Reverendi e cari fratelli in Cristo, siete stati molto presenti nelle mie preghiere fin dall?inizio del cosiddetto cammino sinodale. Dopo la conclusione della quinta Assemblea sinodale, l?11 marzo scorso a Francoforte sul Meno, ho pregato soprattutto per voi, affinché restiate fedeli alla Tradizione apostolica, alle verità di fede e di morale che Cristo ci ha trasmesso nella Chiesa e che noi, come sacerdoti, abbiamo il compito di custodire e promuovere.
Mai come oggi i fedeli hanno bisogno di sacerdoti che annuncino loro la verità, che portino loro Cristo, soprattutto nei Sacramenti, e che li guidino e governino sulla via di Cristo.
Posso solo immaginare la vostra profonda tristezza per le posizioni assunte dall?Assemblea, compresa la grande maggioranza dei Vescovi, che sono direttamente opposte a ciò che la Chiesa ha sempre e ovunque insegnato e praticato.
Condivido la vostra tristezza e vivo la tentazione dello scoraggiamento, che senza dubbio sperimentate anche voi. In momenti come questi, che i sacerdoti hanno sperimentato in altri momenti della storia della Chiesa, dobbiamo ricordare la promessa che Nostro Signore, che non mente mai ed è sempre fedele alle sue promesse, ci ha fatto quando, alla sua Ascensione, ha messo nelle nostre mani la missione apostolica: ?? ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo? (Mt 28, 20).
Prendendo a cuore, ancora una volta, la missione e la promessa di Nostro Signore, dobbiamo continuare a lottare, dobbiamo essere suoi fedeli ?compagni di lavoro nella verità? (3 Gv 8).
In tempi come questi, quando anche i vescovi tradiscono la tradizione apostolica, i vescovi fedeli, i sacerdoti, le persone consacrate e i fedeli laici dovranno necessariamente soffrire molto proprio a causa della loro fedeltà.
Mentre iniziamo la Settimana Santa, la settimana della Passione e Morte di Nostro Signore, e anticipiamo la Pasqua, il tempo della Sua Risurrezione e Ascensione, prendiamo a cuore le Sue parole a coloro che sarebbero stati Suoi discepoli: ?Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua? (Mt 16, 24).
In questi giorni più santi, Nostro Signore riversa dal suo Cuore glorioso e trafitto le forti grazie della sua vittoria sul peccato e sulla morte per rafforzarci a essere discepoli buoni, fedeli e generosi. Durante la Settimana Santa e il periodo pasquale, eleviamo al Sacro Cuore di Gesù, soprattutto attraverso il Sacrificio Eucaristico, le sofferenze del Suo Corpo Mistico, la Chiesa, che sta attraversando un periodo di confusione e di errore dilaganti, i cui frutti sono la divisione, l?apostasia e lo scisma.
Ricordiamoci sempre, soprattutto quando la sofferenza che sopportiamo sembra troppo grande da sopportare, che non siamo soli, che Cristo è vivo in noi, che la grazia divina ? santificante e attuale ? è all?opera in noi.
Ricordiamo sempre le parole di Nostro Signore alla sua Vergine Madre e a San Giovanni Apostolo ed Evangelista, con cui ci troviamo misticamente ai piedi della croce: ?Donna, ecco tuo figlio? Ecco tua madre? (Gv 19, 26-27).
La Madre di Dio è la Madre della Grazia divina ed è, in modo particolare, la Madre dei sacerdoti che, nel suo Figlio divino, portano innumerevoli grazie a molte anime.
La Vergine Madre di Nostro Signore è sempre al nostro fianco, anche quando ci istruisce amorevolmente: ?Fate quello che vi dirà? (Gv 2, 5).
Uniti nel cuore con il Sacro Cuore di Gesù, attraverso il Cuore Immacolato di Maria, godiamo anche della comunione di tutti i santi che non mancheranno mai di assisterci, se solo invochiamo la loro intercessione. Nei momenti bui, non dimentichiamo la realtà e l?esortazione divinamente pronunciata nella Lettera agli Ebrei: ?Poiché dunque siamo circondati da una così grande nube di testimoni, deponiamo anche noi ogni peso e il peccato che ci stringe tanto, e corriamo con perseveranza la corsa che ci è posta davanti, guardando a Gesù, pioniere e perfezionatore della nostra fede, il quale per la gioia che gli è stata posta davanti ha sopportato la croce, disprezzando l?onta, e siede alla destra del trono di Dio? (Eb 12, 1-2).
Per concludere, vi assicuro la mia unione con voi e le mie preghiere quotidiane per voi. Come i discepoli sulla strada di Emmaus, siamo stati scoraggiati per un certo tempo davanti al Mistero dell?Iniquità, ma ora, con gli occhi fissi su Nostro Signore Risorto e sul Suo insegnamento immutabile, che i nostri cuori siano rinnovati in ardore dalla Sua grazia (Lc 24, 32).
Vi esorto a essere vicini a Nostro Signore che ci ha scelti per essere suoi fratelli nel Sacerdozio e ad essere vicini gli uni agli altri nell?amore puro e disinteressato per la Chiesa, Suo Corpo Mistico, e nella sofferenza offerta per amore Suo e dei nostri fratelli e sorelle per i quali siamo stati ordinati come veri pastori.
Con il più profondo affetto paterno, imparto a voi e al gregge di Nostro Signore affidato alle vostre cure sacerdotali la mia benedizione.
Raymond Leo Cardinale Burke
Roma
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]]>Il Rescritto, infatti, sovverte la base sul quale si fonda proprio Traditionis custodes, le cui prime parole, eco di Lumen gentium n. 23 (la costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II sulla Chiesa) sono destinate ai Vescovi: «Custodi della tradizione ? esordisce il preambolo del Motu Proprio di papa Francesco che modifica il m.p. Summorum Pontificum di Benedetto XVI ? i vescovi, in comunione con il vescovo di Roma, costituiscono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari».
Ma se Traditionis custodes aveva puntato sui Vescovi diocesani per una regolamentazione dell?uso delle forme liturgiche anteriori alle riforme post-conciliari, il Rescritto del 21 febbraio scorso rovescia quel principio riservando alla Santa Sede (e dunque al Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti) la regolazione di un?intera materia che però, di per sé, sarebbe stata demandata alla discrezionalità dei singoli Ordinari locali dallo stesso provvedimento al quale il Rescritto dice di voler dare ?implemento?. Siamo, dunque, davanti a un paradosso kafkiano ? logico prima ancora che giuridico ? per il quale la stessa Autorità che con un atto normativo dispone una cosa, con un successivo atto revoca, di fatto, il precedente principio, senza però formalizzare tale ?inversione di marcia?, e dunque lasciando una contraddizione insolubile.
Se, infatti, Traditionis custodes, all?art. 2, facendo eco al già citato magistero conciliare, afferma indiscutibilmente che «al vescovo diocesano, quale moderatore, promotore e custode di tutta la vita liturgica nella Chiesa particolare a lui affidata, spetta regolare le celebrazioni liturgiche nella propria diocesi» e che «pertanto, è sua esclusiva competenza autorizzare l?uso del Missale Romanum del 1962 nella diocesi, seguendo gli orientamenti dalla Sede Apostolica», col Rescriptum del 21 febbraio si limita quella competenza, nonostante sia stata definita ?esclusiva?, affermando esservi una nuova riserva di giurisdizione da parte della Sede Apostolica ai sensi dell?ultima parte del can. 87, §1 del Codice di Diritto Canonico; detto canone, infatti, stabilisce che: «Il Vescovo diocesano può dispensare validamente i fedeli, ogniqualvolta egli giudichi che ciò giovi al loro bene spirituale, dalle leggi disciplinari sia universali sia particolari date dalla suprema autorità della Chiesa per il suo territorio o per i suoi sudditi, tuttavia non dalle leggi processuali o penali, né da quelle la cui dispensa è riservata in modo speciale alla Sede Apostolica o ad un?altra autorità».
A prima vista la questione appare poco chiara: perché mai in un Rescritto che riguarda l?uso della liturgia anteriore alla riforma liturgica del Anni ?70 si viene a citare il canone che riguarda le dispense, e cioè l?esonero dall?osservanza di una legge puramente ecclesiastica che il Vescovo può concedere in un caso particolare (cf. can. 85)? La risposta è nella prassi che si è invalsa in alcune diocesi all?indomani dell?entrata in vigore del m.p. Traditionis custodes, mediante la quale taluni Ordinari hanno ritenuto opportuno ? esercitando quella discrezionalità che lo stesso Motu Proprio riconosceva loro ? esimersi dall?osservanza del disposto normativo papale concedendo licenze ai loro sacerdoti diocesani per la celebrazione della S. Messa secondo le rubriche del Messale del 1962, permettendo la stessa celebrazione in chiese parrocchiali, o erigendo cappellanie o parrocchie personali di Rito antico. Ciò ha fatto sì che lo zelante Prefetto del Dicastero del Culto, l?oggi card. Arthur Roche, nonostante vi fossero delle norme ben precise in materia dettate nientemeno dal Papa in persona (cf. Traditionis custodes, artt. 3 e 4) con le quali, in modo dettagliato, si regolava la materia con le quali la Santa Sede si riservava solo di fornire ?orientamenti?, sollecitato probabilmente da una imprudente pubblicità dei blog ?tradizionalisti?, abbia in più occasioni bacchettato vari vescovi che si sarebbero ?permessi? di non aderire pedissequamente al Motu Proprio di papa Francesco, valendosi proprio della possibilità del can. 87, §1 CIC.
