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Maria, teosofia & massoneria

STORIA. Un ritratto controcorrente della pedagogista italiana, oltre l'agiografia ormai consolidata e fatta propria dalla televisione

Di Lucetta Scaraffia, da Avvenire, 30 maggio 2007
Non scoprì affatto l'infanzia, ma subì l'influenza del positivismo e del malthusianesimo eugenetico. E i biografi dimenticano i suoi rapporti con Mussolini Dopo una prima collaborazione col regime, ruppe col Duce e si trasferì in Olanda, dove morì. Neppure dopo il 1945 tornò in Italia

 

Anche se decisamente brutto e fitto di errori storici - in quegli anni non esisteva un ministro della Sanità, né le università ricevevano i contributi di ricerca, per limitarsi a un paio di esempi - lo sceneggiato su Maria Montessori (1870-1952) trasmesso da Canale 5 ha avuto il merito di riportare l'attenzione su una delle italiane più importanti dell'età contemporanea, peraltro poco nota agli italiani stessi, che in genere hanno un'idea molto vaga di colei che viene per lo più ricordata soltanto per essere stata «la signora delle mille lire».
Le ragioni di questa dimenticanza sono molte, e non solo l'assenza di ricerca storica sulle donne, avviata però negli ultimi dieci anni e che ha fornito nuovi e importanti studi sulla pedagogista. Innanzitutto, la sua stessa fama, autocostruita con ferrea autodisciplina e poi difesa a spada tratta dall'associazione pedagogica da lei fondata, l'Opera Montessori, che ne ha diffuso un'immagine agiografica e stereotipata: la scienziata buona e tutta dedita ai bambini, senza vita privata. Una sorta di santa laica, priva di ombre ma anche di spessore umano, e poco radicata nel suo tempo, se non per un generico antifascismo che l'aveva portata a emigrare alla fine degli anni Trenta.
Ricerche recenti (Schwegman, Babini e Lama) hanno ricostruito la pesante contraddizione privata: la scopritrice dell'infanzia che rinuncia ad allevare il figlio illegittimo e, quando a quattordici anni lo riprende accanto a sé, lo presenta come nipote. Questa è anche l'unica novità ripresa dallo sceneggiato, con uno stile fumettistico e molte libertà sulla vicenda reale. Ma vi sono pure il suo importante impegno femminista - la Montessori ha rappresentato il femminismo italiano nel primo convegno europeo del 1899 ed è stata una delle maggiori relatrici al primo convegno femminista italiano del 1908 - e le sue conferenze sull'educazione sessuale, in cui non solo si schierava a favore di una educazione sessuale anche per le donne, ma proponeva un neomalthusianesimo eugenetico sostenuto negli stessi anni da altri medici positivisti, come il celebre Paolo Mantegazza.
Una donna del suo tempo, vivace e intelligente, forse non originalissima nelle sue teorie pedagogiche (che riecheggiavano quelle di altri pedagogisti francesi) ma certo capace di realizzare i suoi progetti e di "vendere" le sue idee. Centrale infatti, per la diffusione del suo sistema didattico, fu l'invenzione dei materiali didattici in legno, da lei escogitati e brevettati.
Anche la sua vasta rete di conoscenze internazionali, molto più ampia della comunità scientifica a cui apparteneva come medico e poi come pedagogista d'elezione, fu costruita su scelte politiche - l'internazionale femminista dei primi del Novecento costituiva senza dubbio una élite ristretta ma importante negli ambienti innovatori - ma anche religiose. Nel 1899, a Londra, Maria si era infatti iscritta alla Società Teosofica, che disponeva di ragguardevoli legami internazionali rafforzati da una indubbia vicinanza alla massoneria. L'iscrizione non restò senza seguito: la Montessori tenne la sua prima conferenza americana, nel 1913, nel tempio massonico di Washington e, quando fu bloccata in India dallo scoppio della seconda guerra mondiale, si rifugiò per anni, con il figlio, nel quartier generale teosofico, ad Adyar. E influenze di quella religiosità diffusa e aperta a tutte le religioni, interessata al messianismo femminile, sono evidenti in molti suoi scritti.
Argomento evitato nelle biografie "ufficiali" è il rapporto con il fascismo, anzi con lo stesso Mussolini. All'inizio idilliaco perché il duce era ben consapevole della notorietà della Montessori sul piano internazionale, che voleva riconosciuta anche nel nostro paese, meno aperto alle innovazioni educative. Da questa collaborazione, per qualche anno felice, nacquero la scuola romana sul Gianicolo e un progetto di collaborazione più ampio per la preparazione delle maestre. Ma i due, entrambi accentratori e prepotenti, non erano fatti per intendersi e dopo qualche anno la Montessori preferì trasferirsi all'estero, dove era ormai nota e amata. Non tornò in Italia neppure dopo il 1945, ma continuò a vivere in Olanda, il paese che si era aperto con maggiore entusiasmo alle sue proposte e dove morì.
Come si vede, è molto più interessante il personaggio storico, nei suoi intrecci con le vicende del tempo, del santino oleografico che ci è stato propinato per anni e che, in modo sgangherato, lo sceneggiato ha riproposto.

