Omelia su san Giovanni Battista
Precursore di Gesù

29 agosto: memoria della sua passione e morte

Martirio per l’Ordine Morale e la Purezza.


Oggi si ricorda la nascita non su questa terra, ma in cielo di san Giovanni Battista, il precursore del Signore. Tra tutti i martiri egli ha l’onore particolare di essere celebrato due volte dalla Chiesa, una (il 24 giugno) per la sua nascita, l’altra (il 29 agosto) per la sua morte. In questo giorno si ricorda la decapitazione di san Giovanni. Un padre della Chiesa dice: caput prophetae factum est pretium meretricis, la testa del profeta è divenuta il prezzo di una meretrice. Ecco con quale astuzia agisce il demonio contro i santi di Cristo! Pensiamo all’inimicizia che il Signore pose sin dall’inizio tra gli uomini buoni e santi, che appartengono a Gesù, e la stirpe di Satana, il serpente antico. Nessun pacifismo potrà mai togliere di mezzo questa inimicizia irriducibile. Sono terribili le insidie del demonio, perché in esse la più depravata sensualità si unisce alla più sfacciata crudeltà. Sensualità e crudeltà sono due strumenti di Satana che vanno sempre di pari passo.

È bene che pensiamo anzitutto al motivo che portò san Giovanni al martirio. Tutti i Santi hanno dovuto subire la crudele inimicizia dell’infernale nemico e del mondo che soggiace al suo potere. Tutti i santi hanno testimoniato la loro fede in Cristo e alcuni tra loro, i màrtiri, cioè i "testimoni" per eccellenza, hanno persino versato il sangue per la loro perseveranza nella fede. Il martirio è una testimonianza basata sull’oblazione della propria vita.

Per essere màrtiri non basta farsi ammazzare. Bisogna morire per Cristo, cioè per qualcosa che supera la nostra la vita. Il mondo di oggi stenta a capirlo. Persino nella Chiesa s’è fatta strada la mentalità superficiale e poco metafisica, secondo la quale il bene supremo dell’uomo è la sua vita. Se c’è qualcosa di anticristiano, di antievangelico è proprio questo porre alla sommità della scala del bene il bene della vita fisica. Il vangelo è in perfetta consonanza con quanto disse già il poeta pagano Giovenale: Summum crede nafas animam praeferre pudori / et propter vitam vivendi perdere causas "Reputa il peggiore dei disonori il preferire la vita all’onestà e per salvare la vita il perdere le motivazioni del vivere" (8, 83-84). Al di là della vita biologica c’è un’altra vita, la vita spirituale. Se dobbiamo curare la nostra vita terrena, molto più bisogna rimanere fedeli alla vita del Verbo, di cui abbiamo visto la luce, la gloria, la grazia e la verità. Manteniamoci fedeli alla parola del Signore, giacché nella fede contempliamo non già la parola di un uomo, ma la verità increata di Dio.

San Giovanni morì per una verità di ordine non speculativo, ma etico. Spesso i màrtiri, soprattutto nei primi secoli cristiani, morivano per affermare i contenuti speculativi della fede, ad esempio per professare la divinità di Cristo, figlio unigenito del Padre, o per dire che non c’erano altri dei. San Giovanni invece fu messo a morte per un motivo diverso, un motivo pratico e morale. L’ordine pratico riguarda quelle verità che dobbiamo realizzare nella nostra vita tramite le nostre azioni responsabili. San Giovanni muore per un’ammonizione coraggiosa rivolta a Erode, Erode l’intemperante, Erode l’incestuoso, Erode il depravato. San Giovanni gli dice con severità e chiarezza: "Non ti è lecito (non licet tibi) tenere la moglie di tuo fratello, habere uxorem fratris tui" (Mc 6, 18). Quindi san Giovanni muore per la santità della famiglia, del matrimonio, per la virtù della purezza.

Ecco una virtù della quale al giorno d’oggi si sente poco parlare. Molti sono intimiditi da un certo psicologismo di bassa lega, da un’antropologia (scusate, cari fratelli, se dico così, ma ne ho ben donde) che bisognerebbe chiamare più brutologia che antropologia, giacché riduce l’uomo allo stato di una bestia irragionevole, come se l’uomo non fosse altro che la sua polimorfa libido. Purtroppo è vero che la sfera razionale dell’uomo è alquanto debole, però è quella che lo rende umano. L’uomo è un animale ragionevole. Ha sì una vita sensitiva, ha sì delle passioni, però quello che lo rende uomo e che lo distingue da tutti gli altri esseri inferiori è la sua razionalità, la sua intellettualità, la sua spiritualità.

