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 Croce di S. Sebastiano martire

Appunti per una storia del
MOVIMENTO CATTOLICO IN ITALIA

Dalla morte del ven. Bruno Lanteri (1830) alle origini dell'Opera dei Congressi

"Non è certo possibile scorrere i fatti salienti della storia del mondo senza incontrare, come data discriminante, il 1789. Questa data, infatti, segna la fine della società sacrale e l'inizio della società secolarizzata e può essere assunta come categoria storica, così come tali possono essere considerati tutti o quasi tutti gli avvenimenti della storia di Francia, il cui processo descrive in modo lineare quello più confuso delle altre nazioni cattoliche e non cattoliche, quasi tributo alla sua qualità di "figlia primogenita" della Chiesa. […] La Restaurazione non fu perciò, anche in Italia, una reazione consapevole tesa a eliminare le cause della Rivoluzione, ma piuttosto una nuova edizione del dispotismo illuminato, disturbata più che stimolata dalle sagge considerazioni del principe di Canosa, del conte Monaldo Leopardi, di mons. Giuseppe Baraldi; né, dopo il '48, ebbero sorte migliore gli ammonimenti del conte Clemente Solaro della Margarita" (1).

1. I contro-rivoluzionari dell'Età della Restaurazione

La soppressione dell'Amicizia Cattolica (1828), del periodico L'Amico d'Italia (1829) e la contemporanea morte del P. Lanteri, "primo organizzatore culturale" del movimento cattolico (2), e del marchese Cesare Taparelli D'Azeglio (1830), chiudono simbolicamente il periodo che il prof. Giorgio Candeloro (3) chiama "sanfedistico".

Col venire meno del fondatore e della mente delle Amicizie, gli "amici" non cessano di operare, ma la loro azione assume carattere meno disciplinato, organizzato, sistematico e rilevante. Si apre, insomma, un periodo connotato da grandi figure di contro-rivoluzionari isolati, sebbene in contatto e collaboranti tra loro, la cui mancanza di coordinamento sarà il tratto caratteristico di realtà che operavano e opereranno nella Penisola.

A Napoli, già dal 1798, opera Antonio Capece Minutolo Principe di Canosa (4), che Croce definì il "Don Chisciotte della reazione" (5), il quale saprà unire l'azione in armi (1798), l'organizzazione (società segreta dei Calderari), lo studio (Discorso sulla decadenza della nobiltà, del 1803) e l'apologetica (Epistola contro Pietro Colletta, del 1834); quella di Ministro di Polizia (1816 e 1821) e propagandistica (collaborazione alla modenese La voce della verità dal 1830 al 1834).

Nel Ducato di Modena, dal 1820 opera Mons. Giuseppe Baraldi (6), che adatta alla realtà locale il programma dell'Amicizia Cattolica, cui manifestamente si ispira, pubblicando dal 1822 al 1832 le Memorie di Religione, di Morale e di Letteratura, lette anche dagli "amici" piemontesi.

In Svizzera, dal 1832 al 1854, l'"amico cattolico" Conte Carl Ludwig von Haller (1768-1854), accoglie nel suo castello di Solothurn la cerchia dei lettori delle sue opere (Restauration der Staats-Wissenschaft, del 1816; Über die Konstitution der spanischen Cortes, 1820; Lettre à sa famille, pour lui declarer son retour à l'Èglise catholique, apostolique et romaine, 1821; Satan und die Revolution, contro il Lamennais, del 1834; Mélanges de droit public et de haute politique, del 1839; Die Freymaurerey und ihr Einfluss in der Schweiz, del 1840, ed altre), tra cui Louis-Jacques-Maurice de Bonald, il figlio di Louis e futuro cardinale. La sua opera sarà continuata fino ad oltre il Kulturkampf dal primogenito Carl Ludwig e da un altro figlio, il vescovo Carl Albrecht (7).

A Pesaro, l'azione del Conte Monaldo Leopardi (1776-1847) inizia fin dalle Insorgenze (8) contro i francesi, passa per la carica di governatore di Recanati e numerose altre cariche pubbliche, e culmina nella direzione - dal 1832 alla censura e soppressione nel 1835 -, della Voce della ragione, anch'essa molto diffusa. Tra le numerose opere - specialmente di erudizione - del Leopardi, non sono poche quelle di carattere contro-rivoluzionario, come ad es. l'Autobiografia del 1833 e i Dialoghetti sulle materie correnti del 1831. I Dialoghetti ebbero un tale successo da meritare un tentativo di confutazione da parte del Lamennais, cui Leopardi rispose con un pamphlet dal titolo… "monaldiano": Le parole d'un credente come le scrisse l'abate F. de La Mennais, quando era credente (9).

