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John Dewey ed il progressismo educativo

articolo apparso senza note e sottotitoli sul Dizionario del Pensiero Forte,
in
Secolo d'Italia del 6 febbraio 1998,
col titolo "Dewey, il pedagogo ideologo"

 

"Nessun filosofo contemporaneo esercitò un'azione così vasta sul pensiero, sulla cultura, sul costume politico e soprattutto sulla prassi educativa dell'intero mondo civile". Così il filosofo Nicola Abbagnano (1901-1990) e il pedagogista Aldo Visalberghi presentano la figura di John Dewey (1) e la corrente dell'"educazione progressiva", di cui egli fu il principale esponente. Senza pregiudizio per la portata della sua filosofia (2), la sua pedagogia é considerata fra i più efficaci strumenti di trasformazione sociale.

John Dewey nasce nel 1859 (3) a Burlington, nello Stato americano del Vermont, dove riceve l'educazione tipica dei ceti medi del tempo: nel 1879 si diploma alla Vermont University e nel 1884 si laurea alla John Hopkins di Baltimora, con una tesi sulla psicologia di Immanuel Kant (1724-1804). Conseguito il diploma insegna per due anni in un liceo della Pennsylvania e già da questo periodo si orienta alla filosofia di Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716), di Kant e di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831).

 

Le origini del pragmatismo pedagogico

La storia intellettuale del XIX secolo può essere vista anche come la prosecuzione del conflitto, iniziato almeno dalla rivoluzione scientifica seicentesca, tra un'epistemologia che accetta l'oggettività del mondo esterno e della natura umana e ritiene i nostri pensieri e idee tanto più veri quanto più corrispondono ad esso, e una che, invece, muovendo da un'intenzione sovversiva del reale, valuta la verità delle idee in base alla loro sperimentabilità empirico-scientifica.

Dewey, formatosi in un clima in cui queste teorie costituivano alternative metafisiche, crede inizialmente di trovare un'impossibile conciliazione nella "terza via" del pragmatismo (4), che tralascia ogni tema metafisico e pone l'accento sulle conseguenze pratiche di ogni filosofia: non esistono fini e valori assoluti perché verità e utile coincidono, misurandosi la verità di un principio dal suo successo (5).

Su questa via, mentre insegna filosofia nelle Università del Minnesota e del Michigan dal 1884 al 1894, matura un profondo interesse per i problemi educativi.

 

La critica ad Herbart

In quegli anni, negli Stati Uniti d'America, gode di grande popolarità il pedagogista tedesco Johann Friedrich Herbart (1776-1841), le cui dottrine sembrano consone a un mondo tecnologico, inventivo e "pratico" (6). In effetti, il cosiddetto realismo herbartiano, che mira alla formazione del carattere anche per mezzo della psicologia, ben si presta alla costruzione del self made man voluto da quella parte di statunitensi smaniosa di successo e decisa a rompere con i valori in cui credevano i "Padri Fondatori".

Herbart - allievo di Johann Amadeus Fichte (1762-1814), successore di Kant alla cattedra di filosofia e pedagogia all'Università di Königsberg, influenzato dalle teorie di Giovanni Enrico Pestalozzi (1746-1827) - é il più autorevole esponente della pedagogia "romantica" o di "falsa destra" (7) - riconducibile anch'essa a Jean Jacques Rousseau (1712-1778) - che in quel periodo rappresenta la più avanzata tappa del processo di sovversione in campo educativo per la forte connotazione idealistica e statalistica (8).

Ma, per Dewey, Herbart teorizza una scuola ancora troppo selettiva ed elitaria, in cui la centralità del programma e del maestro sono "decisamente soffocanti" (9).

Di Herbart accetterà, invece, l'embrione della teoria dello "interesse" - ossia il fatto che l'apprendimento debba avvenire attraverso una disposizione attiva del soggetto -, che svilupperà con l'aiuto della psicologia di Stanley Granville Hall (1846-1924), sino a sostenere che il "[...] vero interesse non si misura che dall'entità dello sforzo, né può darsi sforzo che non poggi su di un genuino interesse" (10): connesso ad attività pratiche in mutamento, anche l'interesse deve essere fatto evolvere di continuo, fornendo al fanciullo occasioni di attività sempre diverse.

