Trascrizione dell’omelia di p. Tomas Tyn
S. TERESINA DEL BAMBIN GESÙ

Oggi sabato 3 ottobre secondo l’antico calendario romano del quale ci è concesso l’uso si celebra la festa di una grande santa, di S. Teresa detta del Bambino Gesù. Infatti voi conoscete l’antica bella usanza dell’ordine carmelitano, cioè che ogni religioso (e religiosa) assume un titolo particolare, proprio per farne un esempio per tutta la sua vita. Ecco, cari fratelli è proprio ammirevole la carriera, è il caso di dirlo dando alla parola il giusto significato — in francese significa quello che significava all’origine, la corsa — ebbene è interessante questa corsa spirituale di S. Teresa: in breve tempo — morì giovanissima, a 24 anni — in breve tempo raggiunse le vette della santità, la mistica salita al monte Carmelo, secondo l’insegnamento del grande confratello dell’ordine carmelitano S. Giovanni della Croce.

Ma vedete, cari fratelli, il fine da raggiungere, la meta del cammino spirituale è uguale per tutti: è il Paradiso, il regno dei cieli, è la trasformazione, la divinizzazione dell’uomo. E però le vie sono diverse e proprio il confronto fra due santi carmelitani, l’austero S. Giovanni della Croce e S. Teresa del Bambin Gesù, ebbene è la prova della diversità delle vie e l’identità dell’unico fine.

Cari fratelli, voi sapete bene che recentemente ci sono stati attacchi maliziosi, come d’altra parte non ci sorprende poiché ormai nulla di ciò che è buono, nulla di ciò che è vero può essere lasciato tranquillo e in pace. È cosa interessantissima questa, si parla tanto in questi ultimi tempi dei segni dei tempi, ci sono molti scrutatori dei segni dei tempi, ma, ahimè, quale strana interpretazione danno loro a quello che ci succede, in parecchie circostanze rimango un po’ sgomento quando si parla a proposito (e per lo più a sproposito) del profetismo, adesso sembra quasi che tutti siano profeti, una novella pentecoste, una effusione dello Spirito Santo, di fatto si assiste ad una confusione mentale senza pari, una confusione ed una insensibilità spirituale tale che non si riesce a distinguere più il bene dal male, il principio di non contraddizione che crolla e l’irrazionale che incontrastato trionfa.

Cari fratelli, il Signore è il Logos, il Logos era presso Dio, il Logos era Dio. Vedete, il Signore è essenzialmente razionalità, perché Dio è Spirito e lo Spirito vuol dire intelligenza, quindi lo Spirito vuol dire la stima dell’essere e il principio dell’identità ed il principio della non contraddizione. Ma se è disastrosa l’irrazionalità già a livello della logica, a livello delle discipline per così dire speculative, pensate, cari fratelli, pensate quanto più disastrosa per la sorte dell’anima è appunto l’incapacità di distinguere su un piano morale fra il bene ed il male. "Guai a voi" esclama il profeta Isaia, questa volta un vero profeta cari fratelli — i profeti veri sono pochi perciò essendo essi rari bisogna stimarli molto — ebbene il profeta dice appunto: "guai a voi che confondete il bene con il male, il dolce con l’amaro". Ma questa sembra una dottrina dei tempi passati, sembra un’ingenuità preconciliare per così dire, quella di distinguere ancora secondo il buon senso tra il bene ed il male. Oggi abbiamo la morale della situazione, abbiamo la morale del proporzionalismo! Ebbene possiamo stare tranquilli, il bene ed il male hanno dei confini piuttosto sfumati, secondo quanto pensano questi rinnovatori ad oltranza, ma poi di fatto corruttori della santa Chiesa.

Vedete allora, cari fratelli, se con maggiore serenità, con maggiore onestà ci accostiamo a scrutare i segni dei tempi, questo il Signore vuole da noi, questo è doveroso: la capacità di vivere la storia con l’attenzione a ciò che succede in essa, ma non già per esaltare noi stessi. Vedete, è mancanza di coraggio da parte di quegli spavaldi — ma sappiamo bene che gli spavaldi sono quelli che cercano di ottenere delle sicurezze apparenti proprio perché non hanno quelle vere — ebbene questi spavaldi manifestano la loro insicurezza proprio perché hanno bisogno continuamente di incensarsi e di lusingarsi. C’è pace da per tutto, tutto prospera per il meglio, non hanno il coraggio di guardare la verità in faccia. Persino nel tempio santo del Signore, persino la Chiesa di Dio, non dico la sposa di Cristo che è sempre senza ruga e senza macchia, intendo alludere ai poveri uomini di Chiesa di cui tutti facciamo parte, ebbene manca questo senso di discernimento fra il bene e il male.