Il Pontefice attualmente regnante spesso trova delle espressioni molto belle. Per esempio questa: "vivere secondo la verità dell’uomo". La verità della fede è non solo soprannaturalmente rivelata, ma è anche naturale. Il Signore, quando rivela a Mosè sul monte Sinai i dieci comandamenti, non dice cose nuove, ma ribadisce semplicemente i contenuti della cosiddetta legge naturale. Dio ha pietà dell’ignoranza dell’uomo e con la sua autorevolezza riafferma quelle verità che nell’uomo erano state presenti fin dall’inizio. La legge del Signore non è diventata dettato morale dal momento in cui Dio l’ha rivelata scrivendo le tavole di pietra con il suo dito. No! Essa vale dal momento in cui il Signore alitò il suo spirito divino nelle narici dell’uomo fatto di terra, come racconta il libro della genesi. L’uomo, da quando è stato creato, ha in sé i precetti della legge divina.

Cari fratelli, bisogna essere sapienti, bisogna in qualche moto tornare alla lucidità di pensiero degli Antichi, del pensiero tomista ed aristotelico, il quale ci parla di essenze. Esiste una essenza dell’uomo: ciò per cui l’uomo è uomo, quella che i greci chiamavano filosofia è intrisa di religione. L’uomo ha per sua essenza delle finalità naturali, alle quali deve sottomettersi e che Dio stesso gli ha dato. Non è l’uomo che le ha escogitate, egli deve solo realizzarle nel suo agire libero e responsabile. Certo, è possibile agire contro la legge naturale, ma è altrettanto possibile — anzi doveroso — assecondarla.

San Giovanni muore per una verità naturale: la santità del matrimonio. La castità coniugale è un valore che non ha bisogno di essere rivelato: è iscritto nella natura dell’uomo. Chi muore anche per la verità più lontana dal centro della fede, per una verità che costituisce una propaggine della fede, muore per tutta la fede. Invece vi sono alcuni che, per voler essere ecumenici (oggi va tanto di moda), dicono che per andare d’accordo con i fratelli separati basta differenziare le verità di fede. Ci sono delle verità di fede sostanziali (la Trinità, l’incarnazione ecc.) e delle verità di fede secondarie. Fra queste ultime ci sono — Dio mi pedoni — verità riguardo la Madonna, i santi e persino i sacramenti. Ovviamente la linea che separa le une dalle altre è assolutamente arbitraria. Contro questi "ecumenici" san Tommaso dice: "Il motivo per cui crediamo le verità rivelate da Dio non si differenzia secondo quella o quell’altra verità. Si crede non per il contenuto che Dio ha rivelato, ma per il fatto che Dio si è rivelato". Quindi tutte le verità della fede sono ugualmente importanti: o si crede tutto o, se si eccettua qualcosa, non si crede più. San Tommaso su questo punto è stato severo. E la Chiesa ha fatto sua la dottrina di lui. Gli eretici mantengono qualche verità, ma ne rigettano qualche altra, a loro piacimento. Per esempio credono nella Trinità, ma non nel sacramento del matrimonio. Così fanno una scelta. Invece per il Signore tutte le verità, speculative o morali, fanno parte dell’unica, inscindibile e completa verità.

San Giovanni, morendo per la santità del matrimonio, è veramente un martire della fede. Si deve all’occorrenza morire anche per le verità di ordine pratico e morale.

Aggiungo solo una parola circa il motivo del martirio di San Giovanni in riferimento ai tre personaggi del dramma: Erode, Erodiade e Salomè. Questo ultimo è il nome della ragazza, che non risulta dal testo evangelico, ma dalla tradizione.

