DIRITTO NATURALE ED ETICA SOCIALE NEL PENSIERO DI JOHANNES MESSNER (1891 - 1984)

(partendo dalla Dissertatio ad Licentiam in Iure Canonico assequendam di Padre Alex Pytlik -
Moderator: Prof. Francesco D'AGOSTINO - ROMAE 1997)

(Per gentile concessione di Padre Alex Pytlik, http://www.padre.at/  - Contact Email: padre@padre.at )


Capitolo II. LA TEORIA DEL DIRITTO NATURALE IN JOHANNES MESSNER

(Prima parte)

1. La natura dell'essere umano

L'oggetto della scienza del diritto naturale è l'ordine della società come quintessenza di diritti e di obblighi nei rapporti interpersonali. Sembra allora necessario cominciare la ricerca partendo dalla società come tale: anche perché il bene della società possiede un tale primato che in un caso necessario può pretendere il sacrificio della vita del singolo. Di conseguenza, però, nei riguardi della società la scienza nota subito che tutto l'essere sociale dipende dagli uomini che formano la società. E si arriva dunque alla domanda: Che cos'è l'uomo? Inoltre, ogni dottrina sociale e ogni etica sociale hanno la loro concezione dell'uomo (su cui deve rendersi conto). Perciò Johannes Messner - anche se trova giustificato l'inizio sia dall'uomo sia dalla società - decide di presentare prima di tutto la sua concezione dell'uomo quale fondamento per tutta la ricerca sulla società e sull'etica sociale.Anm. 53(53)

La dottrina sociale dell'individualismo è partita dall'uomo singolo che esista in sé stesso già finito e compiuto ed abbia un valore pienamente fondato in sé stesso, ma non è mai arrivata veramente alla concezione della società come realtà possedendo un'essere, fine e valore sempre sovraindividuali. Per contro, la dottrina sociale di tutte le forme del collettivismo parte dall'essere della società quale valore assolutamente primario, ma non riesce mai ad arrivare alla realtà intera della persona umana con i suoi fini sovrasociali e con il suo rango di valore anche sovrasociale. Né il sistema di valori individualistici né il sistema di valori collettivistici e neanche le corrispondenti ideologie liberalistiche oppure socialistiche sono mai stati realizzati pienamente nella prassi sociale. E in realtà non possono mai riuscire pienamente, perché "la natura umana non lo permette"Anm. 54(54). Ma questo, da parte di Messner, non significa condannare indistintamente tutti i successi e gli sforzi positivi dei diversi movimenti influenzati dalle diverse ideologie.

Messner stesso sottolinea subito che la sua dottrina dell'uomo e i conseguenti princípi etici non vengono dedotti da alcuni concetti, ma vogliono essere evinti da un'analisi della realtà e dell'esperienza. Tanti capitoli del suo Naturrecht sono dedicati a questo scopo. Prima di provare questo metodo e i suoi risultati, Messner si dichiara figlio della tradizione di un umanesimo cristiano.Anm. 55(55) Questo si fonda sulla dottrina tradizionale del diritto naturale a partire da S. Agostino sui fatti e comprensioni (Einsichten) seguenti:

- Dall'antropologia empirica ci vengono due comprensioni. Primo, che l'uomo corporalmente è vicino al regno animale, ma che nonostante ciò tutte le "razze" umane sono incrociabili. Secondo, che l'uomo è un'essere dotato di ragione (-> homo faber, animal rationale, homo sapiens) distinguendosi così dal mondo degli animali.

- Dall'antropologia metafisica ci vengono, primo, la conoscenza che l'uomo possiede un'anima spirituale e, secondo, che in conseguenza della sua natura corporea-spirituale lui è sempre un'essere sociale, cioè può trovare il suo sviluppo pieno soltanto nella società. Secondo quest'antropologia l'anima umana, al contrario dell'anima animale, è di essenza spirituale, autonoma e immortale ed è anche la sede della ragione. Da questo segue la differenza essenziale (= dualismo) tra corpo e anima: il corpo è di essenza materiale, mentre l'anima è di essenza spirituale, e nessun componente può essere dedotto dall'altro. Ambedue formano la natura umana come unità essenziale in cui, però, l'anima spirituale è il principio degli atti specificamente umani, che cioè sono condizionati dall'autodeterminazione di questo essere razionale. E, grazie alla ragione e all'autodeterminazione (= libero arbitrio), l'uomo è persona il cui sviluppo pieno è condizionato del tutto socialmente.

- Dall'antropologia cristiana la dottrina tradizionale di diritto naturale fa scaturire la certezza definitiva concernente le conoscenze summenzionate dell'antropologia empirica e metafisica. Così si collegano due conoscenze importantissime per la dottrina sociale. La prima si riferisce al peccato originale, essendo la ragione della capacità umana di sbagliare e della perversione della volontà. Abbiamo così anche una causa per tutti gli sviluppi sbagliati degli ordini di vita sociale (-> la questione sociale!). La seconda conoscenza consiste nel fatto che Dio stesso è entrato nel mondo. Attraverso l'assunzione della natura umana ha confermato la Gottesebenbildlichkeit (l'essere ad imaginem Dei) scritta nell'anima dell'uomo, e attraverso la redenzione l'ha fatta partecipare alla filiazione divina almeno nel senso di una vocazione. Così Dio ha testimoniato che la dignità della persona umana trascende ogni valore terrestre, anche la società, la nazione, la razza, il mondo intero.