 

2. L'accordo con la Rivoluzione(10): Félicité-Robert de La Mennais (1782-1854).

La malizia induce i pubblicisti, in particolare Gabriele de Rosa (11), ad associare l'opera dell'eretico ultramontano a quella dei contro-rivoluzionari marchesi Cesare Taparelli D'Azeglio (1763-1830) e Juan Donoso Cortés (1809-1853). Lo stesso errore, ancorché scusato dalla mancanza di sensibilità e preparazione teologica, commette il Candeloro. Il rischio è decisivo, perché tendente a dare un comune "padre" a contro-rivoluzionari e liberali, mirando ad una prospettiva tipica dell'"avanti al centro contro gli opposti estremismi", col ven. Lanteri degradato a "precursore dell'Azione Cattolica".

Va chiarito una volta per tutte che "il problema posto dal movimento democratico cristiano riguarda l'atteggiamento che i cattolici dovrebbero tenere nei confronti del mondo moderno, nei suoi aspetti sia ideologici che istituzionali. E' un problema che tocca la fede e la morale, che riguarda in modo particolare l'atteggiamento della Chiesa cattolica di fronte alla sfida delle ideologie, ma che in Italia investirà soprattutto l'aspetto della cultura politica e il comportamento che il movimento cattolico avrebbe dovuto assumere verso i partiti concorrenti, quello liberale e socialista, soprattutto nel 1800" (12)

Dunque, quella del La Mennais è un'apostasia dovuta a una "cattiva partenza", non a traviamento o rinfanciullimento (13). Deficienze nella formazione scolastica, letture giovanili imprudenti, sacerdozio accettato per il fascino di una figura carismatica e assenza di tomismo, mostrarono il frutto già dal II volume dell'Essai sur l'indifférence en matiére de religion (1820), in cui una fallace dottrina del "senso comune" ("Esistono verità sulle quali tutti sono concordi, dunque il consenso di tutti è per ciascuno l'unico criterio di certezza") trovò dapprima l'opposizione di Gesuiti e Sulpiziani e culminò nella decisiva condanna di Gregorio XVI, con l'importantissima enciclica Mirari vos del 1832 (14). Inoltre, mi pare tutt'altro che trascurabile che, nel 1824, La Mennais respingesse la dottrina della potestas indirecta (15).

Come intendere, allora, la collaborazione del La Mennais a L'Amico d'Italia e ad altre riviste simili? A mio modo di vedere, tale collaborazione fu dovuta al perseguimento di obiettivi concreti, fu temporanea e limitata alla parte ortodossa del suo pensiero. Si trattò di una collaborazione limitata al suo antigallicanesimo, all'affermazione della supremazia del Papa sulla Chiesa gerarchica e del dovere dei Re di applicare la legge di Dio sotto la guida della Chiesa. E fu - forse soprattutto - una collaborazione mirante a farsi ascoltare dal suo vasto seguito. Fu, insomma, lo stesso genere di rapporto che gli "amici" intrattennero col venerabile don Antonio Rosmini Serbati (16) o con il Padre teatino Gioacchino Ventura di Raulica (17), confermato, per converso, dal fatto che essi non vollero mai aver rapporti con personaggi del genere di Alessandro Manzoni (1785-1873).

 

3. Da Carlo Alberto (1831) alla morte di Gregorio XVI (1846)

In questo periodo il movimento cattolico vive in un ambito definibile come "istituzionale", del quale occorre attirare l'attenzione su almeno due esponenti.

Dal 1835 (e fino alla morte) spicca una figura eminentissima, modello dell'uomo politico contro-rivoluzionario: il Conte Clemente Solaro della Margherita (18).

