AUTORITA' E POTERE:
IL FONDAMENTO, LA NATURA, IL FINE

 

Il significato del termine "autorità" non è chiaro e preciso, esso viene di volta in volta identificato con influenza, prestigio, forza, dominio, potere.

La parola autorità deriva da auctor che a sua volta deriva dal verbo augere.
Augere significa aumentare, far crescere, e dunque auctor è colui che sostiene una cosa, che la sorregge nel suo sviluppo.

L'autorità è dunque la forza che serve a sostenere e incrementare la cosa o la persona verso la quale è orientata attraverso una relazione che dipende dalla natura stessa delle realtà che entrano in rapporto.
L'esempio più evidente che si può fare per chiarire questo concetto è quello della famiglia: all'interno della famiglia i genitori, ciascuno secondo le proprie modalità, hanno il "dovere" piuttosto che il "diritto" ad esercitare l'autorità, hanno cioè il dovere primario di utilizzare tutte le loro forze e la loro iniziativa moltiplicata dall'amore per sostenere e incrementare l'essere dei loro figli .

Proprio grazie a questo esempio possiamo vedere il legame strutturale che esiste tra autorità, verità e libertà. Il genitore che esercita l'autorità sul figlio lo fa con l'intento di permettergli di raggiungere il suo "vero" bene , dove con vero non s'intende l'opinione personale sul bene del figlio, ma il suo bene oggettivo. Questo bene oggettivo dipende in generale dalla natura della persona umana e in particolare dalle caratteristiche specifiche del singolo uomo. Quindi la prima condizione per un retto esercizio dell'autorità è che essa sia orientata al raggiungimento del fine oggettivo di coloro che fruiscono del suo servizio; la seconda condizione è che essa s'incontri con la libertà di colui che è sottomesso all'autorità. Paradossalmente ,secondo la mentalità corrente, potremmo dire che l'autorità aiuta a diventare liberi, se con libertà s'intende la capacità di scegliere la realizzazione del progetto che è scritto dentro l'uomo. Dunque l'autorità c'è solo in relazione ad una verità da accogliere e portare a compimento ed è suscitatrice di libertà.

Un'autorità che si percepisca in questo modo è ,per sua stessa costituzione, un ostacolo grave sia per il relativismo, sia per una concezione assoluta di libertà; perchè il relativismo e la licenza possano attecchire è necessario che l'autorità venga distrutta o pervertita .

L'autorità esiste perchè l'uomo è per natura sociale e quindi in relazione con gli altri esseri umani. La socialità è per l'uomo un "proprio", cioè una caratteristica necessariamente connessa alla sua essenza; l'autorità non è quindi una sovrastruttura legata a particolari condizioni storiche, culturali o economiche.

Dal punto di vista politico l'autorità è il fondamento della società in quanto ordina regola e dirige le azioni dei membri della comunità al conseguimento del bene comune. Il contenuto del bene comune non dipende dall'idea che ne ha chi detiene l'autorità, ma è qualcosa di oggettivo, esso consiste nella possibilità per i membri della società di realizzare in modo ordinato e solidale quanto più benessere materiale, intellettuale e spirituale è compatibile con la concreta situazione storica. Condizione necessaria perchè il bene comune possa essere perseguito è che i diritti naturali dell'uomo vengano riconosciuti e tutelati dall'autorità, non "concessi" o addirittura violati.

Riassumendo in modo schematico si può dire che:

1. l'esistenza dell'autorità è un dato naturale e non si fonda sull'accordo delle persone (come sostenevano sia pure in modo diverso Hobbes e Rousseau)

2. l'a. deve essere usata per difendere il valore primario e fondamentale dell'uomo come persona e quindi proteggere i diritti inalienabili dell'uomo

3. deve ordinare la società secondo i principi di solidarietà e sussidiarietà

4. le leggi che promulga non devono mai andare contro i diritti inalienabili della persona

5. l'a. è compatibile con ogni forma di governo il cui esercizio sia legittimo

L'esistenza dell'autorità comporta la diseguaglianza tra gli uomini e molti percepiscono questo fatto come un'ingiustizia .E vero che tutti gli uomini hanno la medesima dignità naturale in quanto sono persone, tuttavia la funzione che ciascuno svolge all'interno della società è diversa e la diversità è una ricchezza non un'ingiustizia.

La diversità e quindi la gerarchia possono essere percepite come ingiustizie in due casi: quando vengono violati dei diritti oppure per il fatto stesso di esistere, per il malessere che può provocare nel profondo delle nostre tendenze l'esistenza di qualcuno che ha più avere, più potere, più sapere o più esperienza.

Nel primo caso la ribellione contro l'ingiustizia non comporta la negazione della legittimità dell'autorità, ma semplicemente la rivendicazione del singolo diritto conculcato; nel secondo caso invece si arriva alla giustificazione ideologica delle proprie tendenze disordinate, si usa cioè la ragione in modo pervertito, non per leggere la verità della situazione, ma per legittimare la propria invidia o il proprio orgoglio.

L'attacco contro il principio di autorità, inteso come forza che tutela e promuove l'ordine naturale, si è concretizzato storicamente in un processo secolare che si è abbattuto sulla società occidentale a partire dal declino della Cristianità medioevale.

Questo processo, che il filosofo Augusto Del Noce ha chiamato processo di secolarizzazione, ha avuto come tappe fondamentali la riforma protestante, la rivoluzione francese, le rivoluzioni comuniste e infine una quarta fase in cui la destrutturazione è entrata all'interno stesso dell'uomo.