"Riconosciamo la natura delle cose dai loro modi d'effettuarsi."Anm. 56(56) Così scrive Messner nello spirito di S. Tommaso. Per accertare dunque la natura dell'uomo e le sue leggi di comportamento essenzialmente proprie può e deve servire sopratutto questa via dell'esaminare le forze, le inclinazioni/gli istinti (Triebe) e gli impulsi (Antriebe) che troviamo operando efficacemente nell'uomo. A prima vista ci si offrono:Anm. 57(57) l'impulso di autoconservazione, l'impulso di alimentazione, l'impulso di assicurarsi il sostentamento, la cura per il futuro, l'impulso sessuale, l'amore dei genitori ai loro bambini, l'impulso alla vita di famiglia, l'impulso alla socializzazione (Trieb zur Gesellung), l'impulso all'allargamento di esperienza e di conoscenza, l'impulso al bello, la domanda al rispetto da parte degli altri, l'impulso a un rapporto ordinato con l'essere altissimo (höchstes Wesen), e comprendendo tutti gli altri fini degli impulsi, l'impulso alla felicità.

2. La legge naturale

2.1 Introduzione

Alcuni dei predetti impulsi sono comuni con l'animale. Subito però vediamo che soltanto l'uomo se ne può essere cosciente e comprendere il nesso tra i suoi impulsi e i fini in essi insiti. L'uomo sa, p. e., che l'impulso di nutrizione serve al mantenimento della vita e della salute dell'individuo. Inoltre è cosciente, che almeno parzialmente dipende dalla sua autodeterminazione se vengano rispettati quei fini attraverso la soddisfazione di questo impulso. Con la stessa certezza sa che questo si adempie soltanto con la misura giusta. Il mangiare e bere troppo crea disturbi per poter adempiere i compiti e sarebbe agire contro la responsabilità annessa alla natura razionale, sarebbe perciò agire indegnosamente d'un uomo, "untermenschlich"Anm. 58(58), come Messner scrive. Ma l'uomo è cosciente anche dell'impulso interno, della coercizione dell'obbligo di agire in armonia con questa responsabilità. E finalmente l'uomo riconosce subito l'altro uomo come tale con la stessa natura razionale, e così riconosce certi modi d'azione pretesi verso l'altro e anche verso lui stesso.

Nell'ambito della natura dell'uomo Messner osserva così inclinazioni impulsive (Triebanlagen) sia spirituali sia corporali. Non "abbiamo nessun motivo per non considerare l'efficacia delle stesse come l'efficacia della legge naturale nell'uomo"Anm. 59(59), anche se è vero, che il modo di questa efficacia non è lo stesso come nella natura non-razionale. La natura ha una sua efficacia sempre propria, negli esseri inanimati, negli esseri vegetali e negli esseri animali. Allora, c'è un proprio modo d'effettuarsi anche nell'uomo. Il punto di osservazione per comprendere la natura umana è chiaramente la sua ragione. L'oggetto della ricerca sulla legge naturale dell'uomo sarà pertanto il comportamento specificamente umano perché condizionato dalla sua natura razionale, condizionato anzi dalla sua autodeterminazione e dalla sua responsabilità quale essere razionale.

Tutti i sistemi etici concordano dicendo che la conoscenza del bene e del male, la coscienza dell'obbligo e della responsabilità, la coscienza in senso proprio, sono le esperienze morali date di fatto (sittlichen Erfahrungsgegebenheiten), ma nello spiegare la loro origine, la loro essenza e la causa del dovere morale ci sone differenze grandi. Qui Messner segue principalmente la linea dell'etica giusnaturalistica tradizionale, che viene da Platone e Aristotele, che poi fu sviluppato ulteriormente da S. Agostino e da S. Tommaso, e raggiunse un secondo culmine con gli spagnoli famosi del Cinquecento e del Seicento, sopratutto con Francisco di Vitoria e Suarez. Ma non mancheranno riserve critiche di Messner contro la dottrina tradizionale i cui fondamenti verranno fissati meglio a seguito delle sue critiche. Messner spera di poter aprire così nuovi orizzonti che servono alla società moderna. Comunque, secondo lui, la dottrina tradizionale gode del grande vantaggio che in essa troviamo gli sforzi di più di duemila anni del pensare, e inoltre non esiste altro sistema più autocritico della dottrina tradizionale del diritto naturale. Tutte le rilevanti questioni fondamentali dell'etica oppure della filosofia morale vengono trattate profondamente nel primo libro della sua Kulturethik ("Etica della cultura"), cioè nella Prinzipienethik ("Etica dei princípi"), mentre nel suo Naturrecht vengono trattate nella misura necessaria alla fondazione dell'etica giusnaturalistica e così dell'etica sociale.Anm. 60(60)

Innanzitutto ogni etica parte dal fatto fondamentale dell'esperienza morale, cioè dalla coscienza sul bene e sul male. Col pieno uso della ragione l'uomo sa che l'assassinare la madre o il fratello con lo scopo di ricevere i loro beni è cattivo, e perciò non va fatto. Il conseguente imperativo generale "Evita il male, fai il bene" (Meide das Böse, tue das Gute) è dunque una pretesa assoluta e mai condizionata. Grazie alla coscienza (in senso proprio) ognuno sa di questo imperativo morale. Con questo sapere sono collegati princípi fondamentali del comportamento specificamente umano - anche questi sono pacifici tra le scuole dell'etica: "conserva moderazione, comportati in modo umanamente degno" (bewahre Mäßigung, verhalte dich menschenwürdig); "non fare ad altri ciò che tu non vuoi che ti venga fatto" (= regola aurea - tue anderen nicht, was du nicht willst, daß sie dir tun)¸ "dai a ognuno il suo" (giustizia - gib jedem das Seine); "non ripagare il bene con il male" (gratitudine - vergilt Gutes nicht mit Bösem), "tieni la parola data" (fedeltà - halte das gegebene Wort); "obbedisci all'autorità legittima" (gehorche der rechtmäßigen Obrigkeit). Questi sono i princípi morali immediatamente riconoscibili. Si chiamano princípi in quanto verità su comportamenti obbligatori, si chiamano immediatamente riconoscibili perché sono in sé stessi certi e perciò riconosciuti come universalmente validi. Obbligatorio è un comportamento quale pretesa assoluta per l'autodeterminazione, una pretesa che resta ferma indipendentemente dalla volontà discrezionale. L'uomo trova tutti questi aspetti più direttamente nella sua coscienza con il suo giudizio prima o dopo una decisione morale.