Nato nel 1792, all'età di 43 anni regge la Segreteria dello Stato sabaudo per gli Affari Esteri, divenendo subito il principale consigliere del sovrano piemontese. Già "amico cattolico", il Solaro si sforza di realizzare la verità cristiana negli atti politici e di contrastare, con tutti i mezzi offerti dalla sua carica, la Rivoluzione nelle forme in cui si presenta nel suo tempo. Due esempi tra i tantissimi: la lotta per conservare alla Chiesa gli Atti dello stato civile del matrimonio e l'appoggio (1836) dato da Carlo Alberto al legittimo re di Spagna Don Carlos di Borbone (1788-1855), in lotta contro la liberale Isabella II (1830-1904). Dal 1841 la sua influenza sul sovrano cala progressivamente, sino all'esonero del 1847. Tuttavia, Solaro tornerà nell'agone parlamentare come "deputato gesuitico" (Candeloro), in occasione delle elezioni del 1854, e meriterà da Cavour lo smembramento del suo collegio elettorale per impedirne la rielezione nel 1860. Negli anni di inattività il Solaro si trasforma in saggista, pubblicando il suo Memorandum storico politico, L'uomo di Stato indirizzato al governo della cosa pubblica ed altri scritti di perenne attualità.

Al suo fianco in Parlamento è - dal 1853 al 1860 - il Conte Emiliano Avogadro della Motta (1798-1865), grande contro-rivoluzionario, saggista (il suo Saggio intorno al socialismo, del 1851, fu lodato dal P. Taparelli ed ebbe molte edizioni), giornalista (collaborò all'Armonia e all'Unità Cattolica), teorico del diritto naturale (Teorica sulla istituzione del matrimonio, del 1859, contro il divorzio e il matrimonio civile) e in qualche modo anche filosofo (Saggio sul valore scientifico e le pratiche conseguenze del sistema filosofico dell'abate Rosmini, nel quale dipinge il rosminianesimo come una nuova forma di panteismo).

 

4. Il Primato (1843) del prete liberal-carbonaro Vincenzo Gioberti, il regno del beato Pio IX (1846) e la Civiltà Cattolica (1850).

Il successo del Primato civile e morale degli italiani, dovuto anche a circa dodici anni di azione costante dei gruppi mazziniani, segna la presa di coscienza del cattolicesimo liberale della propria forza e possibilità e l'inizio della sua organizzazione in vista dell'unità d'Italia. Infatti, il beato Pio IX entra nella storia in un clima di crescente ostilità verso il cattolicesimo, clima al quale i cattolici liberali danno aperto sostegno: i Prolegomeni del Primato (1845) e i cinque poderosi volumi de Il gesuita moderno (1846-47), messi all'Indice come tutte le opere del Gioberti, "che ebbero nella Penisola il pronto successo di 14.000 copie vendute, furono il fermento dei moti popolari scoppiati a Torino, Genova, Cagliari contro i Gesuiti, e alla persuasione dell'esule sono certo dovute le espulsioni dei Gesuiti dalla Sardegna, da Genova e quella decretata il 2 marzo '48 da Torino" (19).

Non vi è il tempo - e forse non è questo il luogo - per trattare del titanico pontificato di Pio IX, al secolo Giovanni Maria Mastai Ferretti (1792-1878), per cui mi limiterò segnalarne gli aspetti che più hanno relazione col movimento cattolico, rimandando ad opere specialistiche e apologetiche (20).

Nel 1846 Pio IX concede un'amnistia amplissima, imitata dagli assolutisti Ferdinando II di Napoli e Leopoldo II di Toscana, che ottiene il solo risultato di incoraggiare i sovversivi, mentre anche Parma e Modena sono piene di agitatori. A scoperchiare il Vaso di Pandora è, probabilmente, il licenziamento (marzo 1848) del conservatore principe Klemens Wenzel Lothar von Metternich Winneburg (1773-1859), cancelliere della Casa d'Austria (e quindi del Lombardo-Veneto), che dà speranza ai sovversivi di tutta Europa.

Pochi giorni dopo, al termine delle Giornate di Milano, Carlo Alberto di Savoia assume la guida della Rivoluzione italiana. Così, è il Piemonte che per primo vede l'escalation della Rivoluzione: nel 1850, la leggi Siccardi sopprimono le immunità ecclesiastiche e la giurisdizione della Chiesa, viene così incarcerato l'arcivescovo di Torino; nel 1851 viene trasformato l'insegnamento teologico; nel 1852 si tenta l'introduzione del matrimonio civile; altri provvedimenti dello stesso segno si susseguono fino al 1855 (21). Intanto, nel 1849, si costituisce la Repubblica Romana e Pio IX fugge a Gaeta.