Alcune considerazioni su Erode. Erode è un esempio concreto del sillogismo del peccatore. La recta ratio dell’agire, il corretto giudizio sul piano morale, risultato della virtù della prudenza, non sono puramente razionali. Il ragionamento matematico, per esempio, in quanto speculativo, non è influenzato dalle disposizioni affettive dello stesso matematico. Invece la razionalità pratica, dice San Tommaso d’Aquino, è un’estensione della razionalità speculativa ed è finalizzata all’azione, le azioni sono sempre motivate anche affettivamente. Nell’agire tendiamo sempre a realizzare qualcosa che ci appare come buono. Perciò, per valutare correttamente il bene e il male, non basta essere intelligenti, bisogna anche essere coerenti, bisogna avere un’affettività giustamente impostata e ordinata. Pensate per esempio all’antico testamento. Là si tuona contro i giudici che si lasciano corrompere. Il giudice sa benissimo di fare del male, ma la sua avidità è tale che sottopone il bene della giustizia al suo interesse personale. Cosa lo fa sragionare? Non la mancanza d’intelligenza, ma il disordine passionale. Così anche Erode è incostante. Egli condivide qualche verità, ascolta volentieri il Battista, s’intrattiene con lui, sa di avere davanti a sé un vero profeta, ma non ha costanza nella fede. A causa di che cosa? A causa delle passioni. Basta che Salome si metta a danzare un po’ e sùbito la sua scarsa razionalità soccombe alla prepotenza delle passioni. Cambia immediatamente parere e in maniera sconsiderata le dice: "Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, foss’anche la metà del mio regno" (Mc 6, 23).

Erode fu molto incauto. San Tommaso afferma che i sovrani dovrebbero essere prudenti, anzi prudentissimi, perché spetta a loro governare non solo sé stessi, ma intere nazioni. Invece in Erode la prudenza fu corrotta dalla sua passionalità.

Vorrei che meditaste sull’infernale sposalizio tra la sensualità rappresentata da una ragazzina, Salome, e la crudeltà del potere, rappresentata da Erodiade. La storia sia antica che recente ci presenta spesso queste figure. Per esempio Messalina, la terza moglie dell’imperatore Claudio, dipinta da Tacito come donna dispotica e dissoluta. Oppure Agrippina Minore, la madre di Nerone, femmina ambiziosa e crudele. La prima fu depravata sul piano del concupiscibile, la seconda sul piano dell’irascibile. Un’altra figura assetata di potere fu la shakespeariana Lady Macbeth, per molti versi simile a Erodiade. In loro la crudeltà e la brama di potere si alleano con la sensualità. Non posso citare certi esempi contemporanei, perché mi mancano le espressioni. C’è chi dice: "Per avere la pace, per non fare la guerra, basta darsi ai piaceri di ordine sensibile". Cosa succede? Succede che non c’è meno violenza. La violenza, che prima poteva essere anche giusta, diventa solo ingiusta, solo crudele e solo vile! Ecco, che cosa ci guadagneremmo. C’è in tutti noi una misteriosa aggressività, una brama smodata e una tendenza al male che viene dal peccato delle origini. Da qui la necessità di una lotta ascetica, della quale oggi, anche uomini di Chiesa, non parlano più con il pretesto di respingere il "dualismo di anima e di corpo". Non vogliono sentirsi chiamare antiquati, repressi, complessati. Ora in realtà, cari fratelli, diciamocelo chiaramente, non ci sono scelte: o abbassarci a livello di bestie o, pur accettando la rinuncia, innalzarci alla dignità dei Santi: non ci sono altre vie. Io, ve lo dico sinceramente, preferisco la seconda via, anche se la più ardua, non priva di lotte e sofferenze. Non voglio scorciatoie per la felicità, ma preferisco la via dei Santi.

Alla depravazione dobbiamo opporre la nostra morale cattolica, morale che non cambia. Ho sentito con queste mie povere orecchie persone che negli anni Sessanta dicevano: "la droga ci fa buoni". I Beatles hanno cominciato a cantare su temi di droga, facendo così propaganda. Cosa mi è toccato sentire? Non già la voce limpida e chiara di san Giovanni Battista, non già la voce del profeta che gridava non licet tibi!, ma ho sentito: "bisogna comprendere quei giovanotti, devono fare le loro esperienze...". Adesso ne vediamo le conseguenze infernali. Chi ha fatto del bene a quei giovani? Coloro che hanno alzato la voce o coloro che sono stati zitti?

Vedete, cari fratelli, come il mondo cade nell’errore rispetto al bene e al male? Pensate a quel veleno del mondo di oggi, che distrugge le anime giovanili. Pregate, perché sappiamo dal vangelo che certi demòni non possono essere cacciati se non con il digiuno e con la preghiera. Pregate per i giovani, perché il Signore li sostenga e possano essere aiutati ad anteporre l’eccellenza della fede cattolica a queste mene dell’inferno e il Signore possa sostenerci tutti con quella parola che tutto sostiene, con la parola della sua verità e così sia.