A che cosa mi riferisco? Voi sapete di quell’infame libro che si scatenò contro S. Teresa di Lisieux e che trovò tanti consensi. Ecco, vedete i segni dei tempi, basta andare in libreria, anche cattolica, per vedere fino a che punto siamo arrivati: delle cose veramente abominevoli che riscuotono successo anche editoriale, perché scandalizzare è una cosa che diverte, ma dall’altra parte libri buoni autentici dei quali non si trova l’edizione in nessun modo. Ad esempio, quando cerco libri mistici, ad esempio S. Tommaso che non era uno scandalizzatore ma un grande edificatore, quando cerco questi testi, anche testi patristici, ma i santi Padri hanno avuto una sorte più fortunata, comunque andando in biblioteca a cercare i grandi commentatori, i testi di morale, i grandi testi di dogmatica, che cosa si trova? Si trovano dei compendi, se tutto va bene, di solito non si trova proprio niente. Invece si trovano facilmente libri che scandalizzano e nessuno osa alzare la voce. Anche qua c’è questa cattiva prudenza, questo dire "va bene, non turbiamo troppo le acque".

Cari fratelli, non è questo lo stile della Chiesa. La Chiesa ha sempre preteso la chiarezza e il coraggio intellettuale e morale di dire con chiarezza come vanno le cose. D’altra parte sarei un figlio degenere di tanto padre S. Domenico il quale sempre si considerava Domini canis, il cane del Signore, come quel detto del profeta Isaia che si scatena contro i falsi profeti, i profeti lusinghieri, i profeti adulatori, i profeti pacifisti, anche allora, cani muti che non sanno latrare. Cerchiamo di essere un po’ cani del Signore e di latrare per onorare il Signore Iddio. Quello che è preoccupante in questi attacchi, per esempio quello contro S. Maria Goretti, è che c’è questa malvagità dell’uomo che si scatena contro i Santi. È la malvagità stessa di satana, solo che è ancora mescolata alla malvagità umana e alla meschinità umana, alla stupidità umana, perché satana è troppo intelligente per sferrare questi attacchi, però si compiace della malizia dell’uomo combinata con quella stoltezza che conosciamo.

A che cosa mi riferisco ? Cari fratelli, quando ci si accinge ad aiutare le anime dei Santi, bisogna essere santi per ottenerla, ma almeno bisogna avere il desiderio sincero della santità, ma in queste persone il desiderio vero non c’è, anzi c’è il desiderio inconfessato di trascinare nel fango le cose più sublimi di Dio.

Mi viene sempre in mente il libro dell’Apocalisse con la visione del dragone rosso che con la sua coda trascina dal cielo un terzo delle stelle. Già nel mito antico — interessante questo aspetto — esiste questa continua rivoluzione, questa continua insorgenza delle forze titaniche contro le luminose realtà del cielo, la scalata dell’Olimpo da parte dei Titani. È un vero paradigma vedete, si trattava del tersitismo. Tersite, il chiacchierone spudorato, il quale se la prende con i capi, Agamennone, Ulisse; ci vuole un nuovo Ulisse per castigare i tersiti che si stanno moltiplicando a dismisura!

Vedete, Tersite se la prende con l’autorità. Perché? Per invidia. Quindi l’invidia è un terribile morbo dell’anima, l’invidia può anche essere buona, per esempio invidiare i santi, quasi volere per noi con l’ingenuità di un bambino (oggi festeggiamo una santa che ha fatto sua la strada dell’infanzia spirituale) innamorati di Dio e della santità cercare innanzi tutto il regno dei cieli e la sua giustizia, poi imitare coloro che ci hanno preceduti su quella via. Vedete, cari fratelli, questa è una santa invidia, quella che vuole per sé lo stesso bene del prossimo, invece c’è un’invidia malvagia, spaventosa e non avrò mai abbastanza parole per condannarla e per mettervi in guardia di fronte ad essa.

