1896 al 1904 e dal 1917 al 1919), ella scalò il successo grazie anche ai finanziamenti, come abbiamo visto nella prima puntata (qui), dei baroni Franchetti, in particolare della moglie del senatore, Alice Hallgarten, ebrea newyorkese. Nel 1909 Alice e Leopoldo Franchetti visitarono la «Casa dei Bambini» per i piccoli da 3 a 6 anni del quartiere San Lorenzo di Roma. È qui che videro all?opera la Montessori con la sperimentazione del suo metodo: i piccoli messi a loro agio ?agio?, liberi di interagire spontaneamente con l?ambiente, imparando ?senza vincoli oppressivi? il vivere in comunità. Ecco che i baroni la invitarono a trascorrere un periodo di tempo a Villa Montesca, a Città di Castello, per formare le maestre delle scuole rurali sul nuovo metodo montessoriano, e proprio durante questa permanenza la Montessori ?perfezionò? la sua pedagogia scientifica, pubblicando nel 1909, con dedica ai baroni Franchetti, il celeberrimo volume Il metodo della pedagogia scientifica applicato all?educazione infantile nelle Case dei bambini. Là in quel palazzo di Città di Castello, oggi, è attiva la «Fondazione Hallgarten-Franchetti Centro Studi Villa Montesca» che si pone l?obbiettivo di «aiutare la definizione di un sistema di educazione efficiente, che aiuti a superare le barriere alla formazione, per accelerare il riconoscimento dei risultati di apprendimento ottenuti in modi formali, informali e non formali. Ciò al fine di favorire la partecipazione attiva nei processi di apprendimento anche delle persone che, per motivi di emarginazione, ne rimangono esclusi», il tutto secondo i riferimenti dettati dalla Commissione dell?Unione Europea, che ha reciso le proprie radici identitarie, quelle dell?Europa Cristiana..
Con il sostegno di Ernesto Nathan la Montessori, quindi, aveva aperto a Roma, in via dei Marsi 58, la prima «Casa dei bambini» per i figli degli abitanti del quartiere San Lorenzo, roccaforte elettorale del Sindaco:
«Nell?inaugurazione ha detto che la donna deve liberarsi del suo ruolo domestico come una farfalla uscita dalla crisalide. La Montessori nei suoi scritti non parla mai di matrimonio, ma sempre di unioni, di amore, di un mutamento della concezione della maternità grazie alla ?scelta cosciente e libera? del proprio compagno come contributo alla rigenerazione della razza. Insomma si va dal libero amore alla trasformazione dell?educazione in un allevamento di razze umane. Il suo tanto decantata metodo, poi, consiste nell?abolire ogni sforzo del bambino, vanificando l?autorità dei genitori. Non bisognerebbe presentargli alcuna legge o obbligo, ma aiutarlo a scoprire da solo ciò che è giusto fare. I genitori e i maestri non dovrebbero insegnare nulla al bambino, tanto meno correggerlo, e meno ancora punirlo.»[6].
Il metodo montessoriano è devastante in quanto percepisce l?educazione come libera spontaneità del bambino, concepito come un agente dell?evoluzione cosmica dell?umanità, non come fragile creatura di Dio, limitata dopo il peccato originale e, dunque, sempre in lotta, dentro e fuori di sé, fra ciò che è bene e ciò che è male. Ma quando sono i genitori e la maestra/il maestro a guidare con saggezza e regole il fanciullo è chiaro che la sua vita avrà vantaggi e guadagni, per sé e per gli altri nel presente e nell?avvenire.
La pedagogia montessoriana si prefigge di stimolare l?energia del minore, considerata particella del fuoco della vita universale. Non ci è possibile, per associazione di idee, non pensare al teologo modernista Pierre Teilhard de Chardin SJ (1881-1955) scienziato evoluzionista, paleoantropologo, che ipotizzò un «Cristo cosmico» e un cristianesimo panteista, dove la materia veniva spiritualizzata e, dunque, divinizzata.
Le idee cosmiche della Montessori sorsero quando aderì al femminismo e all?esoterismo della Società Teosofica, di cui abbiamo parlato la scorsa volta. La fondatrice, Helena Blavatsky, frequentava ambienti occultisti e spiritisti, dove divenne allieva di Allan Kardec (1804 ? 1869), pedagogista e filosofo francese, nonché fondatore dello spiritismo, dottrina di cui fu il principale divulgatore a livello mondiale. Nelle sedute spiritiche l?avventuriera russa Blavatsky svolgeva il ruolo di «medium». Ella affermava di aver combattuto, vestita da uomo, nella battaglia di Mentana, al fianco di Giuseppe Garibaldi.
Così la Montessori, amica di oscuri e diabolici teosofi (coloro che si rifanno a misteriosi ?maestri) e spiritualisti (coloro che ricevono lumi dalla consultazione dei defunti), forgiò una pedagogia fuori dalle regole della natura.
«Il programma della società teosofica è lo stesso della massoneria: dissolvere leggi e istituzioni, per arrivare a una fratellanza universale dell?umanità, senza distinzione di razza, sesso o credenza.»[7].
Questi sono alcuni dei semi culturali da cui è sorta l?Unione Europea e la Montessori è tra i maggiori protagonisti del dramma irragionevole e confusionale della nostra contemporaneità.
Entrata nel 1899 nella Società Teosofica, rimarrà profondamente legata ad essa, tanto che trascorrerà gli anni della seconda Guerra mondiale ad Adyar, nella sede internazionale della società stessa, sia pure in domicilio coatto, essendo cittadina italiana e quindi di un Paese belligerante nemico. Gli scritti filosofico-femministi sono prova insindacabile di quella nefasta influenza teosofica.
Nel 1904 consegue la libera docenza in antropologia e, quindi, ottiene l?opportunità di occuparsi dell?organizzazione educativa degli asili infantili. Intanto il suo saggio Il metodo della pedagogia scientifica viene accolto entusiasticamente e tradotto in tutto il mondo.
Al suo arrivo negli Stati Uniti, nel 1913, il «New York Tribune» la presenta come «the most interesting woman of Europe» («la donna più interessante d?Europa»). Dal successo dell?esperimento romano nasce il movimento montessoriano, dal quale nel 1924 avrà origine la «Scuola magistrale Montessori» e l?Opera Nazionale Montessori», eretta, quest?ultima, in Ente morale e volta alla conoscenza, alla diffusione, all?attuazione e alla tutela del suo metodo. Lei ne diviene Presidente onoraria.
Dal momento in cui apprende che il suo amante Montesano avrebbe sposato un?altra donna, prende a vestirsi soltanto più di nero. La sua vita diventa soltanto più pubblica, ma, in definitiva, lo era sempre stata.
Alcuni critici progressisti l?hanno criticata per le tante scuole private aperte a suo nome e per le sue amicizie altolocate. Mentre critici di destra non hanno apprezzato le sue indicazioni educative per garantire criteri di uguaglianza collettiva.
Nel 1914 si trasferisce in Spagna, dove rimane fin oltre il termine del conflitto mondiale; rientra in Italia nel 1924 e la sua fama internazionale conquistò non solo Mussolini, ma addirittura papa Benedetto XV, che le diede udienza. Nella seconda metà degli anni Venti Maria Montessori sperò che la modernità del suo Metodo ricevesse una consacrazione nazionale e fosse appoggiata sia dai cattolici che dai fascisti.
La sua brama di notorietà era insaziabile.
Riuscì a ritagliarsi notevole spazio anche sotto il fascismo. La «Società degli Amici del metodo» viene trasformata in Ente morale, prendendo il nome di« Opera Nazionale Montessori», con sedi a Napoli ed a Roma, con presidente onorario Benito Mussolini. Tuttavia le scuole positivistiche montessoriane, viste dal regime come possibilità per combattere l?analfabetismo, per le quali ha simpatie anche la progressista Maria José di Savoia, iniziano a turbare molti. In Italia sta dominando la cultura dell?idealismo di Croce e di Gentile e il direttore generale per il settore educativo, Giuseppe Lombardo Radice, dapprima simpatizzante del metodo Montessori, muove ora pesanti critiche, accusandola di aver rubato idee a Rosa (1866-1951) e Carolina (1870-1945) Agazzi, sostenendo che solo le due sorelle bresciane avevano elaborato un metodo tutto italiano. Sulla scia di Radice giungono altre critiche e Maria Montessori viene ora definita «abile ammaliatrice», «camuffatrice», «affarista».
Terminati i corsi internazionali svolti a Roma nel 1930 e nel 1931 e le conferenze all?estero, soprattutto quella di Ginevra sulla pace, la cui eco fu enorme, si giunge alla rottura con il regime: nel 1933 viene pubblicata La pace e l?educazione, ma la cultura fascista non appoggia più l?autrice. Nel 1934 vengono chiuse tutte le scuole Montessori, sia per la formazione degli insegnanti che per i bambini. Due anni dopo, per ordine del ministro Cesare Maria De Vecchi, chiude i battenti anche la Regia scuola triennale del Metodo Montessori, che a Roma preparava i maestri dal 1928; allo stesso modo, sempre nel 1936, si pone fine all?attività dell?Opera Nazionale.
Maria Montessori lascia l?Italia nel 1934 e va a risiedere in Spagna insieme al figlio Mario, nato nel 1898 dalla relazione con lo psichiatra Giuseppe Montesano, e che ella partorì di nascosto, affidandolo ad una famiglia di Vicovaro, un piccolo comune del Lazio, e quindi alle cure della signora Vittoria Pasquali. Succesivamente lo iscriverà in un collegio. Quando morì sua madre, la Montessori prese con sé il figlio quattordicenne, che ella presentò sempre come un nipote. La vera identità di Mario sarà rivelata soltanto nel suo testamento[8].
Al posto del metodo Montessori, il fascismo accolse il metodo delle sorelle Agazzi, «pedagogia d?ordine» a fronte della «pedagogia della libertà». La Guerra civile spagnola induce la pedagogista femminista e della pace universale a trasferirsi nel 1936 in Inghilterra. Madre e figlio si stabilirono poi, su invito di Ada Pierson (che nel 1947 sposò Mario), in Olanda, dove erano state fondate, dal 1923, scuole montessoriane, sia laiche sia cattoliche. Proprio qui incontrò, nel 1937, George Sydney Arundale (1878-1945), massone, vescovo della Chiesa cattolica liberale e presidente della Società teosofica, che la informò sulla fortuna del montessorismo in India, dove egli morirà. È proprio in questo periodo, siamo nel 1939, che la Montessori tenne alcune conferenze a Londra (successivamente raccolte nell?opera Dall?infanzia all?adolescenza, Milano 1949), in cui avviò con determinazione la riflessione sul «piano cosmico».
Nello stesso anno partì per l?India insieme al figlio per dirigere un corso per insegnanti indiani. Lo scoppio della seconda Guerra mondiale la bloccò qui e Mario fu incarcerato perché considerato un «nemico». Si dedicò all?approfondimento della centralità dell?educazione «cosmica», e le sue teorie vennero raccolte nel volume Come educare il potenziale umano (prima ed. inglese 1947 con il titolo To educate the human potential; poi Milano 1970). Fece ritorno in Olanda nel 1946, ma, conquistata dalle suggestioni orientali, compì ancora diversi viaggi in India.
Terminata la guerra varcò il suolo repubblicano d?Italia e qui ritrovò terreno fertile, potendo riorganizzare l?Opera Montessori e le sue scuole. Mantenne la sua residenza principale ad Amsterdam e continuò a viaggiare per il mondo pubblicando libri e tenendo molteplici conferenze. A Perugia fondò il Centro internazionale di studi pedagogici. Era, ormai, una celebrità internazionale e venne candidata al premio Nobel per la pace.
Morì il 6 maggio 1952 a Noordwijk aan Zee (Olanda) e venne sepolta nel locale cimitero cattolico. Sulla sua tomba si legge, in lingua italiana: «Io prego i cari bambini, che possono tutto, di unirsi a me per la costruzione della pace negli uomini e nel mondo».
La sua Educazione Cosmica, presente nelle sue scuole, è un retaggio infausto, dove ritroviamo gli odierni concetti di educazione ecologica (ecologismo), educazione alla pace (pacifismo) ed educazione alla mondialità (mondialismo-globalizzazione). Tutte le discipline, in particolare la Storia, la Geografia e le Scienze, erano profondamente influenzate da questi principi, dai quali doveva nascere l?amore del bambino verso la vita. L?educazione preventiva di san Giovanni Bosco, basata su Ragione, Religione, Amorevolezza, diede al mondo generazioni e generazioni di «buoni cristiani e onesti cittadini», l?educazione cosmica della Montessori ha dato al mondo generazioni di persone instabili e insicure. Eppure lei prese il posto dell?effige di Marco Polo sulle ultime banconote da mille lire e nella miniserie televisiva che l?ha immortalata (2007, regia di Gianluca Maria Tavarelli), con l?interpretazione di Paola Cortellesi, viene presentata come una donna esemplare, faro per tutte le donne. In realtà fu una degna seguace della ?libera? Marianne.
[1] R. de Mattei, Trilogia romana, Solfanelli, Chieti 2018, p. 68.
[2] Cfr. Il ruolo del ?Metodo Montessori? nel disegno di disgregazione dell?ordine naturale; inoltre: C. Manetti, Jean Coutrot, il padre del ?Patto Sinarchico Rivoluzionario per l?Impero francese?. Cfr anche C. Manetti, Illuminismo e gnosi: le matrici del pensiero omosessualista, «Quaderni di San Raffaele», n. 10 ? giugno 2014, pp. 19-33.
[3] Cfr. articolo sul giornale «La vita» del 6 giugno 1906 dedicato a Tolstoj.
[4] R. de Mattei, Trilogia romana, Solfanelli, Chieti 2018, p. 67.
[5] Maria Montessori, Educazione e pace, Garzanti, Milano 1949, Opera Nazionale Montessori, Roma 2004, p. 20
[6] Ivi, pp. 68-69.
[7] Ivi, p. 70.
[8] B. Vespa, Donne d?Italia, Edizioni Mondadori, Milano 2015, p. 369.
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]]>Il mese di luglio è tradizionalmente dedicato al Preziosissimo Sangue, una devozione che risale ai primi secoli del Cristianesimo e che il beato Pio IX, sotto la spinta di san Gaspare del Bufalo (1786-1837), estese nel 1849 a tutto il mondo cattolico. Non tutti conoscono però le origini di questa devozione nei tempi moderni.
Fra la riva sinistra del Tevere e le pendici del Campidoglio si estendeva all?inizio dell?Ottocento un vasto quartiere, dove sorgevano molte antiche chiese attorno ad una piazza conosciuta come piazza Montanara. Di questo angolo di Roma, scomparso dopo la creazione della Via del Mare (oggi via Luigi Petroselli), rimane la chiesa di San Nicola in Carcere, così detta perché si pensa che i suoi sotterranei costituissero una continuazione del carcere Tullianum capitolino.