E' dalla cerchia dei contro-rivoluzionari piemontesi che nasce la risposta all'avanzare della Rivoluzione: oltre ai due campioni citati, operano nel Parlamento del Regno Sardo, Edoardo Crotti di Costigliole, Leone Costa di Beauregard, Ignazio Costa della Torre, Antonio Brignole Sale e Carlo Emanuele Birago di Vische. Ed è dalle sostanze di quest'ultimo che un periodico liberale già esistente, L'Armonia della religione con la civiltà, nel 1849 cambia orientamento assumendo "un tono violentemente reazionario".

Ne sarà redattore principale fino al 1863 don Giacomo Margotti (1823-1887), che lo renderà uno dei due più importanti organi dell'opposizione cattolica al liberalismo di Massimo D'Azeglio (1798-1866) e del liberalismo totalitario di Camillo Cavour (1810-1861). Don Margotti, che si può forse già classificare come "cattolico intransigente" per il suo zelare i diritti della Chiesa, lascerà l'Armonia (1863) per espresso desiderio di Pio IX, per fondare e dirigere con maggiore moderazione l'Unità cattolica.

Ma sarà un'altra rivista ad assumere il ruolo di portavoce ufficiale dei cattolici da quegli anni di persecuzione fino almeno alla fine del pontificato di san Pio X: già nel 1846 Pio IX aveva chiesto al P. Joannes Philippe Roothaan (1785-1853), XXI generale della Compagnia, primo dopo la soppressione, di attuare il progetto de La Civiltà Cattolica (22). Il suo primo fascicolo uscirà a Napoli il 6 aprile 1850 e gli associati passeranno presto dai 6.307 del primo trimestre a 11.800, cifra record per quei tempi. Il P. Roothaan metterà sul progetto i migliori scrittori della Compagnia, uno per ogni ramo del sapere, che fino al 1933 conserveranno l'anonimato per motivi di sicurezza: di loro vanno ricordati almeno P. Carlo Maria Curci S.J. (1809-1891); P. Matteo Liberatore S.J. (1810-1892), cultore del tomismo; P. Luigi Taparelli D'Azeglio S.J. (1793-1862), filosofo del diritto.

E' da sottolineare che la Civiltà Cattolica continuerà, ancorché occasionalmente, a far riferimento al pensiero di de Maistre, Le Play ed altri pensatori contro-rivoluzionari fino alla fine del fascismo.

P. Taparelli (23) fu il quarto degli otto figli del marchese Cesare; compagno di scuola del Solaro, maturò la propria vocazione religiosa a seguito di un corso di Esercizi Spirituali dettati dal ven. Lanteri. Dopo aver ricoperto diverse cariche all'interno dell'ordine, nel 1843 dà alla stampe il su testo più importante, il Saggio teoretico di diritto naturale appoggiato sul fatto, vera enciclopedia di morale, diritto e scienza politica che conserva immutata attualità. P. Taparelli contribuisce alla Civiltà Cattolica, della quale diverrà direttore negli ultimi anni della sua vita, con oltre duecento articoli, tutti caratterizzati da un contenuto tale da meritargli il titolo di "martello delle concezioni liberali" (Messineo).

 

5. Le elezioni del 1857, la proclamazione del Regno d'Italia (1859-61), il Sillabo (1864): nascita degli intransigenti

Le elezioni generali piemontesi del 15-11-1857, accuratamente preparate in senso anti-governativo dal gruppo del Solaro e del Margotti, lanciano un importante messaggio: ben 60 deputati vengono eletti, contro i neppure 30 che si aspettava il Cavour (24). La sfida è tuttavia risolta in poco tempo attraverso l'indizione di elezioni supplettive (1858) nei collegi che hanno espresso candidati cattolici. Il fatto segnerà profondamente l'atteggiamento di don Margotti, uno degli eletti "annullati", mentre la sensibilità contro-rivoluzionaria del Solaro registra acutamente lo status del movimento cattolico: "fu un vero trionfo, che però doveva durare poco. Nelle riunioni private, prima che si aprisse il parlamento mi avvidi che non v'era fra noi unità di concetto e di viste, molte gelosie, molto amor proprio e che nulla vi era a sperare per il trionfo della causa che dovevasi sostenere dai deputati della destra" (25).