La peculiarità delle teorie deweyane sta nell'affermazione secondo cui l'uomo é un essere con natura prioritariamente sociale.

Se il compito tradizionalmente assegnato all'educazione consiste - ad esempio per Aristotele - nel procurare l'acquisizione dell'abito delle virtù, per le quali l'uomo fa un retto uso delle sue facoltà, subordinate e ordinate secondo la retta ragione (11), posponendo gli interessi della società al raggiungimento di quel fine personale, ne "Il mio credo pedagogico", del 1897, Dewey afferma invece che "coll'avvento della democrazia e delle moderne condizioni industriali [...] é impossibile preparare il fanciullo ad un ordine preciso di condizioni" (12).

Perciò l'educazione - che "deriva dalla partecipazione dell'individuo alla coscienza sociale della specie" (13) -, per svilupparne pienamente la personalità deve aver presente solo la necessità d'inserire l'educando adeguatamente nei cambiamenti sociali.

 

L'impegno nel Teachers College.

Nel 1894 - anche a causa dell'offerta di tenere corsi su argomenti di pedagogia e condurre esperimenti in ambito educativo -, passa all'Università di Chicago (14), in cui dà vita a una scuola sperimentale, annessa al Dipartimento di filosofia, psicologia e pedagogia da lui diretto, nella quale mette in pratica le teorie pragmatistiche.

Degli esperimenti svolti, dà conto in Scuola e società, pubblicato nel 1900, in cui ribadisce la sua impostazione iniziale con - tra l'altro - il rifiuto della "dipendenza di una mente da un'altra mente" e dell'"attitudine ad ascoltare" in quanto implica "passività, assorbimento" (15).

Nel 1905 è al Teachers College (16) della Columbia University di New York, che svolgerà un ruolo decisivo nella diffusione dei principi deweyani.

Già dagli anni in cui Dewey si dedicava alle sue prime opere sull'educazione, venivano compiuti esperimenti educativi da parte di vari riformatori, desiderosi di modificare la società per il tramite della scuola, tutti influenzati dall'una o dall'altra delle componenti del pensiero progressista ottocentesco. La pubblicazione, nel 1915, di Schools of Tomorrow - una raccolta di numerosi modelli e sistemi raccomandati a coloro che avevano idee progressiste - segna l'inizio dell'opera di raccordo e coordinamento delle varie scuole che intendono sperimentare le nuove metodologie.

In questo periodo nasce pure l'American Progressive Education Association (Pea), che, con la diffusione della rivista Progressive Education, contribuisce a allo scambio di esperienze con analoghi movimenti europei.

 

Un'educazione per la democrazia

Nel 1916 Dewey pubblica l'opera di maggior successo, Democrazia ed educazione, che dichiara essere, "un tentativo di scoprire ed esporre le idee implicite in una società democratica, e di applicare queste idee ai problemi del compito educativo" (17).

Tale concetto, parafrasabile in "non una democrazia a misura d'uomo, ma un uomo funzionale alla democrazia", é la perfetta inversione della missione educativa (18), secondo cui bisogna educare l'uomo ai valori che, da sempre, hanno costituito la condizione della sua felicità e che tendono a perfezionare la persona nel mutare degli eventi e delle condizioni sociali, divenendo insieme condizione di una "società a misura d'uomo" (19).

Questa impostazione, che ben sintetizza la caratteristica del pensiero di Dewey, potrebbe portare a dubitare anche dei suoi corollari: la cebtralità del fanciullo nell'atto educativo, la ricerca e applicazione di metodi individuali, la formazione attraverso lo stimolo del bisogno e dell'interesse, il rispetto della sua natura e psicologia. Tali corollari - che possono anche essere considerati validi se isolati dalla concezione naturalistica ad essi soggiacente -, perdono credibilità quando (20) la centralità del fanciullo diviene affermazione della superiorità dell'infanzia sull'età adulta; le leggi del bisogno e dell'interesse diventano le sole da usarsi; la psicologia, la biologia o la sociologia diventano strumento - come in alcuni casi accade - per rimuovere resistenze a un non meglio definito al "progresso".