L?abito macchiato. In questa antica Basilica, dedicata a san Nicola di Mira, si conservò sempre con particolare devozione una reliquia del Preziosissimo Sangue. Stando alla tradizione, un membro dell?aristocratica famiglia romana dei Savelli, presente alla morte del Salvatore, ebbe la veste spruzzata da alcune stille del suo Preziosissimo Sangue. Convertitosi al Cristianesimo, staccò dall?abito la parte ancora rossa di Sangue e, tornato Roma, la conservò nella sua nobile dimora, chiusa in un reliquiario di ebano e cristallo, dove restò gelosamente custodita per 1700 anni, fino a quando il principe Giulio Savelli (1626-1712), ultimo del Casato, l?offrì in dono alla chiesa di San Nicola in Carcere, adiacente al suo palazzo (oggi Teatro di Marcello).
La reliquia fu chiusa in una cassetta d?argento e deposta in venerazione all?altare del Santissimo Crocifisso, lo stesso che aveva un giorno parlato a santa Brigida. In occasione del primo centenario del dono, l?8 dicembre 1808, il canonico Francesco Albertini (1770-1819), rettore della chiesa, fondò, con un gruppo di devoti della reliquia, una Pia Associazione in onore del Preziosissimo Sangue e ne assegnò la predicazione al neo sacerdote Gaspare del Bufalo (Roma, 1786 – Roma, 1837), da lui diretto spiritualmente. Intanto, nella notte dal 5 al 6 luglio 1809, Pio VII fu fatto prigioniero e deportato. Gaspare del Bufalo e Francesco Albertini rifiutarono il giuramento di fedeltà a Napoleone e vennero condannati all?esilio e poi al carcere.
Così si introdusse la festa. Dopo la caduta di Napoleone, l?Albertini venne nominato vescovo di Terracina, Sezze e Priverno, mentre Gaspare del Bufalo ricevette dal papa Pio VII l?ordine di dedicarsi alle missioni popolari, per debellare lo spirito di empietà e di irreligione del tempo. Il canonico Albertini è considerato il ?Padre Segreto? di tutto il movimento devozionale ottocentesco verso il Sangue di Cristo, colui che plasmò san Gaspare del Bufalo e lo indirizzò alla fondazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, a cui si ispirò santa Maria De Mattias (1805-1866), fondando le Adoratrici del Sangue di Cristo.
Quando, nel 1849, Pio IX fu costretto a lasciare Roma occupata dai rivoluzionari per rifugiarsi a Gaeta, ebbe un incontro con il venerabile don Giovanni Merlini, successore di san Gaspare del Bufalo e stimatissimo dal Pontefice per la sua santità e saggezza. Al Papa, che gli chiedeva quando sarebbero passati quei terribili momenti per la Chiesa, il santo missionario rispose che se Pio IX avesse introdotto la Festa del Preziosissimo Sangue, sarebbe tornato a Roma liberata. Dopo averci riflettuto, il 30 giugno il Papa comunicò al Merlini che accettava il suo consiglio. La domenica del 1° luglio di quell?anno i rivoluzionari furono costretti a lasciare Roma e il Papa, con decreto del 10 agosto 1849, estese la festa del Preziosissimo Sangue a tutta la Chiesa, da celebrarsi con rito doppio di seconda classe nella prima domenica di luglio. Pio X la fissò definitivamente al 1° luglio e Pio XI, a ricordo del XIX centenario della redenzione, nell?aprile del 1934, la elevò a rito doppio di prima classe.
Paolo VI, in seguito alla riforma liturgica postconciliare, abbinò la Festa del Preziosissimo Sangue a quella del Corpus Domini, ma la sua decisione provocò un vivo malcontento tra i devoti dell?una e dell?altra devozione. Ricevendo i Missionari del Preziosissimo sangue, il Papa comunicò loro che potevano ugualmente celebrare la Festa nel 1° luglio, con liturgia di solennità.
Partecipazione al Calvario. La Pia associazione del Preziosissimo Sangue, fondata da mons. Albertini, eretta ad Arciconfraternita da papa Pio VII nel 1815, si trasferì poi presso la chiesa di san Giuseppe a Capo le Case, dove, dietro l?altare, ancora si conserva il reliquiario di San Nicola in Carcere.
Il Sangue di Cristo, a cui si deve la nostra redenzione, dà alla vita di ogni cristiano un carattere sacrificale, come partecipazione all?immolazione che Cristo fece di Sé sul Calvario. Esso è intimamente legato al Santo sacrificio della Messa, che è il rinnovamento incruento del Sacrificio della Croce. Non è forse privo di significato il fatto che la basilica di San Nicola in Carcere e la chiesa di san Giuseppe a Capo le Case, così intimamente legate alla reliquia del Sangue di Cristo, hanno oggi il privilegio di essere tra le poche chiese di Roma, dove si celebra con regolarità la Santa Messa secondo il Rito romano antico.
Veronica Rasponi, per [https:]]
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]]>E? don Gaspare del Bufalo il Santo del Preziosissimo Sangue.
Pagò con l?esilio e col carcere il suo rifiuto di giurare fedeltà a Napoleone, ma questo non gli impedì di evangelizzare laddove si trovasse, per le strade e nelle missioni popolari.
Fondò i Missionari del Preziosissimo Sangue ed il corrispettivo ramo femminile, dedito all?istruzione ed alla catechesi.
Lottò contro la massoneria, convertendo intere logge.
Quando morì, si diffuse subito la fama della sua santità.
Nato a Roma il giorno dell?Epifania del 1786, sua madre volle per lui i nomi dei Re Magi: Gaspare, Baldassarre e Melchiorre. La sua famiglia, un tempo benestante, era decaduta. Suo padre Antonio era cuoco dei principi Altieri, mentre sua madre, Annunziata Quartieroni, si prendeva cura della famiglia. Votato alla vita religiosa fin dalla fanciullezza, tentando persino di fuggire da casa per evangelizzare i pagani, Gaspare del Bufalo frequentò il Collegio Romano, che a quel tempo, essendo stata soppressa la Compagnia di Gesù, era diretto dal clero secolare. Vestì la talare nel 1798 e prese a dedicarsi all?assistenza spirituale e materiale dei bisognosi, contribuendo in maniera decisiva alla rinascita dell?Opera di San Galla, della quale fu eletto direttore nel 1806. Ricevette l?ordinazione sacerdotale il 31 luglio 1808 e decise di intensificare l?apostolato fra le classi popolari, fondando il primo oratorio in Santa Maria in Pincis, specializzandosi nell?evangelizzazione dei «barozzari» ovvero carrettieri e contadini della campagna romana.
Niente fedeltà all?Imperatore. Nella notte fra il 5 e il 6 luglio 1809, Pio VII (1742-1823) venne arrestato e deportato per volontà di Napoleone Bonaparte. Il 13 giugno del 1810 don Gaspare rifiutò il giuramento di fedeltà all?Imperatore francese. «Non debbo, non posso, non voglio» disse; per tale ragione fu condannato all?esilio a Piacenza e in seguito venne incarcerato per quattro anni, peregrinando nelle prigioni di Bologna, Imola, Lugo (Ravenna). Tornato a Roma nei primi mesi del 1814, dopo la caduta di Napoleone, mise tutta la sua vita al servizio del Papa, il quale lo esortò a dedicarsi alle missioni popolari per la restaurazione religiosa e morale d?Italia; fu così che il santo lasciò Roma e si gettò con ardente zelo sulla strada che lo impegnò fino alla fine della sua vita.
Dirà Giovanni Paolo II ai partecipanti al Capitolo Generale della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue il 14 settembre 2001: «Quando san Gaspare del Bufalo fondò la vostra Congregazione nel 1815, il mio predecessore, Papa Pio VII, gli chiese di andare laddove nessun altro sarebbe andato e di intraprendere missioni che sembravano poco promettenti. Per esempio, gli chiese di inviare missionari a evangelizzare i banditi, che a quel tempo imperversavano così tanto nella zona fra Roma e Napoli. Fiducioso nel fatto che la richiesta del Papa fosse un ordine di Cristo, il vostro fondatore non esitò ad obbedire. Gettando le sue reti nelle acque profonde e pericolose, fece una pesca sorprendente».
La devozione al Sangue di Cristo. Come mezzo efficace per promuovere la conversione dei peccatori, per debellare lo spirito di empietà e di irreligione, scelse la devozione al Sangue Preziosissimo di Gesù e ne divenne ardente apostolo. Si attuò così la predizione del 1810 fatta dalla religiosa suor Agnese del Verbo Incarnato, morta in concetto di santità, predizione che confidò al suo direttore spirituale, don Francesco Albertini (1770-1819), poi direttore di don Gaspare, nonché suo compagno di prigionia: durante il drammatico tempo persecutorio nei confronti della Chiesa sarebbe sorto un sacerdote molto zelante, il quale avrebbe scosso migliaia di persone dall?indifferenza mediante la devozione al Prezioso Sangue di Cristo. Tale presbitero sarebbe divenuto «la tromba del divin Sangue».
I Missionari del Preziosissimo Sangue. Il 15 agosto 1815 don Gaspare fondò la Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, alla quale aderirono uomini di grande spiritualità e santità, come il venerabile don Giovanni Merlini (1795-1873), il futuro beato Pio IX (1792-1878), don Biagio Valentini (1792-1847). Il 4 marzo 1834 venne fondato l?Istituto delle Suore Adoratrici del Preziosissimo Sangue, grazie alla collaborazione di santa Maria De Mattias (1805-1866). Figlia di una famiglia benestante, nel 1822, all?età di 17 anni, incontrò san Gaspare mentre questi predicava a Vallecorsa (Frosinone). Il ramo femminile si dedicò all?istruzione e alla catechesi della gioventù e delle madri. Le due famiglie religiose trovarono bacino fecondo nella Pia Unione del Preziosissimo Sangue, oggi Unio Sanguis Christi, che, insieme a don Francesco Albertini, don Gaspare aveva già istituito nel 1808 a vantaggio dei fedeli, sia in Italia che all?estero.
Manifestazioni soprannaturali. Segnato da fatiche e sofferenze non comuni, san Gaspare venne benedetto da Dio con frequenti manifestazioni soprannaturali. Un giorno, ad esempio, per confortarlo dalle tribolazioni mentre celebrava la Santa Messa, subito dopo la consacrazione, gli apparve dal Cielo scendere una catena d?oro, che, passando nel calice, legava la sua anima per condurla alla gloria di Dio. Da quel giorno il sacerdote soffrì ancor più, ma, contemporaneamente, si intensificò la sua abnegazione per condurre alle anime i benefici del Sangue di Gesù ed i frutti furono copiosi. Al suo passaggio si accendeva la Fede, si intensificava la pietà cristiana, si convertivano le anime, gli odii si raffreddavano, il malcostume si mutava in moralità cristiana. San Vincenzo Strambi (1745-1824), che lo affiancò in alcune missioni di apostolato, lo definì «terremoto spirituale», mentre le folle lo acclamavano «angelo di pace».
Lotta alla massoneria. Con straordinario coraggio affrontò la lotta accanita che gli mossero le società segrete, in particolare la massoneria. Nonostante le minacce e gli attentati alla sua vita, non cessò mai di predicare a viso aperto contro tali sette anticlericali, fucine di rabbioso laicismo ateo. San Gaspare fu in grado di convertire intere logge massoniche e fu implacabile nel mettere in guardia il popolo dalla propaganda satanica di questi gruppi liberali e proprio per questo era noto come «martello dei settari». Ma l?Italia non era infestata soltanto dalla massoneria, c?era anche la piaga del brigantaggio, vera e propria criminalità organizzata, presente anche nello Stato Pontificio. Pio VII, aveva tentato di estirpare la malapianta, ma senza successo. Leone XII (1760-1829), allora, dietro consiglio del card. Belisario Cristaldi (1764-1831), affidò la rischiosa impresa a don Gaspare, che, con le sole armi del crocifisso, della preghiera e della misericordia evangelica, riuscí a ridurre la malavita nei dintorni di Roma, portando pace e sicurezza fra gli abitanti.
Un Santo per tutti- Quando morì a Roma, il 28 dicembre 1837 in una stanza del Palazzo Orsini, san Vincenzo Pallotti (1795-1850) vide la sua anima salire in alto, in forma di stella luminosa, mentre Gesú le andava incontro. La fama della sua santità si diffuse immediatamente, anche fuori dai confini italiani e in particolare in Francia, grazie sia alla guarigione di Françoise de Maistre, figlia del governatore di Nizza e nipote di Joseph de Maistre (1753-1821), sia all?opera di Louis-Gaston de Ségur (1820-1881), che fu suo grande estimatore, sia a quella di san Pierre-Julien Eymard (1811-1868), fondatore dei sacerdoti e delle Ancelle del Santissimo Sacramento. Beatificato da san Pio X il 18 dicembre 1904, è stato canonizzato da Pio XII il 12 giugno 1954 in piazza San Pietro. Il suo corpo riposa a Roma nella chiesa di Santa Maria in Trivio, affidata nel 1854 dal beato Pio IX ai Missionari del Preziosissimo Sangue
Cristina Siccardi, per [https:]]
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Trascrizione dell’istruzione:
Che nell?interpretare documenti conciliari si possa pervenire a opinioni contrastanti non è certo una novità per la storia dei concili. Formulare verità di fede significa esprimere l?indicibile mistero della verità divina in un linguaggio umano. Tuttavia, è e rimane un?impresa audace, che già sant?Agostino ha paragonato al tentativo di un bambino di svuotare il mare con un secchiello.
E in questa impresa anche un concilio ecumenico non può fare molto più di quel bambino.
Nulla di strano, dunque, se perfino le affermazioni dottrinali infallibili di un concilio o di un papa possono sì definire la verità rivelata ? e dunque delimitarla rispetto all?errore, ? ma mai cogliere la pienezza della verità divina.
È questo il dato di fatto essenziale che non bisogna perdere di vista dinanzi alle difficoltà d?interpretazione che ci pone il Vaticano II. Per illustrarle, ci limiteremo a quei testi conciliari che vengono percepiti come particolarmente ostici dagli ambienti cosiddetti tradizionalisti.
Prima di tutto, però, è bene dare uno sguardo alle particolarità che distinguono il Vaticano II dai precedenti concili ecumenici.
A tale proposito c?è da fare una premessa: allo storico del concilio, il Vaticano II appare, sotto molti aspetti, anzitutto come un concilio dei superlativi. Partiamo dalla costatazione che nella storia della Chiesa nessun altro concilio è stato preparato così intensamente come il Vaticano II. Certo, anche il concilio che lo aveva preceduto era stato molto ben preparato quando iniziò l?8 dicembre 1869. Probabilmente la qualità teologica degli schemi preparatori era perfino superiore a quella del concilio che lo ha seguito. È però impossibile ignorare che il numero degli spunti e delle proposte inviati da tutto il mondo, come anche il modo in cui sono stati elaborati, siano stati superiori a tutto quanto si era visto fino ad allora.