La crisi del movimento cattolico si accentua a seguito della proclamazione del Regno d'Italia (26): nel 1859 l'ex Gesuita P. Carlo Passaglia (1812-1887) fonda a Torino il periodico cattolico liberale Il Mediatore e nel 1862 indirizza a Pio IX una Petizione (che si chiude con le significative parole "Viva il Papa! […] Viva Roma, Metropoli del nuovo Regno!") che raccoglie il sostegno di ben 8.943 sacerdoti. Nel 1859, a Milano, dove era ancora forte l'influenza rosminiana e viva la tradizione giansenistica, sorge la Società ecclesiastica, che raccoglie i numerosi ed influenti preti liberali della metropoli, la quale nel 1860 inizia la pubblicazione del periodico Il Conciliatore. Analoghe iniziative hanno contemporaneamente luogo a Firenze (Società di mutuo soccorso fra gli ecclesiastici) , a Napoli (Società emancipatrice e di mutuo soccorso del sacerdozio italiano).

L'energica risposta di Pio IX è rappresentata dalla pubblicazione dell'Enciclica Quanta cura e annesso Sillabo (8-12-1864) che, gettando nel panico i cattolici liberali, segna il principio della loro decadenza, dovuta anche al mancato appoggio da parte della classe dirigente italiana.

Sul piano legislativo, il neonato Regno continua i provvedimenti vessatori delle libertà religiose e tradizionali, il che provoca una profonda ostilità verso lo Stato unitario, un irrigidimento delle posizioni della Civiltà Cattolica e il coagulo dei cattolici fedeli attorno ad essa.

Infatti, a Padova, dal 1864, il diciannovenne Giuseppe Sacchetti (27), inizia la pubblicazione delle Letture cattoliche, il primo seme della stampa cattolica in Veneto nonché occasione di conoscenza e incontro tra gli uomini che daranno vita al fecondo cattolicesimo intransigente locale. A Bologna, nell'aprile-maggio 1865 Giambattista Casoni (28), che sarà segretario generale dell'Opera dei Congressi dal 1877 al 1889, getta le basi di una società cattolica nazionale che prenderà il nome di Società Cattolica per la Difesa della Libertà della Chiesa in Italia, culla del gruppo intransigente bolognese che darà vita al periodico Il conservatore. E, nel 1868, a Bergamo, il diciassettenne Conte Stanislao Medolago Albani (29), diviene presidente del Circolo San Luigi della Gioventù Cattolica Italiana e segretario della Società per gli Interessi Cattolici.

E' un movimento cattolico in embrione, generoso ma diverso da quello precedente; un laicato del quale si può forse dire che "La debolezza politica e la carenza di modello statale che caratterizzano l'opposizione cattolica, le impediscono di resistere validamente ai fermenti disgregatori e alle deviazioni che si manifestano fin da subito" (30).

Inoltre, nonostante l'indubbia continuità fra le Amicizie del ven. Lanteri e il movimento intransigente, quest'ultimo appare meno attento al momento formativo e più propriamente culturale - come si può notare osservando ad esempio il minore spazio dedicato alla diffusione libraria, caratteristica invece delle Amicizie - e si qualificherà soprattutto per la difesa del Pontefice e dei diritti della Santa Sede e per la diffusione del Magistero della Chiesa nella società italiana (31).

 

6. Il totalitarismo sabaudo degli anni 1860-1870; la storiografia "dei fatti"

E' in occasione delle prime elezioni del Regno d'Italia che don Margotti conia sull'Armonia la formula: Né eletti, né elettori (8-1-1861), che inizia lo spostamento d'attenzione dalla "grande" politica all'amministrazione locale e alle opere sociali. Ma ecco il commento dell'Armonia ai risultati delle elezioni del 27-5-1861: "popolazione del regno 21.915.243 abitanti; elettori: 419.938; votanti: 243.367; voti ottenuti dai deputati eletti: 170.567" (Armonia, 3-8-1861). La Civiltà Cattolica ne dà conferma con un editoriale titolato: L'Italia vera oppressa dalla fittizia (S. V, vol. 5, p. 266).