Nascono così tre questioni fondamentali: la questione del fondamento, dell'essenza e del criterio del morale. Il suo fondamento e la sua essenza non possono essere tralasciati da nessun sistema di etica, tranne che voglia perdere l'accertamento necessario circa il nesso di fondazione per le esperienze date di fatto nel suo ambito. Secondo Messner la via naturale per l'accesso a queste domande fondamentali sembra trovarsi presso S. Tommaso. Il bene morale non può essere altro che una specie del bene visto secondo il suo concetto generale. Allora, quando chiamiamo le cose buone e quando cattive? Un cavallo è buono se il suo organismo sotto tutti gli aspetti funziona correttamente. Ovviamente questo è vero, se la sua natura adempie i fini insiti nelle sue funzioni, considerando, p. e., il suo apparato digerente, la vista etc. Possiamo dunque dire subito che il bene per eccellenza è la perfezione conforme alla cosa considerata. E perciò il bene specificamente umano va cercato nella perfezione essenziale dell'uomo (wesenhaften Vollkommenheit). Per evitare malintesi, Messner vuole usare al posto della parola "perfezione" (Vollkommenheit), spesso intesa nel senso moralistico, la parola "realtà piena" (Vollwirklichkeit) dell'essere umano oppure l' "essere pieno-umano" (vollmenschliches Sein), parole le ultime che vengono più facilmente e correttamente intese nel senso ontologico. Il bene è un modo d'essere e perciò una qualità di genere particolare.Anm. 61(61)

Il presupposto della realtà piena propria alla natura umana va cercato nella ragione dell'uomo. Altrimenti uno storpio sarebbe un uomo cattivo che viene respinto subito dalla nostra coscienza. È la ragione, in cui e attraverso cui l'uomo è "uomo pieno" secondo le pretese della realtà piena della sua natura. Ma l'uomo non è costretto inevitabilmente a un comportamento secondo queste pretese. L'uomo può p. e. agire contro il suo istinto di autoconservazione e liberamente suicidarsi, mentre l'animale non lo può perché i suoi istinti lo costringono al comportamento preteso dalla sua natura. Questa facoltà propria dell'uomo all'autodeterminazione è dunque la ragione per la responsabilità dell'uomo nel suo comportamento, è la ragione propria perché ve ne nasce il fenomeno del morale nell'uomo. L'analisi della natura umana da parte di Messner mostra che l'essere pieno-reale dell'uomo non si fonda su un'automaticità degli istinti, ma sull'efficacia della ragione senza la quale non esiste né comportamento specificamente umano né il bene specificamente umano.

2.2 Il criterio di moralità: i fini "esistenziali" (Die "existentiellen" Zwecke)

2.2.1 Uno sguardo generale

Secondo Messner questa ragione umana è anche capace di comprendere il modo giusto d'effettuarsi degli impulsi, che sottostanno all'autodeterminazione umana, perché la ragione può anche riconoscere i fini insiti negli stessi impulsi della natura umana. Decisivo qui: serve all'uomo non soltanto l'esperienza esterna, ma anche quella interna, e poi serve sopratutto la capacità e la costrizione di riflettere queste esperienze, di pensarle e di giudicarle. Questa facoltà di comprendere la sua natura propria concernendo i fini insiti sia negli impulsi corporali sia negli impulsi spirituali è soltanto possibile a un essere spiritualmente dotato.

Messner dichiara di usare la parola "Trieb" (inclinazione / impulso / istinto) sia per gli impulsi spirituali sia per gli impulsi corporali. Qui si riferisce di nuovo a un passo di S. Tommaso, 1. II. q. 94. a. 2: "secundum igitur ordinem inclinationum naturalium est ordo praeceptorum legis naturalis"Anm. 62(62). L'espressione Trieb è scelta anche a causa dell'uso frequente nella psicologia e nella sociologia moderne che denominano così le inclinazioni istintive (Triebanlagen) sia fisiche sia psichiche. Messner spiega che l'espressione scelta non ha niente a che fare con l'istinto o con un restringimento su quell'ambito della natura umana che si sottrae od oppone alla ragione. Dalle "Triebanlagen" (inclinazioni impulsive) comprese nel senso di Messner si devono distinguere anche le "Triebregungen" (moti o impulsi in senso stretto) e "Triebneigungen" (tendenze o inclinazioni in senso stretto), le quali possono o meno stare in armonia con i fini insiti negli impulsi compresi nel senso di Messner.

