UOMINI E CREATURE
Lettera pastorale dei vescovi polacchi
sull'amore matrimoniale e sul diritto alla vita dei bambini concepiti

 

A scrivere la presente lettera ci spinge la coscienza della tragica ingiustizia che nel nostro Paese colpisce migliaia di bambini concepiti, ai quali si toglie il dono della vita dato loro dal Creatore. La crisi del nostro rapporto con il bambino concepito è sintomo di una crisi più profonda: abbiamo perso a livello profondo la verità cristiana sull'uomo, si è cancellata in molti cattolici la coscienza degli insegnamenti evangelici sull'amore e sulla vocazione al matrimonio. Quando perciò, in noi cristiani, si indebolisce la luce della fede, non è strano che iniziamo a perderci e ci manchi una chiara distinzione tra il bene e il male, in particolare quando siamo di fronte a questioni difficili. Ne aveva già parlato Gesù: "Se la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!".

È chiaro che ogni bambino, anche se concepito da un amore corrotto dal peccato e dall'egoismo, e perfino in circostanze lesive della dignità umana, deve essere accolto cordialmente e con amore. Ma d'altra parte, anche in ogni matrimonio come in tutta la nostra atmosfera sociale, sarebbe molto utile una coscienza chiara del fatto che dovrebbe essere cosa normale che i bambini nascano in un amore vero, e cioè in un amore teso piuttosto a dare che a ricevere, che impegna tutta la persona, è quindi irrevocabile e eterno.

Diciamocelo con totale chiarezza e sincerità: le persone alle quali manca l'amore o in cui l'amore è deformato dal peccato o dall'egoismo non sono in grado di gioire pienamente della vita. Il dubitare del senso della vita e l'incapacità di gioire pienamente della propria vita sono una delle sorgenti principali del diffuso atteggiamento attuale contro la vita (anti-life mentality). Eppure solo colui che è pieno di gioia di vivere e grato a Dio per il dono dell'esistenza può gioire veramente per l'arrivo al mondo di una nuova persona. L'uomo dubbioso del senso della vita o stordito per la sua mancanza di profonda gioia a causa del consumismo, disordinato nell'atteggiamento di aumento del sentimento di sé o dei suoi averi, non ha motivi sufficienti per gioire incondizionatamente dal fatto che nascano i bambini, i nuovi partecipanti del meraviglioso dono della vita.

La mancanza di una profonda gioia per la vita, non è solo fonte infelice dell'atteggiamento pro abortivo, ma che sempre più spesso esprime un'apatia contro l'uccisione di bambini come fenomeno di massa, e a volte un'azione comune contro la vita del bambino degli amici e conoscenti. La mancanza di una profonda gioia per la vita influisce fatalmente anche sul destino dei nostri bambini ai quali abbiamo dato la vita e che educhiamo. Perché i genitori che non sanno bene perché vivere o che nel contegno consumistico hanno trovato lo scopo ultimo della loro vita, irradiano questo loro atteggiamento (volenti o nolenti) ai loro figli.

La paura della maternità

L'accettazione del dono della persona umana si differenzia radicalmente dal dono di un oggetto. Non si può accettare una persona umana senza offerta e sacrificio di sé all'altro. Proprio per questo ci domina la paura prima di accettare un bambino, anche se esso ci è già stato dato perché concepito. Questa paura prende i genitori tanto più facilmente quanto meno hanno conosciuto la verità cristiana sull'uomo, e cioè "che non si può trovare sé stessi in altro modo se non attraverso il dono disinteressato di sé". I genitori che hanno permesso a questa paura di dominarli, possono giungere ad attentare alla vita del bambino ad ogni seria difficoltà che la sua comparsa porta con sé. Purtroppo questo testimonia del profondo disorientamento morale di tali genitori, della crisi di fede nella Provvidenza Divina e del rifiuto pratico della visione cristiana dell'uomo.

D'altra parte, l'accettazione di un bambino concepito, e questo anche quando è richiesta una certa dose di eroismo è compensata da Dio di solito già in questa vita: tali genitori non solo salvano la tranquillità della loro coscienza, ma ogni giorno si convinceranno di nuovo che anche una vita difficile ha una bellezza irripetibile, se in esso la cosa più importante è l'amore fino al sacrificio di sé stessi. Purtroppo questa verità ha anche il rovescio della medaglia, che va ricordata con forza. Chi accetta l'uccisione anche di un solo bambino uccide insieme nella sua anima Cristo e provoca l'allontanamento di Cristo dalla nostra vita sociale.