Questo, dunque, il presupposto fattuale da cui indubbiamente nasce il Rescritto del 21 febbraio, preceduto da meticolosi Responsa ad dubia con le fanaticissime Note esplicative del 4 dicembre 2021, il cui contenuto andava comunque ben oltre il citato concetto di ?orientamento? contenuto nell?art. 2 di Traditionis custodes.
Su questi Responsa, peraltro il Rescritto sembra voler mettere un ulteriore sigillo di ?legittimità autentica? sottolineando come essi, dopo l?assenso alla pubblicazione a suo tempo concesso, siano stati ulteriormente ?confermati? in occasione dell?ultima udienza di tabella. Tuttavia sul punto va specificato che non si tratta di una «approvazione in forma specifica» del documento richiamato, ma solo di un ?assenso? alla pubblicazione, il che non comporta di per sé che l?atto in questione possa essere considerato come avente ?paternità pontificia?, e che per ciò stesso sia da considerare come ?non impugnabile?, ma solo che esso goda di una certa stabilità, in forza del Superiore Assenso ricevuto alla pubblicazione (come successe di recente il Responsum ad dubium circa la benedizione di coppie omosessuali del 21 febbraio 2021).
Va comunque specificato che tali procedure, nell?attuale prassi curiale, sono alquanto disinvolte, basti pensare a tutti i decreti dei dicasteri ?approvati in forma specifica?, contenenti disposizioni personali come le dimissioni dallo stato clericale o dallo stato religioso in esito a dubbi procedimenti amministrativi: di tali atti il Papa, ipso facto, apponendovi la firma in calce, si assume la paternità e dunque, implicitamente, la responsabilità, senza tuttavia che egli probabilmente sia effettivamente e completamente consapevole del contenuto o di quanto è accaduto in quel singolo caso. Una prassi malsana, dunque, e molto pericolosa perché in forza di un meccanismo amministrativo tritacarne, privo di qualsiasi garanzia giuridica perché orbitante nella più assoluta arbitraria discrezionalità, rende il Papa complice dell?amministrazione stessa, e dunque, di fatto, ostaggio di decisioni altrui. Alla luce di ciò ? e senza volersi addentrare in un complessissimo quanto sdrucciolevole ginepraio ? non solo la conferma dell?assenso, ma anche lo stesso Rescritto perdono in qualche modo valore, tanto giuridico quanto morale, perché se fino a qualche tempo addietro tali procedure speciali (così riconosciute dall?attualmente vigente Regolamento della Curia Romana, cf. art. 126) avevano il senso di rimarcare in modo particolare l?intervento del Pontefice in materie di fede e di costumi, oggi sembrano piuttosto essere l?esibizione di una forzata blindatura che cela una profonda quanto imbarazzante insicurezza: se, infatti, prima vigeva il rassicurante adagio Roma locuta, quaestio soluta, oggi sembra piuttosto che la posizione che Roma assume sia l?origine del caos, dell?incertezza giuridica e dunque della instabilità istituzionale, che assai spesso si traduce in imbarazzanti contraddizioni.
Tornando, comunque, alla materia del Rescritto, appare evidente che la riserva di legge proclamata circa la concessione delle licenze e l?indicazione delle modalità per la celebrazione della Messa secondo il Rito antico sia in aperto contrasto sia con quanto già stabilito dallo stesso Motu Proprio a cui, paradossalmente, si pretenderebbe di dare così ?implemento?, ma soprattutto ? come ha anche osservato il card. Müller in una recente intervista ? confligga con norme di diritto divino che, invece, regolano la potestà dei Vescovi diocesani.
Se oggi un Vescovo non è considerato in grado ? perché di ciò si tratta ? di discernere se nel territorio della propria diocesi vi possano essere le condizioni per cui si possa estendere la facoltà dell?uso dell?antico Messale senza previo assenso del Dicastero, e addirittura si limita la sua stessa potestà nell?uso dei libri liturgici impedendogli, nelle parrocchie, l?uso del Pontificale, allora si può dire che l?intera teologia sulla costituzione gerarchica della Chiesa, formalizzata da ultimo nel Magistero conciliare sui vescovi, sia di fatto stata nullificata e abbia ceduto il posto ad un?inedita, quanto pericolosa, forma di governo monocratico e autoreferenziale.
Se si legge, infatti, quanto dispone il Rescritto laddove afferma: «Qualora un Vescovo diocesano avesse concesso dispense nelle due fattispecie sopra menzionate è obbligato ad informare il Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti che valuterà i singoli casi» si resta basiti dalla evidente volontà controllante curiale, che non solo infrange un principio di civiltà giuridica per cui la legge dispone per l?avvenire e la retroattività della norma è qualcosa di eccezionale (cf. can. 9), ma anche perché mette in dubbio (tentando di considerarli impropriamente e ingiustamente come provvedimenti che avrebbero quasi perduto valore) le scelte già compiute dai singoli Vescovi, adesso mortificatamente ?obbligati? a comunicare alla Sede Apostolica ciò che, invece, hanno deciso nel pieno dell?esercizio delle loro legittime funzioni applicando una norma del diritto universale. D?altra parte è ovvio che quanto già stabilito sia oggettivamente e giuridicamente intangibile.
Potrebbe sorprendere tale maniacale ipercontrollo del Dicastero del Culto, insieme a questa forma ossessiva di normativizzazione nell?attuale epoca profondamente antigiuridica ed anzi apertamente nemica delle ?regole? e aperta piuttosto a modelli fluidi; potrebbe sorprendere che in un?epoca in cui avvengono quotidianamente sacrilegi e profanazioni, molto spesso sotto il silenzio e la complice cecità delle istituzioni, si sia così minuziosi nel definire i margini del consentito a un vescovo nella propria diocesi, impedendo financo che un sacerdote possa binare la celebrazione in rito antico quando nessuno si cura delle quattro messe che in media un buon parroco celebra ogni domenica nel territorio della parrocchia, ormai spesso senza più preti; sembrerebbe assurdo immaginare che nell?epoca delle ?liturgie creative? dove sugli altari consacrati si espongono simboli pagani e si compiano gesti di evidente sconcertante stile sacrilego, dove i sacerdoti si mascherano, dove si celebrano le messe sui materassini in mezzo al mare, la Santa Sede senta così forte il bisogno di affermare chirurgicamente che, sebbene sia tollerato l?uso del Messale, non è altrettanto concesso nelle parrocchie l?uso del Pontificale, e dunque? è lecito privare i fedeli che fruiscono di quella forma rituale della possibilità di ricevere, ad esempio, la cresima in Rito antico; potrebbe sorprendere l?ossessione con la quale, da anni a questa parte, l?unico problema della disciplina ecclesiastica sembri essere la repressione delle ?tendenze tradizionaliste? mentre, d?altra parte, le chiese, i seminari, i monasteri, i conventi si svuotano, la dottrina morale cede il passo a psicologismi di dubbia entità e, di fatto, si vive un clima di polizia ideologica per cui tutti possono fare ciò che vogliono mentre è impedito fare ciò che si è sempre fatto.
In realtà è evidente che ciò sia indice del grado di profonda paura e insicurezza che i novatori hanno nel portare avanti le rivoluzioni: se, infatti, la Tradizione ha la solidità e la robustezza dei propri princìpi e dunque non teme un confronto con la diversità, con la quale anzi si intreccia e si sviluppa, consolidandosi ancora di più e proiettandosi verso il futuro, non così la Rivoluzione che non può far altro che imporre la sua ?visione? mediante la stessa forza che ha contestato e, a suo modo, crede di aver destituito: l?auctoritas. Tuttavia, nei sistemi di civiltà giuridica, ?veritas non auctoritas facit legem?: non è l?arbitrio, né il mero esercizio del potere a integrare il fondamento della norma da considerare vincolante ? come al contrario sostenne Hobbes ? bensì i principi indisponibili e non negoziabili del diritto divino e del diritto naturale. L?imposizione con la forza di una legge non ha mai prodotto nulla di buono, e d?altronde le stesse azioni rivoluzionarie ? com?è noto ? si sono sempre risolte, presto o tardi, in un pasto saturniano.
Quella che si prospetta ? e che è già in corso da diverso tempo ? è una battaglia senza precedenti nella storia della Chiesa, che vede fronteggiarsi due fronti ugualmente accaniti ma impari, l?uno rispetto ai numeri, l?altro rispetto alla ?forza istituzionale?; tuttavia la battaglia di oggi non è la stessa dell?immediato post-concilio, perché da allora ad oggi le fila di coloro i quali sono stati rapiti dalla bellezza della Tradizione sono ben più folte rispetto a prima: a quei tempi vi era una società diversa, una obbedienza diversa? eppure lo stesso Paolo VI, pur promulgando il nuovo Messale, non ebbe l?ardire di dichiarare abrogato il precedente, probabilmente consapevole dell?anatema di S. Pio V della Bolla Quo primum tempore. D?altronde, con buona pace dei soloni del Dicastero del Culto, la liturgia tradizionale ha un complesso strutturale talmente tanto vasto che sarebbe davvero follia ritenere possibile ?normare? ogni cosa, sicché si troveranno sempre delle escamotages che consentiranno, come hanno consentito, all?antica Liturgia di sopravvivere. E se anche voci di corridoio si fanno sempre più pressanti sul fatto che questo ultimo documento sia solo la punta dell?iceberg d?una reviviscente guerra, e se oggi si bacchettano i vescovi, domani si bacchetteranno coloro i quali sono a tutt?oggi esenti dall?osservanza di Traditionis custodes (cioè i cosiddetti ?istituti Ecclesia Dei?), sul punto va precisato che un?azione restrittiva e punitiva nei loro confronti comporterebbe inevitabilmente una frattura immensa all?unità della Chiesa, poiché sarebbe davvero scellerato escluderli ipso facto dalla comunione ove non si uniformassero all?unico rito riformato; e d?altra parte, per come stanno le cose e per il grado di qualità che ha l?obbedienza in una Chiesa in piena crisi del principio di autorità, sarebbe impensabile una repressione di massa, che sortirebbe piuttosto l?effetto contrario.