Il comportamento che si pretende dall'uomo attraverso la realtà piena della sua natura si determina secondo i fini preindicati negli impulsi spirituali e corporali della sua natura, detto brevemente, si determina secondo la "giustezza dei fini" (Zweckrichtigkeit). E perché tutto questo è condizionato dalla sua cognizione razionale e dalla sua volontà razionale (autodeterminazione), il comportamento preteso dalla sua realtà piena riceve per l'uomo il carattere del morale. Dunque: "La moralità consiste nella concordanza del comportamento dell'uomo con i fini preindicati negli impulsi corporali e spirituali della sua natura, oppure brevemente, consiste nella 'giustezza degli impulsi'."Anm. 63(63) Con Aristotele si può anche dire "impulso giusto" e con l'etica giusnaturalistica tradizionale "ragione retta" o "giustezza della ragione" (recta ratio). Comunque, la moralità consiste così nella giustezza di natura e perciò nell'ambito sociale nella "giustezza della cosa" (giustezza nell'ambito specifico - Sachrichtigkeit). E perché questi preindicati fini degli impulsi vanno sempre realizzati in autodeterminazione (libertà) nelle date circostanze, e anche perché gli stessi fini condizionano così la caratteristica dell'esistenza umana, Messner li chiama fini esistenziali (existentielle Zwecke)Anm. 64(64), il che sarà un concetto fondamentale per la sua etica.

Subito Messner ci dà un primo sguardo generale su questi fini esistenziali, passo argomentativo che secondo lui dovrebbe dimostrare la concordanza tra la sua definizione di moralità e l'esperienza umana più generale e più sicura:

L'autoconservazione incluse l'integrità corporale (körperliche Unversehrtheit) e la stima sociale (l'onore personale); l'autoperfezione dell'uomo in senso fisico e spirituale (sviluppo della personalità) incluse la formazione delle sue capacità per migliorare le sue condizioni di vita e anche la cura per il suo benessere economico attraverso l'assicurazione della proprietà o del reddito necessario; l'allargamento dell'esperienza, della conoscenza e della capacità d'assumere i valori del bello; la riproduzione attraverso l'accoppiamento e l'educazione dei bambini; la partecipazione benevola (wohlwollende Anteilnahme) al benessere spirituale e materiale dei simili quale esseri umani di ugual valore; il collegamento sociale (gesellschaftliche Verbindung) per sostenere il bene comune, che consiste nell'assicurazione di pace e ordine nonché nella possibilità (Ermöglichung) dell'essere pieno-umano per tutti i membri della società con la proporzionale partecipazione alla pienezza disponibile dei beni; la conoscenza e la venerazione di Dio nonché l'adempimento finale della vocazione dell'uomo attraverso l'unione con lui.

Ad eccezione dell'ultimo fine esistenziale ricordato, secondo Messner, tutti gli altri trovano certamente consenso generale. Questo fatto già prova che la coscienza morale pienamente sviluppata del singolo uomo si vede rimandata ai fini esistenziali i quali trova preindicati nella natura umana. È una prova importante che il principio del morale corrisponde alla realtà. Un'ulteriore prova è che la correttezza o la perversione nel funzionamento di sistemi sociali o di istituzioni sociali normalmente venga giudicata secondo l'insieme di questi fini esistenziali. - A differenza di questioni singole del comportamento morale, nelle questioni fondamentali nessuna ricerca biologica o psicologica di scienze naturali può aiutare l'etica, perché in tali questioni si tratta della natura umana come costituzione di impulsi (Triebkonstitution) e del rapporto tra impulso e il fine dell'impulso come struttura di impulsi.

2.2.2 Ragioni determinanti per usare questo concetto

Vediamo ancora alcune ragioni o spiegazioni più dettagliate, che determinavano Messner ad usare il concetto di "fini esistenziali":Anm. 65(65)

1. Messner menziona (di nuovo) il suo soggiorno inizialmente forzato in Inghilterra. Il modo consueto di fondare metafisicamente l'etica e la filosofia di diritto era estraneo al pensiero anglosassone. Allo stesso tempo (durante la seconda guerra mondiale) a Messner sorprendeva la vasta letteratura sulle scienze empiriche moderne. Così Messner vide posta nuovamente la domanda sulla natura dell'uomo. E a causa della sua convinzione conseguentemente più forte, che, sondando la natura umana, per quanto possibile debba parlare l'esperienza stessa, ha scelto questa terminologia per indicare che non c'è bisogno di addentrarsi nelle tante questioni metafisiche che sono collegate con il "fine ultimo" e con la "legge eterna". Dunque, con questo nuovo concetto Messner vuole fertilizzare la tradizione giusnaturalistica con il suo tesoro di un pensiero veramente "esistenziale" per il pensiero empirico d'oggi.

2. I fini (metodologicamente) presi dalla costituzione di impulsi e dalla struttura di impulsi della natura umana sono i fini vitali essenziali ("wesenhafte" Lebenszwecke). Il concetto di fini vitali essenziali, che venne usato da Messner ancora nella sua KulturethikAnm. 66(66), non gli sembrava sufficiente in un certo senso, visti i nuovi compiti di una moderna etica di diritto naturale e vista anche la concezione dell'uomo della dottrina giusnaturalistica moderna, sottolineando troppo l'uomo quale animal rationale, cioè quale essere razionale astratto con il simultaneo restringimento del diritto naturale soltanto all'apriori etico-giuridico della ragione. Infatti, però, l'uomo deve realizzare l'ordine essenziale della natura non soltanto come essere razionale astratto, ma anche come essere storico concreto. Questo condizionamento della esistenza umana certo venne sempre sottolineato dalla dottrina tradizionale di diritto naturale, ma la sua portata non venne sempre singolarmente studiata a fondo. Esattamente a questo accento importante serve il concetto dei fini esistenziali.