Che il Vaticano II fosse un concilio dei superlativi emerse in modo vistoso l?11 ottobre 1962, quando un numero immenso di vescovi ? duemilaquattrocentoquaranta ? entrò in processione nella Basilica di San Pietro. Se il Vaticano I, con i suoi circa 642 Padri, aveva trovato posto nel transetto di destra della Basilica, ora l?intera navata centrale era stata trasformata in aula sinodale. Nei cento anni intercorsi tra i due concili, la Chiesa era diventata, come emerse visibilmente in modo tanto impressionante, Chiesa universale non solo di nome, ma anche di fatto.Una realtà che ora si rifletteva nel numero dei 2440 Padri e dei loro paesi d?origine. A ciò si aggiunge che per la prima volta nella storia un concilio poté votare con l?ausilio della tecnologia elettronica, e che i problemi di acustica, che ancora avevano infastidito i partecipanti al Vaticano I, non furono nemmeno più menzionati.
E dal momento che stiamo parlando di mezzi di comunicazione moderni: prima di allora non era mai accaduto che, come nel 1962, fossero accreditati al concilio circa mille giornalisti da tutto il mondo. Ciò rese il Vaticano II anche il concilio più conosciuto di tutti i tempi, un evento mediatico di prima categoria.
Concilio dei superlativi lo è però in modo particolare per quanto riguarda i suoi risultati. Delle 1135 pagine che compongono l?edizione dei decreti di tutti i concili generalmente considerati ecumenici, ovvero una ventina, il Vaticano II da solo ne ha prodotte 315, ossia ben più di un quarto. Pertanto, esso occupa senz?altro un posto speciale nella serie di tutti i concili ecumenici, anche solo secondo criteri più materiali, esteriori.
Al di là di questo, ci sono però altre particolarità che distinguono il Vaticano II dai concili che lo hanno preceduto, ad esempio per quanto riguarda le funzioni del concilio ecumenico. I concili sono maestri supremi, legislatori supremi, giudici supremi, sotto e con il papa, al quale questi ruoli spettano anche senza concilio. Non tutti i concili hanno svolto questa funzione.
Se, per esempio, il primo concilio di Lione, nel 1245, con la scomunica e la deposizione dell?imperatore Federico II ha agito da tribunale e per giunta emanato leggi, il Vaticano I non ha tenuto processi né promulgato leggi, ma deciso esclusivamente su questioni dottrinali.
Il concilio di Vienne del 1311/12, invece, ha sia giudicato sia emanato leggi, e anche deciso su questioni dottrinali.
Lo stesso vale per i concili di Costanza del 1414/18 e di Basilea-Ferrara-Firenze del 1431/39.
Il Vaticano II, invece, non ha pronunciato giudizi, non ha veramente emanato leggi e non ha nemmeno preso decisioni definitive su questioni di fede.
Piuttosto, ha effettivamente dato forma a un nuovo tipo di concilio, intendendosi come concilio pastorale, quindi di cura delle anime, volto a far conoscere al mondo di allora l?insegnamento e le istruzioni del Vangelo in modo più attraente e orientante. In particolare, non ha espresso nessuna condanna dottrinale. Giovanni XXIII, nel discorso per la solenne apertura del concilio, ne aveva parlato espressamente: ?Non c?è nessun tempo in cui la Chiesa non si sia opposta a questi errori; spesso li ha anche condannati, e talvolta con la massima severità. Quanto al tempo presente, [?] preferisce usare la medicina della misericordia [?]; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando?. Ebbene, come sappiamo a cinquant?anni dalla sua conclusione, il concilio avrebbe scritto una pagina gloriosa se, sulle orme di Pio XII, avesse trovato il coraggio di una ripetuta ed espressa condanna del comunismo.
La paura di pronunciare condanne dottrinali e definizioni dogmatiche, invece, ha portato a far sì che alla fine del concilio ci fossero delle affermazioni conciliari dal grado di autenticità, e pertanto anche dal carattere vincolante, completamente diverso. Così, per esempio, le Costituzioni Lumen gentium sulla Chiesa e Dei Verbum sulla rivelazione divina hanno senz?altro la natura e il carattere vincolante di insegnamenti dottrinali autentici ? sebbene anche qui nulla sia stato definito in modo vincolante in senso stretto, ? mentre per esempio già la Dichiarazione sulla libertà di religione Dignitatis humanae secondo Klaus Mörsdorf ?prende posizione su questioni del tempo senza un chiaro contenuto normativo?. Di fatto, ciò vale per i documenti disciplinari, che regolano la prassi pastorale. Il carattere vincolante dei testi conciliari è quindi di grado diverso.
Compiendo un passo successivo, occorre poi porsi la domanda sul rapporto tra il Vaticano II e tutta la Tradizione della Chiesa. Una risposta la troviamo analizzando quanto, o quanto poco, i testi conciliari hanno attinto alla Tradizione. Basta esaminare in tal senso, a titolo d?esempio, la costituzione Lumen gentium. È sufficiente dare uno sguardo alle note del testo. Si può così constatare che all?interno del documento vengono citati addirittura dieci concili precedenti. Tra questi, il Vaticano I viene portato come riferimento 12 volte, il Tridentino ben 16. Già da questo si evince che, per esempio, un ?distacco da Trento? va escluso in maniera assoluta.
Ancora più stretto appare il rapporto con la Tradizione, se si pensa che, tra i pontefici, Pio XII viene citato 55 volte, Leone XIII in 17 occasioni e Pio XI in 12 passi. A loro si aggiungono poi Benedetto XIV, Benedetto XV, Pio IX, Pio X, Innocenzo I e Gelasio.
L?aspetto più impressionante è tuttavia la presenza dei Padri nei testi di Lumen gentium. I Padri ai cui insegnamenti fa riferimento il concilio sono addirittura 44. Tra loro spiccano Agostino, Ignazio di Antiochia, Cipriano, Giovanni Crisostomo e Ireneo.
Vengono inoltre citati i grandi teologi, ovvero i dottori della Chiesa: Tommaso d?Aquino in ben 12 passi, insieme ad altri sette nomi di peso.
Basta anche solo questo elenco a illustrare fino a che punto i padri del Vaticano II si intendessero nella corrente della tradizione, integrati in quel processo del ricevere e trasmettere, che è la ragion d?essere della Chiesa: ?Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso?, dice l?Apostolo. È evidente che anche sotto questo aspetto non si può parlare di un nuovo inizio della Chiesa, dunque di una nuova Pentecoste.
Questo porta a delle conseguenze importanti per l?interpretazione del concilio, e più precisamente non dell’?evento concilio?, bensì dei suoi testi. Una preoccupazione centrale tangibile in molte affermazioni di Benedetto XVI è stata quella di mettere in risalto lo stretto collegamento organico del Vaticano II con il resto della Tradizione della Chiesa, evidenziando così che un?ermeneutica che crede di scorgere nel Vaticano II una rottura con la tradizione sbaglia.
Questa ?ermeneutica della rottura? viene fatta tanto da coloro che nel Vaticano II vedono un allontanamento dalla fede autentica della fede, dunque un errore o addirittura un?eresia, quanto da coloro che attraverso una tale rottura con il passato volevano osare una coraggiosa partenza verso nuovi lidi.
Tuttavia: la presunzione di una rottura nell?insegnamento e nell?azione sacramentale della Chiesa è impossibile anche solo per ragioni teologiche. Se crediamo alla promessa di Gesù Cristo di rimanere con la sua Chiesa sino alla fine dei tempi, di inviare lo Spirito Santo che ci introdurrà nella ricchezza della verità, allora è addirittura assurdo pensare che l?insegnamento della Chiesa, trasmesso in modo autentico, nel tempo si possa dimostrare sbagliato nell?uno o l?altro punto, o che un errore da sempre rigettato si possa in qualche momento, rivelare come verità. Chi lo ritenesse possibile, sarebbe vittima di quel relativismo per il quale la verità è essenzialmente soggetta alla mutevolezza, ossia in realtà non esiste affatto.
A questa Tradizione ogni concilio dà il suo contributo specifico. Naturalmente esso può anche non consistere nell?aggiunta di nuovi contenuti al deposito della fede della Chiesa. E tanto meno nell?eliminazione di insegnamenti della fede tramandati finora. Piuttosto, quello che si compie qui è un processo di sviluppo, chiarimento, discernimento, e ciò con l?aiuto dello Spirito Santo, un processo che porta a far sì che ogni concilio, con le sue dichiarazioni dottrinali definitive, entri come parte integrante nella Tradizione complessiva della Chiesa. Da questo punto di vista, i concili sono sempre aperti in avanti, verso un annuncio dottrinale più completo, chiaro e attuale, mai verso l?indietro. Un concilio non potrà mai contraddire quelli che lo hanno preceduto, ma può integrare, precisare, proseguire.
Le cose sono però diverse per il concilio come organo di legislazione. Quest?ultima può ? e senz?altro deve ? affrontare, ma sempre nei limiti indicati dalla fede, le esigenze concrete di una particolare situazione storica e, da questo punto di vista, è per principio soggetta a cambiamento.
Da tali osservazioni una cosa dovrebbe essere emersa chiaramente: tutto quanto è stato detto vale pure per il Vaticano II. Anch?esso è niente di più ? ma anche niente di meno ? che un concilio tra, accanto e dopo gli altri. Non è al di sopra e nemmeno al di fuori, bensì rientra nella serie dei concili ecumenici della Chiesa.
Che ciò sia così risulta non ultimo dalla comprensione di sé di quasi tutti i concili. Basta ricordare le loro rispettive affermazioni, come anche quelle dei primi Padri, sulla questione. Essi riconoscono nella Tradizione la natura stessa dei concili.
Già Vincenzo di Lerino (? prima del 450) riflette espressamente su ciò nel suo Commonitorium: ?A che cosa ha aspirato la Chiesa attraverso i suoi decreti conciliari, se non a far sì che quel che prima del concilio semplicemente si credeva, dopo fosse creduto con maggiore diligenza; che quel che prima veniva annunciato senza vigore, dopo fosse annunciato con maggiore intensità; che quel che prima si celebrava con assoluta certezza, dopo fosse adorato con maggior zelo? Questo, ritengo, e null?altro, la Chiesa, scossa dalle innovazioni degli eretici, ha sempre ottenuto attraverso i suoi decreti conciliari: quel che prima aveva ricevuto dagli ?antenati? solo attraverso la tradizione, ora lo ha depositato per iscritto anche per i ?posteri?. Lo ha fatto sintetizzando tanto in poche parole e, spesso, al fine di una più chiara comprensione, esprimendo il contenuto immutato della fede con nuove definizioni? (Commonitorium, cap. 36).
Questa convinzione autenticamente cattolica trova espressione nella definizione del secondo concilio di Nicea del 787, che così afferma: ?In tal modo, procedendo sulla via regia, seguendo in tutto e per tutto l?ispirato insegnamento dei nostri santi padri e la tradizione della chiesa cattolica riconosciamo, infatti, che lo Spirito santo abita in essa noi definiamo ??; seguono poi i principi centrali del decreto conciliare. È particolarmente importante anche l?ultimo dei quattro anatemi: ?Se qualcuno rigetta ogni tradizione ecclesiastica, sia scritta che non scritta, sia anatema?.
Tenendo un concilio, la Chiesa realizza la sua natura più profonda. La Chiesa ? e dunque il concilio ? trasmette vivendo e vive trasmettendo. È la tradizione la vera realizzazione della sua essenza.
L?elemento decisivo dell?orizzonte interpretativo è la trasmissione autentica, non lo spirito del tempo. Ciò non può assolutamente significare rigidità e immobilità. Lo sguardo all?oggi non deve venir meno. Sono le domande attuali quelle che esigono una risposta. Ma gli elementi che compongono la risposta non possono che provenire dalla Rivelazione divina, offerta una volta e per sempre, che la Chiesa ci trasmette autenticamente nei secoli. Tale trasmissione costituisce dunque anche il criterio al quale deve rifarsi ogni nuova risposta se vuole essere vera e valida.
Di queste considerazioni fondamentali occorre tener conto anche nell?interpretazione dei testi conciliari più dibattuti.
Si tratta principalmente delle Dichiarazioni Nostra aetate e Dignitatis humanae, che hanno suscitato obiezioni da parte della Fraternità san Pio X. Quest?ultima accusa il concilio di avere errato nella fede. A questo, però, bisogna ribattere con decisione.
È del tutto evidente che un testo conciliare formulato nel 1965, che all?epoca andava inteso a partire dalla situazione in cui era nato e sulla base dell?intenzione delle sue affermazioni, quando viene proclamato nel mondo d?oggi deve necessariamente essere contemplato nell?orizzonte interpretativo attuale.
Prendiamo ad esempio Nostra aetate. Chi accusa oggi tale testo di indifferentismo religioso, dovrebbe leggerlo alla luce di Dominus Jesus, il che farebbe escluderebbe categoricamente qualsiasi malinteso nel senso di indifferentismo o di sincretismo. Con slanci sempre nuovi, il magistero postconciliare attraverso i suoi chiarimenti ha tolto le basi a qualsiasi interpretazione errata dei testi conciliari sia in senso tradizionalista sia in senso progressista.
Dopo queste osservazioni fondamentali, vorrei ora spiegare un altro principio interpretativo che risulta dalla storicità di ogni testo. Così come tutti i testi ? e quindi anche tutti i testi magisteriali ? nascono da una particolare situazione storica e sono determinati anche dalla situazione concreta del loro concepimento, essi vengono anche proclamati con una precisa intenzione in un preciso momento storico.
Non dobbiamo perdere di vista questo principio quando oggi ci accingiamo ad interpretare uno di detti testi.
Bisogna poi tenere anche conto del fatto che l?orizzonte ermeneutico così determinato si sposta, si modifica, nella stessa misura in cui l?interprete attuale è distante dal momento in cui il testo è nato. Questo significa che le interpretazioni passate, a seconda di quanto sono lontane nel tempo, possono avanzare più o meno solo pretese di interesse storico. Questa consapevolezza è particolarmente importante quando si tratta di testi del ministero magisteriale e pastorale della Chiesa.
Si potrebbe subito obiettare che la verità, specialmente quella della rivelazione divina, è una verità eterna e immutabile, che non può subire alterazioni. Certamente questo non può essere messo in discussione. ?Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno?, dice il Signore.
È però altrettanto vero che il riconoscimento di questa verità eterna da parte dell?uomo assoggettato al cambiamento storico è soggetto al cambiamento proprio come l?uomo che riconosce. Vale a dire che, a seconda del momento storico, l?uno o l?altro aspetto della verità eterna viene colto, riconosciuto e compreso in modo nuovo e più profondo.