Niccolò Tedeschi per https://www.corrispondenzaromana.it/osservazioni-canonistiche-sul-rescriptum-del-21-febbraio/
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]]>In una intervista andata in onda lo scorso 18 dicembre, sulle reti Mediaset, papa Francesco, nel ricordare il suo impegno per risanare le finanze vaticane, aveva affermato:
?Io ho dato indicazioni soltanto. Ma l’organizzare questo che, grazie a Dio, sta andando bene con il Consiglio dell’Economia, con il Segretariato all’Economia. Tutto questo lo ha visto chiaro il cardinale Pell, che è quello che ha incominciato questo?.
?Poi è dovuto rimanere quasi due anni in Australia per questa calunnia che gli hanno fatto – che poi era innocente, ma gliel’hanno fatta brutta poveretto – e si è allontanato da questa amministrazione, ma è stato Pell a fare lo schema di come si poteva andare avanti. È un grande uomo e gli dobbiamo tante cose?.
Ti sarai forse domandato: a cosa si riferisce il Papa quando afferma: ?gliel?hanno fatta brutta poveretto?? E, soprattutto, perché proprio a lui?
Il riferimento è ovviamente al ?calvario? processuale che il cardinale australiano ha dovuto patire a seguito delle gravi accuse di pedofilia mossegli nell?estate del 2017, per fatti accaduti negli anni Settanta, quando Pell era parroco nella sua città natale di Ballarat.
L?11 dicembre 2018, il già primate australiano, fu giudicato colpevole di abusi sessuali commessi ai danni di due chierichetti di tredici anni, e il 13 marzo 2019 venne condannato a sei anni di detenzione.
Dopo aver bocciato un ricorso d?appello presentato dai legali del card. Pell, la Corte aveva nuovamente confermato la condanna, sino a quando nel mese di novembre del medesimo anno, a causa di numerosi vizi formali riscontrati nelle procedure processuali, la Corte Suprema dell?Australia aveva finalmente accolto il ricorso d?appello.
Il 7 aprile 2020 la Corte Suprema emise una sentenza di proscioglimento nei confronti del card. Pell, disponendone così il rilascio dopo più di un anno trascorso in carcere, spiegando che vi è stata:
?una significativa possibilità che una persona innocente sia stata condannata perché le prove non hanno stabilito la colpevolezza al richiesto standard probatorio? (Corte Suprema dell’Australia, Judgement Summary sulla decisione del 07/04/2020 nel caso Pell v. The Queen)
Ma, parliamoci chiaramente: si è semplicemente trattato di uno sbaglio, come tanti altri?
È probabile, ma è altrettanto lecito dubitarne se si considerano le ferme posizioni assunte del card. Pell in difesa della famiglia naturale, contro la lobby LGTB.
È stato tra i più fermi nemici della comunità LGBT, dall?omosessualità ?sbagliata? all?omofobia ?inesistente?.
Con tali parole il portale Gaypost.it annunciava la notizia della condanna del porporato australiano, presentando poi alla fine dell?articolo in questione un ?florilegio? di dichiarazioni del cardinale, che di seguito ti presento:
Nel 1990 dichiarò a ABC News: “L?omosessualità non esiste. Questa attività è sbagliata e crediamo che per il bene della società debba essere scoraggiata“.
Nello stesso uno studente gay della scuola cattolica si suicidò a Melbourne, secondo quanto riportato da The Guardian, Pell commentò il tragico episodio condannando l?omosessualità: “Questo è solo un altro motivo per scoraggiare certi atteggiamenti, impedire alle persone di andare verso quella direzione“.
A Sydney nel 2006, Pell avviò una campagna contro l?adozione per le coppie dello stesso sesso affermando che i bambini ?hanno bisogno di un padre e una madre?.
Nel 2007, Pell disse che le persone gay non avevano bisogno di protezione: “Non è vero che oggi gli omosessuali soffrono di qualche sorta di svantaggio legale e civile come è successo 40 anni alle persone di colore. Non ci sono problemi di giustizia o discriminazione.? (Consigliere del Papa condannato per pedofilia. Ha lottato una vita contro la comunità LGBT [gaypost.it]).
Alla luce di quanto hai appena letto, appaiono più chiare le parole del Papa, quando afferma: ?Gliel?hanno fatta brutta poveretto?.
Tutto ciò ti fa rendere conto ancor meglio di quanto vi sia bisogno di lottare oggigiorno per tutelare la famiglia naturale dagli assalti di queste vere e proprie lobbies organizzate, ramificate ai più alti livelli.
Ricordando dunque l?impegno del card. Pell, e delle prove terribili cui dovette patire, ti chiediamo di sostenere la nostra attività quotidiana, che contribuisce a garantirti uno spazio di libertà in difesa della vita, della famiglia e della libertà educativa.
Se desideri anche tu poter affermare con forza che il modello di società proposto dalle lobbies LGBT non è quello che vuoi, devi poterlo fare senza il rischio di subire quello che ha patito il card. Pell.
Aiutaci a farlo insieme a noi, collaborando con le nostre lotte: ci batteremo affinché follie simili non possano più accadere.
13/01/2023, da: [https:]]
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Noi siamo particolarmente legati a “Rapporto sulla Fede”, perché scosse la Diocesi di Bologna nel profondo: fu davvero un “libro bomba”!
Il neo-arrivato Card. Giacomo Biffi ne trasse forza per tentare (senza purtroppo riuscirvi) di riportare l’ortodossia e l’ortoprassi ecclesiale.
Il Servo di Dio Padre Tomas Tyn O.P. utilizzò quel volumetto come “cavallo di battaglia” per le tante conferenze, ritiri, riunioni e incontri che gli venivano richiesti.
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In questo momento, 9 gennaio 2023, il libro è ancora soggetto ai diritti dell’autore e dell’editore: cosa ormai immorale, quanto negare il pane agli affamati.
Per tale ragione non possiamo inserirlo tra gli e-book scaricabili gratuitamente da [www.totustuus.cloud] .
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Tuttavia, è scaricabile “clandestinamente” da due siti:
1) [https:]]
2) [https:]]
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Anche se ora non possiamo leggerlo, salviamolo subito sul computer o sullo smartphone: lo leggeremo appena possibile e lo potremo far girare tra i nostri amici!
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Per il quadro più generale, quello del “Mistero dei due Papi”, rimandiamo a uno studioso serio: [https:]]
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iGpM
totustuus.it
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L'articolo Come ricordare Papa Ratzinger? proviene da Totus Tuus Network.
]]>La notizia è rimbalzata in tutto il mondo e commentata per lo più sotto una luce positiva: mons. Helder Câmara, l?Arcivescovo rosso, l?araldo delle dittature comuniste, il promotore della rivoluzione in Brasile per imporre una dittatura popolare, il partigiano della Teologia della liberazione marxista, il sostenitore dell?aborto e del divorzio, il nemico della Humanae Vitae, corre verso l?onore degli altari, avendo il suo processo di beatificazione ormai superato la ?fase romana?.
Si tratta di una di quelle ?canonizzazioni massmediatiche? purtroppo sempre più comuni nella vita della Chiesa di oggi: si tende a dare più importanza alla ditirambica propaganda fatta attorno al personaggio dai suoi fan, che non alla sua dottrina e ai fatti concreti della sua vita, spesso trascurati o deformati, quando non addirittura esclusi. È come se in un processo penale mancasse il contraddittorio, e nel dettare sentenza il Giudice si basasse più sui commenti della stampa che non sugli atti.
Per l?italiano medio la figura di mons. Helder Pessoa Câmara (1909-1999), noto come Dom Helder[1], vescovo ausiliare di Rio de Janeiro, e poi arcivescovo metropolita di Olinda-Recife, è poco conosciuta. Le poche notizie che filtrano provengono da fucine propagandistiche tanto sbilanciate che non esito a definire ai limiti del ridicolo. Ricordo, all?epoca della sua scomparsa nell?agosto 1999, i media italiani gareggiando a chi gli conferiva il titolo più altisonante: ?Profeta dei poveri?, ?Santo delle favelas?, ?Voce del Terzo mondo?, ?Sant?Helder d?America? e chi più ne ha più ne metta[2].
Militante filo-nazista
Dom Helder Câmara iniziò la sua vita pubblica come militante nella destra filo-nazista.
Egli fu, infatti, gerarca della Ação Integralista Brasileira (AIB), il movimento fondato da Plinio Salgado[3]. Nel 1934, l?allora padre Câmara entrò a far parte del Consiglio Supremo dell?AIB. Due anni dopo divenne segretario personale di Salgado, e quindi Segretario nazionale dell?AIB, prendendo parte da protagonista ai raduni e alle marce paramilitari che scimmiottavano quelle dei nazisti in Germania. Le sue convinzioni filo-naziste erano così profonde, che si era fatto ordinare sacerdote portando sotto la talare la divisa delle milizie integraliste, la famigerata ?camicia verde?.
Nel 1946 l?arcivescovo di Rio di Janeiro volle farlo suo vescovo ausiliare ma la Santa Sede si rifiutò a causa della sua precedente militanza integralista. La nomina arrivò solo sei anni dopo. Nel frattempo, egli aveva maturato il suo passaggio dall?integralismo filo-nazista al progressismo filo-marxista.