3. Il concetto dei fini esistenziali è chiaramente riferito alla natura umana intera e all'ordine dell'essere, sia ontologico-generale sia storicamente improntato e determinante per i comportamenti umani. Così il nuovo concetto sottolinea contemporaneamente la "natura di cosa" (natura dell'ambito specifico - Sachnatur) dell'ordine di diritto naturale accanto all'apriori della ragione - il concetto della "natura della cosa" (Natur der Sache) riceve di nuovo la sua posizione chiave per la concreta dottrina giusnaturalistica. Così in base alla situazione esistenziale stessa dell'uomo si può mostrare la maniera d'esser determinati da veri contenuti dei princípi giusnaturalistici.

4. Il concetto sottolinea inoltre i compiti particolari d'oggi dell'etica giusnaturalistica. Essa può soltanto elaborare l'ordine naturale dei diversi ambiti della vita sociale ricorrendo sempre alle conoscenze assicurate dalle diverse scienze sull'uomo, specialmente delle scienze sociali, e anche strettamente collaborando con esse. Altrimenti si creano soltanto luoghi comuni senza attualità concreta. Messner vuole arrivare molto vicino ai problemi concreti, cioè alle pretese concrete dell'ordine naturale etico-giuridico nei diversi campi della vita sociale davanti alla realtà sociale d'oggi.

5. Con il concetto scelto rimane nel centro della dottrina giusnaturalistica il pensiero finalistico (pensiero del fine - Zweckgedanke) com'era nell'intera filosofia e teologia tomistica. - Il punto di contatto con la filosofia esistenzialistica (compresa storicamente) nell'uso del concetto di esistenza risiede nel fatto che il vero e pieno-reale essere umano è sempre condizionato dall'autodeterminazione dell'uomo e dalle circostanze (situazioni). Ma fuori dell'umanesimo cristiano, tutte le correnti della filosofia esistenzialistica comprendono l'uomo esclusivamente dalla sua libertà non legata a un ordine d'esistenza individuale e sociale. Va perciò detto che il concetto dei fini esistenziali di Messner non vuole indicare che ci sia soltanto un'etica di situazione (Situationsethik) senza obbligatorietà universale di norme.

E perché i fini esistenziali sono il criterio cercato della moralità, essi sono anche il criterio del diritto morale/etico (sittlichen Rechts). I diritti si fondano sulla responsabilità morale la quale si determina secondo i fini esistenziali. I fini esistenziali, già visti in un primo sguardo generale, sono sia dell'uomo come essere individuale sia come essere sociale, e conseguentemente si determinano i diritti individuali e sociali. Tutto questo fornisce la ragione sul perché la fondazione della dottrina giusnaturalistica va fatta attraverso il sondaggio dell'essenza e del criterio della moralità.

Oggettivamente evinto dalla realtà piena della natura umana come unità d'essere, questo criterio della moralità dà al singolo fine esistenziale il suo posto nell'ordine di fini, che si mostra ontologicamente nell'ordine d'essere stesso della natura umana. Allora, l'ordine di valori, fondato su quest'ordine di fini, non è compreso necessariamente dalla perspettiva cristiana, perché fu già visto da Aristotele appunto a causa della graduazione (Stufung) degli impulsi nella natura umana. Il rango dei fini sale così dai fini situati nei beni materiali esterni passando quelli del campo biologico, del campo sociale e spirituale fino all'universale (allumfassenden) campo morale e religioso. Questa graduazione mostra la specificità dell'essere umano, cioè la sua essenza morale, da comprendere dalla natura spirituale dell'anima, e perciò da comprendere dall'autodeterminazione e dalla responsabilità. Inoltre la graduazione mostra una direzione per la realizzazione dell'essere pieno-umano, cioè essendo ordinati i fini dei gradi inferiori d'essere verso quelli dei gradi superiori d'essere. Tutti questi fatti rimangono innanzitutto moralmente indifferenti, ma ricevono una qualità di valore morale, se i fini presentano pretese quali fini esistenziali nel comportamento dell'uomo o della società.

Dall'ontologia dell'ordine dei fini dobbiamo distinguere la realizzazione stessa dell'ordine dei fini, distinguiamo dunque dall'aspetto ontologico dell'ordine dei fini il suo aspetto propriamente morale. In questo ambito propriamente etico-morale i fini rispettivamente più alti non obbligano in ogni caso, e non obbligano tutti i fini alla loro realizzazione. Per l'ordine della realizzazione è decisivo sempre il rispettivo carattere "esistenziale" dei fini. Qui Messner ricorda anche un fatto fondamentale dell'esistenza umana: la realizzazione dell'essere pieno-umano non si svolge in un unico e solo atto, ma in un processo continuo che abbraccia tutta la vita. Si svolge dunque sempre in relazione alle circostanze. Il criterio dei fini esistenziali fa sì che si possa determinare se e quando un fine più basso nell'ordine gerarchico abbia una urgenza diretta (unmittelbare) nell'intero processo della realizzazione dell'ordine dei fini, ma anche quando e fin dove la realizzazione definitiva dei fini esistenziali non debba essere anticipata. Sarebbe, p. e., sbagliato, se un padre di famiglia si dedicasse alle cose spirituali, che naturalmente hanno un rango ontologicamente più alto tra i fini, e allo stesso tempo lasciasse la sua famiglia senza il necessario sostentamento. D'altra parte è anche vero che un minimo di sviluppo spirituale è condizione per il raggiungimento della realtà piena dell'essere umano del singolo - un minimo di possibilità dello sviluppo spirituale per tutti è un fine esistenziale dell'essere collegati nella società, e perciò è obbligatorio per il suo sistema sociale. Da parte di questo, il singolo uomo come tale non ha nessun obbligo stretto di sviluppare di più il suo impulso verso i valori e fini intellettuali. Per le stesse ragioni possono perdere la loro importanza singoli fini per la realtà piena dell'essere umano in circostanze particolari, anzi possono ricevere una importanza meramente mediata (indiretta), cioè quella di una rinuncia volontaria o forzata, che poi ha un'importanza diretta al servizio di un altro fine esistenziale. Mentre così per qualcuno potrebbe diventare non-importante il matrimonio perché vuole essere libero per fini più alti, cioè per una forma del pieno-reale essere umano in un particolare senso perfetta, d'altra parte non è da riconciliare un sistema sociale con l'ordine di fini (con l'ordine morale naturale) che fa economicamente impossibile il matrimonio per tanti.