Ma il fenomeno di gran lunga più significativo del periodo è costituito dal cosiddetto brigantaggio (32) nel Regno delle Due Sicilie, un fenomeno che dall'agosto 1860 a tutto il 1870, assume via via dimensioni quasi incredibili, di gran lunga più vasti e profondi di quelli delle insorgenza anti-giacobine, specialmente per il silenzio e la denigrazione operati dalla storiografia liberale. I motivi di resistenza e reazione alla ferocia dei piemontesi sono di natura religiosa, legittimistica, morale e sociale. Essi si manifestano non solo nella resistenza armata, ma anche nell'opposizione parlamentare, nelle proteste dei magistrati, nella resistenza passiva dei dipendenti pubblici, nel rifiuto di ricoprire cariche amministrative, nell'astensionismo elettorale, nel rifiuto della coscrizione obbligatoria, nell'emigrazione e nella diffusione della stampa clandestina.

Il tema della storiografia liberale apre quello della storiografia senza aggettivi, nella quale brillano i nomi del contro-rivoluzionario Giacinto de' Sivo (33) e del sacerdote Pietro Balan (34). Del primo (1814-1867), che sofferse la persecuzione, il carcere e l'esilio da parte degli unitari, va ricordata la Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, che rappresenta il culmine della sua produzione storica, L'Italia e il suo dramma politico nel 1861 e I Napolitani al cospetto delle nazioni civili, opere intese a "ricordar le ricchezze dileguate, l'armi e i legni d' rimbombi de' cannoni e i gemiti de' fucilati, e i lagni de' carcerati". E' significativo che la morte lo raggiunga mentre scrive una difesa storica del Papato contro le calunnie rivoluzionarie, nei giorni in cui "la gloriosa battaglia di Mentana gli allegrava la magnanima ira e il settenne dolore d'ingiusto esilio e gli stenti di morbo rincrudito".

L'opera di Mons. Balan (1840-1893) ebbe maggior fortuna (si fa per dire): se è impossibile riportare la sua copiosissima produzione non si può omettere di menzionare la più celebre, diffusa e a lui cara delle opere: la Storia d'Italia in undici volumi. Va sottolineato come il padovano mons. Balan collaborasse da subito alle Letture cattoliche del Sacchetti, all'Unità Cattolica del Margotti, e ad altre riviste intransigenti. Chiamato come sottoarchivista a Roma nel 1879 da Leone XIII, coprirà la carica di direttore del quotidiano L'Aurora e, dal 1884 prenderà appassionatamente parte alle attività dell'Opera dei Congressi.

 

7. Porta Pia (1870) e la Questione Romana

La rapina della sovranità civile del Pontefice lascia il mondo sbalordito; per i cattolici d'Italia è uno chock che cambierà definitivamente il loro modo di operare: "l'attenzione dei cattolici era a tal punto concentrata sulla Questione Romana da far passare in secondo piano tutto il resto; e non senza ragioni oggettive, se soltanto si pensa cosa può aver rappresentato per la mentalità cattolica dell'epoca l'invasione militare dello Stato pontificio da parte dell'esercito del Regno d'Italia con la conseguente caduta di tutta la penisola sotto un regime esplicitamente anti-cattolico. Tuttavia, un altro problema incombeva sul mondo cattolico ed era quello relativo al rapporto con lo Stato moderno, sia da un punto di vista dottrinale che storico-operativo" (35).

E' l'inizio della cosiddetta Questione Romana (36), risolta unilateralmente dalla Legge delle Guarentigie (13-5-1871) - sempre respinta da Pio IX e Leone XIII - e definitivamente solo nel 1929.

Da questo punto di vista, la fine della sovranità civile e la proclamazione del dogma dell'infallibilità concludono per la Chiesa Cattolica quel periodo di transizione, iniziatosi con la Rivoluzione francese, durante il quale, da un lato si era venuto sciogliendo il nesso organico che univa la Chiesa ai singoli Stati, e dall'altro si era fortemente accresciuta l'autorità del Papa all'interno della Chiesa stessa. Distrutto il dominio territoriale dei Papi, incamerati i beni degli ordini religiosi, attuata una legislazione laica in campo scolastico e matrimoniale, separata in notevole misura la Chiesa dallo Stato, impedita per propria volontà la partecipazione all'agone politico (non expedit), al movimento cattolico non resta che orientarsi verso nuove forme organizzative, che sfoceranno nell'Opera dei Congressi.