 

L'affermazione delle tendenze progressiste

Nei primi tre decenni del secolo XX l'autorità e l'influenza di Dewey crescono e si espandono: nel 1927 egli diviene presidente della Pea, che domina la preparazione degli insegnanti e gli orientamenti pedagogici e di cui il Teachers College aveva assunto il controllo.

E' il momento in cui molte delle sue idee trovano accoglienza e consenso in organismi internazionali, quali il Bureau international des ècoles nouvelles, la New Education Fellowship (Nef), e l'Ècole international di Ginevra: è la saldatura con la corrente euroPea delle "scuole nuove" e dell'"educazione attiva" (21).

In questo periodo Dewey compie pure vari viaggi "propagandistici" nel mondo: nel 1928 é in Unione Sovietica, dove stringe amicizia con Anatolij Semionovic Lunacarskij (1875-1933), Ministro dell'Istruzione e sostenitore dei "metodi attivi" nel periodo "liberale" dell'U.R.S.S.

Dewey simpatizza per il socialismo anche sovietico: muterà quando il socialismo diventerà "staliniano", difendendo, nel 1937 a Città del Messico, Lev Davidovic Trotskij (1879-1933) accusato di aver tradito la Rivoluzione d'Ottobre (22).

A seguito della crisi del 1929, Dewey aderisce pubblicamente al New Deal - il "nuovo corso" progressista e statalista promosso dal presidente statunitense Franklin Delano Roosvelt (1882-1945) - e, nel 1932, la Pea istituzionalizza i suoi legami con l'Europa, diventando la sezione statunitense della Nef.

Nel 1933 esce l'annuario di quella che, nel frattempo, é diventata la National Society of College Teachers Education, che affronta il tema del come vivere in un mondo trasformato dalla scienza e dalla tecnologia. Sotto l'egida di Dewey viene proposto un programma d'azione - i cui contenuti segneranno le politiche scolastiche di molti paesi - articolato in tre punti: estensione dell'istruzione agli adulti, insistenza sulla storia sociale e sui problemi sociali nel programma di studi scolastico, aumento della partecipazione degli insegnanti e degli studenti nell'amministrazione scolastica.

Accanto a lui è William Heard Kilpatrick (1871-1965) - suo discepolo dal Teachers College nel 1909 e inventore nel 1918 del diffusissimo "Metodo dei progetti" -, che con Helen Parkhurst (1887-1973) - fautrice del "Dalton Plan" (23) del 1920 - e Carleton Wosley Washburne (1889 - 1968) - diffusore del "Winnetka Plan" (24) del 1920 -, viene generalmente indicato come il maggior continuatore dell'opera di Dewey.

 

L'eredità progressista

Nel 1930 va in pensione e, pur continuando a produrre un flusso incessante di scritti - ormai con un taglio soprattutto filosofico -, ha inizio il declino della sua azione.

Come per una strana coincidenza, il 31 dicembre 1929 Papa Pio XI (1922-1939), con l'enciclica Divini Illius Magistri, aveva duramente condannato, pur senza menzionare esplicitamente Dewey e le "scuole nuove", i principi fondanti e le caratteristiche dell'educazione progressiva.

Dal 1940, a causa delle prime notizie sugli orrori del socialismo sovietico, il progressismo più radicale perde il suo potere d'attrazione. Tra il 1945 e il 1955 la Pea degenera e viene sciolta e, nel dopoguerra, la cultura americana ha una generale "crisi di rigetto" verso il progressismo a causa dei guasti prodotti dall'educazione permissiva: Dewey aveva difeso, nel 1941, Bertrand Russell (1872-1970), radiato dal College di New York a causa delle sue idee sovversive sulla famiglia e l'etica sessuale (25).