Queste cose costituiscono un grave pericolo spirituale perché si insinuano anche in maniera assolutamente inconsapevole. È quello, cari fratelli, che mi fa così spaventare. Magari se tutte le tentazioni venissero in maniera lucida! Ci sono tentazioni subdole, così in tutta la società serpeggia questo spirito di invidia, invidia istituzionalizzata, c’è sempre qualche idea che parte da qualche cattedra per lo più germanica, poi stranamente queste idee esagerate intellettuali tedesche a distanza di cento anni noi le ritroviamo come mentalità popolare. Come mai, cari fratelli? Ho pensato parecchie volte, come mai la mentalità popolare non si lascia influenzare dallo splendido pensiero di antichi pensatori come potevano essere Aristotele, Platone o i grandi del medioevo come S. Anselmo, S. Bonaventura, S. Tommaso. Perché mai? Perché hanno successo i maestri del dubbio ? Perché trionfa Nietzsche, Freud e Marx, per dirla con chiarezza? Anche il marxismo, non c’è bisogno di iscriversi al partito comunista, basta una certa mentalità che oggi trionfa già. Ha molta importanza essere in un buon partito con buoni pensieri e non lasciarsi turlupinare l’anima dall’orrore dell’invidia, non solo quella a tu per tu, quasi quella a livello contadino, anche quella è grave, invidiare il prossimo a livello di beni fisici.

C’è un’invidia molto più profonda, l’invidia dei beni spirituali, peccato contro lo Spirito Santo, perché nulla si oppone di più alla carità. Perché la carità consiste nell’amare il prossimo di elezione, amare il prossimo nel Signore, amarlo in vista del Signore.

Il Signore ha posto tutto il compendio della santa legge, l’unica via della santità in questo: amare, amare Iddio sopra di tutto ed amare il prossimo in Dio ed in vista di Dio. Vedete, cari fratelli, come alla carità e a questa santità si oppone l’invidia della fraterna gloria: ecco il peccato di coloro che se la prendono con i santi. È l’invidia della fraterna gloria, invidiare il bene spirituale del prossimo. C’è sotto sotto questa mentalità meschina, spaventosa, che vuole giustificare la propria mediocrità.

Eraclito di Efeso, mentre giocava con altri ragazzetti in un tempietto — giocavano a dadi — vennero gli ateniesi ad omaggiarlo, dicendo: "Grande filosofo, vieni con noi a deliberare nel consiglio del senato della città! Perché ti dedichi a questi giochi da fanciulli?" Eraclito rispose: è meglio giocare con i ragazzini piuttosto che partecipare con voi al governo della città così disastrata. Perché diceva così? Perché avevano esiliato un suo amico semplicemente perché eccelleva sugli altri cittadini. Vedete che l’invidia non è una cosa nuova.

Al giorno d’oggi la meschinità e l’invidia non è qualcosa di personale, ma è qualcosa che fa quasi parte delle istituzioni, una mentalità universalmente condivisa, la santità non deve esserci perché la santità è troppo alta per noi, non vogliamo saperne niente delle tue vie, o Signore. E perché non vogliamo saperne nulla? Perché ci compiacciamo della nostra mediocrità. Vedete, cari fratelli, è un tranello terribile di satana far credere all’uomo che è umile quando aderisce a sé stesso!

È già passato il tempo e volevo anche parlarvi della spiritualità di S. Teresa (e non solo delle polemiche scatenate su S. Teresa); dunque parleremo della virtù dell’umiltà in senso positivo.