Quando nel 1968 lo scrittore brasiliano Otto Engel scrisse una biografia di mons. Câmara, egli ricevette ?ordini sommari? dalla Curia di Olinda-Recife che lo diffidava dal pubblicarla. L?arcivescovo non voleva farne conoscere il passato filo-nazista, in barba alla libertà di stampa e anche all?obiettività storica[4].
Dalla JUC al PC. L?Azione Cattolica brasiliana
Nel 1947 padre Câmara fu nominato Assistente generale dell?Azione Cattolica brasiliana che, sotto il suo influsso, iniziò a scivolare verso sinistra fino ad abbracciare, in alcuni casi, il marxismo-leninismo. La migrazione fu particolarmente evidente nella JUC (Juventude Universitária Católica), alla quale Câmara era particolarmente vicino. Scrive Luiz Alberto Gomes de Souza, già segretario della JUC: ?L?azione dei militanti della JUC (?) sfociava in un impegno che, a poco a poco, si è rivelato socialista? [5].
La rivoluzione comunista a Cuba (correva l?anno 1959) fu accolta dalla JUC con entusiasmo. Secondo Haroldo Lima e Aldo Arantes, dirigenti della JUC, ?la recrudescenza delle lotte popolari e il trionfo della rivoluzione cubana nel 1959 aprirono la JUC all?idea di una rivoluzione brasiliana?. La deriva a sinistra fu molto agevolata dal coinvolgimento della JUC con l?UNE (União Nacional de Estudantes), vicina al Partito comunista. ?Come risultato della sua militanza nel movimento studentesco, – proseguono Lima e Arantes – la JUC fu obbligata a definire un?agenda politica più ampia per i cristiani di oggi. Fu così che, nel congresso del 1960, approvò un documento (?) in cui annunciava l?adesione al socialismo democratico e all?idea di una rivoluzione brasiliana? [6].
Durante il governo di sinistra del presidente João Goulart (1961-1964), prese forma all?interno della JUC una fazione radicale inizialmente chiamata O Grupão, il Grande Gruppo, poi trasformatasi in Ação Popular (AP) che, nel 1962, si definì socialista. Nel congresso del 1963, l?AP approvò i propri Statuti nei quali ?si abbracciava il socialismo e si proponeva la socializzazione dei mezzi di produzione?. Statuti che contenevano, tra l?altro, un elogio alla rivoluzione sovietica e un riconoscimento dell??importanza decisiva del marxismo nella teoria e nella prassi rivoluzionaria?[7].
La deriva, tuttavia, non si fermò lì. Nel congresso nazionale del 1968 Ação Popular si proclamò marxista-leninista, cambiando il nome in Ação Popular Marxista-Leninista (APML). Visto che niente più la separava dal Partito comunista, nel 1972 decise di sciogliersi e di incorporarsi al Partido Comunista do Brasil. Attraverso questa migrazione, molti militanti dell?Azione Cattolica finirono per partecipare alla lotta armata durante gli anni di piombo brasiliani.
Contro il parere di non pochi vescovi, mons. Helder Câmara fu uno dei più entusiasti e convinti difensori, anzi promotore, della migrazione a sinistra nell?Azione Cattolica. Anche se mostrava preferenza per i metodi non violenti, mai condannò chi prendeva le vie della guerriglia[8].
Contro Paolo VI
Nel 1968, mentre Papa Paolo VI si accingeva a pubblicare l?enciclica Humanae Vitae, mons. Helder Câmara si schierò apertamente contro il Pontefice, qualificando la sua dottrina sugli anticoncezionali ?un errore destinato a torturare le spose e a turbare la pace di tanti focolari?[9].
In una poesia che fa davvero scalpore, l?arcivescovo di Olinda-Recife ironizzava pure sulle donne ?vittime? della dottrina della Chiesa, costrette, secondo lui, a generare dei ?mostriciattoli?: ?Figli, figli, figli! Se è il coito che vuoi, devi procreare! Anche se tuo figlio ti nasce senza viscere, le gambette a stecchino, la testona a pallone, brutto da morire!?[10].
Mons. Helder Câmara difendeva anche il divorzio, abbracciando la posizione delle chiese ortodosse che ?non precludono la possibilità di un nuovo matrimonio religioso a chi è stato abbandonato [dal coniuge]?. Interrogato se questo non avrebbe dato ragione ai laicisti, egli rispose: ?Cosa importa che qualcuno canti vittoria, se ha ragione??[11].
L?irrequieto arcivescovo chiedeva a gran voce anche l?ordinazione sacerdotale delle donne. Rivolgendosi a un gruppo di vescovi durante il Concilio Vaticano II, domandava con insistenza: ?Ditemi, per favore, se trovate che ci sia qualche argomento effettivamente decisivo che impedisca alle donne l?accesso al sacerdozio, oppure si tratta di un pregiudizio maschile??[12].
E poco importa se il Concilio Vaticano II ha poi precluso esplicitamente questa possibilità. Secondo Dom Helder, ?dobbiamo andare oltre i testi conciliari [la cui] interpretazione compete a noi?.
Ma i vagheggiamenti non finivano lì. In una conferenza tenuta di fronte ai Padri Conciliari nel 1965, egli affermava: ?Credo che l?uomo creerà artificialmente la vita, arriverà alla risurrezione dei morti e trasformerà in realtà il vecchio sogno di [Serge] Voronoff [medico russo naturalizzato francese celebre per la sua pretesa di ottenere miracolosi risultati di ringiovanimento di pazienti maschi tramite l?innesto di ghiandole genitali di scimmia]?[13].
Insieme al cardinale Suenens, Dom Helder fu uno dei principali coordinatori della corrente ultra progressista nel Concilio, e alfiere poi di quella ?ermeneutica della discontinuità e della rottura? condannata da Papa Benedetto XVI. Egli fu, per esempio, il principale fautore del famigerato ?Patto della Catacombe?, un manifesto di Padri conciliari a favore di una ?Chiesa povera?, senza proprietà, senza apparato, quasi senza liturgia[14].
D?altronde, Dom Helder ebbe anche un ruolo centrale nella nomina di vescovi progressisti in Brasile. Segretario dal 1952 al 1964 della CNBB (Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani), insieme al Nunzio Apostolico mons. Armando Lombardi (1954-1964), egli si adoperò per mettere nei posti di comando della Chiesa in Brasile prelati schierati con la corrente che poi sfocerà nella Teologia della liberazione. Non sorprende, quindi, che quando Giovanni Paolo II condannò questa corrente nel 1984, egli si sia imbattuto nella ribellione di non pochi vescovi brasiliani, che minacciarono perfino lo scisma se avesse insistito su questa linea[15].
Schierato con l?Unione Sovietica, Cina e Cuba
Le prese di posizione concrete di Dom Helder in favore del comunismo (anche se a volte ne criticava l?ateismo) furono numerose e coerenti[16].
È rimasto tristemente notorio il suo intervento del 27 gennaio 1969 a New York, nel corso della VI Conferenza annuale del Programma Cattolico di Cooperazione interamericana. Intervento in tal modo schierato col comunismo internazionale, che gli valse l?epiteto di ?Arcivescovo rosso?, appellativo indissolubilmente poi legato al suo nome. Dopo aver duramente rimproverato gli USA per la loro politica anti-sovietica, Dom Helder propose un drastico taglio delle forze armate statunitensi, mentre invece chiedeva all?URSS di mantenere le proprie capacità belliche per poter far fronte all??imperialismo?. Conscio delle conseguenze di tale strategia, egli si difese a priori: ?Non ditemi che tale approccio metterebbe il mondo nelle mani del comunismo!?.
Dall?attacco agli Stati Uniti, mons. Helder Câmara passò a tessere il panegirico della Cina di Mao Tse-Tung, allora in piena ?rivoluzione culturale?, che provocò milioni di morti. L?Arcivescovo Rosso chiese formalmente l?ammissione della Cina comunista all?ONU, con la conseguente espulsione di Taiwan. E terminò il suo intervento con un appello in favore del dittatore cubano Fidel Castro, all?epoca impegnato a favorire sanguinose guerriglie in America Latina. Chiese anche che Cuba fosse riammessa nell?OEA (Organizzazione degli Stati Americani), dalla quale era stata espulsa nel 1962.
Questo intervento, così sfacciatamente pro-comunista e anti-occidentale, fu denunciato dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira nel manifesto «L?Arcivescovo rosso apre le porte dell?America e del mondo al comunismo»: ?Le dichiarazioni contenute nel discorso di Dom Helder tratteggiano una politica di resa incondizionata del mondo, e specialmente dell?America Latina, al comunismo. Siamo di fronte a una realtà sconvolgente: un vescovo di Santa Romana Chiesa impegna il prestigio derivante dalla sua dignità di successore degli Apostoli per demolire i bastioni della difesa militare e strategica del mondo libero di fronte al comunismo. Il comunismo, cioè il più radicale, implacabile, crudele e insidioso nemico che mai si sia scagliato contro la Chiesa e la civiltà cristiana?[17].
Un progetto di rivoluzione comunista per l?America Latina
Ma forse l?episodio che destò più stupore fu il cosiddetto ?affaire Comblin?.
Nel giugno 1968 trapelò alla stampa brasiliana un documento-bomba preparato sotto l?egida di mons. Helder Câmara dal sacerdote belga Joseph Comblin, professore presso l?Istituto Teologico (Seminario) di Recife. Si trattava di un Rapporto destinato al Consiglio Episcopale Latinoamericano. Il documento proponeva, senza veli, un piano eversivo per smantellare lo Stato e stabilire una ?dittatura popolare? di matrice comunista. Eccone alcuni punti:
Contro la proprietà. Nel documento, il p. Comblin difende una triplice riforma ? agraria, urbana e aziendale? partendo dal presupposto che la proprietà privata e, quindi, il capitale siano intrinsecamente ingiusti. Qualsiasi uso privato del capitale dovrebbe essere vietato dalla legge.