La solidarietà sociale

Non c'è dubbio che sia più facile fare delle scelte difficili quando la persona può contare sulla solidarietà sociale. Non è normale una situazione in cui le persone sono così reciprocamente indifferenti da non provare neanche a astendere una mano di aiuto al prossimo che si trova nel bisogno. Dobbiamo con dolore riconoscere che molti bambini ai quali è stata tolta la possibilità di nascere avrebbero goduto la vita e sarebbero stati una grande gioia per la loro famiglia se nei momenti più difficili i loro genitori, e soprattutto le loro madri non fossero state lasciate sole.

Nutriamo la speranza che con l'occasione delle polemiche da noi suscitate con il progetto di legge in difesa del bambino concepito molte persone notino finalmente questa orribile solitudine che tocca molte donne incinte, soprattutto quelle che vivono situazioni più difficili. Speriamo che qualcosa sia già cambiato nei nostri atteggiamenti sociali verso il bene e che ora un bimbo concepito e sua madre risveglino una cordialità più spontanea e reale di quanto non sia accaduto fino ad ora. Uno speciale riconoscimento va a quei movimenti sociali e a quei gruppi parrocchiali che si dispongono in modo speciale a portare aiuto alle donne incinte che si trovano in situazioni particolarmente difficili.

Il vero bene della madre

Non permettiamo di farci imporre l'opinione proposta da coloro che difendono l'aborto secondo il quale il bene della madre richiede a volte l'uccisione del figlio. Infatti anche in quelle situazioni molto particolari in cui la gravidanza aumenta il pericolo per la vita della madre, un medico sagio cerca di salvare sia la madre che il bambino e normalmente accade che il salvare la madre aumenta la possibilità che anche il bambino si salvi.

Sarebbe terribile un mondo in cui la solidarietà con la madre esigesse a volte l'uccisione di suo figlio e che la solidarietà con il bambino si legasse con una mancanza di cuore nei confronti della madre. Per fortuna accade il contrario. A chi veramente interessa che il bimbo non sia ucciso, costui cerca ugualmente di comprendere i diversi drammi che può provare una madre a causa di questo bambino e si unisce in un aiuto concreto nei confronti della madre. D'altro canto a chi veramente importa il bene della donna questi cercherà di aiutarla non contro il bambino ma insieme a lui. Quante donne che durante la gravidanza hanno provato la tentazione di rifiutare la propria maternità ringraziano oggi Dio che persone buone e sagge le abbiano aiutate a vincere queste tentazioni. Dobbiamo vincere il falso modo di pensare che contrappone il bene del bambino a quello della madre. Anche sul piano delle leggi bisogna giungere a soluzioni tali che permettano la difesa legale della vita del bambino concepito che sia allo stesso tempo una reale difesa della donna e della sua maternità. Consideriamo una cosa normale che esclude qualsiasi doppio senso o compromessi che il bambino concepito deve godere della difesa della legge. Contemporaneamente dobbiamo fare tutto il possibile affinché, attraverso iniziative sociali e soluzioni di tipo legislativo, nessuna donna incinta che sia in una situazione particolarmente difficile non si trovi a dover essere abbandonata a sé stessa.

Non vogliamo discutere sulla sincerità soggettiva di quei difensori dell'aborto che sono convinti di lottare in questo modo per il bene delle donne. Purtroppo essi difendono, obiettivamente, il diritto del mondo ad avere il potere su tutto un mondo in cui l'amore ha smesso di essere un valore e il massimo dovere, un mondo in cui l'indifferenza verso l'uomo che si trova nel bisogno diviene l'atteggiamento che ha assoluta predominanza.

Migliaia di donne infelici che sono state spinte a uccidere il proprio figlio e che finora non possono smettere di rammaricarsi per l'aborto, sono le migliori testimoni del fatto che chi aiuta la donna ad abortire, nello stesso tempo le nega il vero aiuto.

Le violenze morali

Misura poi della cattiva coscienza con i quali i fautori dell'aborto difendono la donna è il fatto che quasi mai essi parlino di come la donna incinta sia sottoposta ad una violenza morale affinché compia l'uccisione del proprio bambino. Spesso infatti la donna va ad abortire quasi contro la propria volontà costretta a questo dal proprio marito, dalle colleghe, dalla suocera o addirittura dalla propria madre.

Quasi mai questi difensori dell'aborto parlano dell'aggressività e della intolleranza che nella nostra società viene risvegliata dalla gravidanza di una donna malata, troppo anziana, troppo giovane, con una situazione economica non stabile, o che ha già molti figli ecc...