In questo clima di generale distacco, quando ormai il gruppo di Dewey aveva pienamente adempiuto alla sua funzione vessillare, vi é però una singolare eccezione: l'Italia (26), dove - dal 1943 al 1948 - il "colonnello" Washburne opera come consigliere scolastico plenipotenziario del Governo Militare Alleato e come direttore dell' Usis, l'Ufficio Informazioni degli Stati Uniti d'America, a Milano.

L'eredità dell'educazione progressiva in Italia troverà ulteriore sostegno grazie all'opera di Lamberto Borghi - già emigrato negli U.S.A. a causa del fatto di essere israelita -, assiduo frequentatore degli ambienti deweyani. Dalla nascita della rivista Scuola e Città e della casa editrice La Nuova Italia - fondate da Ernesto Codignola (1885-1965) -, egli dà vita a una corrente pedagogica chiamata chiamata di "democrazia laica", che instaura un costruttivo confronto tra laici e marxisti "sulla base di Dewey".

Negli anni successivi, grazie anche all'azione di Aldo Visalberghi, l'influenza di questa corrente sulla pedagogia e sulle istituzioni educative italiane é enorme, raggiungendo il suo apice con la conquista dei ministeri educativi dello Stato in seguito alla vittoria elettorale del 1996 da parte della coalizione detta dell'Ulivo.

Dewey muore il 1 giugno 1952. Dopo aver passato tutta la vita a sostenere fermamente che non esiste realtà superiore all'esperienza (27), finalmente Iddio, misericordioso ma giusto, lo introduce all'esperienza dell'Essere.

David Botti

16 luglio 1997
Nostra Signora del Carmine

 

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1 Abbagnano-Visalberghi, Linee di storia della pedagogia, Paravia 1981, vol. III, p. 271.

2 Cfr. ad es. la voce relativa dell'Enciclopedia Cattolica.

3 Molte notizie biografiche, con relativo inquadramento nella storia della corrente di pensiero progressista sono presenti James Bowen, Storia dell'educazione occidentale, Mondadori 1983, vol. III, pp. 452-475. Pure con notizie biografiche, ben inquadrate nella maturazione pedagogica del D., é Aldo Visalberghi, John Dewey, La Nuova Italia, II ed., Firenze 1961.

4 Bowen sostiene che il D. sia stato influenzato specialmente dal pragmatismo di Charles Sanders Peirce (1839-1914), che anche Aldo Visalberghi (in John Dewey, op. cit., p. 4), ritiene prevalente rispetto a quello di William James (1842-1910).

5 Cfr. Adriano Bausola, alla voce Pragmatismo. John Dewey, in Sofia Vanni Rovighi, Storia della filosofia contemporanea. Dall'Ottocento ai nostri giorni, La Scuola, Brescia 1980, p. 527. Coerentemente col pragmatismo, le opere di D. sono inizialmente rivolte a temi educativi e, solo successivamente, alla formulazione di un proprio sistema filosofico indicato come strumentalismo (Cfr. Augusto Baroni, La pedagogia e i suoi problemi nella storia del pensiero, La Scuola, Brescia 1990, XIII ed., p. 315.), o "operativismo". Ho ritenuto utile lasciare il riferimento al pragmatismo perché (a) in questo filone D. é stato formato ed é solitamente inserito, (b) nel significato corrente il termine non é improprio al metodo. Dovendo poi trattando della pedagogia di D. ho citato esclusivamente i principali testi di questa materia, escludendo volutamente i caratteri della sua filosofia.

6 Il Bowen individua in una presa di posizione pubblica contro l'herbartismo la prima origine della notorietà di D. La piccola Treccani, del 1995, segnala la pubblicazione, nel 1891, di Outline of Ethics, che però non ho potuto associare alla citata polemica per mancanza di altre conferme.

7 Cfr., come esempi della categoria di "falsa destra", cfr. Plinio Corrêa de Oliveira, L'imbroglio dell'anticomunismo peronista, in Cristianità n. 3, 1974; e Massimo Introvigne, Una reazione senza valori: il neostoicismo, in Cristianità n. 9, 1975.