Uguaglianza totale. L?obiettivo, afferma p. Comblin, è stabilire l?uguaglianza totale. Ogni gerarchia, sia nel campo politico-sociale sia in quello ecclesiastico, va quindi abolita.
Rivoluzione politico-sociale. In campo politico-sociale, questa rivoluzione ugualitaria propugna la distruzione dello Stato per mano di ?gruppi di pressione? radicali i quali, una volta preso il potere, dovranno stabilire una ferrea ?dittatura popolare? per imbavagliare la maggioranza, ritenuta ?indolente?.
Rivoluzione nella Chiesa. Per consentire a questa minoranza radicale di governare senza intralci, il documento propone il virtuale annullamento dell?autorità dei vescovi, che sarebbero soggetti al potere di un organo composto solo da estremisti, una sorta di Politburo ecclesiastico.
Abolizione delle Forze Armate. Le Forze Armate vanno sciolte e le loro armi distribuite al popolo.
Censura di stampa, radio e TV. Finché il popolo non avrà raggiunto un accettabile livello di ?coscienza rivoluzionaria?, la stampa, radio e TV vanno strettamente controllati. Chi non è d?accordo deve abbandonare il Paese.
Tribunali popolari. Accusando il Potere Giudiziario di essere ?corrotto dalla borghesia?, p. Comblin propone l?istituzione di ?Tribunali popolari straordinari? per applicare il rito sommario contro chiunque si opponga a questo vento rivoluzionario.
Violenza. Nel caso in cui non fosse stato possibile attuare questo piano eversivo con mezzi normali, il professore del seminario di Recife considerava legittimo il ricorso alle armi per stabilire, manu militari, il regime da lui teorizzato[18].
L?appoggio di mons. Helder Câmara
Il ?Documento Comblin? ebbe in Brasile l?effetto d?una bomba atomica. In mezzo all?accesa polemica che ne seguì, padre Comblin non negò l?autenticità del documento, ma disse trattarsi ?soltanto di una bozza? (sic!). Da parte sua, la Curia di Olinda-Recife ammise che esso proveniva sì dal Seminario diocesano, precisando però che ?non è un documento ufficiale? (ancora sic!).
Interpretando la legittima indignazione del popolo brasiliano, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira scrisse allora una lettera aperta a mons. Helder Câmara, pubblicata in venticinque giornali. Leggiamo nella lettera: ?Sono sicuro di interpretare il sentimento di milioni di brasiliani chiedendo a Sua Eccellenza che espella dall?Istituto Teologico di Recife e dall?Archidiocesi l?agitatore che approfitta del sacerdozio per pugnalare la Chiesa, e abusa dell?ospitalità brasiliana per predicare il comunismo, la dittatura e la violenza in Brasile?.
Mons. Helder Câmara rispose evasivamente: ?Tutti hanno il diritto di dissentire. Io semplicemente sento tutte le opinioni?. Ma, allo stesso tempo, confermò padre Comblin nella carica di professore del Seminario, spalleggiandolo con la sua autorità episcopale. Alla fine, il governo brasiliano revocò il permesso di soggiorno del prete belga, che dovette quindi lasciare il Paese.
Mostrando lo sdegno provocato nel popolo brasiliano dal Documento Comblin, la TFP raccolse in 58 giorni 1.600.368 firme in sostegno a un ?Reverente e Filiale Messaggio? a Papa Paolo VI, chiedendogli di porre freno all?infiltrazione comunista nella Chiesa in America Latina[19]. Messaggio rimasto rigorosamente senza risposta. Anzi, nel gennaio 1970 il Pontefice ricevette l?Arcivescovo Rosso in udienza privata. All?uscita, davanti ai microfoni, Dom Helder qualificò l?udienza di ?molto cordiale? e ?riconfortante?. Poi dichiarò: ?Il Brasile dovrebbe pensare ai modelli socialisti?[20].
Teologia della liberazione
Mons. Helder Câmara è anche ricordato come uno dei paladini della cosiddetta ?Teologia della liberazione?, condannata dal Vaticano nel 1984.
Due dichiarazioni sintetizzano questa teologia. La prima, del connazionale di Dom Helder, l?allora frate francescano Leonardo Boff: ?Ciò che proponiamo è marxismo, materialismo storico, nella teologia?[21]. La seconda, del sacerdote peruviano Gustavo Gutiérrez, padre fondatore della corrente: ?Ciò che intendiamo qui per teologia della liberazione è il coinvolgimento nel processo politico rivoluzionario?[22]. Gutiérrez ci spiega anche il senso di tale coinvolgimento: ?Solo andando oltre una società divisa in classi. (?) Solo eliminando la proprietà privata della ricchezza creata dal lavoro umano, saremo in grado di porre le basi per una società più giusta. È per questo che gli sforzi per proiettare una nuova società in America Latina si stanno orientando sempre di più verso il socialismo?[23].
Amico dei poveri e della libertà?
Ma forse la più grande frottola su mons. Helder Câmara è di presentarlo come amico dei poveri e difensore della libertà.
Il titolo di difensore della libertà si addice molto male a uno che ha inneggiato ad alcune delle dittature più sanguinarie che hanno costellato il secolo XX, prima il nazismo, e poi il comunismo in tutte le sue varianti: sovietica, cubana, cinese?
Soprattutto, però, il titolo di amico dei poveri non si addice proprio a uno che sosteneva regimi che hanno causato una povertà così spaventosa da essere stati qualificati dall?allora cardinale Joseph Ratzinger ?vergogna del nostro tempo?[24].
Un?analisi attenta dell?America Latina ? paese per paese ? mostra chiaramente che, laddove sono state applicate le politiche proposte da Dom Helder il risultato è stato un notevole aumento della povertà e del malcontento popolare. Laddove, invece, sono state applicate le politiche opposte, il risultato è stato un generale incremento del benessere popolare.
Un esempio per tutti: la riforma agraria, della quale Dom Helder fu il principale promotore in Brasile e che, invece, si è dimostrata ?il peggiore fallimento della politica pubblica nel nostro Paese?, nelle parole non sospette di Francisco Graziano Neto, presidente dell?INCRA (Instituto Nacional de Colonização e Reforma Agrária), cioè il dicastero del Governo preposto per implementare la riforma agraria[25]. Secondo il ministro Gilberto Carvalho, la maggior parte degli assentamento (le cooperative agricole create dalla riforma agraria) diventò ?favela rurale?, con grandi sofferenze per i contadini[26]. Sotto questa luce, Dom Helder sarebbe non tanto il ?Santo delle favelas?, quanto piuttosto il ?Santo che crea favelas?.
I teologi della liberazione non vogliono aiutare i poveri, bensì imporre il ?principio di povertà?: senza proprietà e senza ricchezza non ci sarebbe nessuna gerarchia, e il mondo avrebbe quindi raggiunto l?utopia comunista. Il lettore interessato ad approfondire il tema può fare riferimento al mio libro sulla Teologia della liberazione[27].
In conclusione. Per uno come me, che da decenni studia il movimento della Teologia della liberazione, sia nelle sue versioni marxiste originarie sia in quelle più aggiornate, e il ruolo protagonistico di mons. Helder Pessoa Câmara nel processo di demolizione della Chiesa e della società civile, riesce davvero difficile vederlo elevato agli onori degli altari. Sarebbe quasi come canonizzare il Male. Ma ormai non mi stupisco più di niente?
Attribuzione immagine: By Antonisse, Marcel / Anefo – [1] Dutch National Archives, The Hague, Fotocollectie Algemeen Nederlands Persbureau (ANEFO), 1945-1989, Nummer toegang 2.24.01.05 Bestanddeelnummer 931-7341, CC BY-SA 3.0 nl, Wikimedia.
Note
[1] In Brasile per i vescovi si usa il trattamento ?Dom?, anziché ?Monsignore?.
[2] Julio Loredo, L?altro volto di Dom Helder, Tradizione Famiglia Proprietà, novembre 1999, pp. 4-5.
[3] Distanziandosi dal razzismo hitleriano, Salgado tuttavia ne abbracciava il messianismo nazionalista. Ci sono perfino indizi che egli abbia fatto da spia per il Terzo Reich (João Fábio Bertonha, Plínio Salgado ? Biografia Política: 1895-1975, Universidade de São Paulo, 2019)
[4] Margaret Williams Todaro, Pastors, Prophets and Politicians. A Study of the Brazilian Catholic Church, 1916-1945, Columbia University, 1971, p. 396. Cit. in Massimo Introvigne, Una battaglia nella notte. Plinio Corrêa de Oliveira e la crisi del secolo XX nella Chiesa, Sugarco, Milano, 2008, p. 59.
[5] Luiz Alberto Gomes de Souza, A JUC. Os estudantes católicos e a política, Editora Vozes, Petrópolis 1984, p. 156.
[6] Haroldo Lima e Aldo Arantes, História da Ação Popular. Da JUC ao PC do B, Editora Alfa-Omega, São Paulo 1984, pp. 27-28.
[7] Ibid., p. 37. Si veda anche Julio Loredo, Teologia della liberazione. Un salvagente di piombo per i poveri, Cantagalli, Siena, 2014, pp. 92ss.
[8] Si veda, per esempio, Scott Mainwarning, The Catholic Church and Politics in Brazil, 1916-1985, Stanford University Press, 1986, p. 71.
