Lettera "Super periculosis"

ai vescovi di Canterbury e Londra sugli errori di John Wyclif circa il potere della Chiesa


22 maggio 1377

Condanna degli errori di John Wyclif

John Wyclif (anche Wiclif, Wiclef, Wicleffo) fu accusato nel febbraio 1377 presso il vescovo William Courtenay di Londra a motivo di diversi errori circa il potere della Chiesa. Dato che la citazione non ebbe risultato, furono mandate al papa 19 proposizioni scelte dalle sue lezioni (all'università di Oxford) e dai suoi scritti (particolarmente il De civili dominio), che furono respinte dal papa come erronee.

Errori di John Wyclif sul potere nelle cose temporali

1. L'intero genere umano nella sua totalità, a eccezione di Cristo, non ha la potestà di disporre in modo assoluto che Pietro e tutta la sua discendenza possa dominare politicamente in perpetuo sul mondo.

2. Dio non può dare a nessun uomo, per sé e per i suoi eredi, il dominio civile in perpetuo.

3. Documenti dell'umanità che siano stati ritrovati in relazione a un'eredità civile perpetua, sono impossibili.

4. Chiunque si trovi a vivere in grazia in modo riconoscente e fedele, non solo ne ha il diritto, ma ha realmente tutti i doni di Dio.

5. L'uomo può dare solo come servizio, sia al figlio naturale che a quello dell'imitazione nella scuola di Cristo, tanto il dominio temporale che quello eterno.

6. Se c'è Dio, i signori temporali possono sottrarre, in modo legittimo e meritorio, alla chiesa che commette errori i beni patrimoniali.

7. Se poi ora la chiesa sia o no in tale stato, non è compito mio il discuterlo, ma lo debbono esaminare i signori temporali, e, ammesso il caso, debbono agire coraggiosamente, e, sotto pena di eterna dannazione, debbono sottrarle i suoi beni temporali.

8. Noi sappiamo che non è possibile che il vicario di Cristo, unicamente in forza delle bolle sue o di quelle poste con la volontà e il consenso suo e del suo collegio, possa rendere qualcuno capace o non capace.

9. Non è possibile scomunicare un uomo, salvo che non si sia prima e principalmente scomunicato da se stesso.

10. Nessuno è scomunicato, sospeso o punito con altre censure a suo danno, se non per ciò che riguarda Dio.

11. La maledizione o la scomunica non colpisce in modo generale, ma soltanto quando è portata contro un avversario della legge di Cristo.

12. Non c'è una testimonianza data da Cristo ai suoi discepoli della potestà di scomunicare i sudditi, particolarmente a motivo della negazione dei beni temporali, ma piuttosto il contrario.

13. I discepoli di Cristo non hanno la potestà di esigere con la forza i beni temporali per mezzo di censure.

14. Non è possibile, secondo l'assoluta potenza di Dio, che se il papa o un altro ha la pretesa di sciogliere o di legare in un modo qualsiasi, per questo stesso egli sciolga o leghi.

15. Dobbiamo credere che solo allora egli scioglie o lega, quando si conforma alla legge di Cristo.

16. Questo deve essere cattolicamente creduto: qualsiasi sacerdote ordinato nel modo dovuto ha la potestà di conferire in maniera adeguata qualsiasi sacramento, e di conseguenza di assolvere da qualsiasi peccato qualsiasi pentito.

17. Ai re è lecito sottrarre i beni temporali agli ecclesiastici, qualora questi ne facciano abitualmente un cattivo uso.

18. Sia che i signori secolari, o i santi papi o il Capo della chiesa, che è Cristo, abbiano dotato la chiesa di beni di fortuna o di grazia, e abbiano scomunicato coloro che le hanno sottratto i suoi beni temporali, è lecito tuttavia, in forza di una condizione implicita, in seguito a una mancanza adeguata, spogliarla dei beni temporali.

19. Un ecclesiastico, fosse anche il pontefice romano, può essere rimproverato e anche accusato in modo legittimo dai sudditi e dai laici.

URBANO VI, 8 aprile 1378 - 15 ottobre 1389


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