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Leone XIII
Quam religiosa

Lettera Enciclica

La legge del matrimonio civile in Perù
16 agosto 1898

Con quanta religiosa fermezza nel conservare la fede cattolica si raccomandi l'illustre nazione del Perù, con quale ossequio, con quale identica volontà sia congiunta con Noi e con la sede apostolica, questo certamente lo hanno fatto conoscere parecchi segni, fra i quali giova qui ricordare le preghiere a Noi rivolte, affinché mandassimo nelle vastissime regioni di questo paese dei presbiteri per intraprendere sacre missioni e dei membri di congregazioni religiose, per l'attività e la solerzia dei quali si alimentasse la religione e la pietà e di giorno in giorno continuamente crescesse. E non è disgiunto da gioia il ricordo di quell'affollatissimo convegno cattolico che, due anni fa, si è tenuto nella città principale di questo paese, con uomini provenienti da ogni parte della regione, illustrissimi per dottrina, virtù, posizione, patrimonio, convegno dal quale scaturì un rinnovato e gradito ardore degli animi. Costoro infatti non ebbero il minimo dubbio di proclamare con pubbliche dichiarazioni, con quale zelo desiderassero fare progredire la religione dei padri, con quale ossequio e amore avrebbero seguito con costanza questa cattedra di Pietro. Noi poi, venerabili fratelli, non abbiamo mai tralasciato l'occasione di testimoniare la Nostra singolare benevolenza verso questa popolazione cattolica, con l'aggiunta di esortazioni, e con la presentazione di testimonianze certamente non oscure della Nostra assai grata disposizione dell'animo. Fra quelle certamente di maggior valore, non vogliamo tralasciare il fatto che, dagli onori e privilegi particolari concessi dalla sede apostolica al suo presidente, allo stato peruviano stesso ne è venuta una grande autorità e dignità. Questi onori poi, davano a Noi la sicura speranza che, come i vostri antenati per meritarseli operarono in modo insigne, così in seguito coloro che avessero governato la nazione non avrebbero usato un impegno minore per conservarli, e con la propria fermezza nella difesa della fede cattolica avrebbero comprovato che tutte quelle cose erano state loro conferite giustamente.

È con dolore quindi che abbiamo appreso che in questa nazione è stata di recente promulgata una legge che, con il pretesto di regolare i matrimoni fra non cattolici, di fatto introduce il matrimonio cosiddetto "civile", anche se questa legge non riguarda tutte le categorie di cittadini. E inoltre, messa da parte l'autorità della chiesa, tale modalità civile è permessa per i matrimoni misti, anche quando la sede apostolica, per motivi gravissimi e per la salvezza eterna della famiglia cristiana, non abbia ritenuto opportuno dispensare in qualche caso dalla legge che vieta il matrimonio per disparità di culto.

Gravemente colpiti da queste cose che sono state compiute contro il rispetto dovuta alla Nostra dignità e contro il potere da Dio conferito al Nostro supremo ministero, eleviamo la voce apostolica, venerabili fratelli, e sproniamo il vostro zelo, affinché, provvedendo alla sicurezza dei fedeli del Perù, facciate in modo che la dottrina cattolica del matrimonio sia conservata integra e incorrotta.

Noi poi, preoccupati di tutto il popolo cristiano, come lo richiede la logica del dovere apostolico, non abbiamo mai trascurato di insegnare spesso e di prescrivere molte cose riguardanti la santità del matrimonio: non si può separare dalla religione e ridurre al rango delle cose profane una funzione naturale trasformata in sacramento da Cristo, autore della nuova alleanza; preceduta dal sacro rito, la vita dei coniugi è più tranquilla e felice; la concordia domestica è rafforzata; i figli sono meglio educati; si provvede in modo più conveniente alla stessa sicurezza dello stato. Abbiamo trattato tutto questo argomento più diffusamente e con ogni diligenza, nella lettera apostolica Arcanum divinae sapientiae consilium, dove abbiamo anche cercato di richiamare alla memoria dei fedeli cristiani sia la vigile sollecitudine che la chiesa, la migliore custode e protettrice del genere umano, ha usato per custodire l'onore e la santità del matrimonio, sia quali siano, in questo ambito, le cose che possono a buon diritto stabilire e giudicare coloro che governano lo stato. Non intendiamo a questo punto, e non è necessario, riferire tutti gli insegnamenti che sono già a vostra conoscenza. Non riteniamo fuori luogo però, ricordare ancora una volta che coloro che governano lo stato hanno potere sulle questioni umane che derivano dal matrimonio e che sono di ordine civile; ma che sopra il matrimonio cristiano in se stesso, il loro diritto e la loro autorità sono nulle. Devono quindi accettare che sia sottomessa alla giurisdizione della chiesa una cosa che non è stata posta in essere da una autorità umana. Una volta che il contratto nuziale sia compiuto in modo legittimo, cioè come Cristo lo ha istituito, allora ad essi sarà permesso di considerare se ne consegue qualcosa che interessa il diritto civile. È infatti dottrina cattolica, dalla quale nessuno può recedere senza la perdita della fede, che al matrimonio dei cristiani è sopravvenuta la dignità di sacramento.

Quindi da nessun'altra autorità che non sia la divina autorità della chiesa può essere governato e regolato, e nessuna unione coniugale può essere ritenuta valida e fondata, se non è stata contratta secondo la sua legge e la sua disciplina. Da questo si comprende facilmente che, dove è stata nel modo dovuto promulgata la legge Tridentina del capitolo Tametsi (Denzinger 1813-1816) qui debbono ritenersi invalidi i matrimoni conclusi contro le sue prescrizioni. Nello stato del Perù, quella legge Tridentina non solo è stata promulgata, ma ha avuto a lungo vigore nell'uso ed è stata osservata in modo fedelissimo fino a questi ultimi tempi.

Non vi è quindi nessun motivo perché la sede apostolica fortissimamente non voglia che sia legittimamente mantenuta la disciplina introdotta.

Queste cose, venerabili fratelli, insegnando al gregge a voi affidato, esponetele nel modo più ampio e più chiaro, affinché non sfugga a loro nulla di questa cosa gravissima, che interessa moltissimo la loro salvezza eterna. Desideriamo anche che voi, con autorità e con saggezza, siate talmente efficaci presso coloro che in questo stato sono preposti alla formazione delle leggi, ed entriate così nelle loro grazie, che questi si persuadano, ad esempio per la popolazione cattolica, nella cui mente si trovano gli illustri esempi di virtù dei beati Turibio e Rosa, a modificare pubblicamente il loro pensiero e la loro volontà.

Per cui risulti necessario che mai si allontanino nel formulare le leggi dai precetti della chiesa, osservati a buon diritto i quali, si produce anche la stessa felicità naturale dei popoli. E si impegnino così ad operare affinché il recente decreto sia emendato al più presto ed eliminato, e affinché le leggi civili sul matrimonio non presentino nulla di discorde dalla dottrina e dalle istituzioni della chiesa.

Nel frattempo, fiduciosi nella speranza dell'aiuto divino e confidando nel vostro zelo e nella vostra solerzia, a voi, venerabili fratelli, a tutto il clero e al popolo a ciascuno affidato, impartiamo con grande amore nel Signore l'apostolica benedizione, auspice dei doni celesti e testimone della Nostra benevolenza.

Roma, presso San Pietro, 16 agosto 1898, anno XXI del Nostro pontificato.


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