 

"Il 1870 dunque — che ripete nei tempi moderni l'oltraggio di Anagni, da molti assunto come termine storico a delimitare il Medioevo e a segnarne emblematicamente la fine — è l'Ottantanove d'Italia, il momento del passaggio istituzionale della nostra nazione dall'Antico Regime all'ordine nuovo rivoluzionario e l'inizio di un tempo storicamente ancora aperto; sicché il triste centenario del gesto che ha rinnovato barbarici oltraggi può e deve essere causa di meditazione e di ripensamenti per ogni italiano che abbia a cuore il destino della terra in cui la Provvidenza ha voluto avesse i natali" (37).

 

 

 

Ad maiorem Dei gloriam, et socialem!

 

David

11 febbraio 2000, Festa di Nostra Signora di Lourdes

 

 

NOTE

1 Giovanni Cantoni, Introduzione a Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Cristianità, Piacenza 1977, p. 14 e 16.

2 Roberto de Mattei, Il ven. Pio Bruno Lanteri (1759-1830), in Cristianità, n. 23 del 1977; cfr. nello stesso senso Marco Invernizzi, Lanteri, la cultura contro la rivoluzione, in DPF 18-7-1977.

3 Giorgio Candeloro, storico marxista di impostazione gramsciana: cfr. Il movimento cattolico, Editori Riuniti, Roma 1982, IV ed., p. 17 e 31.

4 Cfr. Francesco Pappalardo, Le battaglie del principe di Canosa (1768-1838), in DPF 18-4-97.

5 Benedetto Croce, Uomini e cose della vecchia Italia, Bari 1927, vol. II, pp. 228.

6 Cfr. Alberto Menziani, L'apologista modenese monsignore Giuseppe Baraldi (1778-1832), in Quadreni di Cristianità, n. 1, Primavera 1985, pp. 53-63.

7 Cfr. Mario Sancipriano, Introduzione a V. Haller, La restaurazione della scienza politica, UTET, Torino 1963, pp. 9-71.

8 cfr. Romano del Corona, Anti Risorgimento. Monaldo Leopardi, Pucci Cipriani, Firenze 1974.

9 Raccolti in Autobiografia e Dialoghetti da Cappelli Editore (Bologna 1972), e bellamente curati da Alessandra Briganti.

10 "La storia richiederebbe, per completezza di quadro che parlassi anche della prima dirigenza del movimento cattolico, del principe di Canosa, del primo padre Ventura, di monsignor Baraldi, del marchese Cesare d'Azeglio. Quindi sarebbe d'obbligo la citazione dei cattolici liberali, di Manzoni, Rosmini, Lambruschini, Capponi, Cesare Cantù, Carlo Troya, Cesare Balbo, Massimo d'Azeglio, Niccolò Tommaseo e Vincenzo Gioberti, per fare solo qualche nome, anche se non scelto a caso" (G. Cantoni, La questione democristiana, in La lezione italiana, Cristianità, Piacenza 1980, p.49).

11 G. de Rosa, Il movimento cattolico in Italia. Dalla restaurazione all'età giolittiana, Laterza, Bari 1979, pp. 17-19.

12 M. Invernizzi, Origini e sviluppo della questione democristiana nella storia del movimento cattolico dopo la Breccia di Porta Pia: dall'intransigentismo alla subalternità, in Cristianità, n. 297 del 2000.

13 Cfr. Ippolito Vittorio, voce La Mennais, in Enciclopedia Cattolica, Roma 1954, vol. VII, pp. 849-858.

14 L'esplicitazione della condanna è nella lettera accompagnatoria del card. Pacca, che riguarda anche il periodico L'Avenir, il primo ad usare questa testata. Nel 1834, l'enciclica Singulari nos, dello stesso Pontefice, condanna invece esplicitamente Lamennais, il suo libro Parole d'un credente e il suo sistema filosofico del senso comune.

15 Cfr. Domenico Novacco, Introduzione a F. R. de Lamennais, Scritti politici, UTET, Torino 1964, pp. 9-23

16 Quando A. Rosmini S. (1797-1855) divenne amico del Manzoni (nel 1826), cominciò ad allontanarsi da C. d'Azeglio. Scrisse quindi La costituzione secondo la giustizia sociale e Delle cinque piaghe della Santa Chiesa nel 1831-33, rendendole pubbliche solo nel 1848. Nella seconda, messa all'Indice l'anno successivo, sostiene che "Il feudalesimo fu l'unica, o certo la principalissima fonte di tutti i mali" della Chiesa, per cui rimpiange il cristianesimo "delle origini". "Al feudalesimo sopravvivono i suoi principi legali, le sue abitudini, il suo spirito". Egli perciò auspica l'uso del volgare nella liturgia, un clero non "patrizio" ma unito al popolo, l'elezione dei vescovi "a clero e popolo", la vendita dei beni ecclesiastici in favore dei poveri, l'introduzione di bilanci pubblici per gli enti ecclesiastici.