Proprio per questo, anche un testo conciliare, se contemplato nel contesto spirituale, culturale, ecc. e alla luce del nostro tempo, può essere compreso in modo nuovo, più profondo e più chiaro.
Nella misura in cui terremo conto di tale concetto nei nostri sforzi di intendere gli insegnamenti del Vaticano II oggi e per oggi, riusciremo a superare diversi conflitti che si pongono in merito.
Naturalmente l?interpretazione del concilio è compito del dibattito teologico, che se ne occupa da sempre. Di fatto, i risultati di questo dibattito hanno infine trovato spazio nei documenti del magistero postconciliare.
Alla luce di quanto detto, sarebbe un errore grave non tenerne conto nell?interpretazione del concilio per il tempo attuale e comportarsi come se il tempo si fosse fermato al 1965.
Vorrei illustrare quanto detto con tre esempi che mi sembrano essere particolarmente caratteristici.
A questo proposito saltano subito all?occhio la Dichiarazione Nostra aetate sul rapporto tra la Chiesa e le religioni non cristiane e il Decreto Unitatis redintegratio sull?ecumenismo. Da molto tempo i due documenti sono soggetti a critiche da parte dei cosiddetti ambienti tradizionalisti. Entrambi vengono accusati di mancanza di chiarezza e decisione nel sostenere la verità, ovvero di sincretismo, relativismo e indifferentismo. Al momento dell?approvazione dei testi era difficile prevedere che avrebbero potuto offrire appigli a simili critiche.
Era stata l?esperienza del totalitarismo della prima metà del XX secolo e delle persecuzioni vissute insieme a ricordare agli ebrei e ai cristiani ? cattolici, protestanti e ortodossi ? le cose fondamentali che avevano in comune. L?impegno a superare le antiche ostilità e per una nuova convivenza era generalmente percepito come un dovere imposto dal Signore. Letti in questo spirito e su questo sfondo, i due documenti hanno dato impulsi fortissimi.
Poi però si voltò pagina. Solo pochi decenni dopo la conclusione del concilio venne sviluppata, soprattutto nell?area anglosassone, una visione teologica delle religioni non cristiane che parlava di diverse vie di salvezza per l?uomo, più o meno equivalenti, e che quindi metteva in dubbio la missione cristiana. L?annuncio della Chiesa, si riteneva, doveva essere volto a far sì che un musulmano diventasse un musulmano migliore, e così via. Fu il britannico John Hick, a diffondere, più o meno a partire dal 1980, questo tipo di idee. Di fatto, su questo nuovo sfondo l?una o l?altra formulazione di Nostra aetate poteva essere fraintesa. Inoltre, Nostra aetate ?parla della religione solo in modo positivo e ignora le forme malate e disturbate di religione, che dal punto di vista storico e teologico hanno un?ampia portata? (Benedetto XVI, vol. VII/1, Prefazione).
A questo punto è necessario ricordare in modo particolare il passo di Nostra aetate che si riferisce all?islam. Il testo non viene accusato solo di indifferentismo. Va anzitutto osservato, a tale riguardo, che il decreto certamente ?cum aestimatione quoque muslimos respicit?, ma assolutamente non l?islam. Non s?intende il suo insegnamento, bensì le persone che lo seguono. Il fatto che nelle formulazioni successive dietro a parole uguali o simili si nasconda una comprensione molto diversa è evidente per l?islamologo d?oggi. A questo passo del documento, che intende preparare la via per un dialogo pacifico, non andava applicato il rigido metro della terminologia dogmatica, per quanto un impegno in tal senso sarebbe stato auspicabile. Di fatto, il testo è stato pubblicato nel 1965.
Per la nostra comprensione attuale, il problema assume invece un aspetto del tutto diverso: è l?islam a essere profondamente cambiato nell?ultimo mezzo secolo, come dimostra il grado di aggressività e di ostilità islamica nei confronti dell?Occidente ?cristiano?. Sullo sfondo dell?esperienza dei decenni trascorsi dal nine eleven un decreto di questo genere dovrebbe dire tutt?altro.
Ai fini di un?ermeneutica conciliare seria, dunque, non ha proprio senso accanirsi e polemizzare contro il testo del 1965: il decreto ha ormai solo un interesse storico.
È stato allora il magistero, con la Dichiarazione Dominus Jesus, a togliere le basi a ogni indifferentismo e a indicare in modo inequivocabile Gesù Cristo come unica via per la salvezza eterna e la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica di Gesù Cristo come unica comunità di salvezza per ogni uomo.
Qualcosa di simile è accaduto attraverso i diversi chiarimenti del significato del famoso ?subsistit in?. Se nel discorso ecumenico c?erano state affermazioni che potevano suscitare l?impressione che la Chiesa cattolica fosse solo uno tra i molteplici aspetti della Chiesa di Gesù Cristo, l?interpretazione di ?subsistit in?, anch?essa confermata da Dominus Jesus, ha eliminato ogni malinteso. Un altro scandalum è rappresentato per molti dalla Dichiarazione Dignitatis humanae sulla libertà di religione. Anch?essa è accusata di indifferentismo, tradimento della verità della fede e contraddizione al Syllabus errorum del beato Pio IX.
Il fatto che così non è, appare evidente se si applicano i principi interpretativi formulati sopra: i due documenti sono nati in un contesto storico diverso e devono rispondere a situazioni differenti.
Il Syllabus errorum ? come già in precedenza l?Enciclica Mirari vos di Gregorio XVI ? era teso alla confutazione filosofica della pretesa di assolutezza della verità, specialmente della verità rivelata attraverso l?indifferentismo e il relativismo. Pio IX aveva sottolineato che l?errore non ha nessuna ragione rispetto alla verità.
Dignitatis humanae, invece parte da una situazione completamente diversa, creata dai totalitarismi del XX secolo che, attraverso la costrizione ideologica, avevano denigrato la libertà dell?individuo, della persona. Inoltre, i padri del Vaticano II avevano dinanzi agli occhi la realtà politica del loro tempo, che in condizioni diverse, ma non in minor misura, minacciava la libertà della persona. Per questo al centro di Dignitatis humanae non c?era la ? indiscussa ? intoccabilità della verità, bensì la libertà della persona da ogni costrizione esterna per quanto riguarda la convinzione religiosa.
A tale proposito, è bene assicurare ai sostenitori della ?assoluta a-storicità della verità? che nessun teologo o filosofo dotato di buonsenso parlerebbe di mutevolezza, di volubilità della verità. Ciò che invece cambia, che è sottoposto a mutamento, è il riconoscimento, la consapevolezza della verità da parte dell?uomo, il quale cambia totalmente. Occupa qui un posto di eccellenza la professione di fede del Popolo di Dio, che Paolo VI ha proclamato nel momento culminante della crisi postconciliare.
In sintesi: Il Syllabus difendeva la verità, il Vaticano II la libertà della persona.
È difficile scorgere una contraddizione tra i due documenti se vengono contemplati nel loro contesto storico e intesi secondo quelle che erano allora le intenzioni delle loro affermazioni.
Per di più, ai fini di un?interpretazione corretta, oggi bisogna tener conto di tutto il magistero postconciliare.
Infine un accenno va fatto anche all?ottimismo mondano, evidentemente un po? ingenuo, che aveva animato i padri conciliari durante la redazione di Gaudium et spes.
Appena terminato il concilio divenne tuttavia evidente che questo ?mondo? stava vivendo un processo di secolarizzazione sempre più rapido, che spingeva la fede cristiana, e la religione in generale, ai margini delle società.
Bisognava pertanto ridefinire il rapporto tra la Chiesa e ?questo mondo? ? come lo chiama Giovanni ? e completare, interpretare, il testo conciliare, per esempio nel senso dei discorsi di Benedetto XVI durante la sua visita in Germania.
Ciò significa però che una interpretazione attuale del concilio, che faccia emergere l?essenza dell?insegnamento conciliare rendendolo fecondo per la fede e l?insegnamento della Chiesa del presente, deve leggere i suoi testi alla luce di tutto il magistero postconciliare e intendere i suoi documenti come attualizzazione del concilio.
Come evidenziato all?inizio: il Vaticano II non è il primo né sarà l?ultimo concilio. Ciò significa che le sue dichiarazioni magisteriali devono essere esaminate alla luce della tradizione, vale a dire interpretate in modo tale da poter individuare, rispetto ad essa, un ampliamento, un approfondimento o anche una precisazione, ma non una contraddizione.
Trasmissione, tradizione, non implica la semplice consegna di un pacchetto ben sigillato, bensì un processo organico, vitale, che Vincenzo di Lerins paragona alla progressiva trasformazione della persona da bambino a uomo: è sempre quella stessa persona, che percorre le fasi dello sviluppo.
Ciò vale per gli ambiti della dottrina e della struttura sacramentale-gerarchica della Chiesa, ma non per la sua azione pastorale, la cui efficacia continua a essere determinata dalle esigenze delle situazioni contingenti del mondo che la circonda. Naturalmente anche qui è da escludere qualsiasi contraddizione tra la pratica e il dogma.
È un ?processo di recezione attiva?, che deve essere svolto anche in ragione dell?unità in seno alla Chiesa. Di fatto, ci sono anche casi ? non nell?ambito delle verità della fede, ma in quello della morale ? in cui oggi può essere opportuno quello che ieri era proibito.
Se per esempio prima del Vaticano II il divieto assoluto di cremare i morti aveva come conseguenza la scomunica del cattolico che aveva scelto la cremazione, in un tempo in cui la cremazione ha perso il suo aspetto di protesta contro la fede nella risurrezione dai morti è stato possibile levare tale divieto.
Ciò vale in modo analogo nel caso del divieto degli interessi nel XV-XVI secolo, quando i francescani e i domenicani ? e più precisamente a Firenze ? si sfidavano in aspri duelli dai pulpiti, dove i contendenti si accusavano reciprocamente di eresia a causa dell?entità del tasso d?interesse consentito e minacciavano l?avversario di bruciare nelle fiamme dell?inferno. Si trattava di un problema morale, nato con i cambiamenti delle riforme economiche e poi diventato di nuovo obsoleto.
Bisogna andarci piano, dunque, anche nel dibattito sul Vaticano II e la sua interpretazione, che deve a sua volta avvenire sullo sfondo della situazione mutata nel tempo. A tale riguardo il magistero dei papi postconciliari ha dato contributi importanti, di cui però non si è tenuto sufficientemente conto, mentre bisognerebbe prenderne atto proprio nel dibattito attuale.
Poi, in questa discussione, è bene ricordare il monito alla pazienza e alla modestia di san Paolo a Timoteo (2 Tim4, 1 s.).
Purtroppo tali confronti continuano ad assumere forme che mal si accordano con l?amore fraterno. Dovrebbe essere possibile conciliare lo zelo per la verità con la correttezza e l?amore del prossimo. In particolare, sarebbe opportuno evitare quella ?ermeneutica del sospetto? che accusa l?interlocutore in partenza di concezioni eretiche.
In sintesi: Le difficoltà nell?interpretazione dei testi conciliari non derivano soltanto dal loro contenuto. Bisognerebbe tenere in considerazione sempre più il modo in cui si svolgono le nostre discussioni a riguardo.
+ Card. Walter Brandmueller
L'articolo S E R Card Walter Brandmueller: Il Concilio Vaticano II e le difficoltà dell?interpretazione proviene da Pagine Cattoliche.
]]>Il segretario generale delle Nazioni Unite, ed ex presidente dell?Internazionale Socialista, Antonio Guterres ha rilasciato un?intervista all?Osservatore Romano, organo ufficioso della Santa Sede da quasi 160 anni.
Sollecitato su come affrontare il sentimento di paura diffuso negli ultimi tempi, l?alto dignitario ha risposto che ?nelle ultime settimane c?è stata una impennata delle teorie del complotto e dei sentimenti xenofobi?, facendo un velato riferimento alle accuse sollevate contro il governo comunista cinese.
Nutrimento della paura sarebbe ?una epidemia di disinformazione?, una vera ?montagna di storie e post fuorvianti pubblicati sui social media?.
Al fine di rettificare le notizie, Guterres informa di aver ?lanciato una iniziativa delle Nazioni Unite di risposta alle comunicazioni chiamata Verified, volta a dare alla gente informazioni accurate e basate sui fatti? e incoraggia i leader religiosi a utilizzare le proprie reti di comunicazione per ?sostenere i governi nel promuovere le misure di salute pubblica raccomandate dall?Organizzazione Mondiale della Sanità ? dal distanziamento fisico a una buona igiene ? e per smentire false informazioni e voci? 1.
L?intervista mette in evidenza che attualmente vi è uno scontro tra due punti di vista circa la cosiddetta ?crisi del coronavirus?, che sarebbe meglio chiamare ?crisi del lockdown?: da una parte c?è la versione ufficiale, ampiamente diffusa dai media mainstream, mentre dall?altra c?è la versione alternativa, limitata ai social network.
Ma la versione alternativa sta guadagnando così tanti sostenitori che le Nazioni Unite si sono viste costrette a montare una doppia offensiva di discredito: il sistema Verified per monitorare e confutare ciò che viene detto sui social network e l?applicazione della infamante etichetta di ?complottismo? per quanti mettono in discussione la versione ufficiale.
Una etichetta con lo stesso scopo di quella, più vecchia, di ?fascista?, ovvero denigrare e mettere a tacere gli avversari.
Ancor prima di questa intervista di Guterres, questa etichetta era stata impiegata dai vescovi tedeschi per qualificare l?appello lanciato dall?arcivescovo Carlo Maria Viganò. Insomma, una vergognosa scorciatoia per sfuggire al dibattito con i cardinali e i prelati che l?avevano firmato.
Che valore ha questa etichetta? Ha qualche senso, dal punto di vista della dottrina cattolica, l?ipotesi di una congiura anticristiana? Come interpretare la ?nuova normalità? dopo il lockdown: una evoluzione spontanea o il risultato di una delle più grandi operazioni di ingegneria sociale e trasbordo ideologico della storia, come denunciato recentemente dall?Istituto Plinio Corrêa de Oliveira?
Sono tre gli aspetti della questione e meriterebbero tutto un libro; in questa sede però si cercherà di trattarli nel modo più sommario possibile.
Qual è il valore scientifico dell?etichetta ?complottista? e degli studi sociologici sulle ?teorie del complotto?
I sociologi che hanno reso popolare il concetto di ?Teoria del complotto? la descrivono come una spiegazione semplicistica di eventi naturali o umani che deriverebbero dall?azione malvagia di un gruppo di persone ? una minoranza o un intero ?sistema? ? che agiscono in segreto per uno scopo diverso da quello indicato dalla versione ?ufficiale? o ?ovvia?.