[9] Helder Pessoa Câmara, Obras Completas, Editora Universitária, Instituto Dom Helder Câmara, Recife, 2004, p. 363. Cit. in Massimo Introvigne, Come i progressisti non vinsero al Concilio. Una recensione di Roma, due del mattino di monsignor Hélder Câmara, Cesnur ( [https:]] ). Cfr. anche Massimo Introvigne, Una battaglia nella notte. Plinio Corrêa de Oliveira e la crisi del secolo XX nella Chiesa, pp. 111ss.
[10] Helder Pessoa Câmara, Obras Completas, pp. 390-391. Cit. in Massimo Introvigne, Come i progressisti non vinsero al Concilio. Una recensione di Roma, due del mattino di monsignor Hélder Câmara.
[11] Helder Pessoa Câmara, Obras Completas, p. 377. Cit in Ibid.
[12] Helder Pessoa Câmara, Obras Completas, p. 397. Cit in Ibid.
[13] Helder Pessoa Câmara, Obras Completas, pp. 397-398. Cit. in Ibid.
[14] Cfr. Roberto de Mattei, Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, Lindau, Torino, 2010. Uno dei principali coordinatori del campo tradizionalista fu un altro brasiliano: il prof. Plinio Corrêa de Oliveira. Cfr. Benjamin A. Cowan, Moral Majorities across the Americas. Brazil, the United States and the Creation of the Religious Right, University of North Carolina Press, 2021.
[15] Si veda, per esempio, Dez bispos criticam o silêncio imposto a Boff, ?Folha de São Paulo?, 11-05-1986.
[16] Cfr., per esempio, Adenilson Ferreira de Souza, Atividade política da Igreja Católica no Brasil: as demandas da sociedade brasileira transnacionalizadas por dom Helder Camara (1968-1978), Pontifícia Universidade Católica de Minas Gerais, 2010.
[17] Plinio Corrêa de Oliveira, O Arcebispo vermelho abre as portas da América e do mundo para o comunismo, ?Catolicismo? Nº 218, febbraio 1969.
[18] Si veda Plinio Corrêa de Oliveira, TFP pede medidas contra padre subversivo, ?Catolicismo?, Nº 211, luglio 1968 ( [https:]] ).
[19] Cfr. Um homem, um ideal, uma gesta. Homenagem das TFPs a Plinio Corrêa de Oliveira, Edições Brasil de Amanhã, 1982, pp. 246ss.
[20] Plinio Corrêa de Oliveira, D. Helder cria problema ? Comunistas aplaudem, ?Folha de S. Paulo?, 1 febbraio 1970.
[21] Leonardo Boff, Marxismo na Teologia, ?Jornal do Brasil?, 6 aprile 1980.
[22] Gustavo Gutiérrez, Praxis de libertação e fé cristã, Appendice a Id., Teologia da libertação, Editora Vozes, Petrópolis 1975, p. 267.
[23] Gustavo Gutiérrez, Liberation Praxis and Christian Faith, in Lay Ministry Handbook, Diocese of Brownsville, Texas 1984, p. 22.
[24] Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Libertatis Nuntius, 1984, XI, 10.
[25] Francisco Graziano Neto, Reforma Agraria de qualidade, ?O Estado de S. Paulo?, 17 aprile 2012.
[26] Fernando Odila, Política agrária federal criou ?favelas rurais?, diz ministro, Folha de S. Paulo, 9 febbraio 2013.
[27] Julio Loredo, Teologia della liberazione: un salvagente di piombo per i poveri, pp. 315-338.
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L'articolo La beatificazione del Male? proviene da Totus Tuus Network.
]]>Cercheremo di fare un?analisi articolo per articolo e di fare delle osservazioni per ognuno di essi.
Subito l?articolo cerca di correre ai ripari, ponendo altri immaginari paletti alla pretesa eutanasica di una persona, affermando che essa debba essere anche «affetta da una patologia irreversibile o a prognosi infausta oppure portatrice di una condizione clinica irreversibile». Che vuol dire tutto e niente. Cosa si intende per ?condizione clinica irreversibile?? E l?irreversibilità è qualcosa che il legislatore considera permanente oppure suscettibile del progresso tecnologico e medico?
Infine, tale persona deve «essere tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale». Questa frase raccoglie quel bacino di credenze magiche per le quali un ventilatore polmonare, l?alimentazione o la nutrizione, abbiano il potere di mantenere in vita qualcuno «anche se è ad un passo dalla morte» ? un po? come il sangue degli unicorni in noti romanzi. Il testo di questa legge cerca così surrettiziamente di classificare tali sostegni come ?accanimento terapeutico?, pur senza mai citarlo esplicitamente, in virtù di questo loro presunto potere. Chiunque preservi ancora un minimo di buon senso sa perfettamente che si può morire anche con la presenza di sostegni vitali.
Probabilmente il legislatore aveva in mente quei malati di SLA che sono in grado di comunicare tramite dispositivi che convertono il movimento oculare in parole nonostante la totale paralisi muscolare. Ciononostante, esistono moltissime situazioni, completamente ignorate dal presente testo, in cui la volontà del paziente non può essere espressa ed è quindi presumibile pensare che essa venga ?cristallizzata? ad un passato più o meno remoto (ad esempio tramite DAT).
Il comma 8 dell?articolo 5 merita speciale menzione: si spiega, candidamente, che il decesso per morte medicalmente assistita (alias, omicidio del consenziente), è totalmente assimilabile al decesso per cause naturali. Dovremmo rimettere in discussione tutte le decisioni prese a Norimberga. Dopotutto, l?Aktion T4 nazista fu semplicemente una ?causa naturale? che ha provocato tanti morti.
Siamo di fronte alla legittimazione definitiva dell?omicidio di Stato, nel silenzio generale persino di coloro che avrebbero dovuto tenacemente opporvisi.
Fabio Fuiano, per [https:]
L'articolo Nuova legge ingiusta in Italia: la legittimazione dell?omicidio di Stato proviene da Totus Tuus Network.
]]>Dal sito ufficiale dell’eroico cardinale cattolico cinese: [https:]]
Le preoccupazioni riguardo un ventilato documento ?contro? la Messa Tridentina (v. mio blog 12 giugno 2021) sono avverate ed il colpo non è stato meno duro perché previsto: molte generalizzazioni tendenziose nei documenti feriscono più del previsto il cuore di tanta gente buona, che mai ha dato la minima causa per essere sospettata di non accettare la riforma liturgica del Concilio e tanto meno di non accettare il Concilio ?Tout court?. Inoltre essi rimangono membri attivi nelle loro parrocchie.
A me personalmente è stata una amara sorpresa il fatto che la ?capillare? consultazione non sia arrivata a me, un cardinale e gìà membro della Congregazione del culto divino e della disciplina dei Sacramenti.
Durante gli anni 2007-2009, poi, ero vescovo di Hong Kong e perciò responsabile dell?esecuzione del ?Summorum Pontificum?, e finora, notoriamente sostenitore del gruppo.
Non avendo conosciuto nè il questionario nè le risposte al questionario, non posso giudicare, ma solo sospettare che ci sia stato molto malinteso (o forse anche manipolazione) nel processo.
Da come leggo i due documenti noto
(1) una incredibile facilità (o tendenziosità) nel legare il desiderio dell?uso del vetus ritus alla non accettazione del ritus novus e
(2) nell?associare la non accettazione della riforma liturgica (che sovente riguarda il modo in cui essa è stata eseguita con i suoi molti gravi abusi) con un totale e profondo rifiuto del Concilio stesso (per i fautori di tale rifiuto la diversità del rito della messa non è che un piccolo corollario, tanto è vero che la concessione riguardo il rito non ha invertito lo scisma).
Le autorità Vaticane dovrebbero domandarsi (e forse anche fare un capillare inchiesta) sul perchè del permanere e forse (recente) aggravarsi del secondo fenomeno.
Il problema non è ?quale rito la gente preferisce??, ma è ?perchè non vanno più a Messa??.
Da certe inchieste risulta che la metà del popolo cristiano in Europa non crede più nella reale presenza di Gesù nella Eucaristia, non crede più nella vita eterna!
Certamente non diamo la colpa alla riforma liturgica, ma si vuol solo dire che il problema è molto più profondo, non si può evadere la questione: ?Non è forse mancata la formazione della fede?? ?Non è forse stato sprecato il grande lavoro del Concilio??
La radice del male non è forse quell?attitudine di credere che ormai tutto si può cambiare?
Non è forse quell?attitudine di credere che questo Concilio cancella tutti i precedenti e che il Concilio Tridentino sia come la sporcizia accumalata sull?affresco della Cappella Sistina (come ha affermato un ?liturgista? nella nostra diocesi)?
Il Documento ovviamente non vede solo dei disordini nell?esecuzione del Summorun Pontificum, ma considera un male la stessa esistenza di un rito parallelo.
I paragrafi § 5 e § 6 dell?art 3, l?art. 4 e 5 non auspicano chiaramente la morte dei gruppi?
Ma, anche con questo, i signori anti-Ratzinger del Vaticano non possono pazientare che la Messa Tridentina muoia insieme con la morte di Benedetto XVI invece di umiliare in questo modo il venerando Papa Emerito?
+ Card. Joseph Zen Ze-kiun
Vescovo emerito di Hong Kong
Dal sito ufficiale dell’eroico cardinale cattolico cinese: [https:]]
L'articolo Card. J. Zen e “traditionis custodes”: vedono un problema dove non c?è proviene da Totus Tuus Network.
]]>Papa scaccia Papa?
Si tratta di persone che colgono in tale decisione, non soltanto l?aspetto liturgico, ma soprattutto la negazione della continuità nel Magistero: cioè la negazione – nella prassi – della plurisecolare regola della fede «quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est» (vedere ad es. Giovanni Paolo II, 30/9/1995), che anche Benedetto XVI aveva più volte riaffermato chiamandola ?ermeneutica della continuità? (ad es. il 22/12/2005).
