LA VITA MINACCIATA DAL RELATIVISMO ETICO

3.241.015 bambini uccisi dall'aborto dal 1978 nel nostro paese, lo dicono le statistiche ufficiali mentre in Italia, il 2 febbraio, si svolge la XIX giornata della Vita. Per Marcello Lupi, presidente del Servizio di Accoglienza alla Vita di Ferrara, "per sconfiggere la cultura della morte bisogna ricristianizzare la società" e per questo l'associazione che dirige svolge tanta attività culturale quanta è l'assistenza che presta alle famiglie in difficoltà. Perché oggi occorre spiegare persino che la vita è sacra, mentre ai tempi dell'approvazione dell'infame legge sull'aborto occorreva soltanto dimostrare che l'embrione è un feto.

La 194 non ha la dignità di legge, aveva detto nella sua omelia nel Duomo di Ferrara poche ore prima l'arcivescovo mons. Carlo Caffarra. E lo ha ribadito con forza durante il convegno Embrioni e società incivile - Identità e statuto dell'embrione, organizzato nella città estense dal S.A.V., sottolineando che una società civile deve avere di mira la Verità sull'uomo e il suo Bene.
Le basi della società incivile risiedono nel sogno della società perfetta: ogni volta che si è tentato di realizzarla si è dato vita alla società più disumana che si potesse concepire.
Il linguaggio del Vescovo è volutamente radicale e alternativo quando oppone all'utopia l'idea regolatrice, l'orizzonte che serve a giudicare la via verso una società degna dell'uomo.
È un attacco diretto al modello occidentale, che attraverso un percorso lungo e complesso è giunto ad un punto morto, al capolinea spirituale, al cul de sac da cui non si riesce ad uscire.
La miseria dottrinale del mondo moderno fa sì che i tentativi di dare una risposta al quesito su quale sia la Verità sull'uomo non riescano ad approdare ad altra conclusione che su di esso esistono soltanto opinioni.
Così il Bene valido per tutti scompare, sostituito dai beni che sono utili soltanto per alcuni.
La nostra tradizione, classica e cristiana, aveva già capito che è possibile andare oltre e conoscere ciò che è bene per tutti.
Ora invece la ragione sembra avere solamente il compito di aiutare a raggiungere beni utili. Qui si situa la demarcazione rigorosa tipica degli ordinamenti moderni: nel privato ognuno persegue il proprio bene particolare, nel pubblico si deve seguire unicamente una via procedurale perché la socialità umana consisterebbe soltanto nella regolamentazione della ricerca del bene da parte dei soggetti.

Ormai è accettato il legame vitale tra la democrazia occidentale e il relativismo morale e chi lo critica viene considerato un nemico della democrazia.
Perciò viene escluso ogni concetto di Bene.
L'embrione, con la sua semplice esistenza, sta a dimostrare l'infondatezza di tutta questa costruzione.
Infatti, dice mons. Caffarra, o si nega la sua esistenza e la società può rimanere in piedi, oppure la si accetta, ma allora occorre ricostruire la società daccapo. L'embrione è, e basta. Tutto lì. Non ha nessuna utilità particolare da offrire o da perseguire. Riconoscergli un diritto, significherebbe dover riconoscere che c'è un Bene.
E la cultura moderna ne trae come conseguenza che dell'embrione invece si può disporre, estendendone il trattamento a malati terminali e adottando la stessa giustificazione utilitarista per la fecondazione artificiale. Ecco perché la battaglia per la vita non è marginale, ma è il punto di partenza per la contestazione permanente al sistema. L'embrione, anche se debole e indifeso, dimostra che il vero valore della persona umana è la persona stessa.

Ma la nuova frontiera della cultura della morte afferma che l'embrione è un individuo e non una persona. Falso, ribatte don Roberto Colombo, docente all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e all'Istituto Giovanni Paolo II di Roma. E non è nemmeno una questione di fede, quanto di ragione. Per il biologo, la corporeità dell'io, la sua vita come organismo umano e non come mero conglomerato di cellule è un fatto che si dimostra da sé, con la sola osservazione del genoma umano. Il nostro patrimonio genetico è dinamico, non statico, ed elabora tutte insieme informazioni dell'ampiezza di un Giga e mezzo di memoria, cosa impossibile a qualsiasi computer. Le interpretazioni riduzionistiche che tendono a non vedere l'uomo come persona affermano anche l'inesistenza della sua individualità.

A Paride Casini, di Alleanza Cattolica, spetta il compito di descrivere la inadeguatezza del diritto di fronte alla realtà dell'embrione. In Italia, dice, non si potrebbe nemmeno porre il problema che si presentò nel Regno Unito qualche mese fa sui termini di decorrenza della crioconservazione degli embrioni. Da noi, molto semplicemente, non vi è nessun obbligo giuridico al riguardo. Qui c'è tutta l'incapacità del relativismo e dell'umanesimo ateo a dire qualcosa sui diritti elementari della persona. E non è colpa del diritto in sè, ma della cultura che lo informa, quella che sostiene la liberazione della donna dalla tirannia della biologia e della gravidanza. I princìpi non sono nel diritto, ma nella cultura e se non ci si apre alla Verità sull'uomo, la legislazione rimarrà muta. Non è un caso se il divieto di aborto è stato stabilito prima nel diritto canonico e poi è passato nella legge civile. La vita è sacra perché l'uomo ha relazione con Dio, è un homo religiosus. Bisogna appropriarsi della dimensione religiosa della vita umana, poi si vincerà definitivamente l'afonia del diritto.

Andrea Morigi