Così il criterio morale di Messner vuole dire che per l'azionamento degli impulsi singoli la moralità consiste sempre nella concordanza con i fini preindicati nei rispettivi impulsi. Messner dichiara perciò che non è un argomento contro il suo criterio morale che la moralità può anche significare non-concordanza del comportamento umano con i fini della sua natura umana pensando a una rinuncia volontaria o non-volontaria, piena o parziale.Anm. 67(67) "Inoltre - come dimostrato - il nostro criterio rende possibile la distinzione del dovuto, del permesso e del più perfetto, detto con altre parole, del rango di valori fondamentali e di ideali di valore (Wertidealen), delle pretese dell'obbligo e di quelle del nobile, delle pretese del diritto e di ciò che è più del diritto, distinzioni tutte alle quali altri sistemi etici non hanno affatto nessun accesso oppure l'hanno soltanto grazie al ritorno a modi di fondazioni extrafilosofici."Anm. 68(68)

2.2.3 Il triplice ruolo del criterio della moralità

Per Messner il criterio della moralità, cioè la causa di conoscenza della moralità o la causa di determinazione della moralità, che viene anche chiamato principio morale, dovrebbe compiere un triplice:Anm. 69(69)

1. deve rendere possibile la determinazione di comportamenti che sono in sé stessi e perciò sempre cattivi nonché deve farne evidente simultaneamente la ragione, cioè rispondere chiaramente alla domanda: Perché la menzogna, l'adulterio, il suicidio etc. sono in sé e perciò sempre moralmente riprovevoli?

2. nell'ambito fuori 1. deve consentire di dare il giudizio sulla natura morale del comportamento considerato, sui mezzi al servizio di fini, dunque il giudizio su ciò che è dovuto, permesso o vietato nella situazione determinata;

3. deve permettere una decisione sul comportamento giusto da tenere nel caso di pretese morali a quanto pare contrastanti (conflitto di coscienza, conflitto di doveri).

Ad 1.: Perché mentire è in sé e perciò sempre cattivo? La ragione è che mentire è inconciliabile con i fini esistenziali preindicati nella natura sociale dell'uomo perché la realizzazione di questi fini è condizionata dal comprendersi e fidarsi reciprocamente. Azioni le quali sono in sé stesse cattive come la menzogna sono cattive in ogni caso, perché sono sempre contrarie ai fini esistenziali. Oppure, il suicidio è in sé stesso cattivo perché chiude l'esistenza fisica mentre l'uomo deve realizzare la sua esistenza morale in un processo in sé mai chiuso, allora non deve dare una fine arbitraria (willkürliches) a questo processo etc.

Ad 2.: Anche nella moralità condizionata dalle circostanze serve il criterio. Messner dimostra questo con altri esempi. L'interruzione dell'uso della ragione priva l'uomo della sua signoria sulle sue capacità spirituali che gli permetterebbe la concordanza con i fini esistenziali nel suo comportamento. Questa interruzione viola l'ordine morale se viene causata soltanto per la gioia dell'alcool. Ma se l'interruzione fosse necessaria per raggiungere un fine esistenziale come il mantenimento della vita o del benessere corporale, sarebbe giustificata come nel caso di un'anestesia prima dell'operazione.

Ad 3.: Per quanto riguarda il "conflitto di doveri", Messner vede di nuovo la chiave nel suo criterio morale. Per quanto un obbligo fondato in un singolo fine esistenziale non potesse essere realizzato più tardi nel processo della realizzazione dell'ordine di fini, va realizzato prioritariamente (= priorità nel tempo o primato cronologico - Zeitvorrang). Nel conflitto di due obblighi attuabili in questo processo, il primato spetta all'obbligo fondato in un fine esistenziale di ordine più alto (= primato di valore). Nel conflitto di due obblighi di cui l'uno fondato nella decisione volontaria propria (p. e. della madre a un lavoro fuori casa) e l'altro fondato in un fine esistenziale (p. e. la responsabilità per l'educazione dei bambini propri), ha priorità quest'ultima (= primato d'essere - Seinsvorrang).

Sappiamo che oggettivamente, cioè nella realtà pienamente compresa, non c'è nessun conflitto di obblighi (e diritti), anche se la coscienza soggettiva di un tale 'conflitto' può spesso aggravare la coscienza del singolo uomo. È il condizionamento di circostanze degli obblighi morali, cioè dei presupposti e delle conseguenze di azioni, che conduce a giudizi contrastanti su obblighi morali, a causa dunque della conoscenza manchevole del genere e dell'importanza delle stesse circostanze. Qui il criterio morale di Messner vuole anche servire a un necessario realismo (Sachlichkeit) nei conflitti spesso sociali.