Agli occhi degli adepti della teoria, la trama nascosta verrebbe scoperta collegando diversi eventi o dettagli disconnessi, ma discrepanti dalla versione generalmente ammessa (o non spiegabili da essa), e che si chiarirebbero solo ammettendo la possibilità di una macchinazione.
Secondo tali sociologi, gli inventori e i seguaci di queste spiegazioni sarebbero persone offuscate dalla complessità della realtà o, peggio, spiriti paranoici che credono che la forza trainante dietro gli eventi della storia non sia il libero operare delle persone o il caso, bensì una cospirazione di dimensioni apocalittiche, frutto della lotta tra il bene assoluto e il male assoluto, davanti alla quale tali spiriti morbosi si sentono vittime indifese.
La popolarità delle teorie del complotto sarebbe anche il risultato dell?ansia delle società occidentali contemporanee di fronte agli scenari inquietanti di oggi: catastrofi ecologiche, terrorismo, crescente frammentazione e complessità della realtà, velocità dei cambiamenti e delle informazioni, rischi associati alle nuove tecnologie, eccetera.
Anche un senso di perdita di valori etici e religiosi e di chiare regole sociali contribuirebbe a tale ansia, portando a una sfiducia nelle istituzioni sociali esistenti e all?impressione di non avere alcun controllo sull?ambiente in cui la persona vive.
Onde l?elevato numero di persone che oggi credono in diversi ?complotti?: si va da quelli che avrebbero causato l?assassinio di John Kennedy (attribuito alla CIA o alla mafia siciliana) alla morte di Lady D (ordita dai servizi segreti britannici); dall?attacco islamista alle Torri Gemelle (presumibilmente organizzato dal Mossad israeliano o dalla CIA), fino alle fantasiose versioni secondo cui l?arrivo dell?uomo sulla luna sarebbe frutto di un fotomontaggio o che la Terra è effettivamente piatta.
Due aspetti sono discutibili in questo concetto sociologico di ?teoria del complotto? e nell?etichetta di ?complottista? appiccicata a coloro che mettono in dubbio la versione ufficiale o la spiegazione dei media di un evento o di una realtà.
Il primo aspetto discutibile è che tale visione attribuisce a tesi ridicole, prive di prove, che circolano in gruppi insignificanti, lo stesso livello intellettuale degli studi di grande calibro scientifico prodotti da intellettuali o istituzioni rinomati.
Pertanto, ad esempio, l?etichetta di ?teoria del complotto? consente di escludere intellettualmente gli innumerevoli scienziati interdisciplinari che mettono in discussione con dati seri le previsioni o le conclusioni del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC). Oppure le denunce, solidamente fondate, delle associazioni di genitori preoccupate per i programmi scolastici volti a imporre la teoria gender nel curriculum educativo dei loro figli, una evoluzione chiaramente trainata dalla potente lobby LGBT.
Il secondo aspetto contestabile di questo concetto sociologico è che le ?teorie del complotto? così ridicolizzate sono, per la maggior parte, ?di destra? e raramente ?di sinistra?. E ciò, nonostante il fatto che nei cosiddetti media progressisti s?insegni ufficialmente che la borghesia è in combutta con i politici per sfruttare i proletari, o che i maschi si organizzano tra loro per impedire lo smantellamento del patriarcato e la liberazione delle donne, oppure che le grandi compagnie petrolifere comprano politici, media e scienziati per promuovere l?attuale insostenibile modello di sviluppo industriale.
Come mai allora due pesi e due misure, quando è noto che ci sono gruppi di pressione in entrambe le direzioni?
Perché la ?teoria del complotto? dovrebbe riguardare solo la denuncia di ciò che va contro la credenza ufficiale o corretta dal punto di vista medico e non le denunce diametralmente opposte fatte dalle correnti di sinistra contro i rappresentanti e i difensori dell?attuale ordine?
La cospirazione anticristiana è una realtà o un?ipotesi paranoica?
La teologia e la filosofia della storia sono le scienze che forniscono elementi per rispondere a questa domanda, che è molto attuale. Che nel corso della storia umana vi sia una lotta tra la Città di Dio e la Città dell?uomo è una convinzione insegnata dalla Chiesa sin dai tempi di Sant?Agostino.
Ma ci si chiede: una tale lotta implica necessariamente una cospirazione da parte delle forze del male?
Numerosi teologi, filosofi e storici cattolici hanno studiato la questione, giungendo a un consenso, almeno generico, sull?esistenza di una ?congiura anticristiana?, per dirla con il titolo della nota opera di mons. Henri Delassus.
Le ragioni teologiche sono assai evidenti e le riassume molto appropriatamente p. Henri Ramière S.I. nella sua opera Il Regno di Gesù Cristo nella storia ? Introduzione alla Teologia della Storia.
Dopo aver dimostrato che Dio ha avuto un fine nel creare e che segue un piano nel governo del mondo (?il Regno di Gesù Cristo, ecco l?espressione che riassume meglio il piano divino e che esprime al meglio la restaurazione universale e la ricapitolazione che San Paolo ci mostra come termine di tutti i disegni di Dio (Ef 1,10)?), il grande promotore della devozione al Sacro Cuore di Gesù inizia a studiare ?il piano satanico?2 che mira a vendicare sulla Terra la sconfitta che il capo degli spiriti ribelli subì in Cielo.
?È ciò che indica il nome Satana, che significa avversario?, perché ?egli ha solo luce, energia e potere per opporsi al Bene e combattere contro l?Amore divino?.
Secondo P. Ramière, Satana non mira solo a ostacolare e distruggere il piano divino, ma aspira a realizzarne una contraffazione: ?Il sogno del suo odio è trascinare i figli di Dio come schiavi, in modo da poter insultare nelle loro persone Colui che lo ha vinto?.
Ma per riuscirvi, il diavolo ?ha bisogno, come Gesù Cristo, di apostoli, soldati, confessori, sacerdoti e persino martiri?.
Nell?antico paganesimo il demonio aveva già, a imitazione di Dio, templi per i sacrifici, oracoli, misteri, sacerdoti e adoratori. Ma ?così come la vera Chiesa era ancora solo abbozzata, anche la chiesa diabolica non aveva ancora ricevuto l?ultima organizzazione? e, inoltre, ?gli uomini non erano ancora sufficientemente illuminati per raggiungere il grado di malvagità necessario a Satana per la completa realizzazione dei suoi terribili obiettivi?.
Gli idolatri l?hanno riconosciuto come un dio solo perché non conoscevano il vero Dio, ma egli vuole adepti che si uniscano a lui con piena conoscenza di causa e per un mistero di iniquità:
?Quando un uomo arriva al punto di considerare l?obbedienza volontariamente data a Dio come la peggiore infelicità, è in grado di legarsi con un apparente amore a colui che lo conduce alla rivolta e che cerca di aiutarlo con tutto il suo potere. L?odio all?ordine produce, allo stesso tempo, l?odio all?amore e l?amore all?odio. È completa malvagità?.
E così come la santità consiste nell?amare Dio fino al punto di dimenticare se stessi, la perfetta iniquità consiste nell?amare il male fino al sacrificio di se stessi in favore dei suoi interessi.
Per realizzare i suoi piani malvagi di contraffazione e sviluppare meglio i suoi piani di dannazione, Satana cerca di scimmiottare la gerarchia della Chiesa di Gesù Cristo stabilendo diversi poteri che salgono di grado in grado per guidare l?opera del male.
?Mentre le difficoltà di comunicazione tra i diversi popoli venivano superate dalle scoperte scientifiche e il piano di Satana diventò più comprensibile per i suoi seguaci, si rendeva più facile l?azione uniforme e combinata della malvagità?, aggiunge padre Ramière. ?Questo esercito ha imparato oggi una disciplina che prima gli era sconosciuta. In effetti, obbedisce, con sorprendente puntualità alle parole d?ordine, a volte rimanendo fermo, a volte ritirandosi, a volte avanzando con furioso slancio. Tutti i mezzi a sua disposizione sparano allo stesso tempo e attaccano continuamente i bersagli loro assegnati?.
Questo piano diabolico, passando attraverso le vicissitudini della storia, dovrà raggiungere la sua pienezza alla fine del mondo, con l?arrivo ?dell?uomo che dovrà essere la manifestazione suprema dell?odio satanico e che offrirà il male incarnato nella sua persona all?adorazione degli altri uomini?.
Quest?uomo di peccato ?sarà l?Anticristo per eccellenza e completerà il lavoro che tutti gli anticristi parziali hanno abbozzato?, producendo quella che San Paolo chiama la suprema ?apostasia? (2Ts 2, 3). Tuttavia, ?questo supremo successo di Satana, nel momento in cui sembrerà trionfare in tutto il mondo, attirerà l?intervento supremo di Colui che lo ha già sconfitto?, conclude P. Ramière.
Sulla base di quanto già detto, si può affermare senza esitazione che negare la possibilità di una congiura anticristiana implica negare dati incontrovertibili della fede.
Tra gli altri, la ribellione di Lucifero e la sua opera di perdizione, le nefaste conseguenze del peccato e il mistero d?iniquità a cui esso conduce, la vita umana come un campo di battaglia il cui risultato finale si avrà nella Parusia.
Alcuni lettori potrebbero obiettare che ciò, pur valido in teoria, nella pratica, a causa della diversità delle personalità e per l?opposizione degli interessi, è difficile da realizzarsi, perché è assai complicato, per un gruppo di uomini, organizzarsi per compiere il male in modo universale.
Don Bosco, il grande pedagogo e conoscitore delle profondità dell?anima umana, comprovò esattamente l?opposto di ciò che costoro presuppongono:
?Per quanto riguarda i cattivi, dirò solo una cosa, che forse può sembrare improbabile, ma che è vera così come la dico: supponiamo che tra 500 studenti in una scuola ce ne sia uno che ha una vita depravata; dopodiché arriva un nuovo studente pervertito. Entrambi provengono da regioni e luoghi diversi, sono persino di nazionalità diverse, hanno fatto corsi in luoghi diversi, non si sono mai visti né incontrati. E ciò nonostante, al secondo giorno di scuola, e forse solo dopo qualche ora, li vedrai insieme durante la ricreazione. Sembra che uno spirito malvagio li induca a indovinare chi è contaminato dalla propria oscurità, oppure è come se un magnete demoniaco li attirasse per stabilire una intima amicizia. Il detto ?dimmi con chi vai e ti dirò chi sei? è un modo molto semplice per trovare pecore rognose prima che si trasformino in lupi rapaci? 3.
Commentando questo brano, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira osservava che, avendo raggiunto un certa profondità, il male conferisce alle anime cattive un penetrante acume e un?attrazione reciproca. L?unione che ne risulta accentua in loro le cattive caratteristiche e aumenta il loro odio per il bene, incitandole a lottare per cambiare l?ambiente, il che, a sua volta, le porta al proselitismo e alla combinazione di sforzi, dalla cui articolazione si genera una organizzazione:
?Occulta come la massoneria, semi-nascosta come il giansenismo o il modernismo, dichiarata come il luteranesimo o il comunismo, questa associazione si propone di combattere in tutti i settori: ideologico, artistico, politico, sociale, economico, ecc. al fine di raggiungere i suoi obiettivi. In una parola, fa la rivoluzione? 4, osserva il pensatore brasiliano.
Una rivoluzione che è stata la spina dorsale degli eventi degli ultimi secoli, secondo la luminosa descrizione di Pio XII di un misterioso ?nemico? che da lungo tempo ha minacciato la Chiesa e il mondo:
?Esso si trova dappertutto e in mezzo a tutti; sa essere violento e subdolo. In questi ultimi secoli ha tentato di operare la disgregazione intellettuale, morale, sociale dell?unità nell?organismo misterioso di Cristo. Ha voluto la natura senza la grazia; la ragione senza la fede; la libertà senza l?autorità; talvolta l?autorità senza la libertà. È un ?nemico? divenuto sempre più concreto, con una spregiudicatezza che lascia ancora attoniti: Cristo sì, Chiesa no. Poi: Dio sì, Cristo no. Finalmente il grido empio: Dio è morto; anzi: Dio non è mai stato. Ed ecco il tentativo di edificare la struttura del mondo sopra fondamenti che Noi non esitiamo ad additare come principali responsabili della minaccia che incombe sulla umanità: un?economia senza Dio, un diritto senza Dio, una politica senza Dio? 5.
La Chiesa difende l?anti-massonismo semplicistico di alcune correnti della destra laica?
Nel costruire questo mondo senza Dio, la Massoneria ha svolto un ruolo importante, da essa stessa riconosciuto.
Durante la visita che François Hollande fece, a Parigi, alla loggia principale del Grande Oriente, in occasione dei 300 anni di esistenza della massoneria nel Paese, l?allora presidente gallico ne lodò l?operato dicendo enfaticamente: ?La Repubblica sa cosa vi deve?. A suo parere, ?la massoneria non ha fatto la Rivoluzione Francese, ma l?ha preparata?, dal momento che ?molti massoni furono gli artigiani dei grandi testi di quella rivoluzione?.
Allo stesso modo, ha riconosciuto che la maggior parte ?delle leggi di libertà adottate tra il 1870 e il 1914 sono state pensate ed elaborate nelle logge?, tra cui la famosa legge di separazione tra la Chiesa e lo Stato.
Dopo tre secoli, ha aggiunto, la massoneria promuove sempre gli stessi valori: ?primo, la libertà. Libertà contro l?oscurantismo, contro il fanatismo, contro il fondamentalismo. L?assoluta libertà di coscienza, contro i dogmi. Libertà di pensiero contro coloro che intendono far censure? (un riferimento inquietante giacché fu nel nome della lotta per la libertà e contro l??oscurantismo? e il ?fanatismo? che migliaia di preti cattolici vennero ghigliottinati, fucilati, annegati, incarcerati e banditi dal territorio durante la Rivoluzione Francese, della cui preparazione le logge si vantano?).
Questo eloquente riconoscimento del ruolo della massoneria nella scristianizzazione della Francia non ha impedito a François Hollande di denunciare quei ?complottisti? che lo mettono in evidenza: ?Basta fare un clic su Internet per vedere riapparire i cospiratori, cioè, tutti coloro che pensano che voi siete qui per preparare chissà che complotto, quale pianificazione, quale progetto. Tutto ciò è perfettamente folle?, ha pontificato.
Non sembra però così folle in quanto poco dopo afferma che, nella temibile questione del ?trans umanesimo?, l?utopia di un uomo ?aumentato?, ?lo sguardo della massoneria è una bussola preziosissima in questo periodo e una luce che aiuta a comprendere le sfide e a darne risposta? 6.
Dato che i membri o gli amici della Massoneria come François Hollande riconoscono il suo ruolo centrale nel promuovere la scristianizzazione dell?Occidente, è lecito chiedersi se un cattolico debba accettare senza esitazione le denunce di un certo ?antimassonismo? secolare o pagano, che attribuisce alle logge un piano puramente politico o economico di dominio mondiale e che in ogni cambiamento politico, economico o sociale vede un loro intervento diretto.