8 Cfr. Giovanni Reale, Dario Antiseri, Mauro Laeng, Filosofia e pedagogia dalle origini ad oggi, La Scuola, Brescia 1996, XI ed., vol. III, pp. 155-160. In Italia le idee dell'Herbart trovarono il generale consenso dei positivisti, la violenta riprovazione della Civiltà Cattolica (con esplicita riprovazione dell'herbartismo in un articolo pubblicato nel settembre del 1871) e grande diffusione da parte del Credaro, che diverrà Ministro della Pubblica Istruzione nel 1911.

9 Cit. in Aldo Visalberghi (Scuola aperta, La Nuova Italia, Firenze 1960, p. 228) che espone le relazioni e le diversità tra la pedagogia di Herbart e Kant e quella di Dewey.

10 Ibidem.

11 Aristotele, Etica Nicomachea, Libro II, 1-6. Cfr. anche Giovanni Paolo II, 7/12/87: "[...] educare significa promuovere la formazione della persona umana in vista sia del suo fine ultimo che del bene delle varie comunità, di cui essa é partecipe ed in cui, divenuta adulta, dovrà svolgere precisi compiti".

12 John Dewey, Il mio credo pedagogico, con introduzione, notizia bio-bibliografica e note di Lamberto Borghi, La Nuova Italia, Firenze 1973, X rist., p. 7.

13 Ibid., p. 3.

14 Con l'appoggio di Francis Wayland Parker (1837-1902) - che a livello nazionale ha già fama educatore progressista. Già alla morte di Parker, nel 1902, mentre la piccola scuola sperimentale é nel frattempo diventata la University of Chicago Laboratory School, Dewey si trova ad essere l'educatore progressista di maggior spicco degli Stati Uniti.

15 John Dewey, The School and Society, 1900; trad. it. di Lamberto Borghi ed Ernesto Codignola, Scuola e società, La Nuova Italia, Firenze 1949, pp. 23-24, cit. da J. Bowen.

16 Nel Teachers College resta sino alla pensione, nel 1930.

17 John Dewey, Democrazia ed educazione, V ed., La Nuova Italia, Firenze 1974, p. IX. D., in Liberalismo e azione sociale del 1935, dirà che "il problema della democrazia [...] diviene il problema di quella forma di organizzazione sociale che si estende ad ogni campo e ad ogni via della vita, in cui le forze individuali non dovrebbero essere semplicemente liberate da costrizioni meccaniche esterne, ma dovrebbero essere alimentate, sostenute, dirette".

18 Cfr. Dante Morando, La pedagogia, Morcelliana 1951, pag. 376: "Certo é che il pedagogista americano non pensa mai al singolo come fine a se stesso, ma come individuo in cui si deve attuare la tendenza sociale, base concreta della solidarietà umana e quindi fonte concreta della moralità". In questo senso si esprime anche il più noto Christopher Dawson: "Dewey, nonostante il suo laicismo, aveva una concezione quasi esclusivamente religiosa dell'istruzione [...] Essa esiste semplicemente per servire la democrazia; e la democrazia non é una forma di governo, é una comunità spirituale, basata sulla "partecipazione di ogni essere umano alla formazione dei valori sociali". Così ogni bambino é un membro potenziale della chiesa democratica, e funzione dell'istruzione é proprio quella di renderne attuale l'appartenenza e di allargarne il potere di partecipazione [...]. Il fine ultimo dell'intero processo é uno stato di comunione spirituale nella quale ogni individuo partecipa all'esperienza di tutti e contribuisce, proporzionalmente alla propria possibilità, alla formazione di "un'intelligenza finale collettiva", per usare l'espressione di Dewey nei riguardi del pensiero democratico" (La crisi dell'educazione occidentale, Morcelliana, Brescia 1965, p. 118).

