Il Partito Popolare Italiano contro la famiglia

L’8 febbraio 1995 sono state votate alla Camera due mozioni in tema di famiglia. Una di esse, promossa dall’on. Alberto Michelini, indicava come punti di riferimento la Costituzione, il principio di sussidiarietà e il ruolo sociale fondamentale della famiglia, e chiedeva un fattivo impegno del Governo a tutela della famiglia stessa e del diritto alla vita dell’embrione. Tale mozione non è stata approvata anche per l’astensione o il voto contrario dei deputati —tranne due — del Partito Popolare Italiano.

Roma, 8 febbraio 1995. La Camera dei Deputati è chiamata a discutere e a votare una serie di mozioni sui temi della famiglia e dei minori. L’attenzione si concentra in particolare su due di esse, che richiamano espressamente l’impegno del Governo in favore della famiglia: una, più ampia nel preambolo e nei contenuti, ha come primo firmatario l’on. Alberto Michelini, e reca le sottoscrizioni di numerosi deputati di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, del Centro Cristiano Democratico, della Federazione Liberal Democratica, nonché quelle degli onn. Roberto Formigoni e Renzo Gubert, del Partito Popolare Italiano; l’altra, che dopo un preambolo telegrafico è articolata in una serie più concisa di punti, è presentata da deputati del Partito Democratico della Sinistra, del Partito della Rifondazione Comunista, della Lega Nord, del Patto Segni e del PPI, e ha come primo firmatario l’on. Luciano Guerzoni.

1. La premessa della mozione Michelini chiarisce i princìpi di riferimento dell’impegno chiesto al Governo e li individua correttamente:

a. negli articoli della Costituzione che, dopo aver riconosciuto la "famiglia come società naturale fondata sul matrimonio", e dunque dopo averne preso atto quale realtà antecedente lo Stato, pone a carico della Repubblica il dovere di sostenerla e di difenderla, con specifico riguardo ai nuclei familiari più numerosi;

b. nell’applicazione anche al rapporto fra Stato e famiglia di quel principio di sussidiarietà che impone al primo di intervenire solo quando la famiglia non è in grado da sola di affrontare in modo adeguato i propri compiti;

c. nel rifiuto di considerare la famiglia come semplice "soggetto passivo di welfare" (1), per sottolineare invece "[...] le molteplici e insostituibili funzioni sociali che la famiglia in quanto tale ricopre specialmente dal punto di vista educativo, economico, di sostegno dei membri deboli, di ricambio ed equità tra le generazioni" (2).

Nella stessa premessa i princìpi sono posti a confronto con la realtà concreta e con gli esiti di decenni di omissioni politiche, dal decremento demografico ai problemi dell’occupazione e dell’immigrazione, dalla difficoltà nel reperimento della casa alla penalizzazione delle scelte educative, fino al disconoscimento tributario della rilevanza del gruppo familiare in quanto tale.

L’atto di impegno chiesto al Governo, in coerenza con la premessa e con la sottolineata urgenza di dedicare a queste tematiche un’apposita sessione di discussione, riguarda, fra l’altro:

— la riforma degli assegni familiari, con l’aumento dei limiti di reddito per goderne;

— la ricerca di misure di sostegno per le famiglie disposte a risolvere al loro interno i problemi di cura e di assistenza dei congiunti ammalati, anziani, invalidi o portatori di handicap;

— l’introduzione sul piano fiscale del cosiddetto "quoziente familiare", con la conseguente modifica delle aliquote contributive;

— la presentazione di un disegno di legge di tutela del diritto dell’embrione alla vita e alla famiglia;

— la riqualificazione dei consultori familiari, e il loro orientamento verso la promozione della vita.

