http://www.tempi.it/archivio_dett.aspx?idarchivio=11902 - Tempi num.10 del 08/03/2007

Libera Iglesia

L'Educazione alla cittadinanza entra nelle scuole.

Per i vescovi Zapatero "vuole imporre il relativismo"

di Lartaun de Azumendi

Madrid
Il 1° marzo 2007 la Conferenza episcopale spagnola ha emesso un comunicato in cui ha espresso dure critiche ai decreti attuativi della Loe, la legge organica per l'educazione elaborata dal governo socialista e approvata dal parlamento nel 2005. Già al momento dell'approvazione i vescovi espressero la loro grave preoccupazione di fronte a una riforma che non garantisce e anzi viola diritti fondamentali nel campo educativo. Tuttavia l'atteggiamento costruttivo che aveva mostrato l'esecutivo Zapatero nei colloqui con la gerarchia ecclesiastica su questa materia - ci furono quattro riunioni durante il 2006 - fece pensare a molti che si sarebbe riusciti a raggiungere un accordo soddisfacente per ambo le parti e per il resto della società. Niente di più lontano dalla realtà: quando sono diventati di pubblico dominio i contenuti dei decreti governativi, tutti gli allarmi si sono accesi e la Conferenza episcopale ha mostrato la sua profonda insoddisfazione. Soprattutto per tre aspetti fondamentali che potrebbero contraddire gli accordi che regolano le relazioni fra Stato e Chiesa dal 1979: l'educazione morale degli studenti, l'insegnamento della religione cattolica e la libera scelta dell'istituto.

Riguardo al primo aspetto, se c'è stato un tema che ha suscitato una controversia feroce e causato il sollevamento di professori, studenti, genitori e cittadini in generale, è stata l'introduzione della materia "Educación para la Ciudadanía" (Educazione alla cittadinanza), che molti temono si converta in un'arma di controllo delle coscienze da parte dello Stato. Nel documento della Conferenza episcopale si afferma che i decreti attuativi della Loe "stabiliscono espressamente che questi insegnamenti pretendono di formare, con carattere obbligatorio, la coscienza morale civica di tutti gli studenti in tutti gli istituti. Per cui i criteri di valutazione non si riferiscono solo ai contenuti, ma anche agli atteggiamenti e alle abitudini personali, la cui natura si basa sempre sulla visione della vita che informa la coscienza morale". Quando, già nel 2005, il governo socialista rese pubblica l'intenzione di includere questa materia nel curriculum scolastico, associazioni di docenti e genitori espressero timore di fronte alla possibilità che in essa si ritrovassero questioni di ordine morale i cui contenuti sarebbero stati controllati esclusivamente dallo Stato. E quando fu resa nota la bozza del provvedimento si confermarono i sospetti: il piano di studio della materia includeva temi come la dimensione umana della sessualità, il rispetto per le scelte laiche o religiose dei cittadini e il pluralismo morale, insieme ad altri sui quali non c'era nulla da dire, come i diritti fondamentali dell'essere umano o i contenuti della costituzione spagnola. Il fatto che il governo che stabilirà questi contenuti sia lo stesso che ha legalizzato il matrimonio omosessuale equiparandolo al matrimonio tradizionale, inclusa l'adozione di figli, ha provocato l'indignazione di gran parte dei cattolici spagnoli, che temono veder riflesse queste idee nei contenuti dell'insegnamento.

In questo contesto, il 12 novembre dello stesso anno dodici organizzazioni riuscirono a portare centinaia di migliaia di persone nelle strade di Madrid per protestare contro la Loe e l'Educazione alla cittadinanza. Da allora queste associazioni, fra le quali si trovano la Confederazione cattolica nazionale dei genitori degli studenti (Concapa) e la Confederazione spagnola degli istituti di insegnamento (Cece), non hanno smesso di fare la guerra al governo.

Genitori, disubbidite
Ora che il governo ha approvato i contenuti finali della nuova materia, altre 18 associazioni si sono aggiunte per presentare un piano di intervento contro l'Educazione alla cittadinanza. Né i vescovi sono rimasti indietro, e nel loro documento esprimono una posizione molto ferma: quella materia, scrivono, è una forma di educazione statale e obbligatoria della coscienza, che impone il relativismo morale. "Non ci sarebbe nulla da obiettare a una materia scolastica che faciliti la conoscenza oggettiva dei princìpi costituzionali o delle norme civiche della convivenza", ma, denuncia la Conferenza episcopale, "sono alcuni insegnamenti concreti che, sotto il nome di Educazione alla cittadinanza, costituiscono una grave lesione del diritto dei genitori a determinare l'educazione morale che desiderano per i figli". Essi, nel modo in cui appaiono programmati, "significano l'imposizione del relativismo e dell'ideologia del genere". I vescovi incoraggiano i genitori a difendere il diritto di determinare l'educazione morale dei figli con tutti i mezzi legittimi a loro disposizione. Inclusa, anche se non esplicitamente, l'obiezione di coscienza e il rifiuto di partecipare alle lezioni.

Il secondo aspetto che ha provocato la profonda delusione nella Conferenza episcopale è l'insegnamento dell'ora di religione. La legge stabilisce che la sua offerta sia obbligatoria da parte degli istituti e la sua scelta libera da parte degli alunni. I vescovi lamentano però la riduzione del numero di ore che le si dedicano e il fatto che si è deciso che gli studenti che non la scelgono disporranno di alternative decise autonomamente dagli istituti e che possono non aver nulla a che fare con contenuti regolati e valutabili. Ciò significa che chi sceglie religione dovrà sforzarsi per essere promosso, mentre chi non la sceglie avrà tempo libero o potrà studiare. È piuttosto chiaro cosa preferirà una grande percentuale di studenti.

Quanto al terzo aspetto, cioè la libera scelta della scuola, i vescovi sostengono che la legge non la rispetta, poiché non si ispira al principio di sussidiarietà in base al quale i poteri pubblici regolano le condizioni necessarie affinché la società possa esercitare da sé i propri diritti e doveri, in particolare le famiglie e le scuole. Nel testo di legge è scritto che la scelta dell'istituto scolastico da parte dei genitori non sarà un fattore decisivo nel momento in cui un ragazzo va a scuola, ma che si terranno in maggior conto altri criteri, come la residenza dei richiedenti.