L?aspetto più manchevole di questo semplicistico ?anti-massonismo? ? che presta il fianco all?accusa delegittimante di ?complotismo? ? è che rimuove completamente dalla sua visione della realtà l?aspetto religioso sopra detto. In altre parole, il ruolo del diavolo e delle cattive passioni che portano gli uomini ad allontanarsi da Dio.
Per Plinio Corrêa de Oliveira, la forza motrice più dinamica della Rivoluzione è quella delle passioni disordinate e in particolare dell?orgoglio e della sensualità, che portano l?uomo a ribellarsi contro l?ordine posto da Dio nell?universo e a sognare un?utopia anarchica, in cui coesistano la piena uguaglianza e la piena libertà.
Da queste profonde tendenze alla ribellione ? che si esprimono in mille aspetti della vita quotidiana e negli ambienti e costumi di una società ? emergono poi le idee rivoluzionarie che le giustificano e che preparano gli spiriti a un cambiamento nella situazione concreta dei fatti; cambiamento che può essere improvviso e radicale o lento e graduale, a seconda dello stato di decadimento morale e religioso di quella società.
In altre parole, ciò che da Antonio Gramsci in poi è stato chiamato Rivoluzione Culturale è di gran lunga il fattore più importante nel processo rivoluzionario, senza il quale la Rivoluzione nelle idee e nei fatti non potrebbe svilupparsi o fallire.
L?antimassonismo semplicistico è totalmente inconsapevole di questa realtà più profonda del processo rivoluzionario e porta i suoi sostenitori a pensare che derivi esclusivamente dalle cattive idee diffuse nella società e dalle manovre politiche di gruppi di pressione nascosti.
Un?altra differenza fondamentale risiede nel fatto che questo ?anti-massonismo? semplicistico crede che lo scopo ultimo di tali lobby sia solo il raggiungimento del potere assoluto al fine di sottoporre la popolazione alla schiavitù universale e ottenere così grandi ricchezze e una situazione di privilegio.
In realtà, come sopra detto, le forze collegate dell?iniquità ? a volte sacrificando i loro stessi interessi ? cercano l?allontanamento delle anime da Dio e la loro conquista da parte del demonio, nonché la costruzione di un mondo in cui disordine e volgarità si ergano come un?offesa continua al divino Creatore.
Da questa abissale differenza tra una visione religiosa e morale del processo rivoluzionario e dei suoi agenti e una visione secolare ed esclusivamente politica risulta una disparità totale sul modo di interpretare i fatti.
La ?crisi del coronavirus? alla luce del concetto cattolico di congiura anticristiana
La crisi causata dalla diffusione, a partire da Wuhan, del virus Sars-Cov-2 è un buon study case per verificare, nella pratica, la differenza tra la visione cattolica e controrivoluzionaria dell?azione degli agenti della Rivoluzione e la visione semplicistica di alcuni seguaci dell?anti-massonismo laico.
Oggi è dimostrato che le proiezioni dell?OMS e dell?Imperial College sull?eventuale numero di vittime di Covid-19 erano il risultato di modelli matematici imperfetti e basati su indici esagerati della mortalità del virus.
In Europa si parla della fine della sua diffusione, almeno in questo momento, e il bilancio delle vittime globale è 5 volte inferiore alle previsioni meno allarmistiche, senza segnali, per ora, di una seconda ondata espansiva.
È comunemente ammesso che il clamore pubblicitario fatto attorno a queste previsioni apocalittiche abbia causato il panico nella popolazione, il che, a sua volta, ha portato la stragrande maggioranza dei funzionari dei governi a prendere drastiche misure di confinamento, con il rischio di essere stigmatizzati come irresponsabili, se non genocidi.
Ovviamente l?improvvisa e prolungata riduzione dell?attività economica sta già avendo effetti disastrosi sulla disoccupazione e sulla sopravvivenza di migliaia di medie e piccole imprese, che richiedono un massiccio intervento statale nell?economia, per la gioia della sinistra e degli ecologisti, che in questo momento ne approfittano per chiedere piani di salvataggio condizionati all?accettazione di un nuovo modello di sviluppo sostenibile.
Allo stesso modo, i difensori della governance globale sottolineano che solo una risposta solidale e planetaria è in grado di risolvere una crisi globale.
In altre parole, il grande beneficiario della ?nuova normalità? è la Rivoluzione anticristiana, i cui fautori hanno sempre sognato una Repubblica Universale dai contorni mutevoli nel tempo e che ora si presenta sotto la veste di una società aperta, multiculturale, socialista ed ecologica.
Tuttavia, la visione cattolica ed equilibrata della congiura anticristiana e la sua caricatura semplicistica portano a osservazioni e conclusioni molto diverse riguardo questa immensa manovra di ingegneria sociale e trasbordo ideologico dell?umanità.
Il ?complotismo? semplicistico si concentra sul sospetto che il virus sia stato prodotto intenzionalmente in un laboratorio di Wuhan, come parte di un programma di produzione di armi biologiche, o che, almeno, da lì sia sfuggito dopo una cattiva manipolazione. D?altra parte, esso dissotterra sia studi che anticipavano una crisi virale sia addirittura romanzi di fantascienza che già evocavano, in caso di una nuova pandemia, misure rigorose di distanziamento sociale.
Ciò starebbe a dimostrare che i governatori non hanno fatto altro che obbedire preventivamente a un piano dettagliato.
Infine, i complottisti semplicistici congetturano che i cambiamenti abbiano come obiettivo prioritario l?imposizione della vaccinazione obbligatoria della popolazione mondiale a beneficio di Big Pharma (il complesso industriale farmaceutico), come preparazione all?inserimento di microship sottocutanei per la raccolta di informazioni sull?intera specie umana, al fine di trasformarla in un insieme di zombi nel nuovo ordine mondiale.
Il fulcro delle ipotesi e delle analisi di una visione autenticamente controrivoluzionaria è assolutamente un altro.
In primo luogo, la visione controrivoluzionaria cerca di scrutare le cause culturali remote dell?atteggiamento della popolazione nei confronti dell?epidemia, nonché le condizioni psicologiche che hanno portato le autorità a intraprendere azioni immediate, sebbene disastrose a lungo termine.
Poiché dà prevalenza ai fattori religiosi e morali, questa visione mette in evidenza l?abbandono della predicazione dei quattro novissimi ? morte, giudizio, paradiso e inferno ? e la sua concomitanza con il graduale declino della pratica religiosa e, soprattutto, con la diffusione nella società di una concezione pagana ed edonistica della vita, che trasforma la salute nel valore supremo dell?esistenza e tende a considerare la morte come un rebus incomprensibile e malvagio; concezione questa che facilita gli atteggiamenti di panico.
Lo riconosce persino il filosofo agnostico Luc Ferry, già ministro della Pubblica Istruzione francese tra il 2002 e il 2004, in una recente rubrica sul quotidiano Le Figaro. Confrontando la reazione della popolazione all?attuale pandemia con quella avuta durante l?influenza di Honk Kong del 1968-1969 (che non allarmò quasi nessuno nonostante avesse causato un numero simile di morti a quelle del Covid-19), egli deduce che, in questi cinquant?anni, c?è stato un cambiamento nei confronti della morte che lascia gli agnostici o i meno religiosi in una situazione di sconforto: ?Essi sono meno protetti dalle promesse delle grandi religioni davanti alla morte, ma anche più esposti a causa dell?affetto che si è sviluppato in maniera esponenziale nella famiglia moderna. Per la maggior parte di loro il cielo è diventato vuoto, non c?è né cosmo né divinità che possa fornire un minimo significato alla morte di un essere amato?.
Per questi agnostici non c?è alternativa ?che rimuovere radicalmente questa funesta scadenza [la morte], il che spiega a mio avviso l?ampiezza delle reazioni di ansia che stiamo vedendo davanti alla pandemia? 7.
In secondo luogo, una visione controrivoluzionaria mette in evidenza l?impatto che questo profondo cambiamento nelle tendenze ha avuto nel campo delle idee, le cui conclusioni hanno, a loro volta, ispirato le decisioni prese al fine di arginare l?epidemia.
In altre parole, va indagato come la paura neo-pagana della morte favorisce ciò che il filosofo americano Matthew Crawford chiama ?precauzionismo?: ?Una tendenza che sta guadagnando slancio da decenni e che ora sta vivendo un momento di trionfo a causa del virus. Si tratta di una determinazione ad eliminare tutti i rischi dalla vita e corrisponde chiaramente a una sensibilità borghese?.
Ma il ?precuzionismo? solleva un paradosso: ?Più siamo sicuri, più il rischio che rimane diventa intollerabile?.
Per Crawford ?la facilità con cui abbiamo recentemente accettato il potere degli esperti della sanità per rimodellare i contorni della nostra vita comunitaria ? forse in modo definitivo ? è dovuta al fatto che il precauzionismo ha ampiamente soppiantato altre sensibilità morali che potrebbero offrire una certa resistenza. (?). Il precauzionismo è diventato un mezzo di intimidazione morale? 8.
Una intimidazione degli spiriti che, a sua volta, ha determinato un cambio di paradigma in materia di sicurezza sanitaria, innescando il passaggio dalla vecchia paura di una conflagrazione atomica ? evanescente dopo il crollo dell?URSS ? alla paura di fronte a rischi emergenti, come un attacco bioterroristico o nuove malattie infettive particolarmente letali o resistenti.
Se, fino alla fine del XX secolo, le politiche di prevenzione cercavano di calcolare le reali probabilità di una minaccia sanitaria sulla base di dati attendibili di epidemie passate, col passaggio di millennio è subentrato un nuovo criterio: il principio di preparedness (preparazione); vale a dire, la convinzione che un Paese debba essere in grado di affrontare ogni eventualità, anche la peggiore, portando i responsabili della sicurezza sanitaria a concentrare i loro esercizi di anticipazione su eventi di scarsa probabilità, ma dalle conseguenze catastrofiche.
Questo slittamento intellettuale è stato analizzato molto bene da Patrick Sylberman, professore di Storia della Sanità presso la Scuola Superiore di Studi sulla Salute Pubblica di Parigi, in un libro pubblicato nel 2013 dal titolo Tempêtes microbiennes. Essai sur la politique de sécurité sanitaire dans le monde transatlantique (Tempeste microbiche. Saggio sulla politica di sicurezza sanitaria nel mondo transatlantico).
L?autore identifica tre assi principali nel cambio di paradigma del concetto di sicurezza sanitaria:
1. la crescente importanza attribuita a scenari immaginari per prevedere le risposte e addestrare i riflessi;
2. la preferenza sistematica per la logica del peggio come criterio di razionalità, anche se sappiamo che gli eventi accadono raramente come sono immaginati e, quindi, fissarsi sul peggio può ostacolare il pensiero nello scopo di arrivare a una valutazione realistica; e
3. la tentazione di imporre un civismo superlativo alla popolazione, nella speranza di rafforzare l?adesione alle istituzioni politiche e l?accettazione di quarantene, vaccinazioni o l?istituzione di grandi riserve sanitarie 9.
?La sicurezza sanitaria è oggi l?oggetto o il pretesto di un precipitare vertiginoso nella finzione?, concludeva il professor Sylberman nel 2013, aggiungendo: ?Numeri esagerati, analogie infondate, scenari di terrore biologico sono marcati esempi di questo crollo? 10. Ogni somiglianza con il presente è puramente casuale?
Da quanto sopra, sembra che le misure di confinamento radicale della popolazione e un certo ricatto per cui si offre un rilascio parziale dagli ?arresti domiciliari? in cambio di un maggiore controllo sulla vita privata delle persone (con applicazioni su telefoni cellulari o registrazioni di visite a ristoranti e altri luoghi pubblici), non sono solo l?esecuzione di un piano da film di fantascienza (una manciata di cospiratori alla ricerca di immensi guadagni finanziari o politici), ma il risultato di un lungo processo psicologico e ideologico basato sul neopaganesimo edonista diffusosi in Occidente dopo la Seconda Guerra Mondiale. Le forze che hanno favorito questa evoluzione non l?hanno creata ex nihilo, ma hanno cavalcato, guidato ed esacerbato ? attraverso il cinema, la televisione, l?arte, la cultura, ecc. ? le tendenze più profonde della popolazione, favorite da passioni disordinate e tentazioni diaboliche.
Come affermato da Plinio Corrêa de Oliveira, dall?inizio il processo rivoluzionario aveva ?le energie necessarie per ridurre ad atti tutte le sue potenzialità, che oggi mantiene abbastanza vive in modo da causare, attraverso sconvolgimenti supremi, la distruzione definitiva che è la sua finalità logica?.
Tale distruzione definitiva tocca, oggi, quei resti di civiltà e ordine da spazzare via con la ?nuova normalità? pauperista ed ecologista.
Questo processo rivoluzionario a volte segue percorsi molto tortuosi, ma senza smettere di progredire incessantemente verso la sua tragica fine. Perché, nel suo corso, è influenzato e condizionato, in diversi sensi, ?da fattori estrinseci di ogni tipo: culturali, sociali, economici, etnici, geografici e altri?, afferma l?autore di Rivoluzione e Controrivoluzione.
Quello che è importante evidenziare per la corretta comprensione del tema che ci riguarda ? ovvero come distinguere la vera denuncia della congiura anticristiana dal falso ?complottiamo? ? è che gli agenti della Rivoluzione (la Massoneria e le altre forze segrete) sono solo uno di questi fattori estrinseci, ma non la principale forza propulsiva, costituita piuttosto dalle passioni disordinate di orgoglio e sensualità. Vale la pena ripeterlo fino alla sazietà: la Rivoluzione non è un semplice processo politico; deriva da un?immensa crisi religiosa e morale.
È vero, tuttavia, che senza l?aiuto di questi agenti, la Rivoluzione non sarebbe in grado di ottenere la vittoria desiderata. ?Pensare che la Rivoluzione sarebbe giunta allo stato in cui si trova senza tale azione equivale ad ammettere che centinaia di lettere dell?alfabeto gettate da una finestra possano disporsi spontaneamente al suolo, in modo da formare un?opera qualsiasi, per esempio l?Inno a Satana di Carducci?, conclude il compianto fondatore della TFP.
Una tale visione, teologicamente e storicamente fondata e così equilibrata, del ruolo limitato degli agenti della Rivoluzione, merita l?etichetta dispregiativa di ?complottiamo??
Certo che no.
Sorge quindi la domanda: la diffusione di varie ?teorie del complotto?, tra cui le migliori sono semplicistiche e le peggiori semplicemente ridicole, chi favorisce se non agli agenti della Rivoluzione stessa, che così rimangono ancora più liberi di operare, visto il discredito risultante dalla denuncia di una congiura anticristiana, etichettata come ?complottista??