2.3 Definizione e contenuto della legge naturale

L'essenza del morale per Messner consiste non soltanto nella recta ratio (das Vernunftrichtige), ma nel più universale concetto recta natura ("retto di natura" - das Naturrichtige), cioè nel comportamento preindicato attraverso la razionale cognizione morale e i fini esistenziali. Il linguaggio scientifico più generale intende con le leggi naturali i persistenti modi d'effettuarsi o comportamenti insiti nelle cose o negli esseri in forza della loro natura. "Nel campo umano non occorre cambiare il più generale concetto della legge naturale: essa è il modo d'effettuarsi insito nella natura razionale dell'uomo per causare il comportamento in conformità alla stessa natura."Anm. 70(70)

Dopo alcune importanti spiegazioni, che vediamo subito, Messner dà un concetto di legge naturale secondo lui più conforme al pensiero d'oggi: "È il tendere dell'uomo verso i valori (Wertstreben), collegato con la conoscenza sulla validità obbligatoria di valori fondamentali."Anm. 71(71) Poi Messner, commentando il fatto fondamentale dell'eudaimonia, darà anche un'ulteriore definizione: "La legge morale naturale è la legge della sua natura spingendo al suo auto-adempimento essenziale attraverso il suo impulso di felicità come impulso fondamentale."Anm. 72(72)

Secondo la natura razionale, menzionata nella sua prima definizione, la legge naturale opera nell'uomo attraverso la sua cognizione razionale (Vernunfterkenntnis) e la sua volontà razionale (Vernunftwillen).

La cognizione razionale ha qui una doppia funzione: da un lato la comprensione (Einsicht) dei princípi in sé stessi certi del bene morale (= il riconoscimento di valore - Werteinsicht), da un altro lato la cognizione dell'ordine di fini condizionato dall'essere e dalle pretese concrete della sua realizzazione condizionata dalle circostanze (= la cognizione oggettiva della situazione o dell'ambito specifico - Sacheinsicht).

La volontà razionale ha anche due funzioni da svolgere: da una parte adempiere gli obblighi così conosciuti (= il comando della coscienza - Gewissensgebot) e dall'altra parte lasciarsi determinare dagli impulsi insiti nella sua natura che tendono all'essere pieno-umano, efficace nel suo impulso alla felicità (= il tendere verso i valori - Wertstreben).

Questo impulso verso l'esser pieno-umano viene realizzato innanzitutto nella vita della comunità familiare con la stima e l'amore, conseguenze dei rapporti vitali tra i suoi membri. Con il pieno uso della ragione si rivelano all'uomo i rilevanti comportamenti come veramente umani, si sviluppano la cognizione razionale dei valori fondamentali moralmente obbligatori nonché il giudizio della coscienza per il comportamento nella situazione concreta. Questa cognizione razionale può essere definita come il lato psicologico-soggettivo nel concetto della legge naturale (oppure può essere nominato "l'ordine della ragione", perché facoltà della ragione morale alla cognizione di valori e princípi).

Ugualmente importante è l'aspetto ontologico-oggettivo nel concetto di legge naturale, cioè l'ordine fondamentale dei rapporti umani e sociali, condizionato attraverso i rapporti vitali efficaci nella comunità familiare (oppure si può parlare dell' "ordine dell'essere", perché ricorrendo nelle inclinazioni impulsivi corporali-spirituali della natura umana).

Tutti e due gli aspetti del modo d'effettuarsi della natura umana formano insieme la legge naturale propria. I modi d'effettuarsi nel senso oggettivo e nel senso soggettivo della legge naturale sono collegati profondamente. La causa di questo stretto collegamento risiede nel genere particolare della natura sociale dell'uomo. "Parlando filosoficamente dell'uomo, lui venne e viene ancora considerato troppo come essere singolare in sé finito oppure, comprendendolo come essere sociale, viene visto troppo nel suo rapporto con lo stato, così come venne visto nell'antichità (e sotto la sua influenza parzialmente anche nel medioevo). In via di principio e molto più originariamente l'uomo è essere familiare"Anm. 73(73).

In questa vita familiare l'uomo viene in un certo senso costretto ad accettare la diretta esperienza della sua natura, che per la sua autodeterminazione diventa così il motivo per comportamenti in conformità alla sua natura. Allora, già nella radice sono così legate indissolubilmente l'esperienza dei valori e l'esperienza dell'essere, la cognizione dei princípi e la cognizione dell'essere. La legge naturale anche secondo il suo lato ontologico-oggettivo è altrettanto originariamente efficace come secondo il lato psicologico-soggettivo. Questo per Messner è un punto importantissimo nella domanda sul concetto della legge naturale e perciò poi anche per il diritto naturale: "I princípi morali ossia i valori vengono compresi sin dall'inizio non astrattamente e formalmente, ma soltanto con determinazione concreta, oggettiva e contenutistica."Anm. 74(74)

Tutti i princípi morali e giuridici semplici come quelli della moderazione (Maßhalten), della carità (regola aurea - Nächstenliebe), della giustizia (suum cuique), dell'obbedienza, del mantenere la parola, della fedeltà al contratto (pacta sunt servanda), della veridicità, tutti questi vengono appresi innanzitutto nel loro modo concreto di validità nella vita della comunità familiare e poi compresi nel loro contenuto generale e contemporaneamente visti nella loro verità in sé certa e dunque nella loro validità universale. In relazione con questa cognizione viene riconosciuto anche come in sé certo (= evidente) e universalmente obbligatorio il principio generale più alto ("il bene va fatto, il male va evitato"). Così la facoltà della ragione all'apriori morale diventa efficace pienamente.