 

Confermo: non era cristiana e sostenne l'eugenetica
La dottoressa credeva che la scienza avrebbe fornito soluzioni a tutti i problemi dell'umanità e sconfitto ogni tipo di «degenerazione»
di Lucetta Scaraffia, da Avvenire, 5/6/2007

Ringrazio Grazia Honegger Fresco per le precisazioni. Il mio articolo su Maria Montessori si è basato sui documenti disponibili, documentazione è ben più ricca di quella conservata dall'opera da lei fondata e dalla famiglia, e io l'ho usata rispettando le regole delle ricostruzioni storiche. Come ha fatto anche Marian Schwegman: ogni storico è poi libero di trarre da queste fonti l'interpretazione che vuole, senza bisogno dell'approvazione della nipote della Montessori o dell'istituzione da lei fondata. E mi sembra un po' eccessivo qualificare come studioso «serio e scrupoloso» solo chi, come il pedagogista Butturini - che del resto ha studiato il pensiero della Montessori, non la sua vita - non delude le aspettative della famiglia e dei montessoriani.
Venendo alle contestazioni, la Montessori, come quasi tutti i medici di allora - e come il suo collaboratore (nella prima fase) Montesano - era convinta che la scienza avrebbe fornito soluzioni a tutti i problemi dell'umanità e, in particolare, sconfitto quella «degenerazione» che vedeva in atto, «anteponendo le ragioni dell'eugenica a quelle della morale» (così Babini e Lama). Passo decisivo sarebbe stato un mutamento della concezione della maternità grazie alla «scelta cosciente e libera» del proprio compagno come contributo alla rigenerazione della razza. Anche nell'intervento al congresso del 1908 - il primo in Italia sulla questione sessuale - la prospettiva è quella eugenetica (benché il termine non appaia), tanto che la Montessori parla della necessità di compilare le anamnesi degli scolari per rilevare eventuali elementi patologici o degenerativi. Ma non c'è da stupirsi se condivideva, almeno in questo primo periodo, le opinioni più diffuse nel suo ambiente, opinioni che la ponevano in aperta contrapposizione con il cattolicesimo.
Nonostante una generica propensione alla spiritualità, la Montessori infatti non fu mai vicina al pensiero cristiano, come del resto la scelta teosofica - documentata e confermata dalla sua vita successiva - rivela molto chiaramente. Il movimento teosofico, fondato dalla medium russa Helena Blavatskij a New York nel 1875 e diffusosi rapidamente in Europa con regolare espansione almeno fino agli anni Venti del Novecento, si fonda infatti sull'idea che tutte le religioni contengono un fondo comune, segreto, che appartiene al livello superiore di una spiritualità accessibile solo a pochi eletti (i soci più «avanzati»). La teosofia è legata alla massoneria in molti modi: sia dal punto di vista culturale e spirituale sia per legami personali - il cofondatore Olcott era massone e Annie Besant, succeduta alla Blavatskij, ebbe un alto grado massonico nella loggia francese Droits Humains, l'unica aperta anche alle donne - e della massoneria condivideva la generica spiritualità di tendenza orientalistica e le posizioni anticristiane, da cui, poco dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, si distanziò Rudolf Steiner, fautore invece di un cristianesimo esoterico.
Senza dubbio l'adesione alla teosofia allontanò la Montessori dalle posizioni positiviste che caratterizzarono la prima parte della sua attività, ma probabilmente rafforzò la militanza femminista, perché la Società teosofica, in cui più di una donna occupava posti di primo piano, si era sempre schierata a favore delle richieste emancipazioniste, partecipando anche, con uno striscione, alle manifestazioni suffragiste in Inghilterra.
Il rapporto con Mussolini - ricostruito nel 2000 su documenti dell'Archivio di Stato da Giuliana Marazzi - iniziò nel 1923 su precisa sollecitazione del figlio Mario, che si lamentava per la mancata diffusione del metodo in Italia, sperando di trovare appoggio nel nuovo capo di governo. Fino ai primi anni Trenta i rapporti fra Mussolini e la Montessori furono quasi idilliaci, come conferma la loro corrispondenza, che rivela un'ammirazione personale probabilmente reciproca. Ne derivarono sostanziosi frutti: nel 1924 il duce costituì come ente morale l'Associazione Opera Montessori (di cui nominò presidente Giovanni Gentile) e fondò un ramo dell'opera a Milano, dove si tenne il primo corso di formazione nazionale per insegnanti. Presidente onorario del corso fu lo stesso Mussolini, che regalò all'opera 10.000 lire del proprio fondo personale.
Nel frattempo si aprivano scuole che adottavano il metodo montessoriano: solo a Roma, 5 Case dei bambini, a cui nel gennaio del 1929 si aggiunse la Regia scuola del metodo Montessori, corso secondario dove s'insegnava anche cultura fascista. Si moltiplicarono pubblicazioni periodiche dell'opera, mentre già nel 1926 la Montessori aveva ottenuto la tessera fascista ed era divenuta membro onorario del partito. Come ho scritto, nel 1934 si consumò la rottura per le continue ingerenze del partito nella nomina degli insegnanti, e la Montessori e il figlio lasciarono l'Italia. Ma con il duce la Montessori condivideva un forte sentimento patriottico e un culto dell'autorità - intesa certo come meritata autorevolezza - che consentirono una decina di anni di buona collaborazione.
Tutto questo non per infangare la memoria di una grande donna, ma per riportarla alla sua dimensione storica e al rapporto concreto con gli eventi e con le persone del suo tempo, al fine di capire le radici culturali delle sue idee. Per farne un personaggio storico, non un santino.