19 Dewey vuole perciò una società che perennemente si auto pianifica; la differenza che intercorre tra una planned society "stalinista" ed una continuosly planning society "democratica" é stata così formulata da D.: "La prima richiede disegni fissati imposti dall'alto e che pertanto si affidano alla forza, fisica e psicologica, per ottenere che ad essi ci si conformi. La seconda significa liberare l'intelligenza attraverso la forma più vasta d'interscambio cooperativo" (The Economic Basis of the New Society, saggio scritto espressamente per l'antologia dei suoi scritti Intelligence in the Modern World, a cura di J. Ratner, Modern Library, New York, 1939, pp. 431-432, cit. in A. Visalberghi, John Dewey, p. 3).

20 Cfr. Giovanni Reale, Dario Antiseri, Mauro Laeng, op. cit., pag. 631-633, secondo cui tali concezioni si basano sulla rousseauviana "bontà naturale" o sulla montessoriana associazione della gioventù all'avvenire.

21 Contemporaneamente ai primi esperimenti di Dewey, Cecil Reddie (1858-1932) appre nel 1889 ad Abbotsholme, in Inghilterra, il primo esperimento di "scuola nuova", cui faranno seguito quelli di Bedales nel Sussex e della École des Roches, nel 1899, in Normandia. Il movimento europeo delle "scuole nuove" acquisterà una propria identità con Ovide Decroly (1871-1932), fondatore nel 1907 a Bruxelles della École de l'Ermitage, con Edouard Claparède (1873-1940) ed Adolphe Ferrière (1879-1961) che fonderanno - nel 1912 a Ginevra - l'Istituto Jean Jacques Rousseau. Col sostegno della Società delle Nazione, esso di trasformerà nel Bureau International de l'Education, per confluire finalmente nell'UNESCO nel corso degli anni Sessanta (Franco Cambi, Storia della pedagogia, Laterza, Bari 1995, pp. 425-444.

22 Cfr. Grande Dizionario Enciclopedico UTET, IV ed. 1991.

23 Il Dalton Plan della Pakhusrt - influenzata dalle idee che in quel periodo andava esponendo Maria Montessori, la maggiore esponente italiana dell'attivismo -, si diffuse rapidamente in Inghilterra, in Europa e nel mondo coloniale occidentale. Era un sistema di istruzione individualizzato basato sul principio di un "contratto" che faceva dei fanciulli gli agenti del loro stesso apprendimento; pareva costituire un modello progressista capace di rispondere al criterio fondamentale di fare dell'interesse dell'allievo, dell'automotivazione e dell'attività, i fattori dominanti dell'istruzione.

24 Washburne ebbe sin dall'infanzia ebbe la casa frequentata da educatori progressisti, come Cecil Reddie e lo stesso Dewey, crescendo così nell'ambiente che lo avrebbe proiettato sulla scena mondiale dell'educazione "nuova". Viaggiò in Europa, Russia, Cina e Giappone e ricprì importante cariche in organismi educativi internazionali.

25 Cfr. Mauro Laeng alla voce Dewey, in Enciclopedia pedagogica, diretta da Mauro Laeng, La Scuola, Brescia 1994, vol. VI.

26 Cfr. Tina Tomasi, La scuola italiana dalla dittatura alla repubblica, con una prefazione di Mario Alighiero Manacorda, Editori Riuniti, Roma 1976, pp. 82-85; secondo l'autrice Washburne si sarebbe subito prodigato per improntare la scuola italiana agli ideali della democrazia americana.

27 La teoria della verità come verifica é ben esposta nella raccolta di conferenze tenuta all'Università di Edinburgo nel 1929 per le Gifford Lectures e pubblicata col titolo La ricerca della certezza, in cui scrive che occorre "abbandonare la ricerca della realtà e del valore assoluto e immutabile" per dedicarsi alla "ricerca dei valori che possono essere assicurati e condivisi da tutti", in The Quest for Certainty, 1929, trad. it. di E. Bocchi e A. Rizzardi, La ricerca della certezza, La Nuova Italia, Firenze 1966, ad es. p. 17.