Purtroppo, in questa materia, come in molte altre, ?i figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce? (Lc 16,8).
José Antonio UretaNote
1. [https:]]
2. Ed. Civilização, Porto, 2001, p. 95-106.
3. Biografia S.D.B. ? B.A.C. ? Madrid, 1955 ? págs. 457/58
4. [https:]]
6. [https:]]
7. [https:]]
8. [https:]]
9. [https:]]
10. https://laviedesidees.fr/Scenarios-de-catastrophes-sanitaires.html
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L'articolo La ?crisi del coronavirus? alla luce del concetto cattolico di congiura anticristiana proviene da Pagine Cattoliche.
]]>di Julio Loredo
Verso la beatificazione di Dom Helder Câmara?Si è parlato molto in queste settimane di Dom Helder Câmara, il cui processo di beatificazione è stato recentemente avviato in Brasile, dopo la luce verde del Vaticano.
Per l?italiano medio la figura di mons. Helder Pessoa Câmara è pressoché sconosciuta. Chi era davvero Dom Helder?
Per l?italiano medio la figura di mons. Helder Pessoa Câmara (1909-1999), noto come Dom Helder, vescovo ausiliare di Rio de Janeiro, e poi arcivescovo metropolita di Olinda-Recife, è pressoché sconosciuta.
Le uniche notizie che filtrano dalla stampa nostrana provengono da fucine propagandistiche tanto sbilanciate che non esito a definire ai limiti del ridicolo.
Una propaganda ai limiti del ridicolo. Ricordo benissimo, per esempio, la reazione della stampa all?epoca della scomparsa di Dom Helder, nell?agosto 1999. I mass media italiani gareggiarono in panegirici, conferendogli titoli altisonanti come ?Profeta dei poveri?, ?Santo delle favelas?, ?voce del Terzo Mondo?, ?San Helder d?America? e via discorrendo. Fu una sorta di canonizzazione massmediatica (1).
Questa stessa macchina propagandistica sembra essersi riattivata a proposito dell?apertura del processo di beatificazione, firmato in Vaticano lo scorso 25 febbraio. Qualche informazione in merito non nuocerebbe affatto.
Militante filo-nazista. Forse pochi lo sanno, ma Helder Câmara iniziò la sua vita pubblica come militante nella destra filo-nazista. Egli fu, infatti, gerarca della ?Ação Integralista Brasileira? (AIB), il movimento fondato da Plinio Salgado.
Nel 1934, l?allora padre Câmara entrò a far parte del Consiglio Supremo dell?AIB. Due anni dopo divenne segretario personale di Salgado, e quindi Segretario nazionale dell?AIB, prendendo parte da protagonista ai raduni e alle marce paramilitari che scimmiottavano quelle dei nazisti in Germania. Le sue convinzioni filo-naziste erano così profonde, che si era fatto ordinare sacerdote portando sotto la talare la divisa delle milizie integraliste, la famigerata ?camicia verde?.
Nel 1946 l?arcivescovo di Rio di Janeiro volle farlo suo vescovo ausiliare ma la Santa Sede si rifiutò a causa della sua precedente militanza integralista. La nomina arrivò solo sei anni dopo. Nel frattempo, Helder Câmara aveva maturato il suo passaggio dall?integralismo filo-nazista al progressismo filo-marxista.
Quando nel 1968 lo scrittore brasiliano Otto Engel scrisse una biografia di mons. Câmara, egli ricevette ?ordini sommari? dalla Curia di Olinda-Recife che lo diffidava dal pubblicarla. L?arcivescovo non voleva far conoscere il suo passato integralista?
Helder Camara aizza l’Azione Cattolica a scendere in piazza per far espropriatare le proprietà agricoleDalla JUC al PC. L?Azione Cattolica brasiliana. Nel 1947 padre Câmara fu nominato Assistente generale dell?Azione Cattolica brasiliana che, sotto il suo influsso, iniziò a scivolare verso sinistra fino ad abbracciare, in alcuni casi, il marxismo-leninismo.
La migrazione fu particolarmente evidente nella JUC (JuventudeUniversitáriaCatólica), alla quale Câmara era particolarmente vicino. Scrive Luiz Alberto Gomes de Souza, già segretario della JUC: ?L?azione dei militanti della JUC (?) sfociava in un impegno che, a poco a poco, si è rivelato socialista? (2).
La rivoluzione comunista a Cuba (correva l?anno 1959) fu accolta dalla JUC con entusiasmo. Secondo Haroldo Lima e Aldo Arantes, dirigenti della JUC, ?la recrudescenza delle lotte popolari e il trionfo della rivoluzione cubana nel 1959 aprirono la JUC all?idea di una rivoluzione brasiliana?.
La deriva a sinistra fu molto agevolata dal coinvolgimento della JUC con l?UNE (União Nacional de Estudantes), vicina al Partito comunista. ?Come risultato della sua militanza nel movimento studentesco, – proseguono Lima e Arantes – la JUC fu obbligata a definire un?agenda politica più ampia per i cristiani di oggi. Fu così che, nel congresso del 1960, approvò un documento (?) in cui annunciava l?adesione al socialismo democratico e all?idea di una rivoluzione brasiliana? (3).
Durante il governo di sinistra del presidente João Goulart (1961-1964), prese forma all?interno della JUC una fazione radicale inizialmente chiamata O Grupão, il Grande Gruppo, poi trasformatasi in Ação Popular (AP) che, nel 1962, si definì socialista.
Nel congresso del 1963, l?AP approvò i propri Statuti nei quali ?si abbracciava il socialismo e si proponeva la socializzazione dei mezzi di produzione?. Statuti che contenevano, tra l?altro, un elogio alla rivoluzione sovietica e un riconoscimento dell??importanza decisiva del marxismo nella teoria e nella prassi rivoluzionaria? (4).
La deriva, tuttavia, non si fermò lì. Nel congresso nazionale del 1968 Ação Popular si proclamò marxista-leninista, cambiando il nome in Ação Popular Marxista-Leninista (APML).
Visto che niente più la separava dal Partito comunista, nel 1972 decise di sciogliersi e di incorporarsi al Partido Comunista do Brasil.
Attraverso questa migrazione, molti militanti dell?Azione Cattolica finirono per partecipare alla lotta armata durante gli anni di piombo brasiliani.
Contro il parere di non pochi vescovi, mons. Helder Câmara fu uno dei più entusiasti e convinti difensori della migrazione a sinistra nella JUC, anche se mai approvò direttamente l?uso della violenza (5).
La rabbia di Camara per l’Enciclica di Paolo VI in difesa dell’amore umano.Contro Paolo VI e altre stramberie. Nel 1968, mentre Papa Paolo VI si accingeva a pubblicare l?enciclica Humanae Vitae, mons. Helder Câmara si schierò apertamente contro il Pontefice, qualificando la sua dottrina sugli anticoncezionali ?un errore destinato a torturare le spose e a turbare la pace di tanti focolari? (6).
In una poesia che fa davvero scalpore, l?arcivescovo di Olinda-Recife ironizzava pure sulle donne ?vittime? della dottrina della Chiesa, costrette, secondo lui, a generare dei ?mostriciattoli?: ?Figli, figli, figli! Se è il coito che vuoi, devi procreare! Anche se tuo figlio ti nasce senza viscere, le gambette a stecchino, la testona a pallone, brutto da morire!?.
Helder Câmara difendeva anche il divorzio, approvando la posizione delle chiese ortodosse che ?non precludono la possibilità di un nuovo matrimonio religioso a chi è stato abbandonato [dal coniuge]?. Interrogato se questo non avrebbe dato ragione ai laicisti, egli rispose: ?Cosa importa che qualcuno canti vittoria, se ha ragione??.
L?irrequieto arcivescovo chiedeva a gran voce anche l?ordinazione sacerdotale delle donne. Rivolgendosi a un gruppo di vescovi durante il Concilio Vaticano II, domandava con insistenza: ?Ditemi, per favore, se trovate che ci sia qualche argomento effettivamente decisivo che impedisca alle donne l?accesso al sacerdozio, oppure si tratta di un pregiudizio maschile??.
E che importa se il Concilio Vaticano II ha poi precluso esplicitamente questa possibilità. Secondo Câmara, ?dobbiamo andare oltre i testi conciliari [la cui] interpretazione compete a noi?.
Ma i vagheggiamenti non finivano lì. In una conferenza tenuta di fronte ai Padri Conciliari nel 1965, egli affermava: ?Credo che l?uomo creerà artificialmente la vita, arriverà alla risurrezione dei morti e (?) otterrà miracolosi risultati di rinvigorimento di pazienti maschi tramite l?innesto di ghiandole genitali di scimmia?.
Schierato con l?URSS, Cina e Cuba. Le prese di posizione concrete di Dom Helder in favore del comunismo (anche se a volte ne criticava l?ateismo) furono numerose e coerenti.
Per esempio, è rimasto tristemente notorio il suo intervento del 27 gennaio 1969 a New York, nel corso della VI Conferenza annuale del Programma Cattolico di Cooperazione interamericana. Intervento in tal modo schierato col comunismo internazionale, che gli valse l?epiteto di ?Arcivescovo rosso?, appellativo indissolubilmente poi legato al suo nome.
Dopo aver duramente rimproverato agli USA la loro politica anti-sovietica, Dom Helder propose un drastico taglio delle forze armate statunitensi, mentre invece chiedeva all?URSS di mantenere le proprie capacità belliche per poter far fronte all??imperialismo?.
Conscio delle conseguenze di tale strategia, egli si difese a priori: ?Non ditemi che tale approccio metterebbe il mondo nelle mani del comunismo!?.
Dall?attacco agli Stati Uniti, Helder Câmara passò a tessere il panegirico della Cina di Mao Tse-Tung, allora in piena ?rivoluzione culturale?, che provocò milioni di morti.
L?Arcivescovo Rosso chiese formalmente l?ammissione della Cina comunista all?ONU, con la conseguente espulsione di Taiwan.
E finì il suo intervento con un appello in favore del dittatore cubano Fidel Castro, all?epoca impegnato a favorire sanguinose guerriglie in America Latina.
Chiese anche che Cuba fosse riammessa nell?OEA (Organizzazione degli Stati Americani), dalla quale era stata espulsa nel 1962.
Questo intervento, così sfacciatamente pro-comunista e anti-occidentale, fu denunciato dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira nel manifesto «L?Arcivescovo rosso apre le porte dell?America e del mondo al comunismo»: ?Le dichiarazioni contenute nel discorso di Dom Helder tratteggiano una politica di resa incondizionata del mondo al comunismo. Siamo di fronte a una realtà sconvolgente: un vescovo di Santa Romana Chiesa impegna il prestigio derivante dalla sua dignità di successore degli Apostoli per demolire i bastioni della difesa militare e strategica del mondo libero di fronte al comunismo. Il comunismo, cioè il più radicale, implacabile, crudele e insidioso nemico che mai si sia scagliato contro la Chiesa e la civiltà cristiana? (7).
Un progetto di rivoluzione comunista per l?America Latina. Ma forse l?episodio che destò più stupore è stato il cosiddetto ?affaire Comblin?.
Nel giugno 1968 trapelò alla stampa brasiliana un documento-bomba preparato sotto l?egida di mons. Helder Câmara dal sacerdote belga Joseph Comblin, professore presso l?Istituto Teologico (Seminario) di Recife. Il documento proponeva, senza veli, un piano eversivo per smantellare lo Stato e stabilire una ?dittatura popolare? di matrice comunista. Eccone alcuni punti:
Contro la proprietà. Nel documento, Comblin difende una triplice riforma ? agraria, urbana e aziendale? partendo dal presupposto che la proprietà privata e, quindi, il capitale siano intrinsecamente ingiusti. Qualsiasi uso privato del capitale dovrebbe essere vietato dalla legge.
Uguaglianza totale. L?obiettivo, afferma Comblin, è stabilire l?uguaglianza totale. Ogni gerarchia, sia nel campo politico-sociale sia in quello ecclesiastico, va quindi abolita.
Rivoluzione politico-sociale. In campo politico-sociale, questa rivoluzione ugualitaria propugna la distruzione dello Stato per mano di ?gruppi di pressione? radicali i quali, una volta preso il potere, dovranno stabilire una ferrea ?dittatura popolare? per imbavagliare la maggioranza, ritenuta ?indolente?.
Rivoluzione nella Chiesa. Per consentire a questa minoranza radicale di governare senza intralci, il documento propone il virtuale annullamento dell?autorità dei vescovi, che sarebbero soggetti al potere di un organo composto solo da estremisti, una sorta di ?Politburo? ecclesiastico.
Abolizione delle Forze Armate. Le Forze Armate vanno sciolte e le loro armi distribuite al popolo.
Censura di stampa, radio e TV. Finché il popolo non avrà raggiunto un accettabile livello di ?coscienza rivoluzionaria?, la stampa, radio e TV vanno strettamente controllati. Le élite che non siano d?accordo devono abbandonare il Paese.
Tribunali popolari. Accusando il Potere Giudiziario di essere ?corrotto dalla borghesia?, Comblin propone l?istituzione di ?tribunali popolari straordinari? per applicare il rito sommario contro chiunque si opponga a questo vento rivoluzionario.
Violenza. Nel caso in cui non fosse stato possibile attuare questo piano eversivo con mezzi normali, il professore del seminario di Recife considerava legittimo il ricorso alle armi per stabilire, manu militari, il regime da lui teorizzato (8).
Esibizionismo di Camara: per ottenere eco massmediatica, si toglie le scarpe quando arrivao i giornalisti mentre marcia in un corteo contro la Chiesa da lui ritenuta “fascista”.L?appoggio di Helder Câmara. Il ?Documento Comblin? ebbe in Brasile l?effetto d?una bomba atomica. In mezzo all?accesa polemica che ne seguì, padre Comblin non negò l?autenticità del documento, ma disse trattarsi ?soltanto di una bozza? (sic!). Da parte sua, la Curia di Olinda-Recife ammise che esso proveniva sì dal seminario diocesano, precisando però che ?non è un documento ufficiale? (ancora sic!).
Interpretando la legittima indignazione del popolo brasiliano, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira scrisse allora una lettera aperta a mons. Helder Câmara, pubblicata in 25 giornali. Leggiamo nella lettera: ?Sono sicuro di interpretare il sentimento di milioni di brasiliani chiedendo a Sua Eccellenza che espella dall?Istituto Teologico di Recife e dall?Archidiocesi l?agitatore che approfitta del sacerdozio per pugnalare la Chiesa, e abusa dell?ospitalità brasiliana per predicare il comunismo, la dittatura e la violenza in Brasile?.