Scisma e apostasia epocale?
Pertanto, non si può escludere che si verifichi uno scisma, oppure una ?silenziosa? apostasia di massa ovvero la fuga nella ?riserva indiana? costituita dalla chiesa lefebvriana. In questo senso mi esprimevo già nel 2019: [https:]] .
Che cosa può fare il fedele laico in questa situazione?
Un po? di storia può offrire spunti per l?azione.
Bologna, estate 2007.
Quando Benedetto XVI riafferma che la forma antica del rito romano non può essere abrogata né lo è mai stata (Summorum Pontificum, art. 1) si scatena una guerra massmediatica mondiale contro la Sede Apostolica.
Un gruppo di cinque amici petroniani si rimbocca le maniche e procede a una raccolta di firme indirizzata al Card. Caffarra (inizialmente ca. 250, dopo qualche mese saranno 700) intesa a difendere il Papa e la verità sulla forma antica.
Nel dialogo che si apre con il proprio Pastore, quei laici non solo rifiutano il sacerdote loro assegnato (?non ci rappresenta, né intendevamo fosse lui l’unico celebrante?), ma anche l?immobile individuato dal Cardinale (ritenuto ?un ghetto per nostalgici?).
Occhi negli occhi.
Ma il dialogo prosegue e viene chiarito che il clima di silenzio e raccoglimento della liturgia antica può dare più forza a chi lotta per difendere la vita umana, la famiglia e combatte la secolarizzazione.
Del Vaticano II si parla poco perché la guerra massmediatica mondiale dei laicisti contro il Papa infuria, quindi i problemi sono altri: ma ci si rallegra per la preveggenza del Concilio rispetto alla diffusione pandemica dell?ateismo.
Alla fine, sorridente, il cardinale concede tutto ciò che viene chiesto: e nel giro dei primi mesi si arriva a punte di 120 fedeli presenti alla Messa antica.
Il ruolo del clero.
Purtroppo, nel corso di questi 14 anni, alcuni dei sacerdoti officianti (che poco o nulla hanno aiutato nel promuovere quella Messa) han cercato di ?fare il presidente? di quel gruppo di fedeli: ogni volta han provocato scontento e abbandoni. Il colmo con il Covid: proibito parlare tra noi all?uscita dalla Messa!
Alcune idee sul ?Che fare??
Dal vissuto del gruppetto bolognese si possono ricavare alcuni suggerimenti pratici.
1) La promozione della Messa antica deve essere un?attività laicale, civica, non clericale. Il clero viene generalmente troppo condizionato dai cambiamenti d’umore dei propri superiori. Inoltre, esso ha le grazie di stato per la S. Messa e i sacramenti, non quelle per l?organizzazione e il marketing.
2) Pertanto, la partecipazione al Sacrificio Eucaristico non dovrebbe mai essere disgiunta dalla battaglia civico-culturale contro la secolarizzazione (CDC, can 227): in questo modo, dal punto di vista giuridico, la S. Messa diviene un aiuto nella battaglia per difendere la propria città; aiuto sul quale nessuno può sindacare.
3) L?autonomia economica dell?iniziativa è un altro requisito indispensabile: nell?eventuale dialogo con il proprio Vescovo sarà molto utile far presente il proprio diritto ad agire liberamente nella città (can. 227), senza dipendere da nessuno, per giunta ?senza oneri? per la Diocesi.
4) Stante l?universale confusione sul luogo in cui oggi si offre il Sacrificio Eucaristico (campeggi, eventi danzanti, ecc.), sembra prassi poter dir Messa in qualunque luogo (compresi luoghi privati o concessi in gestione dal proprio Comune). I sacerdoti più attenti porteranno con sé le necessarie reliquie d?altare.
5) Le restrizioni relative ai sacerdoti saranno facilmente risolte dai medesimi. Qui importa evidenziare come i cappellani officianti vadano ?protetti? (anonimato) sino a quando non saranno chiare le disposizioni del recente Motu Proprio.
David Botti
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]]>Il vescovo di Sanremo e Ventimiglia Antonio Suetta (in foto) teme soprattutto una cosa: «L?insistente propaganda che tende ad assuefare le coscienze» e il fatto che «molti cristiani si avventurano a dire sciaguratamente che sia legittimo o addirittura doveroso garantire una sorta di ?diritto all?aborto?». La Bussola lo ha intervistato alla vigilia della ricorrenza.
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Eccellenza, che cos?è l?assuefazione all?aborto?
È il diffondersi della legislazione sull?aborto a livello mondiale, che produce una mentalità dilagante che fa considerare che quello che viene autorizzato e approvato dalla legge civile sia automaticamente accettabile sotto il profilo morale.
Non è così, la legge naturale viene calpestata, si impone una concezione dell?uomo al centro dell?universo e i diritti dell?uomo vengono posti in una visione limitata e limitante. Si passa per diritto ciò che non è nemmeno un bisogno, è un capriccio.
Eppure, non se ne parla?
Noto purtroppo con grande preoccupazione che la vis polemica che era tipica di qualche tempo fa oggi è scomparsa.
Anche il mondo cattolico?
Spero che non sia per le stesse ragioni, ma credo che da parte di molti credenti ci sia l?idea di considerare questa come una battaglia persa. Molti pensano che tutto quello che si poteva dire sia stato detto, quello che si poteva fare sia stato fatto, d?altra parte il Catechismo e il Magistero sono molto chiari. E così si pensa, sbagliando, che sia ormai inutile e inefficace portare avanti questa battaglia.
C?è chi lo fa con la prospettiva che è quella di non esasperare o di non toccare i temi cosiddetti divisivi, però questo mi pare conduca a un grande equivoco, perché è vero che con molte persone di buona volontà noi cattolici possiamo condividere tante positive visioni della vita, ma non è possibile creare una sorta di livellamento in basso e al male oggettivo.
La Giornata per la vita nasce dopo l?approvazione della legge 194 che liberalizza l?aborto. Ma è una giornata ormai solo di semplice testimonianza. Quando secondo lei il mondo cattolico ha abbandonato le armi?
Ho vissuto da seminarista la stagione della lotta contro la legge nel ?78, la Chiesa combatté coraggiosamente, ho vissuto nel mondo della scuola i dibattiti, io da insegnante di religione, con i docenti, spesso di Filosofia e di Sinistra. E con la testimonianza di Santa Madre Teresa di Calcutta e gli esempi del grande movimento pro-life americano abbiamo toccato vette di dialettica importanti, poi però, direi dopo la morte di San Giovanni Paolo II questo spirito si è andato un po? perdendo. Non perché i pontefici che gli sono succeduti abbiano trascurato di dire una parola chiara, anzi, ma forse perché la cultura dominante ha impoverito la riflessione, cercando di distogliere l?attenzione.
In che modo?
La cultura che è frutto della scristianizzazione e nello stesso tempo punta a una ulteriore e definitiva cancellazione dei cristiani ha pensato di poter sferrare un attacco decisivo.
Quando?
Ad esempio il mondo cattolico è stato aggredito dalla questione della pedofilia. Questione che andava affrontata, perché è una piaga consistente e distruttiva dentro la vita della Chiesa certo, però mi pare che da parte dei poteri dominanti e nella maggior parte dei media in mano a questi poteri, si sia usato questo argomento per screditare la Chiesa nel tentativo di toglierle voce e autorevolezza su tutte le altre questioni su cui è chiamata a pronunciarsi.
Il risultato oggi è che dire che l?aborto è un omicidio è fonte di impopolarità e a volte di rischio.
La forma del linguaggio ha il suo valore dal punto di vista della comunicazione. Oggi si tende a parlare di omicidio e si intendono determinati avvenimenti, poi si parla di efferati delitti e se ne intendono altri, quelli che sono da tutti riconosciuti come delitti efferati, come la violenza sul minore o sulle donne, poi però sembra che l?aborto, da un punto di vista lessicale, sia relegato a una categoria a sé stante: questa mancanza di chiarezza da punto di vista linguistico serve a supportare quella concezione sbagliata per cui ciascuno, credente o no, sia libero di ritenere l?aborto lecito o non lecito, ma ritenga che tuttavia sussista una sorta di diritto all?aborto da parte di chi lo richiede. Questo non è accettabile. Il fatto stesso che l?argomento dell?aborto sia relegato alla voce ?salute riproduttiva? è improprio.
Non trova che il problema sia anche politico? Oggi nessun partito è davvero contrario all?aborto, I pochi che ne parlano in termini negativi si fermano al sostegno alle donne che decidono di non abortire. Lodevole, ma insufficiente?
Uno dei fattori dominanti nella vita politica è quello di cercare il consenso. Chi fa politica vuole realizzare i suoi programmi, ma si ferma a una considerazione troppo superficiale della popolarità che fa ritenere che quello che non riscuote successo, o peggio che viene deriso e emarginato perché ritenuto oscurantista, non possa essere detto. Dovremmo interrogarci anche noi su questo.
In che senso?
L?unico modo per combattere efficacemente questa attitudine sbagliata è quello che la Chiesa insista sempre di più nel presentare diffusamente la dottrina. Dobbiamo porci il problema non solo di avvicinare le persone a un senso di Dio, a una spiritualità, alla preghiera e al servizio del prossimo, ma nello stesso tempo bisogna rendere consapevoli i credenti che la fede ha un suo patrimonio nel depositum di verità che va praticata. Se la vita non è più concepita secondo la prospettiva evangelica diventa più difficile per chi si impegna in campo politico individuare correttamente il bene comune.