Da quest'analisi della legge naturale umana, Messner trae tre importanti conseguenze:

1. "La legge naturale non consiste in un codice immutabile per tutti i tempi, consiste piuttosto nei valori o princípi fondamentali che condizionano l'essere pieno-umano e obbligano l'uomo, i quali sono immutabili solo nel loro contenuto generale (allgemeinen) e possiedono validità assoluta solo in quanto corrispondono all'essenza fondamentale immutabile della natura personale dell'uomo che stessa rappresenta un valore assoluto."Anm. 75(75)

2. Appartiene al carattere essenziale della legge naturale che il suo modo concreto di validità è condizionato dalla situatione concreta, è cioè condizionato storicamente. Le sue pretese concrete possono dunque cambiare. Inoltre, in considerazione della situazione concreta, la legge naturale riceve validità ed efficacia nella vita individuale e sociale prima di tutto attraverso la responsabilità di coscienza dell'uomo.

3. E perché per avere il giudizio giusto di coscienza è necessaria ugualmente la cognizione di princípi e la cognizione della situazione concreta, la legge naturale obbliga l'uomo allo sforzo continuo per avere la conoscenza sufficiente secondo ambedue le direzioni, specialmente in situazioni complicate della società e della cultura, nelle quali gli è necessario che la decisione corrisponda alla sua responsabilità di coscienza.

 

NOTE

(53)(53) Cf. NR 1966/84, 23 s. Anche se si comincia con la società, il presupposto necessario è che venga sempre considerata l'intera esperienza possibile nell'ambito di entrambi i due poli.

(54)(54) Ibid., 24: "Die menschliche Natur läßt es nicht zu." Per chi cerca una ricerca approfondita su questo fatto, Messner gli raccomanda la sua opera Die soziale Frage, Innsbruck - Wien - München 7/1964.

(55)(55) Cf. ibid., 25 - 27; 25: "Die verschiedenen Systeme der Lehre vom Menschen werden heute als Formen eines Humanismus vertreten (...) I. Der christliche Humanismus". Secondo Messner i diversi sistemi della dottrina sull'uomo si presentano oggi come forme di umanesimo. Poi Messner critica i diversi umanesimi, cf. ibid., 27 - 33.

(56)(56) Ibid., 33: "Die Natur der Dinge erkennen wir aus ihren Wirkweisen."

(57)(57) Cf. ibid.

(58)(58) Ibid., 34.

(59)(59) Ibid.: "... haben keinen Grund, die Wirksamkeit derselben nicht als die Wirksamkeit des Naturgesetzes im Menschen zu betrachten ..."

(60)(60) Cf. ibid., 36. Vedi anche MESSNER, Kulturethik, Innsbruck - Wien - München ²1954.

(61)(61) Cf. NR 1966/84, 38.

(62)(62) Cit. secondo NR 1966/84, 40, annot. 8.

(63)(63) NR 1966/84, 41: "Die Sittlichkeit besteht in der Übereinstimmung des Verhaltens des Menschen mit den in seiner Natur, ihren körperlichen und geistigen Trieben vorgezeichneten Zwecken, oder kurz, in der 'Triebrichtigkeit'."

(64)(64) Cf. ibid., 42.

(65)(65) Cf. ibid., 44 ss.

(66)(66) Cf. MESSNER (²1954) 156 s.

(67)(67) Cf. NR 1966/84, 51.

(68)(68) Ibid., 52: "Vielmehr ermöglicht unser Kriterium, wie gezeigt, die Unterscheidung des Gebotenen, Erlaubten und Vollkommeneren, mit anderen Worten, des Ranges von Grundwerten und Wertidealen, der Forderungen der Pflicht und jener des Edlen, der Forderungen des Rechts und dessen, was mehr ist als das Recht, Unterscheidungen, zu denen andere ethische Systeme überhaupt keinen Zugang haben oder nur einen vermittels des Rückgriffs auf außerphilosophische Begründungsweisen."

(69)(69) Cf. ibid., 48 - 49 e 52 -55.

(70)(70) Ibid., 55: "Der allgemeinste Begriff des Naturgesetzes braucht im menschlichen Bereich kein anderer zu sein: Es ist die der Vernunftnatur des Menschen innewohnende Wirkweise zur Herbeiführung des ihr gemäßen Verhaltens."

(71)(71) Ibid., 58: "Es ist das Wertstreben des Menschen, verbunden mit dem Wissen um die verpflichtende Geltung von Grundwerten."

(72)(72) Ibid., 85: "Das sittliche Naturgesetz ist das Gesetz seiner in ihrem Glückstrieb als Grundtrieb zu ihrer wesenhaften Selbsterfüllung drängenden Natur."

(73)(73) Ibid., 57: "Viel zu sehr wurde und wird noch immer der Mensch, wenn von ihm philosophisch gesprochen wird, als in sich fertiges Einzelwesen gedacht oder, wenn er als Gesellschaftswesen verstanden wird, in seiner Beziehung zum Staate gesehen, so wie ihn die Antike (und unter ihrem Einfluß teilweise auch das Mittelalter) gesehen hat. Viel ursprünglicher und zu allererst ist der Mensch Familienwesen".

(74)(74) Ibid.: "Die sittlichen Prinzipien bzw. Werte werden von Anfang an nicht abstrakt und formal erfaßt, sondern nur in konkreter, gegenständlicher, inhaltlicher Bestimmtheit."

(75)(75) Ibid., 58: "Das Naturgesetz besteht nicht in einem unveränderlich für alle Zeiten gleichen Moralkodex, vielmehr in den das vollmenschliche Sein bedingenden und den Menschen verpflichtenden Grundwerten oder Grundprinzipien, die nur in ihrem allgemeinen Gehalt unveränderlich und nur insoweit absolute Geltung besitzen, als sie dem unveränderlichen und selbst einen absoluten Wert darstellenden Grundwesen der Personnatur des Menschen entsprechen."