Helder Câmara rispose evasivamente: ?Tutti hanno il diritto di dissentire. Io semplicemente sento tutte le opinioni?. Ma, allo stesso tempo, confermò padre Comblin nella carica di professore del Seminario, spalleggiandolo con la sua autorità episcopale. Alla fine, il governo brasiliano revocò il permesso di soggiorno del prete belga, che dovette quindi lasciare il Paese.
Teologia della liberazione. Mons. Helder Câmara è anche ricordato come uno dei paladini della cosiddetta ?Teologia della liberazione?, condannata dal Vaticano nel 1984.
Due dichiarazioni sintetizzano questa teologia. La prima, del connazionale di Dom Helder, Leonardo Boff: ?Ciò che proponiamo è marxismo, materialismo storico, nella teologia? (9).
La seconda, del peruviano Gustavo Gutiérrez, padre fondatore della corrente: ?Ciò che intendiamo qui per teologia della liberazione è il coinvolgimento nel processo politico rivoluzionario? (10).
Gutiérrez ci spiega anche il senso di tale coinvolgimento: ?Solo andando oltre una società divisa in classi. (?) Solo eliminando la proprietà privata della ricchezza creata dal lavoro umano, saremo in grado di porre le basi per una società più giusta. È per questo che gli sforzi per proiettare una nuova società in America Latina si stanno orientando sempre di più verso il socialismo? (11).
Proprio a questo tema è stato dedicato un libro recentemente pubblicato in Italia dalla Cantagalli «Teologia della liberazione: un salvagente di piombo per i poveri» (12).
Amico dei poveri e della libertà? Ma forse la più grande frottola su Helder Câmara è quella di presentarlo come amico dei poveri e difensore della libertà.
Il titolo di difensore della libertà si addice molto male a uno che ha inneggiato ad alcune delle dittature più sanguinarie che hanno costellato il secolo XX, prima il nazismo, e poi il comunismo in tutte le sue varianti: sovietica, cubana, cinese?
Soprattutto, però, il titolo di amico dei poveri non si addice proprio a uno che sosteneva regimi che hanno causato una povertà così spaventosa da essere stati qualificati dall?allora cardinale Joseph Ratzinger ?vergogna del nostro tempo? (13).
Un?analisi attenta dell?America Latina ? paese per paese ? mostra chiaramente che, laddove sono state applicate le politiche proposte da Dom Helder il risultato è stato un notevole aumento della povertà e del malcontento popolare. Laddove, invece, sono state applicate le politiche opposte, il risultato è stato un generale incremento del benessere.
Un esempio per tutti: la riforma agraria, della quale Dom Helder fu il principale promotore in Brasile e che, invece, si è dimostrata ?il peggiore fallimento della politica pubblica nel nostro Paese?, nelle parole non sospette di Francisco Graziano Neto, presidente dell?INCRA (Instituto Nacional de Colonização e Reforma Agrária), cioè il dicastero del Governo preposto per implementare la riforma agraria (14). Il lettore interessato ad approfondire il tema, con tanto di dati statistici rilevanti, può fare riferimento al libro sopra menzionato (15).
Note.
1. Cfr. Julio LOREDO, L?altro volto di Dom Helder, ?Tradizione Famiglia Proprietà?, novembre 1999, pp. 4-5.
2. Luiz Alberto GOMES DE SOUZA, A JUC. Os estudantes católicos e a política, Editora Vozes, Petrópolis 1984, p. 156.
3. Haroldo LIMA e Aldo ARANTES, História da Ação Popular. Da JUC ao PC do B, Editora Alfa-Omega, São Paulo 1984, p. 27-28.
4. Ibid., p. 37.
5. Si veda, per esempio, Scott MAINWARING, The Catholic Church and Politics in Brazil, 1916-1985, Stanford University Press, 1986, p. 71.
6. Cfr. Helder PESSOA CÂMARA, Obras Completas, Editora Universitária, Instituto Dom Helder Câmara, Recife, 2004. Cit. in Massimo INTROVIGNE, Una battaglia nella notte. Plinio Corrêa de Oliveira e la crisi del secolo XX nella Chiesa, Sugarco, Milano 2008, pp.
7. Plinio CORRÊA DE OLIVEIRA, O Arcebispo vermelho abre as portas da América e do mundo para o comunismo, ?Catolicismo? Nº 218, febbraio 1969.
8. Si veda Plinio CORRÊA DE OLIVEIRA, TFP pede medidas contra padre subversivo, ?Catolicismo?, Nº 211, luglio 1968.
9. Leonardo BOFF, Marxismo na Teologia, in ?Jornal do Brasil?, 6 aprile 1980.
10. Gustavo GUTIÉRREZ, Praxis de libertação e fé cristã, Appendice a Id., Teologia da libertação, Editora Vozes, Petrópolis 1975, p. 267, p. 268.
11. Gustavo GUTIÉRREZ, Liberation Praxis and Christian Faith, in Lay Ministry Handbook, Diocese of Brownsville, Texas 1984, p. 22.
12. Julio LOREDO, Teologia della liberazione: un salvagente di piombo per i poveri, Cantagalli, Siena 2014. 13.SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istruzione LibertatisNuntius, XI, 10.
14. Francisco GRAZIANO NETO, Reforma Agraria de qualidade, in ?O Estado de S. Paulo?, 17 aprile 2012.
15. Julio LOREDO, Teologia della liberazione: un salvagente di piombo per i poveri, pp. 315-338.
Dom Helder ?profeta? Helder Camara con il Presidente comunista del Brasile, il compagno Lula
Al nome di Dom Helder Câmara spesso si accolla il qualificativo di ?profeta?, per via di una sua presunta capacità di intravedere il futuro.
Sarà proprio vero? Viene da dubitare leggendo questo ?sogno profetico? sul futuro del Papato:
?Ho sognato che il Papa diventava pazzo
e, con le proprie mani, appiccava il fuoco
al Vaticano e alla Basilica di San Pietro.
?Sacra pazzia!
Lo stesso Dio soffiava sul fuoco
e i pompieri in vano cercavano di estinguerlo.
?Il Papa pazzo
se ne andava per le vie di Roma
mandando via gli Ambasciatori
accreditati presso la Santa Sede,
buttando via la tiara nel Tevere,
e distribuendo ai poveri
tutti i soldi del Banco Vaticano.
?Che vergogna per i cristiani!
Perché un Papa possa
vivere il Vangelo,
dobbiamo immaginarlo
totalmente pazzo!?
Fonte: [https:]
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Non è ancora chiaro quali siano stati i reali problemi a portare la Santa Sede a disporre l?allontanamento di Enzo Bianchi, insieme a Goffredo Boselli e Antonella Casiraghi, dalla Comunità di Bose.
Ufficialmente si parla di tensioni con l?attuale priore, Luciano Manicardi, e con il resto della comunità, cosa che ben difficilmente giustifica una sanzione tanto pesante.
Ma è curioso che a destare tanta attenzione sia l?intervento attuale della Santa Sede, quando ci si dovrebbe piuttosto interrogare sul perché la Santa Sede non sia intervenuta ben prima riguardo alla ?predicazione? di Bianchi, e le sue tesi eterodosse che hanno trovato grande accoglienza tra molti vescovi.
In realtà, qualcuno a Roma si mosse, tanto che esiste un dossier Bianchi presso la Congregazione per la Dottrina della Fede che risale al 2004.
Ma qualche importante prelato, amico del fondatore di Bose, provvide a fermare la pratica e insabbiare tutto.
In ogni caso non ci sono particolari segreti, vista l?ampia produzione letteraria di Enzo Bianchi, più volte oggetto di dura critica anche da parte de la Nuova Bussola Quotidiana. I punti da affrontare sarebbero molti, ne esaminiamo alcuni.
C?è infatti un grave problema di sostanza nelle tesi di Bianchi, soprattutto di natura ecclesiologica. «Fratello, sorella, tu provieni da una chiesa cristiana. [?] tu appartieni a Cristo attraverso la chiesa che ti ha generato a lui con il battesimo. Riconoscerai perciò i loro pastori, riconoscerai i loro ministeri nella loro diversità, e cercherai sempre di essere segno di unità».
È questo il tenore della Regola di Bose, scritta appunto dal fondatore Enzo Bianchi, il cui significato, già intuibile, si svela con più chiarezza alla luce dell?affermazione presente nel libro La comunità monastica di Bose: «Solo la chiesa universale nella sua completezza storica può esprimere la totalità degli appelli contenuti in esso [Vangelo, n.d.a.]».
La non meglio specificata ?chiesa universale? pare essere l?orizzonte verso cui tendere, e che, in qualche modo, la Comunità di Bose si appresta già a realizzare: una chiesa più ampia di quella cattolica, nella quale ognuno resta ?fedele? alla propria chiesa o comunità da cui proviene e della quale riconosce i ministeri e i pastori.
Tant?è vero che, sempre nella regola di Bose, si raccomanda che «all?interno della comunità è bene che ci siano anche fratelli pastori o preti: non solo perché assicurano il ministero sacramentale alla comunità, ma anche perché sono il tramite tra la comunità e le chiese».
Queste indicazioni si pongono in palese contrasto con quanto la fede cattolica insegna, come appare chiaramente nella dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede Mysterium ecclesiae (1973), n. 1, ripresa dalla Dominus Iesus (2000), al n. 16: «Non possono, quindi, i fedeli immaginarsi la Chiesa di Cristo come la somma ? differenziata ed in qualche modo unitaria insieme ? delle Chiese e Comunità ecclesiali; né hanno facoltà di pensare che la Chiesa di Cristo oggi non esista più in alcun luogo e che, perciò, debba esser soltanto oggetto di ricerca da parte di tutte le Chiese e comunità».
Da parte sua invece, nel libro Ricominciare nell?anima, nella chiesa, nel mondo, del 1999, Bianchi sostiene proprio il contrario: «Si ignora che ogni tradizione è limitata e parziale e che solo tutti insieme è possibile giungere alla piena verità».
Ci troviamo di fronte, quindi, ad un problema fondamentale relativo all?unicità e unità della Chiesa di Cristo, elementi che sono strettamente «in connessione con l?unicità e l?universalità della mediazione salvifica di Gesù Cristo» (DI, 16); perciò «deve essere fermamente creduta come verità di fede cattolica l?unicità della Chiesa da lui fondata» e che «questa Chiesa, costituita e organizzata in questo mondo come società, sussiste [subsistit in] nella Chiesa Cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui» (Ibi).
Gli elementi di verità e santificazione presenti nella chiese e comunità cristiane spingono, per loro natura, verso questa unità: verità, questa, che si può verificare, per esempio, nella storia delle molti conversioni dal protestantesimo e dall?anglicanesimo.
Se questi elementi indirizzano ed attraggono verso l?unica Chiesa di Cristo, che è quella cattolica, Enzo Bianchi frena e vanifica questa spinta, da un lato raccomandando di restare fedeli alla propria chiesa e dall?altro rinviando ad una chiesa universale più ampia della Chiesa cattolica, che nella sua ?predicazione? sui giornaloni, l?ex-priore non manca mai di criticare con particolare zelo.
Anzi, secondo lui, l?autentica evangelizzazione «richiede vigilanza contro ogni tentazione di ispessire (per far apparire) la mediazione ecclesiale [?] Solo così eviterà di destare sospetti quasi tendesse all?aggregazione ecclesiastica più che all?incontro dell?uomo con Dio nella conversione e nella fede».
Enzo Bianchi parla della Chiesa cattolica come di un?associazione un po? ingombrante che vuol fare proseliti tutti per sé, dimenticando che la mediazione ecclesiale non solo è voluta esplicitamente dal Signore, ma è l?espressione reale della stessa mediazione di Cristo, il prolungamento della sua Incarnazione, come spiega con estrema chiarezza DI, 16: «Il Signore Gesù, unico Salvatore, non stabilì una semplice comunità di discepoli, ma costituì la Chiesa come mistero salvifico: Egli stesso è nella Chiesa e la Chiesa è in Lui; perciò, la pienezza del mistero salvifico di Cristo appartiene anche alla Chiesa, inseparabilmente unita al suo Signore. Gesù Cristo, infatti, continua la sua presenza e la sua opera di salvezza nella Chiesa ed attraverso la Chiesa, che è suo Corpo. E così come il capo e le membra di un corpo vivo pur non identificandosi sono inseparabili, Cristo e la Chiesa non possono essere confusi ma neanche separati, e costituiscono un unico ?Cristo totale?».
Sempre di natura ecclesiologica è anche la divaricazione, che di fatto diviene un dualismo, tra Chiesa cattolica e Regno di Dio.
Nel già citato libro Ricominciare, Bianchi scriveva che «la chiesa non è il Regno» e via tutta una lista di come fratel Enzo vorrebbe la ?sua? chiesa.
Invece Lumen gentium, n. 5, insegna che la Chiesa militante costituisce su questa terra il «germe e l?inizio del Regno», che si esprime pienamente nella Chiesa trionfante.
Non sono due chiese, ma la stessa Chiesa che è il Regno di Dio, sebbene solo incipiente su questa terra e compiuto nell?eternità. DI, al n. 18, riprende il Concilio, insegnando che la Chiesa cattolica «è dunque ?il regno di Cristo già presente in mistero?, costituendone perciò il germe e l?inizio. Il Regno di Dio ha infatti una dimensione escatologica: è una realtà presente nel tempo, ma la sua piena realizzazione arriverà soltanto col finire o compimento della storia».
Va da sé che con questo impianto ecclesiologico, l?ecumenismo di Enzo Bianchi non può che risultare coerentemente inaccettabile.
In Monachesimo ed ecumenismo, egli ritiene che è proprio del monachesimo ?alla Bose? affrettare la ?vera unità?, ma non attraverso la testimonianza di una tradizione vissuta, pregata, comunicata, bensì mediante il superamento delle specificità confessionali, inclusa ovviamente quella cattolica: «spogliarsi delle ricchezze confessionali non essenziali alla sequela di Cristo» è la via da seguire per tornare ad un Vangelo sine glossa capace di condurre all?auspicata chiesa universale.
E? questo l?ovvio corollario dell?impossibilità di rintracciare la vera Chiesa di Cristo su questa terra.
Sarebbe dunque auspicabile che l?allontanamento di Bianchi dalla Comunità di Bose sia solo il primo passo verso un?opera di bonifica dalle paludi insalubri che egli ha contribuito a creare nel mondo cristiano.
Che si possa andare a Cristo a prescindere dalla Chiesa cattolica; che quest?ultima sia un?espressione parziale e da superare della Chiesa voluta da Cristo; che il Regno di Dio sia qualcosa semplicemente da attendere o da costruire con i nostri sforzi; tutte queste idee sono ormai ?patrimonio? del sentire comune all?interno delle nostre parrocchie ed associazioni.
Che anche queste idee vengano allontanate al più presto dalla comunità ecclesiale, come l?ex-priore dalla comunità di Bose.
(Luisella Scrosati, La Nuova Bussola Quotidiana ? 3 giugno 2020)
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