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Benedetto XV
Legentes vestram

Lettera

Al Cardinale presbitero Felice De Hartmann, Arcivescovo di Colonia, e agli altri Arcivescovi e Vescovi della Germania recentemente adunatisi a Fulda.

Diletto Figlio Nostro e venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.

Leggendo la vostra lettera, la quale Ci è stata recapitata proprio nell’anniversario della Nostra elezione al Sommo Pontificato, abbiamo provato un vero senso di conforto poiché vediamo innanzi tutto che, in un affare di sì alta importanza, voi avete indovinato i Nostri divisamenti e bene interpretato il Nostro pensiero. Mentre infatti Ci sanguina il cuore allo spettacolo di questo lungo e cruento eccidio di figli, si accresce vieppiù il Nostro dolore nel vedere come quei Nostri incessanti inviti alla pace abbiano generato in alcuni sospetti indegni, in altri poi provocato espressioni di malcontento, quasi che quelle Nostre esortazioni non procedessero dal desiderio del pubblico bene, ma da una qualche mira di proprio interesse o che non volessimo che questa guerra finisse con una pace che fosse basata sul principio della equità e della giustizia. Certo, se la passione non facesse velo alla mente, non sarebbe oscuro a costoro ciò che per sé è evidentissimo, e cioè che il Romano Pontefice, Vicario del Re Pacifico e Padre di tutti i cristiani, altro non può, per alto dovere di coscienza, consigliare, suggerire, inculcare se non la pace; e che egli in tal guisa non patrocina la causa di alcuni uomini, ma della umanità; e ciò specialmente in una guerra sì micidiale, quale è la guerra presente, la cui durata chi sapesse abbreviare anche di un giorno solo, sarebbe ben meritevole della riconoscenza del genere umano.

Nell’attesa pertanto della invocata pace, Noi continueremo con ogni mezzo possibile ad alleviare, almeno in parte, quel cumulo immane di miserie che sono le tristi conseguenze della guerra; ed è appunto in questo campo della carità che Noi vediamo che vi segnalate con opere di zelo illuminato, sia federando tutte le società cattoliche della Germania che si dedicano alla beneficenza, per soccorrere con più prontezza ed efficacia le moltiplicate miserie degli infelici, sia con quella provvidenziale istituzione di Paderborn intesa a migliorare le condizioni di tutti i prigionieri che si trovano nell’Impero Germanico. Pertanto, mentre Noi lodiamo codeste iniziative della cristiana carità, veniamo con ciò stesso ad elogiare, sia le cure sollecite del Vescovo e del Clero di Paderborn, sia la liberalità di tutti i cattolici della Germania.

Senonché, oggi il più alto dovere della carità — e voi lo state compiendo e vi esortiamo a perseverare — è questo: adoperarsi per affratellare i diversi popoli che la guerra ha diviso, procurando che non si acuiscano gli odii, ma si attutiscano piuttosto a poco a poco con opere scambievoli di cristiana misericordia. In tal modo si preparerà quasi naturalmente la via a quella pace tanto desiderata da tutti gli onesti, la quale sarà tanto più duratura, quanto più profonde radici avrà messo nei cuori. Non cessate, dunque, di implorare, come fate, il divino aiuto con nuove suppliche espiatorie ed invitando sovente i fanciulli alla Mensa Eucaristica. Tantissimo infatti valgono presso Dio le umili e supplici preghiere, specialmente quando siano avvalorate dalla penitenza e dalla innocenza.

Pertanto, come pegno dei celesti favori ed a testimonianza della Nostra benevolenza, a Voi, diletto Figlio Nostro e venerabili Fratelli, al vostro Clero e al popolo impartiamo la Benedizione Apostolica.

Dato a Roma, presso San Pietro, l’8 settembre 1916, nel giorno dedicato alla natività della Madonna, nel terzo anno del Nostro Pontificato.


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