17 G. Ventura di R. (1792-1861), sosteneva che "Una costituzione mi sembra assolutamente un concordato che si domanda dal potere politico; ed il concordato è una costituzione che si strappa a forza dal potere religioso: e siccome un popolo che chiede la costituzione al suo principe è un popolo in insurrezione, così i principi che chiedono un concordato alla Santa Sede sono principi cattolici in stato di scisma" (lettera al principe di Canosa del 13-12-1824). Da questo genere di errori discese logicamente il suggerimento rivolto a Pio IX nel 1848 di dare una Costituzione, il riconoscimento della Repubblica Romana del 1849 fatto nella veste di plenipotenziario per la Sicilia, la partecipazione alla cerimonia pasquale patrocinata dal Triumvirato nella Basilica di S. Pietro, varie iniziative per impedire la liberazione di Roma da parte dei francesi.

18 Cfr. Giacomo Roggeri Mermet, Profilo di un controrivoluzionario, in DPF 21-2-1997.

19 Luigi Stefanini, voce Gioberti, in Enc. Catt., op. cit., vol. VI, p. 417.

20 Ho in mente, in particolare, Andrea Arnaldi, La vita del servo di Dio Papa Pio IX e l'Unità d'Italia, in http://members.tripod.com/~davidbotti/PioIX0.html. Dello stesso autore, E Pio IX sfidò la secolarizzazione, in DPF del 19-12-1997.

21 Cfr. Card. Giuseppe Hergenröther, Storia universale della Chiesa, L.E.F., Firenze 1911, vol. VIII, p. 589.

22 Cfr. Andrea Morigi, "Civiltà Cattolica", progetto a tutto campo, in DPF dell'8-10-1999.

23 Cfr. F. Pappalardo. L'altro d'Azeglio, in DPF 24-7-1998.

24 Cfr. lettera al Ministro Sardo a Londra, Emanuele d'Azeglio, del 21-11-1857, in Cavour e l'Inghilterra, Bologna 1933, vol. II, t. 1, pp. 163-164.

25 Cit. in C. Lovera di Castiglione e I. Rinieri S. J., Clemente Solaro della Margherita, Torino 1933, vol. I, p. 390.

26 Cfr. F. Pappalardo, Giuseppe Garibaldi: una spada contro la Chiesa e la civiltà cristiana, in Cristianità, n. 93 del 1983; Idem, La spedizione dei Mille e l'aggressione al regno delle Due Sicilie, in Cristianità, n. 94 del 1983.

27 Cfr. M. Invernizzi, Sacchetti, la coerenza di un cattolico, in DPF del 21-11-1997.

28 Cfr. Idem, Casoni, cattolico contro la rivoluzione, in DPF del 31-1-1997.

29 Cfr. Idem, Albani, le radici del movimento cattolico, in DPF del 5-7-1996.

30 G. Cantoni, Introduzione a Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, op. cit., p. 17.

31 M. Invernizzi, Il movimento cattolico in Italia, Mimep, Pessano 1995, p. 21

32 Cfr. F. Pappalardo, Brigantaggio guerra di popolo, in DPF del 29-11-1996; Idem, Brigantaggio lealismo repressione nel Mezzogiorno. 1860-1870, in Cristianità, n. 117 del 1985; Idem, Il brigantaggio, in Cristianità, n. 223 del 1993.

33 F. Pappalardo, Giacinto de' Sivo, la storia del Sud, in DPF del 7-6-1996.

34 M. Invernizzi, Pietro Balan, storico dell'Italia cattolica, in DPF del 20-12-1996.

35 M. Invernizzi, Origini e sviluppo della questione democristiana nella storia…, art. cit.

36 Cfr. R. Cirelli, La questione romana, Mimep, Pessano 1997.

37 G. Cantoni, Introduzione a Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, op. cit., p. 15.