Il pericolo dell’umiltà, che è una virtù morale e dunque sta nel giusto mezzo, è che il peccato può avvenire in due modi : sia per superbia, per difetto di umiltà, ma anche per avvilimento, per apparente eccesso di umiltà. Spesso, cari fratelli, l’avvilire noi stessi con un certo senso di ostentazione, che è contro la verità del nostro essere umano, significa la più grande superbia che ci sia. Oggi ci sono questi materialisti, questi riduzionisti che dicono: la dimensione spirituale dell’uomo, la santità, aspirare a Dio, tutte cose ridicole, sotto sotto ci sono dei condizionamenti sociali, voi sapete quel libro veramente tremendo, S. Teresa non poteva fare altrimenti perché il ruolo della donna dell’ottocento era quello e la società le ha imposto di essere monaca. Oppure si dice: aveva delle pulsioni che l’hanno portata ad essere così, quindi niente santità, niente amore per il Signore, niente benevolenza, niente sovranatura: semplicemente era spinta dalla più immediata istintualità a farsi non santa, ma a farsi così eroica. Questo è l’attacco mosso contro S. Teresa. Come rispondiamo noi ? Rispondiamo che uno dei peccati più orribili contro lo Spirito Santo è peccare contro lo Spirito in quanto elargitore di doni. Noi diciamo nel credo che lo Spirito Santo è datore dei doni, lo Spirito Vivente. Mi piace molto la lapide che c’era una volta in una università: c’era scritto: allo spirito vivente (in tedesco nel testo). Purtroppo la filosofia tedesca, come ho detto in precedenza, spesso separa la vita dallo spirito. Ci fu chi osò dire che l’anima sia insidiata quasi dall’intelligenza, insidiata quasi dallo Spirito, come ci fosse da un lato un insieme di forze vitali, la psiche, l’anima e contro la psiche ci sarebbe la gnosis, il pneuma che insidia l’anima quasi mortificandola perché secondo loro lo spirito sarebbe niente.

Invece verbum spirans amorem, il verbo che respira l’amore, lo Spirito del Signore non è solo intelligenza, ma è vita ed è amore. Così pensate come la teologia trinitaria ci rivela la partecipazione nella vita trinitaria a Dio, la dimensione spirituale dell’uomo, a parte le pulsioni interiori, porta in sé l’amore di Dio. C’è una affettività, secondo la psicologia di S. Tommaso, che fa vedere come in ogni strato dell’anima c’è sempre questa dualità del conoscere e dell’amare. Ovvero conoscere e tendere.

Negli esseri non pensanti non si può parlare di conoscenza e di amore ma di una costituzione formale tramite l’essenza con la tendenza finalistica. Vedete, essenza, forma, parlando in termini aristotelici, con la tendenza.

Bene, non voglio stancarvi con altra filosofia, passiamo alla spiritualità della santa di Lisieux. Anzitutto la sua essenzialità. Vedete, S. Teresa si fece santa in questa grande carriera, passava veramente da onore in onore con quell’onore che il Signore solo sa dare ai suoi amici. Passava alle vette della santità con questa velocità straordinaria soprattutto per la sua semplicità ed essenzialità. S. Teresa è molto razionale sotto un certo aspetto, sempre prevede il fine. Che cosa voglio? Voglio farmi santa. Bene, quali mezzi adopererò? Una velocità implacabile. Poi lascia da parte tutti gli altri mezzi e sceglie una strada sola per concentrarsi su questo unico mezzo per ottenere la salvezza eterna. Allora la sua strada scelta in particolare è quella che Gesù ci ha annunciato nel vangelo.

Un grande dono mistico concesso ai Santi è di dare un’interpretazione spirituale della lettera della sacra scrittura. Noi leggiamo questo brano, certo ci edifica, però non ne cogliamo il significato profondo, il significato spirituale, il significato che edifica ancora più profondamente, quel significato che non è attribuibile allo strumento umano, ma allo Spirito Santo che ha ispirato le scritture. S. Teresa ebbe questo dono mistico di leggere questo brano e di rendersi conto, quando Gesù benedice i fanciulli e dice: "lasciate che i piccoli vengano da me e chi si farà piccolo sarà grande nel regno dei cieli".

S. Teresa ha capito che con questo Gesù insegnava una via particolare alla santità, la via dell’infanzia spirituale. Però se voi leggete il Diario di S. Teresa voi capirete che è un’infanzia proprio come l’interpreta S. Girolamo, dice: "bisogna farci bambini per entrare nel regno dei cieli, ma bambini non per quanto riguarda l’arretratezza intellettuale, ci sono molti cristiani che dicono: facciamoci bambini, quindi niente cultura, niente pensiero, questo non è farci bambini, è farci primitivi, è un’altra cosa. Quindi non imitare i bambini in questa dabbenaggine, in questa superficialità, ma imitarli in che cosa? Anzitutto imitarli nell’umiltà poi nella docilità e nella fantasia. L’umiltà, in che cosa consiste ? Consiste nella saggezza di riconoscere la nostra limitatezza. Mi viene in mente Socrate, anche la filosofia esprime questo valore religioso, ogni filosofia buona è almeno naturalmente religiosa, non c’è nessun dubbio, allora Socrate aveva intuito questo: la vera saggezza del "conosci te stesso" riconosce che solo Dio è sapiente, che noi nulla sappiamo, la mia saggezza è quella di sapere che non so proprio nulla. Vedete la "stolta ignoranthia" di S. Bonaventura. Vedete, il Signore resiste ai superbi, ma si china verso gli umili, come è grande chi si fa piccolo davanti al Signore! Questa piccolezza non conduce all’avvilimento, al nichilismo. Conduce a che cosa? Conduce alla pace dell’anima.