2. La mozione Guerzoni, dopo un riferimento in premessa "alle Carte internazionali dei diritti e ai valori e alle norme della Carta costituzionale" (3), senza ulteriori precisazioni, chiede l’impegno del Governo su aspetti comuni alla mozione Michelini: in particolare, quanto alla più ampia considerazione dei congedi lavorativi per ragioni familiari, alla previsione di indennità di maternità per le gestanti "casalinghe", al favore per l’acquisto della prima casa di abitazione, alla istituzione di un osservatorio permanente per i problemi della famiglia. Inoltre vi sono enunciazioni che hanno obiettivi limitati e circoscritti, come la rivalutazione degli assegni familiari in misura pari al potere di acquisto della moneta nel 1988, ovvero, pur nella genericità delle espressioni, difformi rispetto alla difesa della vita: è il caso della richiesta di "completamento della rete consultoriale e incentivazione del ricorso al consultorio per un’efficace azione di prevenzione dell’aborto" (4), che rileva più per quello che tace che per quello che afferma, in quanto, tradotta in concreto, essa equivale a ramificare ulteriormente la distribuzione dei contraccettivi artificiali e delle certificazioni per abortire, nel che — tranne poche eccezioni — è coincisa finora l’attività dei consultori pubblici.

3. Dopo che, a nome del Governo, il ministro per la Famiglia e la Solidarietà Sociale, professor Adriano Ossicini, ha espresso parere favorevole per entrambe le mozioni, il dibattito fa emergere le differenti ispirazioni di principio. Così, mentre gli onn. Ombretta Fumagalli Carulli, Stefania Prestigiacomo e Antonio Parlato annunciano il voto di approvazione per il testo Michelini, rispettivamente a nome del CCD, di FI e di AN, l’on. Tiziana Valpiana, di Rifondazione Comunista, afferma l’appoggio al testo Guerzoni e precisa che sarebbe più corretto che "[...] parlassimo non di "famiglia", ma di "famiglie", utilizzando la forma plurale per sottolineare le diverse tipologie di nuclei che oggi ci troviamo ad analizzare, nati dalla fantasia affettiva delle persone [sic]" (5); l’on. Lorenzo Strik Lievers, per i riformatori aderenti al gruppo di FI, si dissocia dalle decisioni di questo gruppo e chiarisce di non condividere la tutela dei diritti dell’embrione perché da essa potrebbe derivare la reintroduzione della clandestinità dell’aborto. A nome del PPI parla l’on. Mariolina Moioli Viganò, dal cui lungo intervento — che parte da don Luigi Sturzo e da Alcide De Gasperi e spazia fino a considerazioni sociologiche, ma nulla dice in ordine alla tutela della vita e ai diritti del non nato —, non riesco a comprendere, probabilmente per limiti personali, la posizione nei confronti della mozione Michelini.

4. Al momento del voto la mozione Guerzoni viene approvata con 272 voti favorevoli, 207 contrari e 11 astenuti, mentre la mozione Michelini è respinta con 226 voti contrari, 203 favorevoli e 63 astenuti; per l’esito delle votazioni risultano determinanti, oltre alle assenze di deputati di FI, di AN e del CCD, il voto contrario o l’astensione di molti deputati del PPI verso la mozione Michelini e il voto favorevole a quella Guerzoni. Credo utile ricordare, fra i deputati del PPI che si sono espressi contro la mozione Michelini, gli onn. Rosa Jervolino Russo e Giuseppe Giacovazzo, e fra quelli che si sono astenuti gli onn. Rosy Bindi, Leopoldo Elia e Alberto Monticone; hanno votato a favore soltanto gli onn. Roberto Formigoni e Renzo Gubert.

È necessario commentare l’accaduto? Basta rilevare che i "popolari", degni eredi della pluridecennale tradizione democristiana di sostanziale ostilità alla famiglia e alla tutela della vita, hanno votato in modo uniforme a chi ritiene opportuno che oggi si parli di "famiglie" e non di "famiglia", in ossequio alla "fantasia affettiva delle persone" (6), mentre si sono opposti a chi chiedeva che della famiglia si tenesse la considerazione che impone non già una confessione religiosa, ma la Costituzione della Repubblica Italiana; e sono andati anche oltre le posizioni dei riformatori aderenti a FI —gli ex radicali —, i quali — come si è detto — pur manifestando dissenso rispetto alla mozione Michelini, non sono giunti a votare contro di essa, ma si sono limitati all’astensione.

5. All’indomani del voto, su L’Osservatore Romano è comparsa una nota di censura relativamente al comportamento dei deputati "popolari", in cui si esprime "profonda preoccupazione" (7) per la divisione da altri cattolici presenti in differenti formazioni politiche su temi fondamentali come la vita e la famiglia: è lecito auspicare che dalla "preoccupazione", enunciata in forma occasionale a fronte di episodi pubblici di particolare gravità, la comunità ecclesiale passi alla promozione di un’opera di formazione politica che, non dimenticando i continui tradimenti su quei temi, fondi la propria ragione sull’adesione al diritto naturale a alla dottrina sociale della Chiesa?