Oggi dell?aborto sappiamo tante cose: conosciamo le sue ricadute psicologiche, abbiamo gli strumenti per aiutare le donne, la scienza toglie anche le ?scuse? che un tempo erano usate. Eppure, parlare di abrogazione della legge 194 è ancora tabù.
È vero. Le donne che hanno affrontato la tentazione dell?aborto testimoniano di aver compreso l?errore e le donne che sono cadute nella trappola dell?aborto hanno capito il male profondo che sta dentro questa scelta contro la vita, i grandi progressi della scienza medica, sono tutti fattori che dovrebbero essere a favore della scelta per la vita. Le condizioni per superare questo tabù ci sono tutte, nulla ci deve impedire di parlare serenamente di un superamento della legge sull?aborto. Non solo evitare il ricorso a essa, ma anche la sua stessa abrogazione dal punto di vista legislativo.
Perché ancora questo tabù, allora?
Il tabù dipende da una posizione ideologica, che è assolutamente rigida e tragica, la quale dipende da una concezione utilitaristica della vita. Sotto sotto, anche se si dice nella maniera più elegante, ma passa l?idea che il rimanere in pochi, sani e belli per stare tutti bene e felici, sia la soluzione migliore. È questa l?idea che oggi serpeggia. È una prospettiva utilitaristica non solo sbagliata, perché mortifica la dignità dell?uomo, ma è miope. Infatti, le società più opulente e progredite sono anche le società più vecchie e spente demograficamente.
Abbiamo scritto di un sacerdote siciliano, padre Bruno De Cristofaro che è stato ?linciato? mediaticamente per aver paragonato l?aborto all?olocausto. È anch?egli un martire della verità?
Il cattolico è sempre chiamato a dare testimonianza con la disponibilità di dare anche la vita, ma anche laddove non si raggiungano questi fenomeni di persecuzione fisica e cruenta, la persecuzione ideologica è una sorta di ostracismo assoluto nei confronti dei cristiani da parte dell?intellighenzia e dei media. Credo che la vicenda di padre De Cristofaro, a cui va la mia solidarietà, la mia comprensione e la mia condivisione, sia emblematica di questa situazione.
Aborto come l?olocausto?
È un paragone, non significa negare una tragedia, non significa dire che una tragedia è peggiore di un’altra, ma è un sottolineare come la diversità delle modalità o del contesto non possano essere mai un?attenuante rispetto all?aggressione della vita umana.
È stato attaccato per aver parlato di Mengele?
Il ragionamento di De Cristofaro era giusto, ha fatto riferimento alla barbarie di Mengele, il quale aveva tracciato una linea sul muro e usava quella linea come criterio di selezione. Non ha avallato in nessun modo, né ha attenuato la tragedia dell?Olocausto, che, ribadisco anche io in tutta la sua gravità e la sua vergogna. Ma la stessa cosa va detta anche oggi: l?aborto c?è e, pur nella diversità di contesto, ha lo stesso valore in gioco, la stessa responsabilità.
fonte: https://www.lanuovabq.it/it/il-vescovo-suetta-aborto-basta-tabu-abrogare-la-194
C’è assuefazione all’aborto, molti cattolici pensano che ormai la battaglia sia persa. Invece i tempi sono maturi per superare il tabù dell’abrogazione della legge 194». Intervista al vescovo di Sanremo, Suetta, alla vigilia della 43esima Giornata per la vita. «I partiti cercano il consenso, ma se la Chiesa non insiste sulla vita in prospettiva evangelica, è difficile che il politico individui il bene comune». La solidarietà al prete “linciato” per il paragone tra aborto e Olocausto: «Ha ragione, il suo è come un martirio, la persecuzione ideologica è l’ostracismo assoluto».
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]]>La partita di Coppa Italia di martedì scorso ha vissuto momenti imbarazzanti, soprattutto perché generato da un professionista come Zlatan Ibrahimovic che, quasi fosse un principiante incapace di controllarsi, ha provocato l?avversario interista Romelu Lukaku così: ?Vai a fare i tuoi riti vudù di m? da un?altra parte. Piccolo asino?.
Lukaku dapprima ha replicato semplicemente sfidando il belga sul campo all?inizio del secondo tempo: ?Dai, andiamo dentro!?.
Ma il milanista ha rincarato la dose: ?Vai a chiamare tua madre e fate quei riti vudù di m? nella foresta?.
Quindi Lukaku ha perso il controllo mandando a quel paese ?tu e tua moglie? ed è stato fermato a forza da compagni e dirigenti per evitare guai peggiori.
Per inquadrare le accuse di pratiche vudù bisogna risalire alla polemica che aveva coinvolto Lukaku nel gennaio 2018 in seguito al suo addio all?Everton, quando il presidente della squadra di Liverpool Farhad Moshiri dichiarò che durante l’incontro con il giocatore egli ?ha chiamato sua madre e ha detto che era stata in pellegrinaggio in Africa o da qualche parte e aveva fatto un rito vudù e ha ricevuto questo messaggio che doveva andare al Chelsea”.
Nel ricostruire i fatti di martedì sera tutti danno per buona questa storia dei riti Vudù, ma nessuno racconta che in effetti è inverosimile e che comunque era stata subito smentita da Lukaku, che peraltro andò al Manchester United e non al Chelsea.
Lukaku aveva risposto che il suo desiderio non aveva nulla a che fare con queste ragioni, lasciando che il suo portavoce spiegasse che ?ora vedrà quali misure giudiziarie usare? contro i dirigenti della squadra, perché ?Romelu è molto cattolico e il vudù non fa parte della sua vita… Semplicemente non aveva fiducia nell’Everton e nemmeno nel progetto di Moshiri. Ecco perché non ha voluto firmare a nessuna condizione?.
Ma è chiaro che Lukaku, più che per il vudù, ha perso le staffe quando Ibrahimovic ha insultato la madre, una figura importantissima per la sua vita e la sua carriera. È da lei che ha preso la tempra, il carattere, la fede per sperare contro ogni speranza: anche quando suo padre e sua madre, quasi nullatenenti, non avevano di che nutrirlo ed erano costretti a crescere i figli in un appartamento così mal messo da essere visitato dai topi, il ragazzino scorgeva la mamma pregare.
Al The Players Tribune Lukaku raccontò che ?avevo sei anni e tornavo da scuola per mangiare durante la pausa. Mia mamma preparava lo stesso menù ogni singolo giorno (pane e acqua)?Ma quando sei piccolo non ci pensi nemmeno?Sapevo che facevamo fatica”.
Una sera, però, il piccolo, vedendola allungare con l?acqua il latte senza pane, capì che la situazione di povertà in cui vivevano era grave: «Non dissi nulla. Non volevo sovraccaricarla. Mangiai il mio pranzo. Feci una promessa a me stesso e a Dio quel giorno. Fu come se qualcuno, schioccando le dita, mi avesse svegliato. Sapevo esattamente cosa dovevo fare e cosa avrei fatto. Non potevo vedere mia madre vivere in quel modo». Il punto per il piccolo non era dunque salvare se stesso ma coloro che amava.
È a questo punto che Lukaku ha parlato della stazza umana della madre, malata di diabete, che faticava a comprare le medicine ma di una fede cattolica reale e convincente: “Con mio fratello e mia mamma stavamo seduti al buio (a volte mancava loro l’elettricità e l’acqua calda, ndr), recitando le nostre preghiere e pensando, credendo”. Quella sera capì che prima o poi la fame sarebbe finita: ?Succederà?. Poi Lukaku disse alla madre in lacrime ?che tutto sarebbe cambiato, che avrei giocato nell’Anderlecht…chiesi a mio padre a che età si può diventare calciatori professionisti. Lui disse a 16, così dissi: ?Ok, 16 allora??.
E da lì in poi cominciò a pregare e lottare per diventare un calciatore professionista. Nonostante le scarpe consumate, l?impossibilità di seguire il calcio per mancanza della tv e nonostante giocasse ?con grande rabbia per via di molte cose?per via dei ratti che correvano per il mio appartamento?per come mi guardano gli altri genitori. Ero in missione? per diventare ?il miglior giocatore della storia del Belgio?non bravo. Non straordinario. Il migliore?. E a 12 anni in 34 partite aveva segnato 76 goal
A 16 anni venne preso dall’Anderlecht che però lo teneva in ponchina, motivo per cui Lukaku decise di sfidare l?allenatore con una scommessa che spiega cosa può generare la fame: ?Se mi fai giocare segnerò 25 goal entro dicembre…E farai i pancakes per noi ogni giorno?. I 25 goal furono segnati tutti entro novembre, il ragazzino aveva finalmente da mangiare e 16 anni giocò per la prima volta in prima squadra.
Ma tutto partì dal sacrificio e dalla fede della madre, motivo per cui anche oggi Lukaku non dimentica mai di ringraziare il Signore per dove è arrivato, senza vergognarsi delle sue origini e spiegando che prega e loda Dio decine di volte al giorno.
Ma se questa è la vicenda di Lukaku, che martedì sera ha risposto malamente alla provocazione, perché la gravità del comportamento di Ibrahimovic è stata minimizzata? Perché La Gazzetta dello Sport metteva i due calciatori in lite sullo stesso piano, oppure titolava semplicemente sul fatto che Ibra è ?esagerato in tutto??
Dov’è l’indignazione dei media che si stracciano le vesti contro le tifoserie che fanno i versi ai calciatori, mentre Lukaku si prendeva gratuitamente dell?asino e dell’indigeno e la madre della fattucchiera?
Evidentemente c?è chi è più intoccabile di altri, motivo per cui continua a comportarsi come fosse Dio. Ben peggio di un idolatra vudù.
Benedetta Frigerio, per https://www.lanuovabq.it/it/ibra-lukaku-e-quella-falsa-storia-dei-riti-vudu
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