È meravigliosa questa grande pace che c’è in S. Teresa, nulla poteva strapparla a questa adesione alla pace in Dio. Penso a quel salmo che dice: come un bimbo appena svezzato in braccio a sua madre, così è la mia anima in te o Signore. Veramente la vita di S. Teresa è ad imitazione di questo versetto del salmo. Secondo aspetto la virilità della dottrina spirituale di S. Teresa. C’è tanta gente sapete che dice: infanzia spirituale, cose da bambini, non leggono nemmeno questo libro, invece niente sdolcinature, niente spiritualità oserei dire femminile, spiritualità sommamente virile. Perché, in che cosa consiste questa infanzia spirituale ? Nell’umiltà di cercare non delle stravaganti penitenze, ma S. Teresa non rimaneva senza penitenze, perché senza penitenze, cari fratelli, sarò un po’ all’antica o preconciliare, ma senza penitenze non ci si fa santi. Ci sono due ali che portano in Paradiso: un’ala è la penitenza che ci distacca da noi, l’altra è la preghiera che ci attacca a Dio. Non c’è altro metodo. Le penitenze di S. Teresa non consistevano in flagellazioni, cilici e chissà quali altre cose, no, consistevano nel preciso adempimento, giorno per giorno, di tutti i suoi doveri. La sua superiora la santificava molto, diciamo così, non la trattava con benevolenza, per nulla, la maltrattava, era terribile, era inconsapevole del male che faceva a quella povera suora. Però S. Teresa sottomettendosi a queste dure, terribili obbedienze ebbene si fece santa. Ancora questo, per affrontare la sofferenza quanta gioia, quanto attaccamento all’amore misericordioso del Signore. Perciò una spiritualità duplice della santa: da un lato S. Teresa del Bambino Gesù e poi del Santo Volto, sapete come lei adorava il Volto insanguinato del Signore che si umiliò fino alla morte in Croce.

Un’ultima ultimissima cosa: S. Teresa, con questo suo essenzialismo, chiamiamolo così nel senso di andare subito all’essenziale, si chiede: che cosa devo essere io nella Chiesa? Legge S. Paolo, una stupenda pagina che è scritta anche nel breviario, prima lettera ai Corinzi, capitolo 12, famosissimo seguito dal capitolo 13, l’inno alla carità, il capitolo 12 parla dei carismi, la Chiesa che è il corpo del Signore, nel corpo ci sono diversi organi così nella Chiesa ci sono profeti, dottori, apostoli, ciascuno ha il suo compito. Quale è il mio compito? Si chiedeva S. Teresa con ansia. A un certo punto diceva: se la Chiesa è un corpo, deve avere anche un cuore ed io ho capito che la Chiesa ha anche un cuore che è pieno della carità di essa. Allora ho capito quale sarà il mio posto nella Chiesa, essere nel cuore della Chiesa.

Ecco, cari fratelli, molto importante questo, l’anima contemplativa di S .Teresa, perché l’amore è contemplazione. Pensate la sua via mistica è stata poco favorita, dicono gli autori di spiritualità che non aveva tanti doni intellettivi dello Spirito Santo, perché Dio nella sua storia, nella storia di ogni anima un po’ particolare e in S. Teresa quali erano i doni? Il dono della pietà, per esempio, meno il dono dell’intelletto e della sapienza. Però, cari fratelli, avere carità significa anche avere esperienza di Dio, vedete, la vita mistica non è altro che quella: amare, gustare, per poter godere della presenza di Dio dono increato, presente nel dono creato della sua partecipazione che e è la carità, giacché Dio è amore e chi ama sta in Dio e Dio in lui.