In un’intervista al quotidiano inglese The Times, il presidente della Camera, on. Irene Pivetti, si è candidata, in vista di prossime elezioni politiche anticipate, a guidare un polo di centro formato dalla Lega Nord e dal PPI (8): pochi mesi sono bastati per far scomparire le riserve — da lei enunciate in occasione del Meeting dell’amicizia di Rimini il 27 agosto 1994 — a proposito del partito democristiano e delle sue scelte in tema di difesa della vita sul "grande equivoco politico che [...] ha consentito nei fatti la vera scristianizzazione di questa società tradendo quei valori per cui era nato" (9)?

Sempre all’indomani del voto, nel corso di un consiglio nazionale del PPI, è stata approvata una mozione presentata dall’on. Carlo Casini, deputato al Parlamento Europeo, nel cui testo, richiamati i valori cui fa riferimento il partito fra i quali "la centralità della famiglia", si afferma testualmente che "[...] nell’attuale momento storico i valori sopra elencati implicano: a) l’esplicito e forte riconoscimento del diritto alla vita di ogni essere umano fin dal concepimento; b) il riconoscimento della famiglia secondo la definizione dell’art. 29 della Costituzione; c) una conseguente, esplicita, forte e tenace azione, affinché siano rapidamente approvate leggi conformi a tali principi, sia per disciplinare la fecondazione artificiale, sia per riformare la legge sull’aborto, sia per realizzare una organica politica sociale per la famiglia" (10). La mozione è stata approvata all’unanimità, quindi anche dai parlamentari che non hanno appoggiato la mozione Michelini, che faceva leva sugli stessi punti qualificanti, il giorno dopo la votazione alla Camera. Come definire il gesto: pentimento immediato, che in quanto tale avrebbe però richiesto una pubblicizzazione almeno pari a quella della condotta tenuta in Parlamento, manifestazione di timore per possibili contraccolpi elettorali, o presa in giro di pessimo gusto?

Sempre nel mese di febbraio del 1995 una genovese di 38 anni, sposata e con due figli, ha abortito pur di non rinunciare al lavoro di cameriera su una nave, che era subordinato all’assenza di gestazione in atto (11): dai parlamentari che non hanno votato la mozione Michelini, e soprattutto da quelli del PPI, che spesso — durante il Governo Berlusconi — hanno lamentato l’arretratezza dell’Italia rispetto alle più "avanzate" democrazie europee, è lecito attendere un commento su episodi come questo, che, nella perdurante assenza, grazie anche alla loro responsabilità, di misure serie a sostegno della famiglia, equiparano il nostro paese ai più avanzati e resistenti paesi del socialismo reale, Cina in testa, nei quali l’aborto è strumento di "liberazione" sociale e di garanzia della forza lavoro femminile.

Alfredo Mantovano

 

(1) Atti Parlamentari. Camera dei Deputati. XII Legislatura. Allegato A ai resoconti. Seduta dell’8 febbraio 1995, 133, Allegato A, p. 3123.

(2) Ibidem.

(3) Ibid., p. 3125.

(4) Ibid., p. 3126.

(5) Atti Parlamentari. Camera dei Deputati. XII Legislatura. Seduta dell’8 febbraio 1995. Resoconto stenografico, 133, p. 18.

(6) Ibidem.

(7) Cfr. Famiglia: non deve esserci divisione tra cattolici, in L’Osservatore Romano, 10-2-1995.

(8) Cfr. sintesi dell’intervista sui quotidiani del 25-2-1995.

(9) Irene Pivetti, La riconquista oltre l’esilio e la regalità dolorosa di Cristo, in Cristianità, anno XXII, n. 232-233, agosto-settembre 1994, pp. 11-12; cfr. anche il mio La Democrazia Cristiana e l’aborto: perché fu "vero tradimento", ibid., pp. 13-15.

(10) Cfr. il testo integrale del documento in Avvenire, 2-3-1995.

(11) Cfr. ibid., 19-2-1995.