La verità sull'uomo

Dobbiamo infine renderci conto che la difesa dei bambini concepiti, così come la lotta contro l'eutanasia, è una lotta contro la messa in dubbio del senso della vita umana e della trascendente dignità di ogni uomo. Il comandamento "Non uccidere" nasce proprio da questa verità sull'uomo. Ed ognuno di noi, che lo voglia o no, che vi si riconosca oppure no, porta nella propria coscienza la consapevolezza che è vietato uccidere una innocente creatura umana. Quindi non soffochiamo questa voce della nostra coscienza. Infatti anche se gli argomenti contrari che si potrebbe formulare sono numerosi e dotati di una grande forza di convinzione non mutano questo fatto fondamentale che l'uomo già nello stadio embrionale è una singola persona che appartiene alla specie homo sapiens ed è vietato uccidere una innocente creatura umana, lo ripetiamo ancora una volta.

Ci sono persone convinte che non esistano situazioni che scusino l'uccisione di un bambino concepito, e che contemporaneamente sono contro l'introduzione di una legge chiara che difenda la vita di questi bambini. Gli atteggiamenti morali, come argomentano queste persone vanno corretti tramite un'azione morale, e non attraverso il divieto della legge. Non si deve inoltre, affermano, imporre le proprie opinioni morali a tutti, se non tutti vi sono favorevoli... In primo luogo è necessario, questo è un altro loro argomento, risanare l'atteggiamento morale della società, e poi introdurre la legge desiderata.

Sono decisamente false le loro argomentazioni basate sulla contrapposizione dei metodi morali e legali di difesa del bambino concepito. Il fatto che il bambino sia un essere umano in sé, diverso da sua madre non deriva infatti dalle condizioni di alcuno ma è semplicemente un fatto. Quindi come persona umana ha un ovvio diritto alla vita, che non ha bisogno di motivazioni. Esigiamo una difesa legale del bambino concepito poiché la legge è un importante fattore di formazione dei costumi e delle abitudini della società. Sicuramente non è il fattore più alto (un qualcosa di più alto sembra essere un'azione plurilaterale morale verso una direzione desiderata) ma è tuttavia un fattore reale. Ripetiamo quindi la drammatica domanda che ci ha posto a Radom Giovanni Paolo II: "Esiste una istituzione umana, un parlamento che abbia il diritto di legalizzare l'omicidio di esistenze umane innocenti ed indifese? Chi ha il diritto di dire 'è lecito uccidere' ed anche 'si deve uccidere' là dove è più necessario invece difendere ed aiutare la vita?".

Abbiamo fiducia che il Parlamento che ora abbiamo scelto in modo democratico eliminerà infine questo diritto ad uccidere i bambini innocenti ed indifesi legge immorale ed omicida che ci distrugge biologicamente e moralmente. Il fondamento di una autentica democrazia è riconoscere il principale diritto di ogni persona umana: il diritto alla vita.

La vergogna e l'imbarazzo

Non costruiamo la nostra democrazia sulle sabbie delle opinioni umane soggettive. Come possiamo divenire una società democratica e giusta se le nostre leggi saranno contro anche al comandamento "non uccidere"? Durante la discussione su questo problema, alcuni difendendo l'aborto si sono presentati come fautori della libertà e della democrazia. Purtroppo nella lotta contro i bambini concepiti sono venute fuori anche argomentazioni che fanno provare vergogna ed imbarazzo. Si sono trovati dei pubblicisti che hanno difeso la legge per l'aborto in nome della dignità della donna e dei suoi diritti di cittadina. La gravidanza, hanno affermato, muta la donna da cittadino a pieno diritto ad un essere dai diritti limitati. Le persone che usano questi argomenti non si rendono conto che un bambino piccolo, anche dopo la sua nascita, lega in diversi modi i suoi genitori e che in verità ciò non ha nulla in comune con la limitazione dei diritti pubblici? Una volta, fino al nostro secolo, non si chiamava libertà la fuga dalle responsabilità per il proprio bambino, una volta non si chiamava libertà il considerare alla leggera la voce della propria coscienza. Smettiamo dunque di togliere il significato alle parole più alte di cui dispone la lingua umana.

Riflettano alcuni difensori della democrazia: la legalizzazione di una tale ingiustizia per cui delle persone forti possono uccidere impunemente delle persone deboli non colpisce forse i fondamenti stessi della democrazia? Così dovrà essere. Il diritto di tutti i bimbi concepiti alla vita è qualcosa di troppo evidente perché l'esigere questo diritto resti soltanto un monopolio dei cattolici.